giovedì 30 giugno 2011
Presa d'atto (post tecnico per cultori della materia)
Alla fin fine bisognerà pur riconoscere che a destra c'è un certo qual maggior gusto nell'andare a comprare gl'impicci. Per quanto di là li acquistino a contanti, e di qua no.
lunedì 27 giugno 2011
Nulla sarà più come prima
Quando si comincia ad invecchiare ci si rende conto che non si può neppure andare una settimana in vacanza senza correre il rischio che, al ritorno, nulla sia più come prima.
venerdì 17 giugno 2011
Cellofono
Alla fine ho preso il cellofono.
La scelta non è poi stata troppo difficile: erano rimasti in lizza tre modelli: Samsung Galaxy Next (149 euri), Samsung Galaxy Gio (199 euri) e LG Optimus One (179 euri).
Poi ho visto che per il traffico dati, con TIM, avrei dovuto spendere due euri alla settimana. A quel punto sono andato in un negozio TIM e ho scoperto che con ventiquattro comode rate da nove euri ciascuna mi davano, gratis, il Galaxy Next o il Galaxy Gio.
Facendo due conti ne risulta che in pratica così facendo sarei andato a pagare il pregiato oggetto (9*12-2*52)*2= ben otto euri, e così me lo sono acchiappato.
La scelta non è poi stata troppo difficile: erano rimasti in lizza tre modelli: Samsung Galaxy Next (149 euri), Samsung Galaxy Gio (199 euri) e LG Optimus One (179 euri).
Poi ho visto che per il traffico dati, con TIM, avrei dovuto spendere due euri alla settimana. A quel punto sono andato in un negozio TIM e ho scoperto che con ventiquattro comode rate da nove euri ciascuna mi davano, gratis, il Galaxy Next o il Galaxy Gio.
Facendo due conti ne risulta che in pratica così facendo sarei andato a pagare il pregiato oggetto (9*12-2*52)*2= ben otto euri, e così me lo sono acchiappato.
martedì 14 giugno 2011
Questo è il post dove i lettori aiutano il povero tenutario che si trova in ambasce
Il cellofono del povero tenutario sta tirando le cuoia dopo anni di onorato servizio.
I lettori più gentili vorranno certo suggerirgli un cellofono che:
A) COSTI POCO e
B) magari faccia anche vedere i socialcosi?
C) non vi siano mele dipinte sopra (per quanto credo che tale caratteristica sia da considerarsi già ricompresa nel punto A)
I lettori più gentili vorranno certo suggerirgli un cellofono che:
A) COSTI POCO e
B) magari faccia anche vedere i socialcosi?
C) non vi siano mele dipinte sopra (per quanto credo che tale caratteristica sia da considerarsi già ricompresa nel punto A)
Anatomia di una vittoria
Dunque, ho vinto i referendum.
Ho vinto il referendum sul nucleare, anche se non ho capito che cosa sono andato ad abrogare, dato che sulla scheda non c'era scritto. Ho vinto, ma mi rimane il rimpianto di non aver potuto scrivere sulla scheda che io non volevo le centrali nucleari che il governo Berlusconi avrebbe voluto fare: centrali vecchie e inutili, che sarebbero costate uno sproposito, che avrebbero funzionato con un carburante già in via d'esaurimento e la cui energia, considerati i costi di costruzione, d'approvvigionamento e di smaltimento, sarebbe alla fine costata ben più di quella ottenibile dalla fermentazione delle uova del Colibrì Reale dell'Amazzonia. Avrei voluto dire che io ero contrario a quelle centrali, ma non sono contrario alla sperimentazione e alla ricerca; volevo dire che il mio SI non era un NO né al finanziamento degli studi su forma di nucleare a fissione alternative, né alla fusione, fredda o calda che sia. Volevo dire che il mio SI non era un SI alle energie alternative, eolico o fotovoltaico, dato che dalla mia scrivania vedo cose che voialtri ecologisti nemmeno potete immaginare, altro che astronavi in fiamme ai bastioni di Orione.
Non ho potuto
Ho vinto il referendum sul legittimo impedimento, votando per l'abrogazione di una norma che era di mera civiltà, dato che garantiva all'imputato di poter presenziare al suo processo. Non mi sono preoccupato più di tanto, dato che so bene che esiste un'altra norma, che vale per tutti, che dice la stessa cosa. Ho votato e ho vinto, consapevole di votare non per l'abrogazione di una norma bensì per l'abrogazione dell'odore rimastole attaccato, come il sentore di rifresco in una cucina dove si sia fatta una pastella. Volevo dire che io continuo a credere che l'imputato, anche se riveste una carica pubblica, abbia dei diritti inalienabili.
Non ho potuto.
Ho vinto il referendum sull'acqua, ma mi rimane la frustrazione di non aver potuto precisare che io ero contrario all'obbligo di far entrare i privati nella gestione dell'acqua, non alla sua facoltà. Avrei voluto precisare che quando un domani ci sarà qualche comune che, per mancanza di fondi o di competenze, vorrà o dovrà far gestire la sua acqua a un'azienda privata, nessuno potrà usare il mio SI per impedirlo, stravolgendo il significato del mio voto.
Non ho potuto.
Ho vinto anche l'altro referendum sull'acqua. Ho votato NO ma ho vinto lo stesso, dato che sono andato a votare e questo è ciò che conta. Sapevo bene che il mio NO si sarebbe perso in un mare di SI e avrebbe contribuito a far vincere questi ultimi: l'ho accettato e anzi lo rivendico.
Avrei voluto scrivere sulla scheda che della remunerazione del capitale investito infondo non me ne frega nulla; avrei voluto scrivere che sulla scheda gialla, ma anche su quella verde, rossa, blu o violetta, in vondo non aveva alcuna importanza quale fosse la casella crociata.
Avrei voluto dire che io sono andato a votare solo per far dispiacere a Silvo Berlusconi, per metterlo in difficoltà più di quanto già non sia e contribuire a far cadere il suo governo; e che quindi ho vinto anche questo referendum, anche se ho votato NO.
Non ho potuto.
Ci sarà un giorno in cui il risultato di questi referendum verrà utilizzato per impedire che questo paese sviluppi le potenzialità scientifiche che avrebbe; per comprimere ancor di più i diritti della difesa nel processo penale; per piazzare burocrati incapaci e corrotti alla guida di aziende idriche inefficienti e indebitate; per dare una giustificazione all'ulteriore aumento delle tasse locali al fine di coprire gli sprechi.
Tutto questo io non lo voglio, e se avessi potuto l'avrei scritto, su quelle schede. Ma il referendum è così: o SI o NO.
Ed è per questo che, nonostante abbia vinto, io resto ferocemente contrario.
Ho vinto il referendum sul nucleare, anche se non ho capito che cosa sono andato ad abrogare, dato che sulla scheda non c'era scritto. Ho vinto, ma mi rimane il rimpianto di non aver potuto scrivere sulla scheda che io non volevo le centrali nucleari che il governo Berlusconi avrebbe voluto fare: centrali vecchie e inutili, che sarebbero costate uno sproposito, che avrebbero funzionato con un carburante già in via d'esaurimento e la cui energia, considerati i costi di costruzione, d'approvvigionamento e di smaltimento, sarebbe alla fine costata ben più di quella ottenibile dalla fermentazione delle uova del Colibrì Reale dell'Amazzonia. Avrei voluto dire che io ero contrario a quelle centrali, ma non sono contrario alla sperimentazione e alla ricerca; volevo dire che il mio SI non era un NO né al finanziamento degli studi su forma di nucleare a fissione alternative, né alla fusione, fredda o calda che sia. Volevo dire che il mio SI non era un SI alle energie alternative, eolico o fotovoltaico, dato che dalla mia scrivania vedo cose che voialtri ecologisti nemmeno potete immaginare, altro che astronavi in fiamme ai bastioni di Orione.
Non ho potuto
Ho vinto il referendum sul legittimo impedimento, votando per l'abrogazione di una norma che era di mera civiltà, dato che garantiva all'imputato di poter presenziare al suo processo. Non mi sono preoccupato più di tanto, dato che so bene che esiste un'altra norma, che vale per tutti, che dice la stessa cosa. Ho votato e ho vinto, consapevole di votare non per l'abrogazione di una norma bensì per l'abrogazione dell'odore rimastole attaccato, come il sentore di rifresco in una cucina dove si sia fatta una pastella. Volevo dire che io continuo a credere che l'imputato, anche se riveste una carica pubblica, abbia dei diritti inalienabili.
Non ho potuto.
Ho vinto il referendum sull'acqua, ma mi rimane la frustrazione di non aver potuto precisare che io ero contrario all'obbligo di far entrare i privati nella gestione dell'acqua, non alla sua facoltà. Avrei voluto precisare che quando un domani ci sarà qualche comune che, per mancanza di fondi o di competenze, vorrà o dovrà far gestire la sua acqua a un'azienda privata, nessuno potrà usare il mio SI per impedirlo, stravolgendo il significato del mio voto.
Non ho potuto.
Ho vinto anche l'altro referendum sull'acqua. Ho votato NO ma ho vinto lo stesso, dato che sono andato a votare e questo è ciò che conta. Sapevo bene che il mio NO si sarebbe perso in un mare di SI e avrebbe contribuito a far vincere questi ultimi: l'ho accettato e anzi lo rivendico.
Avrei voluto scrivere sulla scheda che della remunerazione del capitale investito infondo non me ne frega nulla; avrei voluto scrivere che sulla scheda gialla, ma anche su quella verde, rossa, blu o violetta, in vondo non aveva alcuna importanza quale fosse la casella crociata.
Avrei voluto dire che io sono andato a votare solo per far dispiacere a Silvo Berlusconi, per metterlo in difficoltà più di quanto già non sia e contribuire a far cadere il suo governo; e che quindi ho vinto anche questo referendum, anche se ho votato NO.
Non ho potuto.
Ci sarà un giorno in cui il risultato di questi referendum verrà utilizzato per impedire che questo paese sviluppi le potenzialità scientifiche che avrebbe; per comprimere ancor di più i diritti della difesa nel processo penale; per piazzare burocrati incapaci e corrotti alla guida di aziende idriche inefficienti e indebitate; per dare una giustificazione all'ulteriore aumento delle tasse locali al fine di coprire gli sprechi.
Tutto questo io non lo voglio, e se avessi potuto l'avrei scritto, su quelle schede. Ma il referendum è così: o SI o NO.
Ed è per questo che, nonostante abbia vinto, io resto ferocemente contrario.
lunedì 13 giugno 2011
Quorum?!?
Il Ministro Maroni ha lasciato trapelare una dichiarazione che, pur non dicendo di fatto nulla, lascia intendere che il quorum sarà raggiunto.
Non è ben chiaro perché abbia detto una cosa del genere, e non è neppur chiaro perché anche la Santanché e Cota abbiano ripreso la cosa.
Quel che noto è che tirar fuori questa cosa può avere due effetti, tra loro opposti:
a) far andare al voto un certo numero di coloro che fino ad ora si sono astenuti: «se il quorum sarà raggiunto, allora almeno che il NO abbia una percentuale significativa», ragioneranno costoro;
b) far restare a casa coloro che si apprestavano ad andare a votare, magari ritagliandosi un'oretta nella pausa pranzo incastrando l'andata alle urne tra mille altri impegni: «se il quorum è raggiunto, allora non serve che mi sbatta», argomenteranno questi altri.
Credo che, in termini di affluenza, la somma algebrica dei due ragionamenti sia prossima allo zero, ma potrebbe invece essere una mossa assai furba del ministro leghista per far mancare quella manciata di voti necessaria.
Che ne pensate?
Non è ben chiaro perché abbia detto una cosa del genere, e non è neppur chiaro perché anche la Santanché e Cota abbiano ripreso la cosa.
Quel che noto è che tirar fuori questa cosa può avere due effetti, tra loro opposti:
a) far andare al voto un certo numero di coloro che fino ad ora si sono astenuti: «se il quorum sarà raggiunto, allora almeno che il NO abbia una percentuale significativa», ragioneranno costoro;
b) far restare a casa coloro che si apprestavano ad andare a votare, magari ritagliandosi un'oretta nella pausa pranzo incastrando l'andata alle urne tra mille altri impegni: «se il quorum è raggiunto, allora non serve che mi sbatta», argomenteranno questi altri.
Credo che, in termini di affluenza, la somma algebrica dei due ragionamenti sia prossima allo zero, ma potrebbe invece essere una mossa assai furba del ministro leghista per far mancare quella manciata di voti necessaria.
Che ne pensate?
domenica 12 giugno 2011
Quorum
Se volete il mio pronostico, si arriverà al pelo del raggiungimento del quorum, tipo attorno al 50virgolapochi: il che lascia aperta la possibilità che sul nucleare venga fuori un puttanaio per il discorso degli italiani all'estero.
Diciamo che la forchetta la metto tra il 48 e il 54: una forchetta di sei punti, ma a me né mi pagano per sparare numeri, né pretendo che qualcuno mi dia retta né, infine, credo che sbaglierò molto di più rispetto a coloro che prendono danari per fare ciò che ho appena fatto.
Diciamo che la forchetta la metto tra il 48 e il 54: una forchetta di sei punti, ma a me né mi pagano per sparare numeri, né pretendo che qualcuno mi dia retta né, infine, credo che sbaglierò molto di più rispetto a coloro che prendono danari per fare ciò che ho appena fatto.
Ho votato
E quindi, aderendo all'invito del compagno Pierluigi, sono andato a votare alle nove del mattino. Tre SI, un NO sulla scheda gialla.
Per quanto concerne le cinque schede comunali, su una ho scritto "Croci pirla"* e sull'altra "Cappato pirla"*. Su altre due ho cambiato il "pirla"* in "merda"*, fermi restando i nomi dei due sullodati personaggi. Sulla quinta invece ho delicatamente fatto rimarcare come i terreni dell'Expo si trovino nel comune di Rho e non in quello di Milano.
* Può sembrare una gratuita volgarità, ma vuoi mettere la soddisfazione di annullare le schede con delle sapide parolacce anziché con insulsi ghirigori?
Per quanto concerne le cinque schede comunali, su una ho scritto "Croci pirla"* e sull'altra "Cappato pirla"*. Su altre due ho cambiato il "pirla"* in "merda"*, fermi restando i nomi dei due sullodati personaggi. Sulla quinta invece ho delicatamente fatto rimarcare come i terreni dell'Expo si trovino nel comune di Rho e non in quello di Milano.
* Può sembrare una gratuita volgarità, ma vuoi mettere la soddisfazione di annullare le schede con delle sapide parolacce anziché con insulsi ghirigori?
venerdì 10 giugno 2011
Alfonso Pecoraro Scanio spiega perché il nucleare in Italia non s'ha da fare
Il centrodestra italiano parla di nucleare.
"Non diciamo sciocchezze, una centrale nucleare approvata oggi sarebbe pronta tra 10-15 anni, alla fine del periodo di transizione. Noi abbiamo bisogno di impianti con un basso impatto ambientale e tempi di costruzione rapidi. Penso a un mix in cui l'aumento di efficienza gioca un ruolo importante, sole e vento crescono e c'è spazio per due fonti che possono produrre subito a costi bassi".
Quali?
"Innanzitutto il gas, che è arrivato al 60 per cento di efficienza e produce una quantità di anidride carbonica due volte e mezza più bassa di quella del carbone: il chilowattora costa poco e le centrali si realizzano in tre anni. E poi c'è la geotermia che nel mondo già oggi dà un contributo pari a 5 centrali nucleari. L'Italia ha una potenzialità straordinaria nella zona compresa tra Toscana, Lazio e Campania, e la sfrutta in maniera molto parziale: si può fare di più a prezzi molto convenienti. Solo dal potenziale geotermico compreso in quest'area si può ottenere l'energia fornita dalle 4 centrali nucleari previste come primo step del piano nucleare. Subito e senza rischi".
"Non diciamo sciocchezze, una centrale nucleare approvata oggi sarebbe pronta tra 10-15 anni, alla fine del periodo di transizione. Noi abbiamo bisogno di impianti con un basso impatto ambientale e tempi di costruzione rapidi. Penso a un mix in cui l'aumento di efficienza gioca un ruolo importante, sole e vento crescono e c'è spazio per due fonti che possono produrre subito a costi bassi".
Quali?
"Innanzitutto il gas, che è arrivato al 60 per cento di efficienza e produce una quantità di anidride carbonica due volte e mezza più bassa di quella del carbone: il chilowattora costa poco e le centrali si realizzano in tre anni. E poi c'è la geotermia che nel mondo già oggi dà un contributo pari a 5 centrali nucleari. L'Italia ha una potenzialità straordinaria nella zona compresa tra Toscana, Lazio e Campania, e la sfrutta in maniera molto parziale: si può fare di più a prezzi molto convenienti. Solo dal potenziale geotermico compreso in quest'area si può ottenere l'energia fornita dalle 4 centrali nucleari previste come primo step del piano nucleare. Subito e senza rischi".
Logica 101
«è stata un'aggressione violentissima, mi hanno portato fuori di peso e per un miracolo non sono caduto»
La pena è solo il muro
Sembra, ma non è ancora detto, che Lucia Castellano sarà assessore nella Giunta Pisapia, con delega alla sicurezza.
Dovrebbe quindi prendere il posto di Riccardo De Corato, quello delle multe per le insegne non scritte in italiano (anche se non risulta che McDonalds abbia mai ricevuto una cartella esattoriale), dei coprifuoco, dei militari agli angoli delle strade, dei vigili urbani attrezzati con armi antisommossa, degli sgomberi con distruzione persino dei giocattoli e dei libri scolastici, e via discorrendo.
Si passa quindi dalla notte al giorno.
Giusto per capire che tipo di donna sia questa Lucia Castellano, oltre alle notizie di stampa che già potete rinvenire un po' dovunque, vi segnalo un mio vecchio post, che forse vale la pena di rileggere.
Nei commenti poi fu segnalato questo video, di quando andò a farsi intervistare dalla Dandini.
Dovrebbe quindi prendere il posto di Riccardo De Corato, quello delle multe per le insegne non scritte in italiano (anche se non risulta che McDonalds abbia mai ricevuto una cartella esattoriale), dei coprifuoco, dei militari agli angoli delle strade, dei vigili urbani attrezzati con armi antisommossa, degli sgomberi con distruzione persino dei giocattoli e dei libri scolastici, e via discorrendo.
Si passa quindi dalla notte al giorno.
Giusto per capire che tipo di donna sia questa Lucia Castellano, oltre alle notizie di stampa che già potete rinvenire un po' dovunque, vi segnalo un mio vecchio post, che forse vale la pena di rileggere.
Nei commenti poi fu segnalato questo video, di quando andò a farsi intervistare dalla Dandini.
Una persona perbene
Ferruccio De Bortoli è una di quelle persone delle quali viene spontaneo dire perbene; e potremmo anche definirlo un galantuomo, se non fosse per quella passionaccia che abbiamo per il Signor Alessandro.
Dall'essere perbene al perbenismo il passo è breve; e pur se so bene che il De Bortoli non li fa lui, i titoli del Corriere, bensì paga qualcuno per farli, nulla mi toglie dalla mente che un quotidiano diretto da un perbenista perbene prima o poi debba necessariamente tirar fuori dei titoli del cazzo.
Dall'essere perbene al perbenismo il passo è breve; e pur se so bene che il De Bortoli non li fa lui, i titoli del Corriere, bensì paga qualcuno per farli, nulla mi toglie dalla mente che un quotidiano diretto da un perbenista perbene prima o poi debba necessariamente tirar fuori dei titoli del cazzo.
giovedì 9 giugno 2011
You've got new mail!
La Biodinamica tra Bacco e Venere
Il punto di vista filosofico, riguardo alla sessualità e’ prima di tutto quello di vederlo nella sua naturalità, nel suo impulso alla vita, inno alla vita. Da questa prospettiva, l’approccio clinico appare molto diverso dove l’esperienza, la praxis, il vissuto degli altri aggiunge un’altra parola che risulta essenziale per comprendere l’umana sessualità; senza relegarla ad un fatto meccanicistico tramite il quale si perpetua la nostra animalità.La cultura e’ l’altra parola essenziale. Non in modo Freudiano, come civiltà-contro, ma come l’aveva ipotizzato Franco Fornari in “genialità e cultura”, cioè dove l’istinto vitale, come la “selva oscura”, può essere e deve essere sostenuta dalla “coltura” per avere un raccolto desiderato.
Il raccolto, come sostiene Fornari, e’ quello di “con-venire” insieme.
La cultura e’ nella sessualità, la dialettica tra opposti : lui che può “venire in 2 minuti”, lei ne ha bisogno di 20; lui con una capacità di “semina” enorme, lei con “orto” piccolo dove la selezione obbliga a coltivare solo ciò che e’ buono e necessario.
Nella dialettica le due diverse esigenze sono rappresentate e garantite.
Perciò la Bio-dinamica, cioè la dinamica dell’impulso vitale, si congiunge alla cultura. Per cui una cultura che ha per radici l’impulso atavico e che allo stesso tempo si integra con l’evoluzione filogenetica. Nell’impegno di valutare ciò che si deposita nell’atto pro-creativo, perché questa sarà la dote delle generazioni future.
In allegato :
A questo punto si assiste abitualmente ad una spartizione tra “meccanicisti” e “animisti”. Il primo gruppo considera l’atto come una gratificazione immediata, non un dialogo con affetto, desiderio e con l’Amore. L’altro, quello animato, dialoga con tutte le proprie capacità, con più bassi e più alti elementi, corpo-spirito, corpo-anima.
Le nuovissime ricerche parlano della materia animata, delle “percezioni primarie” o “percezioni pre-esperienziali” e della capacità di una pianta di “sentire” il pericolo e/o il piacere e la gratificazione. Altre ricerche parlano della trasmissione dei dati emotivi, di una goccia di sperma chiusa in una provetta con il proprio donatore e ciò che gli accade, positivo o negativo, anche a mille kilometri di distanza.
Ricevuto in mail, con il mio indirizzo messo assieme a quelli di altre 221 persone.
Vota Costantino
Nei commenti al precedente post ha iniziato a svilupparsi una discussione che meriterebbe un qual certo approfondimento, e pertanto la porto all'onore del feed principale.
Il barbarico re ha fatto notare lo sbaglio da me commesso nel giudicare «tecnologia obsoleta» la fissione nucleare. Tale mio giudizio nasce dalla circostanza che la disponibilità di uranio fissile efficientemente estraibile (vale a dire che può essere estratto e arricchito senza che per far ciò si debba spendere più energia di quanta ne potrà poi produrre) è in via di esaurimento come e più degli stessi idrocarburi. Il mio commentatore fa notare che esistono in effetti altre tecnologie, una delle quali, forse la più promettente, è quella dell'utilizzo del torio come "combustibile" nucleare: si tatta di un elemento assai più abbondante e fra l'altro le sue scorie dovrebbero rivelarsi molto meno radioattive di quelle dell'uranio (non che ciò significhi che ci si possiano costruire le doghe del letto, intendiamoci).
Alla mia osservazione: «la tecnologia delle centrali a Torio non è esattamente "matura", tanto che ad oggi nessuno ha pensato di costruire sul suolo italiano questo tipo di impianti, che pur in teoria presenterebbero indubbi vantaggi. Quando sarà maturata, ne riparleremo. Del resto già l'esperienza di questo referendum dimostra che le scelte referendarie possono essere riviste, a distanza di tempo e con condizioni al contorno differenti» l'interlocutore ha risposto: «Non è un po' capzioso dire: l'uranio no perché è obsoleto, ma il torio nemmeno perché non è maturo?»; ed ha perfettamente ragione. anzi, ha torto perché la mia risposta non era un po' capziosa, bensì estremamente capziosa.
Il punto, tuttavia, non riguarda l'ingegneria nucleare, bensì lo strumento referendario, con tutti i limiti che questo comporta.
La democrazia diretta è una gran bella cosa, se uno vive nell'Atene del quinto secolo, ma oggi le cose stanno un po' diversamente.
Tutti voi avrete visto almeno un telefilm di Perry Mason, e sapete bene che vi sono delle domande che l'avvocato rivolge al teste o all'imputato alle quali non è possibile rispondere correttamente né SI né NO; e anche il motto infantile sei scemo o mangi sassi? ne è un esempio.
Ciò vale anche per i referendum, che per di più hanno lo svantaggio di un farraginoso meccanismo costituzionale, peraltro ineliminabile, che fa sì che i quesiti siano ancora più oscuri e contradditori di quanto non sarebbero se la domanda fosse posta in italiano naturale.
Così alla domanda «Sei favorevole alla fissione nucleare?» una persona di media intelligenza dovrebbe rispondere che non si piò essere né favorevoli né contrari, così come non si può essere favorevoli o contrari alla lebbra, agli usignuoli o al sole primaverile: si tratta di fenomeni fisici che esistono indipendentemente dalla volontà dell'uomo.
La domanda andrebbe riformulata come «Sei favorevole a che in Italia si lavori con la fissione nucleare?», ma anche qui non si può dare una risposta corretta, dato che io potrei essere contrarissimo alla costruzione di centrali elettriche ma favorevole alla ricerca e alla sperimentazione.
Ed ecco che, di raffinamento in raffinamento, la domanda finale alla quale io mi sentirei di rispondere tranquillamente SI o NO potrebbe essere: «Sei favorevole alla costruzione di centrali nucleari a fissione con reattori di tipo ABWR alimentati a uranio arricchito e di potenza massima non superiore a 1.100MW purché dislocate in luoghi nel raggio di 50Km dai quali il complesso della popolazione residente non superi le 450.000 persone?»
Capite bene che per arrivare a questo quesito si è dovuti percorrere un albero decisionale complesso, e se andiamo a ritroso e computiamo tutte le combinazioni e permutazioni possibili, ecco che in cabina dovremmo portarci un elenco del telefono, se vogliamo che all'elettore sia data la scelta tra NON consentire la costruzione di centrali di II generazione a uranio arricchito ma al contempo consentire la sperimentazione di reattori nucleari al torio.
Il referendum, purtroppo, impone un taglio netto, di qua o di là, con il rischio che nel di là che si butta, oltre che l'acqua sporca ci siano un paio di arti del bambino, e nel di qua che si tiene ci siano, oltre che il rimanente 60% del bambino, anche un paio di litri di acqua putrida.
Il fatto poi che il referendum possa essere solo abrogativo, ma che di fatto sia divenuto surretiziamente propositivo, senza però consentire la formulazione di proposte, va a incatastare il tutto.
Ciò posto, domenica si vota: e tutti questi discorsi possono servire a ragionare sull'istituto, ma non servono minimamente a ragionare sul merito del voto, che dev'essere un SI o un NO (o un'astensione, vabbe'): e pertanto non resta, al cittadino, che mettere in file tutti gli argomenti che lo spingerebbero verso il SI, tutti quelli che lo spingerebbero verso il NO e bilanciarli, ben sapendo che comunque ciò che uscirà fuori sarà una pecionata.
Il mio SI al referendum sul nucleare non può, ahimé, essere influenzato dalle centrali a Torio: perché maggiore è l'influenza di altri fattori interni, quali quelli da me evidenziati nel post sopra richiamato, ed esterni, quali l'investmento politico che il Governo ha immesso nel merito delle scelte. Amerei molto non dovermi trovare a dover scegliere SI o NO quando vorrei poter argomentare e specificare bene cosa voglio e cosa non voglio, ma non mi è possibile, ahimè. E se pensate che la mia contrarietà al bipolarismo e al maggioritario c'entri qualcosa con tutto ciò, avete perfettamente ragione.
Vediamo poi di sfatare un altro mito referendario: quello che il volere del popolo debba essere rispettato in eterno.
Francamente, il fatto che nel 2010 il Governo abbia proposto la reintroduzione delle centrali nucleari in Italia dopo che un referendum del 1987 aveva espresso la contrarietà della popolazione, è un argomento che non varrebbe neppure la pena di essere smontato, se non fosse che viene fuori da troppe bocche.
Immagino che una certa parte di coloro che oggi urlano contro Berlusconi e il suo Governo per aver reintrodotto il nucleare in Italia contro il responso referendario siano nati prima del 1956: amerei quindi sapere se tutti costoro siano andati compatti a votare SI!!! al referendum sul divorzio, o se magari vi sia qualcuno di costoro che negli ultimi vent'anni si è separato, divorziato e magari risposato, pur avendo promesso davanti alla propria compagna, al prete e ai testimoni tutti amore finché morte non l'avesse separato.
La storia evolve, il Paese cambia, e le leggi cambiano con esso. Se c'è un Parlamento non è perché il nostro corpus normativo in tremila anni di storia del diritto non è ancora completo: è perché le norme devono seguire la realtà, e a volte addirittura precederla. Pensare che le politiche energetiche del 1987 siano valide nel 2010, o anche solo nel 1997, è una puttanata.
Ci sarà forse qualche ragazzino, ma la gran maggioranza dei frequentatori di questo blog hanno un età sufficiente per aver detto, almeno una volta nella vita: «io davanti allo schermo di un computer non ci starò mai» e «un cellulare io? ma sei scemo?»
Ecco, chi oggi non ha un computer e un cellulare ha il diritto di affermare che il risultato del referendum del 1987 sarebbe valido anche oggi, e che il risultato del referendum di dopodomani sarà valido nel 2030. Tutti gli altri spero si rendano ben conto che se nel 2020 vi sarà una teconologia adeguata, e magari l'evoluzione delle scorte petrolifere sarà peggiore di quanto oggi ci si aspetti, ecco che l'opzione nucleare potrà rientrare in campo, e ciò sarà del tutto legittimo.
Il barbarico re ha fatto notare lo sbaglio da me commesso nel giudicare «tecnologia obsoleta» la fissione nucleare. Tale mio giudizio nasce dalla circostanza che la disponibilità di uranio fissile efficientemente estraibile (vale a dire che può essere estratto e arricchito senza che per far ciò si debba spendere più energia di quanta ne potrà poi produrre) è in via di esaurimento come e più degli stessi idrocarburi. Il mio commentatore fa notare che esistono in effetti altre tecnologie, una delle quali, forse la più promettente, è quella dell'utilizzo del torio come "combustibile" nucleare: si tatta di un elemento assai più abbondante e fra l'altro le sue scorie dovrebbero rivelarsi molto meno radioattive di quelle dell'uranio (non che ciò significhi che ci si possiano costruire le doghe del letto, intendiamoci).
Alla mia osservazione: «la tecnologia delle centrali a Torio non è esattamente "matura", tanto che ad oggi nessuno ha pensato di costruire sul suolo italiano questo tipo di impianti, che pur in teoria presenterebbero indubbi vantaggi. Quando sarà maturata, ne riparleremo. Del resto già l'esperienza di questo referendum dimostra che le scelte referendarie possono essere riviste, a distanza di tempo e con condizioni al contorno differenti» l'interlocutore ha risposto: «Non è un po' capzioso dire: l'uranio no perché è obsoleto, ma il torio nemmeno perché non è maturo?»; ed ha perfettamente ragione. anzi, ha torto perché la mia risposta non era un po' capziosa, bensì estremamente capziosa.
Il punto, tuttavia, non riguarda l'ingegneria nucleare, bensì lo strumento referendario, con tutti i limiti che questo comporta.
La democrazia diretta è una gran bella cosa, se uno vive nell'Atene del quinto secolo, ma oggi le cose stanno un po' diversamente.
Tutti voi avrete visto almeno un telefilm di Perry Mason, e sapete bene che vi sono delle domande che l'avvocato rivolge al teste o all'imputato alle quali non è possibile rispondere correttamente né SI né NO; e anche il motto infantile sei scemo o mangi sassi? ne è un esempio.
Ciò vale anche per i referendum, che per di più hanno lo svantaggio di un farraginoso meccanismo costituzionale, peraltro ineliminabile, che fa sì che i quesiti siano ancora più oscuri e contradditori di quanto non sarebbero se la domanda fosse posta in italiano naturale.
Così alla domanda «Sei favorevole alla fissione nucleare?» una persona di media intelligenza dovrebbe rispondere che non si piò essere né favorevoli né contrari, così come non si può essere favorevoli o contrari alla lebbra, agli usignuoli o al sole primaverile: si tratta di fenomeni fisici che esistono indipendentemente dalla volontà dell'uomo.
La domanda andrebbe riformulata come «Sei favorevole a che in Italia si lavori con la fissione nucleare?», ma anche qui non si può dare una risposta corretta, dato che io potrei essere contrarissimo alla costruzione di centrali elettriche ma favorevole alla ricerca e alla sperimentazione.
Ed ecco che, di raffinamento in raffinamento, la domanda finale alla quale io mi sentirei di rispondere tranquillamente SI o NO potrebbe essere: «Sei favorevole alla costruzione di centrali nucleari a fissione con reattori di tipo ABWR alimentati a uranio arricchito e di potenza massima non superiore a 1.100MW purché dislocate in luoghi nel raggio di 50Km dai quali il complesso della popolazione residente non superi le 450.000 persone?»
Capite bene che per arrivare a questo quesito si è dovuti percorrere un albero decisionale complesso, e se andiamo a ritroso e computiamo tutte le combinazioni e permutazioni possibili, ecco che in cabina dovremmo portarci un elenco del telefono, se vogliamo che all'elettore sia data la scelta tra NON consentire la costruzione di centrali di II generazione a uranio arricchito ma al contempo consentire la sperimentazione di reattori nucleari al torio.
Il referendum, purtroppo, impone un taglio netto, di qua o di là, con il rischio che nel di là che si butta, oltre che l'acqua sporca ci siano un paio di arti del bambino, e nel di qua che si tiene ci siano, oltre che il rimanente 60% del bambino, anche un paio di litri di acqua putrida.
Il fatto poi che il referendum possa essere solo abrogativo, ma che di fatto sia divenuto surretiziamente propositivo, senza però consentire la formulazione di proposte, va a incatastare il tutto.
Ciò posto, domenica si vota: e tutti questi discorsi possono servire a ragionare sull'istituto, ma non servono minimamente a ragionare sul merito del voto, che dev'essere un SI o un NO (o un'astensione, vabbe'): e pertanto non resta, al cittadino, che mettere in file tutti gli argomenti che lo spingerebbero verso il SI, tutti quelli che lo spingerebbero verso il NO e bilanciarli, ben sapendo che comunque ciò che uscirà fuori sarà una pecionata.
Il mio SI al referendum sul nucleare non può, ahimé, essere influenzato dalle centrali a Torio: perché maggiore è l'influenza di altri fattori interni, quali quelli da me evidenziati nel post sopra richiamato, ed esterni, quali l'investmento politico che il Governo ha immesso nel merito delle scelte. Amerei molto non dovermi trovare a dover scegliere SI o NO quando vorrei poter argomentare e specificare bene cosa voglio e cosa non voglio, ma non mi è possibile, ahimè. E se pensate che la mia contrarietà al bipolarismo e al maggioritario c'entri qualcosa con tutto ciò, avete perfettamente ragione.
Vediamo poi di sfatare un altro mito referendario: quello che il volere del popolo debba essere rispettato in eterno.
Francamente, il fatto che nel 2010 il Governo abbia proposto la reintroduzione delle centrali nucleari in Italia dopo che un referendum del 1987 aveva espresso la contrarietà della popolazione, è un argomento che non varrebbe neppure la pena di essere smontato, se non fosse che viene fuori da troppe bocche.
Immagino che una certa parte di coloro che oggi urlano contro Berlusconi e il suo Governo per aver reintrodotto il nucleare in Italia contro il responso referendario siano nati prima del 1956: amerei quindi sapere se tutti costoro siano andati compatti a votare SI!!! al referendum sul divorzio, o se magari vi sia qualcuno di costoro che negli ultimi vent'anni si è separato, divorziato e magari risposato, pur avendo promesso davanti alla propria compagna, al prete e ai testimoni tutti amore finché morte non l'avesse separato.
La storia evolve, il Paese cambia, e le leggi cambiano con esso. Se c'è un Parlamento non è perché il nostro corpus normativo in tremila anni di storia del diritto non è ancora completo: è perché le norme devono seguire la realtà, e a volte addirittura precederla. Pensare che le politiche energetiche del 1987 siano valide nel 2010, o anche solo nel 1997, è una puttanata.
Ci sarà forse qualche ragazzino, ma la gran maggioranza dei frequentatori di questo blog hanno un età sufficiente per aver detto, almeno una volta nella vita: «io davanti allo schermo di un computer non ci starò mai» e «un cellulare io? ma sei scemo?»
Ecco, chi oggi non ha un computer e un cellulare ha il diritto di affermare che il risultato del referendum del 1987 sarebbe valido anche oggi, e che il risultato del referendum di dopodomani sarà valido nel 2030. Tutti gli altri spero si rendano ben conto che se nel 2020 vi sarà una teconologia adeguata, e magari l'evoluzione delle scorte petrolifere sarà peggiore di quanto oggi ci si aspetti, ecco che l'opzione nucleare potrà rientrare in campo, e ciò sarà del tutto legittimo.
martedì 7 giugno 2011
Vota Antonio
Voi già sapete come la penso sull'istituto del referendum, per cui non vi stupirà che fino a settimana scorsa fossi pacificamente determinato a starmene a casa, domenica prossima.
Poi sono successe un bel po' di cose: la vittoria di Pisapia, De Magistris e degli altri candidati sindaco di (centro)sinistra ha dato uno scossone bello forte a Berlusconi, che questa volta ha accusato il colpo. Poi c'è stata la sentenza dell'UCR, che ha stabilito che il referendum sul nucleare si debba fare comunque, nonostante il mutamento normativo introdotto allo scopo -pacificamente dichiarato dal Governo- di impedire la consultazione.
Personalmente ho pochissimi dubbi che il referendum non raggiungerà il quorum: si tratta di un obiettivo che già in passato era diventato assai ambizioso e che, dopo l'introduzione del voto per gli italiani all'estero (che fanno alzare il quorum di circa 1,7 milioni di voti validi) considero praticamente irraggiungibile. E però la coincidenza temporale dell'incidente giapponese e la forte carica emotiva che gli italiani avvertono nei confronti del nucleare (come dimostrato dalla recente consultazione sarda) fanno ritenere che raggiungere il traguardo del 50%+1 dei voti sia assai improbabile ma non del tutto impossibile.
Ciò detto, è inutile fare tanti altri giri di parole: questi referendum non sono tanto importanti per i quesiti che vengono posti, quanto per l'atteggiamento del Governo nei loro confronti nonché per la presenza nel mazzetto di schede di una questione riguardante direttamente il premier. Sono queste due circostanze che fan sì che di fatto il raggiungimento o meno del quorum si tradurrà in un plebiscito contro o pro Silvio Berlusconi: se questi dovesse perdere anche la battaglia dell'astensione, il doppio colpo a distanza di sole due settimane dal precedente lo rintronerebbe ben bene per qualche tempo.
Inutile che vi racconti quanto la cosa possa farmi piacere: che il mio voto espresso in tema di remunerazione del capitale investito nei servizi pubblici sia inteso come consenso o dissenso alla linea del Governo è solo l'ultima delle aporie dell'istituto referendario, ma non la meno grave. Ma qui siamo stati a scuola di pragmatismo, e pur denunciando il problema, alla fin fine dobbiamo pur schierarci da qualche parte, dato che se non lo facessimo verremmo comunque arruolati d'ufficio in uno degli eserciti in campo.
Non andare a votare infatti verrebbe letto, nelle statistiche del giorno dopo, come un voto per Berlusconi; ma di contro andare a votare può essere rivendicato da Antonino Di Pietro come un voto a suo favore; e allora che fare? A quale calice avvelenato abbeverarsi?
Alla fin fine, insomma, tra Silvio e Tonino scelgo Tonino, e vado al seggio.
Vediamo ora i voti sui singoli quesiti.
Sul legittimo impedimento, che è il voto più connotato politicamente, naturalmente il voto sarà un SI. Sono consapevole che si tratta del SI di cui Di Pietro si farà più bello e tronfio, e so perfettamente che la legge in questione non solo è in scadenza, ma dopo il passaggio in Corte Costituzionale è di fatto priva di contenuto. Resta il fatto che qui si tratta di convalidare o meno tre lustri di politica personale condotta da Silvio Berlusconi al fine di perseguire il vantaggio proprio: e se si tratta di impedire a Berlusconi di farsi nuove leggi ad personam in ispregio all'art.3 della Costituzione, sono disposto pure a staccargli un pompino, a Di Pietro.
Sull'acqua, voterò SI all'abrogazione della norma che prevede l'obbligatorietà dell'assegnazione della gestione a società private: ne ho già scritto qualche tempo fa, ma in breve il fatto è che io non ho nulla contro la gestione dei privati, ma l'operatore pubblico deve poter competere con essi in condizioni di parità o addirittura di favore. Costringere le municipalizzate a diluire il capitale o a cedere la gestione è profondamente ingiusto.
Voterò NO invece al quesito sulla remunerazione del capitale investito. Dato che non ho studiato economia ma sono vent'anni che mi occupo di imprese e bilanci, so che il capitale investito va remunerato: non solo quello privato (che altrimenti non ce lo mette proprio) ma anche quello pubblico. Del resto quando comperate dei BOT pretendete le cedole, no? O li comperate a tasso zero, per fare del bene alla collettività?
Impedire la remunerazione del capitale investito nella gastione di servizi pubblici significa semplicemente che gli investimenti nel settore vengono finanziati dalla fiscalità generale, cioè dalle tasse. E francamente, parlando nella veste di colui che le paga fino all'ultimo centesimo, preferisco di gran lunga che gli investimenti nell'acquedotto campano o padovano vengano pagati da chi beve quell'acqua, che spesso le tasse manco le paga, piuttosto che da me, che ho già ho pagato per quella che bevo io. E non è questione di mancanza di solidarietà interregionale: non stiamo parlando dell'emergenza di costruire case per i terremotati: stiamo invece palrando di un servizio essenziale che deve funzionare bene a regime.
Veniamo infine al referendum sul nucleare. Qui sarebbe interessante sapere che cosa chiede il referendum nella nuova formulazione, e io non l'ho mica capito. Comunque, facendo finta che lo scopo del quesito sia di chiedermi se voglio o meno che in Italia non si costruiscano centrali nucleari a fissione, la risposta sarà SI. Ci sono vari motivi: il fatto che l'Italia è un Paese troppo fortemente antropizzato, il rischio sismico, il tema delle scorie, il pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata nei cantieri e le scarse certezze sul rispetto degli standard di sicurezza di progetto. Ma più di tutto c'è il fatto che il nucleare a fissione è una tecnologia ormai vecchia, che sarà obsoleta una volta che quelle ipotetiche centrali dovessero entrare in funzione tra una decina d'anni, per il semplice motivo che di combustibile ce n'è sempre meno, e costa sempre di più raccoglierne e arricchirne a sufficienza.
Questo per quanto riguarda i referendum nazionali. A Milano non ci facciamo mancare niente, e abbiamo altre cinque schede degne dell'Asilo Mariuccia: ma di questo perlerò un'altra volta.
Poi sono successe un bel po' di cose: la vittoria di Pisapia, De Magistris e degli altri candidati sindaco di (centro)sinistra ha dato uno scossone bello forte a Berlusconi, che questa volta ha accusato il colpo. Poi c'è stata la sentenza dell'UCR, che ha stabilito che il referendum sul nucleare si debba fare comunque, nonostante il mutamento normativo introdotto allo scopo -pacificamente dichiarato dal Governo- di impedire la consultazione.
Personalmente ho pochissimi dubbi che il referendum non raggiungerà il quorum: si tratta di un obiettivo che già in passato era diventato assai ambizioso e che, dopo l'introduzione del voto per gli italiani all'estero (che fanno alzare il quorum di circa 1,7 milioni di voti validi) considero praticamente irraggiungibile. E però la coincidenza temporale dell'incidente giapponese e la forte carica emotiva che gli italiani avvertono nei confronti del nucleare (come dimostrato dalla recente consultazione sarda) fanno ritenere che raggiungere il traguardo del 50%+1 dei voti sia assai improbabile ma non del tutto impossibile.
Ciò detto, è inutile fare tanti altri giri di parole: questi referendum non sono tanto importanti per i quesiti che vengono posti, quanto per l'atteggiamento del Governo nei loro confronti nonché per la presenza nel mazzetto di schede di una questione riguardante direttamente il premier. Sono queste due circostanze che fan sì che di fatto il raggiungimento o meno del quorum si tradurrà in un plebiscito contro o pro Silvio Berlusconi: se questi dovesse perdere anche la battaglia dell'astensione, il doppio colpo a distanza di sole due settimane dal precedente lo rintronerebbe ben bene per qualche tempo.
Inutile che vi racconti quanto la cosa possa farmi piacere: che il mio voto espresso in tema di remunerazione del capitale investito nei servizi pubblici sia inteso come consenso o dissenso alla linea del Governo è solo l'ultima delle aporie dell'istituto referendario, ma non la meno grave. Ma qui siamo stati a scuola di pragmatismo, e pur denunciando il problema, alla fin fine dobbiamo pur schierarci da qualche parte, dato che se non lo facessimo verremmo comunque arruolati d'ufficio in uno degli eserciti in campo.
Non andare a votare infatti verrebbe letto, nelle statistiche del giorno dopo, come un voto per Berlusconi; ma di contro andare a votare può essere rivendicato da Antonino Di Pietro come un voto a suo favore; e allora che fare? A quale calice avvelenato abbeverarsi?
Alla fin fine, insomma, tra Silvio e Tonino scelgo Tonino, e vado al seggio.
Vediamo ora i voti sui singoli quesiti.
Sul legittimo impedimento, che è il voto più connotato politicamente, naturalmente il voto sarà un SI. Sono consapevole che si tratta del SI di cui Di Pietro si farà più bello e tronfio, e so perfettamente che la legge in questione non solo è in scadenza, ma dopo il passaggio in Corte Costituzionale è di fatto priva di contenuto. Resta il fatto che qui si tratta di convalidare o meno tre lustri di politica personale condotta da Silvio Berlusconi al fine di perseguire il vantaggio proprio: e se si tratta di impedire a Berlusconi di farsi nuove leggi ad personam in ispregio all'art.3 della Costituzione, sono disposto pure a staccargli un pompino, a Di Pietro.
Sull'acqua, voterò SI all'abrogazione della norma che prevede l'obbligatorietà dell'assegnazione della gestione a società private: ne ho già scritto qualche tempo fa, ma in breve il fatto è che io non ho nulla contro la gestione dei privati, ma l'operatore pubblico deve poter competere con essi in condizioni di parità o addirittura di favore. Costringere le municipalizzate a diluire il capitale o a cedere la gestione è profondamente ingiusto.
Voterò NO invece al quesito sulla remunerazione del capitale investito. Dato che non ho studiato economia ma sono vent'anni che mi occupo di imprese e bilanci, so che il capitale investito va remunerato: non solo quello privato (che altrimenti non ce lo mette proprio) ma anche quello pubblico. Del resto quando comperate dei BOT pretendete le cedole, no? O li comperate a tasso zero, per fare del bene alla collettività?
Impedire la remunerazione del capitale investito nella gastione di servizi pubblici significa semplicemente che gli investimenti nel settore vengono finanziati dalla fiscalità generale, cioè dalle tasse. E francamente, parlando nella veste di colui che le paga fino all'ultimo centesimo, preferisco di gran lunga che gli investimenti nell'acquedotto campano o padovano vengano pagati da chi beve quell'acqua, che spesso le tasse manco le paga, piuttosto che da me, che ho già ho pagato per quella che bevo io. E non è questione di mancanza di solidarietà interregionale: non stiamo parlando dell'emergenza di costruire case per i terremotati: stiamo invece palrando di un servizio essenziale che deve funzionare bene a regime.
Veniamo infine al referendum sul nucleare. Qui sarebbe interessante sapere che cosa chiede il referendum nella nuova formulazione, e io non l'ho mica capito. Comunque, facendo finta che lo scopo del quesito sia di chiedermi se voglio o meno che in Italia non si costruiscano centrali nucleari a fissione, la risposta sarà SI. Ci sono vari motivi: il fatto che l'Italia è un Paese troppo fortemente antropizzato, il rischio sismico, il tema delle scorie, il pericolo di infiltrazioni della criminalità organizzata nei cantieri e le scarse certezze sul rispetto degli standard di sicurezza di progetto. Ma più di tutto c'è il fatto che il nucleare a fissione è una tecnologia ormai vecchia, che sarà obsoleta una volta che quelle ipotetiche centrali dovessero entrare in funzione tra una decina d'anni, per il semplice motivo che di combustibile ce n'è sempre meno, e costa sempre di più raccoglierne e arricchirne a sufficienza.
Questo per quanto riguarda i referendum nazionali. A Milano non ci facciamo mancare niente, e abbiamo altre cinque schede degne dell'Asilo Mariuccia: ma di questo perlerò un'altra volta.
mercoledì 1 giugno 2011
Ascesa e declino di un Uomo Qualunque
Tra quelli che non hanno preso granché bene il risultato elettorale c'è anche il tribuno il cui movimento, secondo un (non molto) noto giocatore di rubamazzetto già candidato alle primarie del PD ove spuntò una percentuale da prefisso telefonico dell'Italia nord-occidentale, sarebbe il vero vincitore delle nostre elezioni.
L'opinione del giocatore di tarocchi emerge da un'analisi che ha lo spessore di una lamina d'oro trasparente ai raggi Alfa: e difatti l'insetto parlante è preoccupato, con ragione.
L'attacco personale portato a Pisapia, e incentrato non già sulle sua capacità, competenze o moralità, bensì sulla mera evocazione di assonanze lubriche richiamate alla mente dal cognome del Sindaco di Milano è la sublimazione del programma politico del ricchissimo comico genovese: una quantità di NO! urlati inframmezzati a cazzate immaginifiche (le palle lavanti, il signoraggio) e dileggio delle caratteristiche fisiche e persino onomastiche altrui.
Il gioco, purtroppo per il barbuto pregiudicato, è destinato a durare poco: vediamo perché.
Il risultato elettorale di Milano, numeri alla mano, ha dimostrato che quasi tutti coloro che hanno avuto il fegato e lo sprezzo di sé necessari per tracciare la croce sul segno delle cinque stelle hanno poi votato, al ballottaggio, per Giuliano Pisapia. I conti son presto fatti: l'affluenza è rimasta la medesima, mentre un lieve recupero di voti si è avuto dalle nulle e bianche del primo turno. Dando per scontato che gli elettori di Manfredi Palmeri non abbiano votato per più del 70% a favore di Pisapia, e che i trasferimenti di voto da Moratti e Pisapia al ballottaggio siano stati minimi, quelli che restano sono i voti grillini, che in massa hanno votato Pisapia e poi sono andati in piazza vestiti d'arancione.
Il risultato per il capopopolo dev'essere stato come una stilettata nel cuore: se i suoi seguaci si fossero astenuti in massa il suo tre per cento avrebbe avuto un peso politico notevole e forse determinante nella preparazione alle politiche; disobbedendo al caporione invece i suoi simpatizzanti hanno dimostrato due cose, una delle quali non scontata: (i) di essere non già apolitici bensì fondamentalmente di sinistra e (ii) di saper pensare con la propria testa.
Il voto del ballottaggio infatti è l'assaggio di quel che succederà alle politiche, dove il turno è unico: ma alle comunali coloro che hanno votato il candidato poppante erano ben consapevoli che con il loro voto non avrebbero impedito il raggiungimento del ballottaggio a Pisapia, e in tal caso avrebbero potuto votarlo al secondo turno; alle politiche invece questa possibilità non c'è, e il risvegliato pragmatismo dei grillini credo che ben difficilmente farà loro gettare nel cesso il voto, dandolo ad uno squallido imbonitore il cui unico orizzonte politico è l'imitazione servile di Berlusconi, da sinistra* e con vent'anni di ritardo.
Già: perché l'odio che Grillo riversa nei confronti di Berlusconi è della stessa natura di quello che Dorian Gray provava nei confronti del suo ritratto. Perché i due sono l'uno il gemello dell'altro.
Entrambi hanno un programma politico evanescente (certo, dopo vent'anni B. lo ha rimpolpato, ma provate a rammentare gli inizi di B., e vedete un po' se il suo programma non aveva lo stesso spessore di quello di G.), che serve solo a dare una mano di bianco sull'obiettivo vero e proprio: l'arricchimento personale.
Non fatevi ingannare dalla ricchezza di B.: nel 1993 le aziende del PresConsMin andavano (è un eufemismo) così e così: e fu con la sua discesa in campo che risolsero i propri problemi e ripartirono. Se ciò non fosse avvenuto avrebbero rischiato ristrutturazioni e procedure, e Berlusconi avrebbe rischiato di far la fine di Gardini.
Guardiamo poi al modello organizzativo: entrambi i capicomici hanno dato vita a movimenti rigorosamente top-down. Quello di B. lo è anche nello statuto, che afferma che lui comanda e gli altri obbediscono; quello di G. si è intelligentemente mascherato da movimento che parte dal basso, ma il modello assembleare e movimentista fa sì che i temi politici e le relative soluzioni siano solo quelle che vengono dalla bocca del Capo. Non essendovi un coordinamento organico è impossibile che dalle singole realtà locali possa emergere una figura di spessore capace di rubare la scena alla Guida; e nelle realtà troppo grandi, nelle quali già solo la dimensione locale è di tale rilievo da conferire rilevanza nazionale al leader, chi viene scelto? Uno studentello appena maggiorenne, e con la faccia di uno che avrebbe bisogno di frequentare più spesso l'altro sesso: uno che nel momento stesso in cui decidesse di muovere un passo da solo potrebbe venire stroncato in venticinque modi diversi, e tutti crudeli.
Del resto anche il modo di propagazione del messaggio è il medesimo, sputato. Quante volte Berlusconi ha partecipato a un dibattito televisivo in contradditorio con avversari politici? Le possiamo contare sulle punte delle dita di una mano? Bene. Ma quante volte Grillo ha partecipato a un dibattito televisivo in contradditorio con avversari politici? Credo che le possiamo contare sulla punta di un cazzo, e salvo che voi siate uno di quegli animali esotici che ne hanno tre o quattro, temo che anche il vostro piccolo pisellino potrebbe essere d'avanzo.
Ma ho divagato: torniamo al punto.
Dicevamo che i grillini questa volta sono andati a votare, e l'hanno fatto a sinistra. Ciò ha gettato nel più nero sconforto il loro Duce, il quale sa bene che non ha più nulla da spendere. Finché dimostrava di avere un milione o un milione e mezzo di voti ben controllati, poteva giocare al tavolo delle alleanze e ottenere prebende e poltrone per i suoi (e di riflesso royalties per lui), continuando a fare comunque il duro e puro.
Ora invece si trova nella prospettiva di proporre un'alleanza alla futura coalizione di centro-sinistra, correndo il rischio di essere sfanculato e sputtanandosi allo stesso tempo: perché se fossi Bersani lo manderei, assai educatamente, affanculo nella certezza che comunque gran parte dei seguaci di un tempo lo mollerebbero per strada: in fondo la prospettiva politica del grillino è quella di far fuori Berlusconi, e tra il votare per un Grillo isolato buttando il voto e votare per un Bersani rafforzato, credo che solo qualche piccolo deficiente sceglierebbe la prima ipotesi. Dal punto di vista di G. invece sarebbe evidente lo sputtanamento, nell'andare ad offrire i propri voti a chi fino al giorno prima era visto come un cialtrone truffatore e disonesto al pari e sullo stesso livello di tutti gli altri
Qualche osservatore un po' grossolano ricorda che anche la Lega nacque come movimento dell'antipolitica, e poi abbiamo visto il successo che ha avuto. E' un'analisi miope.
La Lega nacque come movimento politico, cui fu affibbiata l'etichetta di antipolitica in quanto i suoi temi erano sideralmente lontani da quelli della politica nazionale dei grandi partiti di massa. L'obiettivo della prima Lega era quello di costruire un'entità più o meno nazionale, una sorta di Ungheria assi più ricca in grado di inserirsi nel novero delle nazioni europee; si trattava di un progetto politico, velleitario finché si vuole ma politico.
Quello di Grillo invece è un progetto che mira solo a dire dei NO! e a mettere dei bastoni fra le ruote. Un ipotetico Stato governato da Grillo durerebbe dai cinque ai sette giorni, giusto il tempo per vedere spegnarsi le centrali elettriche per mancanza di personale manutentore, ed esaurirsi i carburanti per gli scioperi dei portuali: perché per far funzionare uno Stato ci vogliono anche dei SI!, ma questi Grillo non può pronunciarli, dato che il farlo ne farebbe emergere la sua sconfortante vuotezza.
Cosa rimane quindi a G.? Il gioco di parole, il palco, lo spettacolo di giro. Presto si metterà a raccontare barzellette, proprio come ai suoi inizi. Speriamo almeno che non siano troppo sconce.
* una sinistra percepita, per dir così
L'opinione del giocatore di tarocchi emerge da un'analisi che ha lo spessore di una lamina d'oro trasparente ai raggi Alfa: e difatti l'insetto parlante è preoccupato, con ragione.
L'attacco personale portato a Pisapia, e incentrato non già sulle sua capacità, competenze o moralità, bensì sulla mera evocazione di assonanze lubriche richiamate alla mente dal cognome del Sindaco di Milano è la sublimazione del programma politico del ricchissimo comico genovese: una quantità di NO! urlati inframmezzati a cazzate immaginifiche (le palle lavanti, il signoraggio) e dileggio delle caratteristiche fisiche e persino onomastiche altrui.
Il gioco, purtroppo per il barbuto pregiudicato, è destinato a durare poco: vediamo perché.
Il risultato elettorale di Milano, numeri alla mano, ha dimostrato che quasi tutti coloro che hanno avuto il fegato e lo sprezzo di sé necessari per tracciare la croce sul segno delle cinque stelle hanno poi votato, al ballottaggio, per Giuliano Pisapia. I conti son presto fatti: l'affluenza è rimasta la medesima, mentre un lieve recupero di voti si è avuto dalle nulle e bianche del primo turno. Dando per scontato che gli elettori di Manfredi Palmeri non abbiano votato per più del 70% a favore di Pisapia, e che i trasferimenti di voto da Moratti e Pisapia al ballottaggio siano stati minimi, quelli che restano sono i voti grillini, che in massa hanno votato Pisapia e poi sono andati in piazza vestiti d'arancione.
Il risultato per il capopopolo dev'essere stato come una stilettata nel cuore: se i suoi seguaci si fossero astenuti in massa il suo tre per cento avrebbe avuto un peso politico notevole e forse determinante nella preparazione alle politiche; disobbedendo al caporione invece i suoi simpatizzanti hanno dimostrato due cose, una delle quali non scontata: (i) di essere non già apolitici bensì fondamentalmente di sinistra e (ii) di saper pensare con la propria testa.
Il voto del ballottaggio infatti è l'assaggio di quel che succederà alle politiche, dove il turno è unico: ma alle comunali coloro che hanno votato il candidato poppante erano ben consapevoli che con il loro voto non avrebbero impedito il raggiungimento del ballottaggio a Pisapia, e in tal caso avrebbero potuto votarlo al secondo turno; alle politiche invece questa possibilità non c'è, e il risvegliato pragmatismo dei grillini credo che ben difficilmente farà loro gettare nel cesso il voto, dandolo ad uno squallido imbonitore il cui unico orizzonte politico è l'imitazione servile di Berlusconi, da sinistra* e con vent'anni di ritardo.
Già: perché l'odio che Grillo riversa nei confronti di Berlusconi è della stessa natura di quello che Dorian Gray provava nei confronti del suo ritratto. Perché i due sono l'uno il gemello dell'altro.
Entrambi hanno un programma politico evanescente (certo, dopo vent'anni B. lo ha rimpolpato, ma provate a rammentare gli inizi di B., e vedete un po' se il suo programma non aveva lo stesso spessore di quello di G.), che serve solo a dare una mano di bianco sull'obiettivo vero e proprio: l'arricchimento personale.
Non fatevi ingannare dalla ricchezza di B.: nel 1993 le aziende del PresConsMin andavano (è un eufemismo) così e così: e fu con la sua discesa in campo che risolsero i propri problemi e ripartirono. Se ciò non fosse avvenuto avrebbero rischiato ristrutturazioni e procedure, e Berlusconi avrebbe rischiato di far la fine di Gardini.
Guardiamo poi al modello organizzativo: entrambi i capicomici hanno dato vita a movimenti rigorosamente top-down. Quello di B. lo è anche nello statuto, che afferma che lui comanda e gli altri obbediscono; quello di G. si è intelligentemente mascherato da movimento che parte dal basso, ma il modello assembleare e movimentista fa sì che i temi politici e le relative soluzioni siano solo quelle che vengono dalla bocca del Capo. Non essendovi un coordinamento organico è impossibile che dalle singole realtà locali possa emergere una figura di spessore capace di rubare la scena alla Guida; e nelle realtà troppo grandi, nelle quali già solo la dimensione locale è di tale rilievo da conferire rilevanza nazionale al leader, chi viene scelto? Uno studentello appena maggiorenne, e con la faccia di uno che avrebbe bisogno di frequentare più spesso l'altro sesso: uno che nel momento stesso in cui decidesse di muovere un passo da solo potrebbe venire stroncato in venticinque modi diversi, e tutti crudeli.
Del resto anche il modo di propagazione del messaggio è il medesimo, sputato. Quante volte Berlusconi ha partecipato a un dibattito televisivo in contradditorio con avversari politici? Le possiamo contare sulle punte delle dita di una mano? Bene. Ma quante volte Grillo ha partecipato a un dibattito televisivo in contradditorio con avversari politici? Credo che le possiamo contare sulla punta di un cazzo, e salvo che voi siate uno di quegli animali esotici che ne hanno tre o quattro, temo che anche il vostro piccolo pisellino potrebbe essere d'avanzo.
Ma ho divagato: torniamo al punto.
Dicevamo che i grillini questa volta sono andati a votare, e l'hanno fatto a sinistra. Ciò ha gettato nel più nero sconforto il loro Duce, il quale sa bene che non ha più nulla da spendere. Finché dimostrava di avere un milione o un milione e mezzo di voti ben controllati, poteva giocare al tavolo delle alleanze e ottenere prebende e poltrone per i suoi (e di riflesso royalties per lui), continuando a fare comunque il duro e puro.
Ora invece si trova nella prospettiva di proporre un'alleanza alla futura coalizione di centro-sinistra, correndo il rischio di essere sfanculato e sputtanandosi allo stesso tempo: perché se fossi Bersani lo manderei, assai educatamente, affanculo nella certezza che comunque gran parte dei seguaci di un tempo lo mollerebbero per strada: in fondo la prospettiva politica del grillino è quella di far fuori Berlusconi, e tra il votare per un Grillo isolato buttando il voto e votare per un Bersani rafforzato, credo che solo qualche piccolo deficiente sceglierebbe la prima ipotesi. Dal punto di vista di G. invece sarebbe evidente lo sputtanamento, nell'andare ad offrire i propri voti a chi fino al giorno prima era visto come un cialtrone truffatore e disonesto al pari e sullo stesso livello di tutti gli altri
Qualche osservatore un po' grossolano ricorda che anche la Lega nacque come movimento dell'antipolitica, e poi abbiamo visto il successo che ha avuto. E' un'analisi miope.
La Lega nacque come movimento politico, cui fu affibbiata l'etichetta di antipolitica in quanto i suoi temi erano sideralmente lontani da quelli della politica nazionale dei grandi partiti di massa. L'obiettivo della prima Lega era quello di costruire un'entità più o meno nazionale, una sorta di Ungheria assi più ricca in grado di inserirsi nel novero delle nazioni europee; si trattava di un progetto politico, velleitario finché si vuole ma politico.
Quello di Grillo invece è un progetto che mira solo a dire dei NO! e a mettere dei bastoni fra le ruote. Un ipotetico Stato governato da Grillo durerebbe dai cinque ai sette giorni, giusto il tempo per vedere spegnarsi le centrali elettriche per mancanza di personale manutentore, ed esaurirsi i carburanti per gli scioperi dei portuali: perché per far funzionare uno Stato ci vogliono anche dei SI!, ma questi Grillo non può pronunciarli, dato che il farlo ne farebbe emergere la sua sconfortante vuotezza.
Cosa rimane quindi a G.? Il gioco di parole, il palco, lo spettacolo di giro. Presto si metterà a raccontare barzellette, proprio come ai suoi inizi. Speriamo almeno che non siano troppo sconce.
* una sinistra percepita, per dir così
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