Oggi vi invito alla lettura di questo splendido e originalissimo pezzo tratto dal Fatto Quotidiano.
Voi che mi leggete sovente sapete bene che Travaglio mi sta antipatico, e neppur cordialmente. E che ritengo che coloro che scrivono abitualmente su quel giornale dovrebbero andare a lavorare nelle miniere di sale per rendersi un po' utili alla società. Ma devo confessare di aver d'un tratto cambiato idea, grazie a questo articolo approfondito e documentato.
Gli autori, Maurizio Pallante e Andrea Bertaglio dei quali mi pregio di copincollare la fotografia scusandomi per il non sapere chi sia l'uno e chi l'altro, ci parlano dei centri commerciali che «crescono come funghi, e sono tutti uguali», contenendo «palme di plastica, zampilli d’acqua sincronizzati, luci e clima costanti». E gli autori fanno notare (e questa non è che la prima illuminazione fornitami dall'articolo) quanto sia più bello «fare una passeggiata al mare, in montagna, al lago o semplicemente in un parco o nel centro del proprio paese o città».
Perché, badate, al centro commerciale fa caldo d'inverno e freddo d'estate, e c'è puzza di McDonalds: e non mi spiego proprio come io, al pari di tutti coloro che vi si affollano, non ce ne siamo resi conto fino ad oggi.
«Si entra per comprare una matita e si esce con cento euro in meno», ma del pari «spesso non si trova quello che si cerca» dato che tutto, dalle pubblicità alle offerte, è «studiato a tavolino».
Ci sono i commessi, ma sono incompetenti perché non producono loro la merce che comprate, si limitano a venderla, accipicchia (confesso di avere qualche dubbio sul punto: non ho ben capito se questo significhi che da oggi porterò solo scarpe fatte a mano dal calzaturificio vigevanese o se dovrò andare in indonesia per il prossimo paio di Stan Smith, ci rifletterò sopra). Certo, ammettono gli autori, che sono persone concrete, questo dà lavoro a tanta gente, ma non trasmette loro competenze sul «saper fare». «Meglio non imparare più niente, ma avere uno straccio di stipendio per qualche mese, a quanto pare…» è l'icastico commento, che se non l'aveste capito è ironico, dato che come noto arrivare alla fine del mese non dev'essere una priorità dell'Uomo Libero.
Siamo, ahimè, quasi alla fine, ma ancora possiamo raccogliere qualche piccola illuminazione, come quella che i centri commerciali «inglobano in sé sempre più cose: centri fitness, ristoranti, sale giochi, cinema multisala e chi più ne ha più ne metta».
Ora anche voi sarete persone migliori: ringraziatemi.
giovedì 21 ottobre 2010
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12 commenti:
"Bel còllegament" dicevano in una trasmissione di satira qualche anno fa (Avanzi?), al termine di una inutile intervista intercontinentale ad un giornalista.
:-)
che dire...? grazie! :-)
Ecco, vedi? Il tuo commento è la dimostrazione che ora sei una persona non solo migliore, ma anche beneducata. Santi subito, i due fattisti!
Anch'io sono generalmente beneducata, perciò educatamente ringrazio. :-)
Grazie!
Comunque uno che non è nemmeno capace di entrare in un centro commerciale senza comprare esclusivamente ciò che aveva in mente di comprare, merita ampiamente ogni male.
Io trovo che tu sia deliziosamente acido, ultimamente. ;)
E grazie per avermi illuminata :)
Guarda, quasi mi sento un poco in colpa a raccontare questa cosa ma la racconto lo stesso. L'altro giorno, io che lavoro in un centro commerciale dove tutto va veloce è industrializzato e tutto puzza di panini McDonalds, sono andato a una conferenza dove a parlare erano quelli di Slow Food. Insomma, dopo che uno di loro dice che dobbiamo riprenderci il nostro tempo e che il cibo segue un logica industriale e che Slow Food deve entrare nelle scuole, io mi innervosisco un po' e alzo la mano. Chiedo: ma non è che la logica industriale è una risposta a qualcosa, tipo la sovrappopolazione? Non mi hanno risposto perchè, mi hanno detto, la domanda era troppo difficile e non c'era tempo.
Non c'era tempo. Mi sono alzato e me ne sono andato un poco contento di lavorare in un centro commerciale, tra indiani, pakistani, magrebini e, naturalmente, italiani. Qualcuno stronzo, qualcuno no. Mi pagano per vendere e raccontare fregnacce (ma anche no), come quasi tutti penso. Spesso, questo volevo dire, fuori dal centro commerciale il mondo è più brutto. E non ti pagano per stare con certa gente.
Credo che non avrei mai letto l'articolo che menzioni... Ma grazie di avermi fermata, comunque!
IpaziaS, beneducatamente acida.
A me ogni voltas che si parla di Slow Food e di Carlin Petrini viene istintivamente da metter mano alla pistola: come Goebbels con la cultura.
Mah... i soliti luoghi comuni sui centri commerciali.
Una cosa che hanno detto purtroppo però è vera: nei negozi dei cc fuori stagione non si trova nulla e cosa ancora peggiore le stagioni sono molto anticipate rispetto alla realtà.
Ad esempio erano pieni di grembiuli e altri articoli per la scuola nei mesi di Luglio e Agosto, ma già nella seconda metà di Settembre, cioè una settimana dopo l'inizio della scuola, avevano ritirato tutto e abbiamo avuto difficoltà a trovare anche le cose più banali.
Beh, di cosa vi meravigliate? I centri commerciali sono i templi della gente comune, quella banale, che si veste banale, mangia banale, ascolta musica banale e vive, diciamo sopravvive, con 1.500 euro al mese.
Voi, che invece non vi mischiate tra la folla che affolla, ed affolla davvero ognidove, mangiate patè de foie gras accompagnato da un buon Sassicaia, prodotto sui colli Toscani dal vostro simpatico vicino, così alla mano, il marchese Nicolò degli Incisa della Rocchetta; la domenica, d'estate, uscite col vostro due alberi, al largo di Portofino; se invece è inverno, nulla di meglio che qualche discesa da Staunìes sul Cristallo di Cortina; le giacche? fatte a mano da Saraceni, naturalmente: così non perdete il contatto con l'artigiano, quello che i centro commerciali proprio non riescono a darvi. E le scarpe? anche quella a mano, dal buon Armando Sella, ovviamente. Infine, un giro di buche al Golf Club La Mandria e poi finalmente, giù, a scrivere il pezzo sul Fatto Quotidiano.
1500 euro al mese?! Ah! Ah! Ah!
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