L'articolessa odierna di Eugenio Scalfari è più brillante del solito, e dice cose interessanti sulle strategie del principale partito d'opposizione alla luce delle sciagurate primarie pugliesi. C'è anche un post scriptum, nel quale il Grande Vecchio critica Adriano Celentano per aver espresso l'opinione che sarebbe meglio concedere una volta per tutte l'immunità a Berlusconi e lasciarlo lavorare in pace.
In effetti il noto strimpellatore aveva detto qualche cosa di un po' diverso: ma forse, per averlo scritto su un giornale concorrente, Scalfari l'ha letto frettolosamente. Prova ne sia che Scalfari accusa Celentano di non essersi accorto che il governo sta rilanciando il nucleare in Italia, laddove questo punto nell'articolo del molleggiato è stato evidenziato in maiuscolo. Ma non è sulla bega tra giornalista e cantautore che voglio soffermarmi, quanto sulla questione dell'immunità.
Il concetto di Stato di Diritto implica la soggezione di tutti i cittadini alla legge. Non è incompatibile con l'assolutismo sovrano, come ben evidenziato nella famosa frase "Ci sarà un giudice a Berlino" di cui avevamo parlato qui, dato che nessuno potrebbe negare che Federico il Grande fosse un bell'esempio di sovrano assoluto, ma certo è il fondamento stesso della democrazia rappresentativa. La democrazia si basa infatti sulle regole del gioco, e le regole debbono valere per tutti, altrimenti il gioco è sleale (e quindi si torna all'assolutismo o alla dittatura).
Ciò non toglie che vi siano ordinamenti in cui le regole, pur restando valide, vengano sospese nella propria applicazione in presenza di particolari status. E' il caso del Presidente della Repubblica francese, ad esempio, che non può essere sottoposto a processo per la durata del suo mandato. Analogo tentativo, come ricorderete, fu fatto in Italia con il cosiddetto Lodo Schifani prima, e Lodo Alfano poi: ma per il fatto di essere state promulgate come leggi ordinarie entrambe queste normative furono censurate dalla Corte costituzionale.
Dal punto di vista dei princìpi, tutto ciò è molto bello. Il problema è che il nostro Presidente del Consiglio ha una quantità di processi pendenti, e non per bagattelle, ed essendo anzitutto un uomo, prima che un'istituzione, ha la legittima pulsione di salvare la pellaccia.
Da qui la paralisi dell'attività legislativa e di governo, tesa ad inventare sempre nuovi modi per portare a casa una simil-immunità. E via via che il gioco si fa duro, il tiro viene alzato, come dimostra l'ultimo disegno di legge sul processo breve, con il quale per salvare uno solo si fa strame di centinaia di migliaia di posizioni processuali.
Credo che nessuno dei miei lettori voglia salvare Berlusconi dalla giusta punizione per i propri reati, ma forse è venuta ora di chiedersi se il gioco valga la candela. Certo, sono consapevole del fatto che il "processo breve" è stato inventato proprio per alzare il tiro e quindi arrivare a un accordo condiviso sull'immunità; e che quindi accettare l'immunità sarebbe cascare nel trappolone di Berlusconi. Consentire l'immunità a Berlusconi sarebbe, insomma, un bel passare per bischeri. Ma talvolta anche passare per bischeri non è forse necessario?
Il punto fondamentale è che Berlusconi ha il potere. Ha in mano il governo, ed ha in mano il Parlamento grazie a una maggioranza schiacciante e fedelissima, per il fatto di essere costituita di cooptati e non di eletti.
Non solo: ha anche il consenso popolare, dato che solo un idealista potrebbe pensare che, se si andasse oggi al voto, l'esito delle elezioni sarebbe diverso da quello di due anni fa.
Berlusconi, insomma, grazie al proprio impero mediatico, alla legge elettorale e a un sistema di alleanze politiche sapientemente costruito è, di fatto, quanto di più simile ad un monarca abbiamo avuto nella storia repubblicana.
Concedergli un'immunità per la durata della sua permanenza al potere lo rafforzerebbe? Forse. E dico "forse" perché è già talmente forte da potersi salvare comunque, sia pur a prezzo della monopolizzazione della funzione legislativa e della distruzione del sistema giuridico, come abbiamo detto, talché egli comunque è in grado di ottenere il risultato sperato (la salvezza): ma a che prezzo!
La concessione di un'immunità gli consentirebbe di ottenere il medesimo risultato, ma il prezzo per la società e per l'integrità del nostro ordinamento sarebbe infinitamente inferiore. Certo, dal punto di vista dei princìpi è cosa da far accaponare la pelle, ma forse forse è l'ora di ritenere che un po' di sano pragmatismo non guasti.
E comunque, il problema imprescindibile è sempre quello: che egli ha il consenso popolare dalla sua parte: e finché l'avrà, penserà comunque prima a salvare la pelle e poi a curare gli interessi dello Stato. Se vi fosse una possibilità, nel breve, di infliggergli una quantità di batoste elettorali, lo stesso senso di pragmatismo indurrebbe a concentrarsi sulla lotta politica per conseguire tale scopo: ma allo stato dei fatti quella è una strada senza speranza, e allora, mi dico, tanto vale andare a vedere il suo gioco e comunciare una nuova stagione.
domenica 31 gennaio 2010
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6 commenti:
Potrei pure concordare che di fronte al ricatto, cedere al ricatto per salvare qualcosa che si reputa più importante non fa di noi dei colpevoli al pari del ricattatore.
Ciò detto, vorrei ricordarti che eri tu, qualche mese fa, a sostenere che il princeps era scricchiolante ;-)
consentirgli di salvare la pelle perché? perché continui a fare scempio del nostro paese? ma cacciarlo fuori a calci in culo, no? sbaglio, o continua ad essere ineleggibile? non per fare la dura e pura, ma come si fa ad accettare di offrire l'immunità ad un corrotto corruttore piduista?
eh, Giacomo: rammento bene. Purtroppo era una cazzata. Quanto a te, Lucia, egli sarà pure ineleggibile: ma se non c'è la forza per far sì che non sia eletto, tale ineleggibilità è -absit iniuria verbis- una pugnetta.
Non lo so... Non so quanto cedere al ricatto di un simil-monarca, e creare un pericoloso - nuovo - precedente di uomo potente che scampa alla giustizia, e una legge che salvi il culo ai simil-monarchi che verranno (perché ne verranno) possa essere chiamato pragmatismo. Mifanno rabbrividire quelle previsioni di Taormina, che parlava di un Berlusconi fino al 2020, almeno.
Berlusconi non si farà mai processare, troverà sempre una scusa, un mezzuccio. Se questo arrampicarsi sugli specchi della legalità gli facesse perdere un po' di credibilità, sarebbe già qualcosa. Ma quella di regalargli una cosa che lui può sperare di ottenere solo perché ha rotto le palle un po' a tutti - anche a te, vedo - mi sembra ancora sbagliato. Preferisco, se proprio devo scegliere, una soluzione craxiana: Berlusconi in fuga verso Hammamet. Lui latitante assolto, noi liberi.
Il fatto, Ipazia, è che non sei tu a dover scegliere. E la maggioranza degli italiani, in questo momento, sceglierebbe di nuovo lui: questo è un dato dal quale non è possibile prescindere.
Lo so. E tutto ciò mi sembra estremamente autodistruttivo.
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