Avendone letto -perlatro con mia perplessità- molto bene; considerato che seguo con interesse una quantità di blog di precari più o meno disperati o soddisfatti; approfittando della mancanza di alternative del deserto agostano, sono andato a vedere Tutta una vita davanti.
Virzì riesce pienamente nel difficilissimo concept che si è imposto: non rappresentare nemmeno un personaggio vero; solo macchiette. Macchiettistici i protagonisti, i comprimari, i personaggi di sfondo. tutti sono congelati in una e una sola attitudine; tutti riescono a suonare inappellabilmente falsi.
Riuscire a rendere non verosimile persino l'anziano signore che va a puttane, quello che si vede solo per 25 fotogrammi con i pantaloni calati, richiede una capacità narrativa fuori dal comune, roba da Fellini o Ferreri.
Il punto è che una simile operazione dovrebbe essere inquadrata in una sceneggiatura adatta: in quello che sui tamburini dei giornali, non sapendo bene come descrivere, chiamano genere grottesco. Virzì invece prende un soggetto che di grottesco non ha nulla, costruisce attorno una sceneggiatura più o meno seria e la popola di maschere vuote.
Farebbe bene, chi ha parlato di ritorno della tradizione della commedia all'italiana, a rivedersi qualche minutaggio di Sordi o di Gassmann, per capire la differenza tra una caricatura e una mera macchietta.
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