martedì 14 dicembre 2010

Nube politica in famiglia

L'altra mattina mi chiama al telefono un tale, che conobbi pochi mesi fa, e mi dice: «Vorrei parlarle di cose che la riguardano; vuole fare colazione con me?»

Dico di sì e all'una ci troviamo al ristorante. Parliamo del tempo, dei cibi, del vino e della tristezza della vita in generale. Poi il giovane signore che mi ha invitato affronta deciso l'argomento che gli sta a cuore.

«Vengo al motivo di questo incontro», dichiara con voce austera, guardandomi diritto negli occhi, «è necessario agire e non attendere oltre: l'attuale momento politico è il più favorevole per organizzare in un partito quella grande massa che, pur avendo seguito la democrazia cristiana, oggi è scontenta... Il malcostume dilaga, la nostra politica estera è ridicola, la nostra politica finanziaria infantile; il fascismo è finito, l'antifascismo anche; la terza forza non esiste: esistono soltanto il comunismo e la democrazia cristiana. Il primo è in via di liquidazione, la seconda è incapace di dare ordine morale al paese. Ovunque lei vada non ode che lagnanze: il malumore è generale Il paese si sfascia di giorno in giorno. Il presente ordine è solo apparente. L'incompetenza tecnica e il basso livello dei nostri dirigenti sono spaventosi. Lei tutto ciò lo ha già capito da tempo, meglio di noi. Ora bisogna promuovere un movimento o un partito cattolico che spezzi in due la democrazia cristiana e dia agli italiani una nuova forza morale capace di guidare il paese. E non c'è da aver paura: basta aver coraggio e decisione...»

Il signore beve un sorso di vino rosso e mi guarda con aria soddisfatta battendo nervosamente le nocche sul mantile.

«Certo», dico, «le cose non vanno come dovrebbero andare ma fondare un partito non è cosa facile, oggi. Poi quel che occorre, per fondare un partito, è un programma, e un programma riflette sempre un principio politico...»

Il signore mi interrompe:

«Giusto, esatto; lei mi toglie la parola di bocca. Il programma si butta giù in fretta: pochi concetti, ma chiari. Pochi, dico; l'importante è che siano pochi. Quel che conta è uno slogan azzeccato, una bandiera ridente... Per questo ci rivolgiamo a lei... Lei deve formare il gruppo delle teste, dei cervelli del partito. Al resto, pensiamo noi...»

«Ho capito», dico ridendo, «Lei vorrebbe un motto che chiarisse le idee agli altri e a lei, un motto programma, come questo, ad esempio: Ordine, Competenza, Onestà.»

Il gentile signore non ride; il signore dice: «Sì, Sì, eccolo trovato! Giustissimo. E' un motto di ferro, esatto, chiaro, efficace...»

«Ma l'avverto che la sigla è antipatica, diventa OCO.»

«Non vuol dire, non vuol dire... Lei è entrato nello spirito dei nostri sentimenti», esclama il signore, e mi spiega poi i criteri di organizzazione del nuovo partito.

Be', per farla corta, dopo un'ora ci lasciamo con la promessa, da parte mia, di studiare il programma del nuovo partito.

Non pensai a quel programma, ma confesso che i discorsi e i propositi del signore che mi invitò a colazione mi turbarono per tutto il giorno. Compresi all'improvviso, come, a questo mondo, si organizzano le minoranze, come si allestiscono i partiti, e come si possa, da un momento all'altro diventare leader, un capo, un dittatore... Non soltanto compresi tutto ciò, ma per qualche ora mi abbandonai alla gioia di fantasticare, e già mi vedevo in parlamento, col dito puntato contro Sforza, come un nuovo Gambetta senza barba, tonante e terribile. Per qualche ora, mi cullai nella convinzione che il nuovo partito era desinato a vincere e a conquistare il potere, perché nessuna classe dirigente, è mai stata tanto bonaria, incapace, furba e bacata come l'attuale e mi dicevo: quel che conta, oggi, è agire in nome di una morale qualsiasi, senza appellarsi ai miti di cui tutti abusano...

Alla sera, aprii a mia moglie il mio animo tormentato.

«Vedi», le dissi, «si tratta di un partito diverso da quelli presenti...»

«Ma com'è fatto un partito diverso? Cosa vuol dire diverso?» domandò mia moglie.

«Un partito diverso è un partito composto di persone che non sono disposte a transigere, a venire a patti, che non ammettono compromessi... Un partito, come diceva quel signore, con le idee chiare...»

«Ma quali sono le idee chiare?»

«Nessuna idea è chiara, deve semplicemente sembrar chiara a chi la difende, a chi la esprime, a chi vuol imporla... In politica, non si tratta di conoscere la verità, non si tratta si sapere se un'idea è storica o antistorica, ma piuttosto di volerla far trionfare. I profeti...»

Ma mia moglie non mi lasciò finire, e disse: «Non parlarmi di profeti, Dio mio! Non prendere quel tono: non vorrai davvero fondare un partito! Non fare lo sciocco, alla tua età con moglie e figli, devi pensare... a guadagnare...»

«E tu credi che con la politica non si guadagni?» esclamai. E subito, subito capii ch'ero già caduto nel baratro, subito capii che la mia carriera di fondatore di nuovi partiti era finita: era tramontata, era naufragata in famiglia, con una frase infelice, ma vera, verissima: e la sentivo, quella frase, rintronare nel mio cervello: «Credi che con la politica non si guadagni?...»

Leo Longanesi - Gazzetta del Popolo - Torino 2 ottobre 1949

Un sentito ringraziamento a Michelle per avermi mandato questo pezzo del vecchio Longanesi: un prolegomeno per ogni futuro idealista che vorrà presentarsi come fondatore di partito

1 commento:

Anonimo ha detto...

"«Nessuna idea è chiara, deve semplicemente sembrar chiara a chi la difende, a chi la esprime, a chi vuol imporla... In politica, non si tratta di conoscere la verità, non si tratta si sapere se un'idea è storica o antistorica, ma piuttosto di volerla far trionfare. I profeti...»"

Con queste premesse non si va molto lontano...

 

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