lunedì 18 ottobre 2010

Idee chiare

“Mentre l’infermiera rumena Maricica Hahaianu, 32 anni, madre di una bambina, scivola irreversibilmente verso la morte, verso il bullo italiano Alessio Burtone, un violento con precedenti specifici, la giustizia italiana è tenera. Sta comodamente a casa sua e gli viene permesso di lanciare farneticanti messaggi di scuse. Anche i media sono clementi. Non ne conosciamo il volto e solo in pochi casi se ne dice il nome preferendo chiamarlo, in un’operazione di riduzionismo chiarissima “il ragazzo”. Se il buongiorno si vede dal mattino si sta preparando un nuovo caso di giustizia razziale in Italia. Non era andata così per l’omicidio di Vanessa Russo, una ragazza italiana uccisa preterintenzionalmente nel 2007 sempre nella metropolitana di Roma, in un’analoga lite per futili motivi, dall’immigrata romena Doina Matei. Contro di lei, una ragazza appena maggiorenne con una vita difficilissima alle spalle che l’aveva portata a prostituirsi, si abbattè una durezza ottocentesca sia mediatica che giudiziaria. Fu arrestata immediatamente e fu celermente condannata al massimo della pena, 16 anni. Contro di lei furono applicate tutte le aggravanti e non le fu riconosciuta nessuna attenuante. Tutto ciò nonostante vari testimoni confermassero la casualità dell’esito della lite e della colluttazione (la morte orribile fu prodotta dalla punta di un ombrello conficcato in un occhio) e l’autopsia di Vanessa Russo, anche lei una ragazza difficile, confermò che questa fosse sotto l’effetto congiunto di cocaina, morfina e metadone ed ebbe la peggio in una rissa della quale era corresponsabile. La condanna esemplare verso Doina, che non meritava certo un premio, era fermamente voluta da un’opinione pubblica addestrata dai media all’odio verso la “puttana romena”. Vi fu un uso chiaramente politico dell’evento, allarme sicurezza, allarme immigrazione. Si arrivò a zittire il prete al funerale che osò parlare di perdono e anche quel caso fu uno strumento per rovesciare l’effimero governo Prodi. Oggi, a parti invertite, si vede quanto avevamo ragione a denunciare tutta quella durezza come politica e razziale. Per la povera Maricica, lavoratrice e madre di una bambina piccola, non si terranno fiaccolate. Seguire da vicino il processo Burtone sarà un dovere civile.”

Il pezzo riportato qui sopra è un post di Gennaro Carotenuto, che dovreste trovare qui, se solo il sito funzionasse.
E' stato tumblerato, rebloggato, laicato e sharato da una gran quantità di gente in rete, e quindi certamente anche voi l'avrete già letto.
Io francamente non ho capito perché mai abbia avuto questo gran successo, e soprattutto non ho capito l'esortazione finale.
Il Carotenuto ci presenta un parallelo tra due casi assai simili di cronaca, uno accaduto tempo addietro avente ad oggetto l'omicidio di una ragazza italiana da parte di una giovane rumena, a seguito di una banale lite in metropolitana, e l'altro il recentissimo in cui l'omicida è un giovane italiano e l'uccisa una rumena.
Leggendo il pezzo si coglie molto bene l'opinione dell'autore, vale a dire che nel primo episodio, in ordine temporale, la rumena sia stata condannata a una pena ingiusta ed eccessiva. Si dice che la vittima era anche una un po' poco di buono, ma questo come inciso.
Per quanto riguarda il caso recente, l'autore segnala il fatto che l'aggressore è stato trattato assai meglio, sia dal punto di vista strettamente giudiziario, essendo ancora ai domiciliari, sia mediatico.

Bene: non ci vuole un genio per capire che le due cose sono del tutto incompatibili. O (aut) la giustizia ha avuto la mano troppo pesante con Doina Matei, ed allora si sta comportando correttamente con Alessio Burtone, o (aut) sta sbagliando con Alessio Burtone, ma allora ha agito bene con Doina Matei. Non si può affermare impunemente che si sta sbagliando in entrambi i casi, da un lato per eccessivo rigore e dall'altro per lassismo. E spero che nessuno possa anche solo sognarsi di pensare che se un errore per eccesso di rigore vi è stato nel primo caso, questo possa anche solo minimamente giustificare un identico errore nel caso attuale.
Non siamo spettatori di una partita di calcio fra Italia e Romania, dove l'arbitro può essersi accorto di aver concesso un rigore inesistente ed allora, per riparare il danno, ne concede un altro all'altra squadra. Qui si sta parlando di cose serie: e se Doina è stata punita eccessivamente dai giudici il rimedio consiste nel chiedere e pretendere che nei successivi gradi di giudizio questa stortura sia riparata, e nello smuovere l'opinione pubblica al fine di un'eventuale grazia una volta che la sentenza dovesse passare in giudicato.
Pretendere che un'altra persona paghi più del dovuto non solo non ha nulla di giusto, ma non costituirebbe in alcun modo una compensazione, né per Doina né per i suoi figli né per la società; e neppure per la nuova vittima. Pretendere che Burtone paghi come la Matei, una volta affermato che quest'ultima sta pagando troppo è, questo sì, razzista: perché sottintende il pensiero che i primi giudici siano stati a loro volta razzisti, e che l'unico rimedio a questa vergogna sia quello di pareggiare i conti. Sulla pelle della vittima sacrificale del momento, che sarà pure un bullo di periferia, ma ha il diritto di pagare il giusto: vale a dire per quello che ha fatto lui, non per quello che hanno fatto altri giudici.

E allora, che diavolo significa quel «Seguire da vicino il processo Burtone sarà un dovere civile»? Seguire da vicino per qual fine?

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Naturalmente, anche in un'eventuale partita Italia-Romania, l'arbitro che, avendo assegnato un rigpore ingiusto, ne assegnasse un altro ingiusto solo per riparare il torto, sommerebbe errore ad errore. Senza rimediare al primo, in nessun modo.

.mau. ha detto...

«O (aut) la giustizia ha avuto la mano troppo pesante con Doina Matei, ed allora si sta comportando correttamente con Alessio Burtone, o (aut) sta sbagliando con Alessio Burtone, ma allora ha agito bene con Doina Matei.»

a dire il vero potrebbe avere sbagliato in entrambi i casi, perché la giustizia sarebbe dovuta essere nel mezzo.

Detto questo, se non erro il giudizio contro Doina Matei è solo al primo grado, quindi chiedere uguaglianza non significa chiedere il massimo della pena per entrambi.

m.fisk ha detto...

Sicuro che l'autore intendesse quello? A me tutto l'articolo sembra trasudare di gattonerismo a palate.
Quanto al giudizio contro la Matei, la sentenza di 16 anni è stata confermata in appello, e quindi a questo punto resta la Cassazione, che però (semplificando al massimo) per quanto riguarda il discorso del giudizio comparativo sulle circostanze e sulla quantificazione della pena ha poteri limitati.

Unknown ha detto...

il caso doina a carattere giuridico è completamente diverso da burtone, il pm aveva chiesto omicidio volontario e non il preterintenzionale, poi la massima condanna per quel reato è 18 anni, perchè gli anno dato 16 anni e senza attenuanti? semplice nell'ultima azione è stata doina andare di proposito verso vanessa per colpirla alla testa con la punta dell'ombrello ma sfortunatamente vanessa si gira e la colpisce nell'occhio e da quanto è penetrato la punta il giudice a capito che cèra la volontà di fargli male ma non di ucciderla, e poi non ha potuto dargli le attenuanti per il semplice fatto che se tu usi la punta l'ombrello è considerata a tutti gli effetti un'arma ed è una aggravante, diciamo che le attenuanti è che non ha eseguito la richiesta dell'accusa di omicidio volontario. Invece per alessio è più complicato per il PM perchè 1° nell'ultima azione è stata maricica ad andare da lui 2° non può più dimostrare che si stata colpita così violentemente da fargli perdere i sensi da gli esiti dell'autopsia ma più compatibile da una spinta.

 

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