lunedì 16 settembre 2013

Fatti, non parole

Voi tre lettori assidui lo sapete, che io oramai ci ho una vera affezione per i blog del Fatto Quotidiano. E non c'è da stupirsi, se considerate che da giovane avevo una mia passionaccia per Zola, con quelle crude descrizioni di marginalità, e più grandicello mi sono appassionato di storia della follia.
E' quindi per me rassicurante la colonna di sinistra del Fatto, quella dove tanti blogger scrivono le loro osservazioni sul mondo: perché so che dentro ci troverò sempre qualche pezzo che mi rassicuri sul fatto (per l'appunto!) che questo mondo sia stato costruito storto dal suo supremo architetto, sia questo il caso, la natura o un vecchio col barbone.
Raramente pero si trova un'infilzata come quella odierna: un profluvio di insinuazioni tendenziose, fallacie logiche e parole in libertà lisergica dopo aver letto le quali Massimo Mazzucco si spoglia del retaggio di fotografo in cerca di fama e diviene un epistemologo di rilevante spessore.
Scaldiamoci con il sig. Antonio Capitano, funzionario comunale. Un pezzo magistrale, che vorrebbe essere furbetto e perfin ci riesce, dal titolo "Recupero Concordia: Operazione Discordia". Il lettore vorrebbe attendersi qualche piccante polemica sul costo dell'operazione, sulla ricerca di responsabilità, su retroscena di divisioni all'interno della Protezione civile. Invece no: il blogger parte dalla Concordia, la abbandona nelle sue acque e sviluppa un pipponcino, privo di senso logico ma con il pregio della brevità, la cui sintesi è che «Per raddrizzare l’Italia servono i veri Italiani».
Passiamo ora a Nicola d'Angelo, giurista esperto in diritto delle comunicazioni. Egli sviluppa, con citazioni normative, una sua tesi per spiegare al lettore del Fatto (che supponiamo già di per sé ostile a Berlusconi, e quindi ben disposto verso la tesi dell'estensore) che Berlusconi medesimo non può videomessaggiare gli Italiani. La sinossi è carina e suggestiva: peccato però che la legge dica che Berlusconi non può obbligare le televisioni a trasmettere i propri videomessaggi, mentre ha tutto il diritto di inviarli e aspettare che, bontà loro, le stesse decidano se trasmetterli o meno. E, dato che non siamo in campagna elettorale, il fatto che di una parte di quelle televisioni egli sia il mero proprietario, sempre secondo la legge, non conta. Bel tentativo, comunque.
Arriviamo a Veronica Tomassini, una che ha di sé delle idee tanto chiare da aprire la propria presentazione con le parole "Non sono veramente siciliana", e alla voce lavoro dire di essere «una scrittrice (forse)». La nostra (forse) scrittrice ci parla di un'altra (più o meno) scrittrice, Christiane F. (quella dello Zoo di Berlino). Qui la sedicente (o se-dicente, come amano scrivere quelli del Fatto Quotidiano, i quali ben consapevoli che il loro pubblico si trova a disagio nell'affrontare parole composte fanno di tutto per predigerire il lessico) scrittrice dimostra un livello culturale pienamente compatibile con il lettore di riferimento. Anzitutto, si stupisce che Christiane sia ancora viva, quando sarebbe bastata un'occhiata a Wikipedia per accertarsene. Poi, piazza la sua "divisa da eroinomane" in Alexanderplatz, rendendo noto al volgo e all'inclita una suprema ignoranza della geografia berlinese degli anni '80 (non stiamo parlando, si badi, della riorganizzazione urbanistica dei Docks di Londra: stiamo parlando di un muro della cui esistenza sono edotti anche i ragazzi di terza media). Infine spara una valanga di parole in libertà su Bowie, siringhe nel collo e poetica dello sballo, attraverso le quali capiamo che la blogger, probabilmente pur'essa psichedelica dentro, ha difficoltà nel discernere la realtà fattuale dalla fantasia filmica. Cialtroneria per cialtroneria, tanto vale che faccia un po' di namedropping e preghi la Tomassini di rivolgersi per il futuro al sottoscritto, che con Christiane ha consumato molti anni di sbronze in una malfrequentata isoletta delle Cicladi.
Ci sarebbe stato bene ora Flores d'Arcais, assente ingiustificato. In sua vece abbiamo Furio Colombo, altrettanto bollito, che dopo esser caduto due settimane fa nel trappolone tesogli dall'amato presidente Obama non è riuscito a riprendere il lume della ragione. Scrive, il noto giornalista -che credevamo non già morto ma perlomeno pensionato, a dimostrazione che anche qui si prendono svarioni- un pezzo che io ho letto più d'una volta, cercando di capirne il senso. Stavo per arrendermi alla mia ignoranza, quando finalmente mi è arrivata l'illuminazione: il senso non c'è, e il pezzo ha unicamente una funzione fàtica: dimostrare al lettore che Furio Colombo è ancora vivo. La Tomassini ringrazia.

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