mercoledì 19 ottobre 2011

Lo Stato di diritto secondo Gilioli

Secondo il nostro tribuno preferito (che oramai ha di gran lunga sorpassato Travaglio nella nostra personale classifica tribunizia), avvalersi della facoltà di non rispondere -che viene riconosciuta a qualunque imputato o indagato per un elementare principio di civiltà giuridica- non è l'esercizio di un diritto, bensì una soperchieria della Casta.

5 commenti:

Alessandro ha detto...

Ah ho scritto questo?
Ho scritto che «avvalersi della facoltà di non rispondere è una soperchieria della Casta»?
Non ho scritto piuttosto che un politico accusato di una tale porcheria avrebbe il dovere etico e politico di fornire qualche spiegazione?
Diciamo che la confusione tra diritti giuridici e responsabilità politica non ti è chiarissima.
Un caro saluto, comunque, e grazie di seguirmi con continuità.
Ag

m.fisk ha detto...

Sono disponibilissimo a pubblicare una rettifica, se lo desideri.

Mr. Tambourine ha detto...

Poltronismo opposizionistico avanzato.

Lele ha detto...

oh, nun me fa 'ncazzà il Gilioli eh?

Dai, non voglio dire che te la sei cercata, ma che qualche volta dai tuoi post straborda un po' troppo livore, questo sì, e ci lascia su uno sgradevole gusto di acidulo...

In ogni caso complimenti per il blog, vi seguo entrambi con continuità.

Coloregrano ha detto...

Faccio sempre fatica a capire perché sia per molti così problematico individuare la distinzione tra il sacrosanto diritto di difesa di chi è coinvolto in un processo e l’altrettanto sacrosanto diritto di chi ha affidato ciò che anche suo (ovvero un’istituzione pubblica) a qualcuno di essere rassicurato sul fatto che costui lo gestisca nel modo più corretto e trasparente. Se, per le ragioni più varie, un politico con incarichi esecutivi, come quello in questione, ritiene di doversi difendere in questo modo ha tutti i diritti di farlo ovviamente. Io come cittadino però ho tutti i diritti di chiedere che chi governa la mia città (lo dico in termini ipotetici perché non sono di Agrigento) lo faccia nella massima trasparenza e, se non lo può fare, passi la mano a qualcun altro. Non si tratta quindi di una visione tribunizia ma semplicemente dell’elementare concezione di una carica di governo non come un normale posto di lavoro, alla cui conservazione posso associare delle garanzie, ma come una missione il cui obiettivo è del tutto prevalente rispetto agli interessi personali di chi la compie. Naturalmente questa concezione cozza con un’idea personalistica della carica di governo molto diffusa in Italia e che affonda le radici nella nostra tradizione culturale, nella quale il governo è sempre stato più il risultato di una rete sociale che di un corpo istituzionale, e non a caso questo strano dibattito sui politici che non si dimettono è un dibattito molto italiano...

 

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