giovedì 6 agosto 2009

L'account su Facebook

Qualche giorno fa ho chiuso l'account su Facebook: e questa è una non-notizia, dato che oramai è molto più trendy chiuderlo, l'account, piuttosto che aprirlo.
Ci sono però due o tre motivi che valgono forse la pena di essere sciorinati, complice anche il fatto che in questo giovedì agostano la mail da Berlino che sto aspettando non arriva, e quindi ho -per ora- ben poco da fare.
Devo dapprima precisare che l'account aveva una quarantina di amici: tutta gente conosciuta, non pigs&dogs, e che è sempre rimaso praticamente inutilizzato: con gli amici che vedo ogni giorno o quasi non c'era motivo di scambiarsi lepidezze via Facebook, e con quelli che non vedo mai non c'era nulla da dirsi.
Così come tanti account aperti e dimenticati, però, anche quello avrebbe ben potuto starsene lì, silente: anche perché la mia privacy credo di saperla difendere abbastanza bene, e quindi non è che avessi grandi timori che qualcuno potesse scoprire più del fatto che sono nato d'Agosto e che ho una vita sentimentale un po' complicata. 

Il primo dubbio mi è venuto quando è morto quel povero ragazzo, in Afghanistan, e i principali quotidiani non hanno saputo far di meglio che raccontare all'opinione pubblica i particolari tratti dal suo profilo su FB e i gruppi cui era iscritto. Mi sono detto che nel deprecabile caso che fossi perito in un attentato, mi sarei dispiaciuto se quelle quindici righe di notorietà conquistatemi nella vita (vabbe', non facciamo i sofistici), e non per merito mio, fossero state riempite con il nome di alcuni ex compagni di liceo di cui non mi frega una sega e con l'unico gruppo cui ero iscritto.
Già: perché il gruppo in questione era una roba tipo "Agosto, Milano: solitudine e disperazione"; una scusa per girare la città con quei pochi reduci del mese del Leone e sbevazzare in compagnia, ma che certo i guru della carta stampata avrebbero interpretato come un segnale di depressione e tendenze suicide. E magari qualcuno avrebbe potuto ventilare l'ipotesi che l'attentatore dinamitardo fossi in realtà io, notorio squilibrato mentale.
Una prospettiva sgradevole, insomma: tanto più che -come ovvio per chi un po' mi conosce- io neppure a uno solo di quegli aperitivi non sono mai andato, dato che la desertificazione della città non è per me certo motivo sufficiente per bere anche solo un chinotto con un perfetto sconosciuto.

Il secondo motivo, che mi ha fatto prendere la decisione finale, con relativa pressione virtuale del tasto "cancellami" (e spunta sulla casellina "perché questa roba è per me perfettamente inutile") sta in questa frase
Una cassetta d'acciughe lasciata al sole
che i lettori appassionati di Livornocronaca avranno immediatamente riconosciuto.

Veniamo al terzo motivo, che non è un motivo bensì la mera narrazione di un fatto accaduto successivamente. Come sapete, sulla via del ritorno dalle vacanze in Sardegna ho fatto tappa a Lucca; tra i motivi di ciò vi erano: la gradevolezza della cittadina, dal punto di vista architettonico e climatico; il desiderio di farla vedere a Nichita; la mostra Arte del quotidiano alla Fondazione Ragghianti.
Non era del tutto estraneo alla decisione l'essere venuto da tempo a conoscenza del fatto che una mia ex fidanzata (la prima ex fidanzata, per la precisione, e quella che certo mi ha fatto più soffrire quando mi ha mollato in asso) dopo aver passato vari lustri all'estero si era stabilita nella cittadina, con famiglia, e il desiderio di rivederla dopo tanto tempo. Sapendo che vi aveva aperto un negozio, ho quindi compiuto una diversione nel passeggio e vi sono entrato.
Consideravo infime le probabilità di trovarvela: ritenevo infatti che a fine luglio una mamma di due figli se ne vada in vacanza con loro, lasciando il marito a sbrigare gli affari con la clientela. Nell'improbabile caso in cui vi fosse stata, consideravo inoltre poco probabile che mi riconoscesse immediatamente, dato che venti e passa anni lasciano segni importanti sul fisico e sul volto.

Ed invece, non solo c'era, ma mi ha anche riconosciuto quasi prima che la riconoscessi io, e si è anche sciolta in lacrimoni. Le ho presentato Nichita, mentre i suoi figli erano in America, a trovare i nonni paterni (motivo per il quale lei era in negozio); ci siamo poi dati appuntamento per il pranzo e abbiamo passato insieme un paio d'ore gradevolissime (senza doppi sensi), come succede tra chi si è molto amato, quanto le ferite sono ormai non solo cicatrizzate ma perfino se ne è perso il ricordo.
A posteriori mi sono chiesto cosa sarebbe successo se ci fossimo ritrovati su Facebook: iniziale sorpresa; convenevoli; complimenti reciproci; scambio di foto di bambini; come vanno le cose?; come sta XXX?; ti ricordi quando...?; eh ssì bei tempi; mfisk ti ha invitato a iscriverti al gruppo "quelli che si sono bagnati quando ha piovuto il 25 maggio 1986"; «ignore».
Mi sarei perso una splendida occasione: fortuna che così non è stato.

6 commenti:

flo ha detto...

mi aveva colpito un certo intimismo del racconto su Lucca (e Livorno), ed ecco svelata la ragione :-)

m.fisk ha detto...

Non ti si può nascondere nulla (anche se il discorso della gentilezza lucchese non si riferiva alla citata, che è milano-svizzera)

flo ha detto...

non avevo trovato un riferimento preciso, ma nel modo di raccontare era comparsa una sfumatura insolita.
tutto qua :)

verme ha detto...

beh ma la colpa non è del mezzo ma dell'uso che ne fai. io FB lo uso solo x chattare con gli amici xche è più facile trovarli su FB che su msn/skype.

verme ha detto...

beh ma la colpa non è del mezzo ma dell'uso che ne fai. io FB lo uso solo x chattare con gli amici xche è più facile trovarli su FB che su msn/skype.

Ipazia Sognatrice ha detto...

OT: ma anche a te è successo che FB ti abbia detto: ok, chiudiamo il tuo account, ma lo conserviamo, nel caso volessi tornare?

 

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