Sulla home page dei siti dei due principali quotidiani italiani oggi abbiamo la fortuna di trovare due articoli che ci danno un interessante spunto di riflessione.
Molti sanno quanto il nostro sistema penitenziario sia drammaticamente arretrato: un po' tutti coloro che contano in politica si scagliano contro il sovraffollamento carcerario, l'inadeguatezza delle strutture, l'impossibilità di strutturare veri percorsi di rieducazione. A parole. Perché poi, quando si tratta di agire, neppure un Papa-quasi-Santo è riuscito ad ottenere un vero indulto: e difatti la classe politica che, senza distinzione di lato dell'emiciclo, ha sempre riconosciuto in Giovanni Paolo II un faro morale è rimasta dapprima sorda alle sue invocazioni e poi ha partorito un minuscolo topolino.
Ma quali sono i motivi alla base di quest'indifferenza della politica verso l'istituzione carceraria? Solo l'ignavia di Governo e Parlamento? La paura di perdere voti dimostrandosi morbidi in fatto di sicurezza?
Probabilmente, anche in questo caso, il Parlamento non è altro che lo specchio del Paese: un Paese che ragiona con la pancia, e spesso con qualche organo che si trova in posizione successiva nel ciclo digestivo.
Si spiega così la rassegna fotografica che il Corriere ci propone al riguardo del carcere di massima sicurezza nel quale è stato rinchiuso l'attentatore di Oslo. La rassegna indulge in dettagli quali la presenza di «TV a schermo piatto» e di «mobili moderni»: particolari sottolineati in quanto evidentemente, nell'immaginario del redattore e dei suoi probabili lettori, in una galera la televisione, se proprio dev'essere presente, dovrebbe limitarsi a un vecchio Brionvega B/N; e i mobili dovrebbero venir ripescati da oscure discariche.
Impossibile poi non cogliere un velo di pruderie nella descrizione del personale di sorveglianza: «Le guardie però sono disarmate, spesso pranzano e fanno sport con i detenuti e sono per metà donne», e non occorre essere un assiduo lettore della Piccionaia per cogliere il nesso tra lo sport e il sesso delle guardie.
C'è anche una foto delle «Unità abitative dove i detenuti possono ospitare i parenti per la notte»: in pratica lì i detenuti possono trombare, come fanno i detenuti di moltissimi altri Stati europei (rammento ancor oggi lo stupore negli occhi del mio avvocato di Berlino, quando passeggiando davanti alla locale galera gli dissi che da noi i permessi per incontrare i coniugi in privato erano fantascienza).
Già, perché, come non mi stanco mai di ripetere, negli ordinamenti penitenziari del ventunesimo secolo, così come -in teoria- nel nostro, «la pena è il muro, ma solo il muro». Secondo le nostre leggi la privazione della libertà non dovrebbe comportare il soffrire il freddo, il caldo, la fame, la mancanza di cure mediche, la promiscuità, le cimici, e il sadismo di guardie e altri detenuti, l'inattività forzata e la mancanza di stimoli per trascorrere il tempo. A mio modesto parere non dovrebbe comportare neppure la forzata astinenza sessuale (ma questo nella legge non c'è).
Eppure nelle carceri italiane si soffre tutto quello, e anche altro: e la cosa viene accettata da tutti, pacificamente. Siamo in un Paese che si scandalizza perché i detenuti hanno la TV (con lo schermo piatto): perché, come dice ogni tanto qualche politico (Castelli, se ben rammento) le galere non debbono essere hotel a cinque stelle. In effetti sono d'accordo che non debbano essere luoghi dotati di terme, ristoranti sontuosi e concierges in divisa. Ma da questo alla topaia/carro bestiame vi sono mille sfumature, e chi ritiene che l'unica sfumatura possibile sia il carro bestiame probabilmente, prima ancora di non essere un buon cittadino, non è il buon cristiano che pretenderebbe di essere. Il che mi sembra dimostrare che la maggioranza degli Italiani è composta di cattivi cittadini e di cattivi cristiani.
Probabilmente lo stesso cittadino che si è scandalizzato per la TV a schermo piatto non avrà neppure degnato di un'occhiata l'altra notizia di oggi, quella relativa agli ex criminali che si sono pentiti e che dovrebbero vivere protetti dallo Stato. Come riporta la Repubblica, il Servizio di protezione per i collaboratori di giustizia non ha un soldo, e quindi, candidamente, non paga quello che dovrebbe pagare: affitti, bollette, avvocati, diarie.
Certo, uno potrebbe anche dire che i destinatari di questi benefici in fondo sono pur sempre dei criminali e quindi che cazzo vogliono?, ma sbaglierebbe di grosso. Anzitutto perché (e questo dall'articolo di Repubblica non emerge) del programma di protezione fanno parte non solo i pentiti ma anche degli onestissimi cittadini che si sono trovati ad essere testimoni o addirittura vittime di fatti di criminalità organizzata, e per testimoniare contro i colpevoli hanno dovuto cambiare vita e identità per aver salva la pelle; in secondo luogo perché, quand'anche vi fossero solo criminali efferati, ciononostante se uno Stato (non un sedicenne in crisi ormonale: uno Stato) prende un impegno, logica e dignità vogliono che quell'impegno venga rispettato.
Invece no: il nostro Stato non ha fondi per pagare neppure chi collabora per la giustizia; figuriamoci se riuscirà mai a mettere «mobili moderni» dentro le carceri.
giovedì 28 luglio 2011
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5 commenti:
Grazie per il post. Io avrei potuto aggiungere qualche dettaglio sulla situazione in carcere, visto che mia moglie ci lavora. Per esempio, che nelle carceri tutte le guardie a contatto con i detenuti sono disarmate e probabilmente non solo in Norvegia e Italia. Infatti, se un carcerato si impossessasse di un'arma sarebbe un grosso problema.
L'altro dettaglio è che in Norvegia gli omicidi sono 0,7x100.000 abitanti. In Italia quasi il doppio (dato sempre prese in unarticolo di giornale, mi sembra Repubblica). Forse avere carveri lussuose (?) contribuisce.
ilcomizietto
Il fatto che il personale di polizia penitenziaria all'interno dell'istituto sia disarmato mi sembrava ovvio, ma in effetti mi rendo conto che non per tutti dev'essere così.
come dici nella tua presentazione, questo post rapresenta un po' di sano buonsenso... ma per avere voti bisogna sollazzare i bassi istinti che tutti hanno, e non il buonsenso, che scarseggia
Molto bello. Grazie per la riflessione.
Sul punto, sulla drammatica condizione degli istituti di pena italiani, ricordo che già qualche anno fa, venne proposto al Ministero l'acquisto di moduli prefabbricati per risolvere - seppur parzialmente - il problema del sovraffollamento negli istituti di pena; ebbene, tale misura avrebbe fatto risparmiare qualcosa come 75 milioni e più all'anno, e non solo: i moduli (perfette celle complete di servizio igenico, letto e guardaroba) garantivano confort e livelli di pulizia che oggi ci si scorda. Pensiamo che le pareti erano completamente rivestite con carta fotografica raffigurante paesaggi varie, assolutamente lavabile ed a prova d'urto: ossia, se un detenuto ci sbatteva la testa quest'ultima non faceva croc! Domanda, com'è finita la gara d'appalto????
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