La premessa è necessaria per interpretare il resto del post, che potrebbe dar l'impressione che io la pensi in modo del tutto diverso.
I "referendum sull'acqua" sono due: uno mira all'abrogazione dell'art. 23-bis del DL. 25 giugno 2008, n. 112, e si tratta di una norma che impone l'affidamento della gestione di servizi pubblici locali di rilevanza economica a soggetti privati o a capitale misto, tranne nel caso in cui per particolari circostanze il ricorso al mercato appaia impraticabile.
Il secondo quesito, ancora più tecnico, chiede l'abrogazione del comma 1, dell’art. 154 del DL. n. 152/2006 limitatamente alla frase: “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”.
Cerchiamo di capire cosa vuol dire tutto ciò.
Diciamo, anzitutto, che non stiamo parlando di "privatizzare l'acqua", bensì di privatizzare "il servizio di gestione dell'acqua". L'acqua, o meglio le sue sorgenti, sono e resteranno demaniali e pertanto patrimonio pubblico. Ma l'acqua che sgorga dalla sorgente non arriva al nostro rubinetto o allo sciaquone del nostro water per volontà divina: deve essere raccolta, filtrata, purificata, controllata, distribuita. In una parola: gestita.
Il servizio di gestione delle risorse pubbliche può essere svolto sia da aziende municipalizzate che da privati: la proprietà dell'azienda che gestisce non incide in linea di principio sulla qualità del servizio di gestione, bensì sulla titolarità degli utili e delle perdite che derivano dalla gestione medesima.
Io, che sono veterocomunista, sarei del parere che anche i panettoni debbano essere prodotti dallo Stato, come ai vecchi tempi; ma è una posizione fuori moda. Nel momento in cui si è deciso che lo Stato non deve occuparsi di panettoni, si è pure detto che non necessariamente deve occuparsi anche di altre risorse: e così si è privatizzata la rete telefonica, la rete autostradale, il servizio postale. Tutte cose che mi vedono ideologicamente contrario, ma che ciononostante sono pacificamente accettate.
Fare la medesima cosa con l'acqua ha scatenato gli spiriti belli, a partire dai missionari che ricordano il precetto cristiano di "dar da bere agli assetati" fino agli ecologisti che dicono che l'acqua deve essere pubblica perché sì.
Il punto però, mi ripeto, è che qui non c'è nessuna "privatizzazione" della risorsa idrica: non è che stiamo prendendo le sorgenti italiane e le stiamo svendendo ai francesi, i quali un giorno potranno decidere di portare il prezioso liquido in Francia per dissetare gli immigrati che vanno laggiù.
Quello che effettivamente si sta svendendo ai privati è il profitto economico derivante dalla gestione delle risorsa idrica, effettuata secondo criteri di economicità e di profitto.
Il secondo dei referendum, con l'abrogazione di quelle paroline “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito” mira proprio a far sì che la tariffa dell'acqua sia stabilita in modo da coprire i soli costi di gestione, senza far fruttare interessi all'imprenditore che mette soldi nella rete distributiva. Ed è evidente che nessun imprenditore metterebbe soldi in una impresa che è in grado di coprire solo i costi senza fornire alcun profitto, quando avrebbe una convenienza assai maggiore, e meno rogne, investendo i propri soldi in Bund tedeschi: qualora passasse il secondo referendum, quindi, la gestione resterebbe in mano pubblica per assenza di imprenditori interessati a concorrere con gli enti territoriali.
Nel momento stesso in cui si decide di remunerare il capitale investito (che in italiano vuol dire distribuire utili a chi ci mette i soldi) si sta trasferendo della ricchezza dalle famiglie consumatrici all'imprenditore, magari straniero. E questo per un veterocomunista è male.
Per un ecologista, invece, questo è un bene: e lo è per due motivi.
Anzitutto, perché l'imprenditore ha i capitali da mettere per la manutenzione e l'efficientamento della rete idrica. Certo, sarebbe bello che i soldi li mettessero gli enti pubblici, in modo che anche i profitti siano pubblici: ma sappiamo bene che gli enti pubblici non hanno soldi neppure per gli asili, e quindi preferiscono avere reti distributive che perdono il 50% dell'acqua, piuttosto che ammodernare la rete e non mandare i bimbi a scuola: dato che se i bimbi non vanno a scuola scoppia la rivolta elettorale, mentre se l'acqua si disperde non se ne accorge nessuno.
Il secondo motivo è che con il rincaro delle tariffe si stimolano comportamenti virtuosi: hai voglia di dire sul tuo blog vegano che devi cuocere le fave con la pentola a pressione spegnendo il fuoco quando inizia a fischiare, e che devi chiudere l'acqua quando ti lavi i denti: sono stronzate buone per mettersi a posto la coscienza. Ma quando l'acqua ti costa un euro al litro, allora, cazzo, voglio vedere se fai scorrere lo sciaquone, e se ti lavi i capelli più di una volta alla settimana.
Ecco quindi che un ecologista dotato di un minimo di coerenza e di senno (vale a dire un personaggio per definizione inesistente) dovrebbe fare da mattina a sera campagna a favore del NO ai referendum. E pure il padre missionario dovrebbe farlo: perché salvare quel 50% di liquido che va perso nella rete consentirebbe, per l'appunto, di dare da bere a molti più assetati di quanti ne si possa immaginare.
A me, invece, non me ne frega assolutamente nulla del fatto che l'acqua si disperda nel terreno, dato che vivo in un luogo dove di acqua ce n'è a strafottere. E so bene che per il peso specifico dell'acqua nessuno mai immaginerà di dissetare i bambini africani con quello che emerge dalle risorgive lombarde: costerebbe meno costruire alberghi nel parco del Ticino dove ospitare detti bambini piuttosto che portare a loro le autobotti piene d'acqua.
A me, dicevo, quello che sta sui coglioni è che le multinazionali straniere facciano profitti: non sull'acqua che vendono (che è pubblica) bensì sulle spese di gestione e sugli investimenti necessari a condurla a me. Sono ben consapevole del fatto che lo starmi sui coglioni è direttamente legato al fatto che mai una volta nella vita a me l'acqua è mancata: se abitassi, chessò, ad Agrigento, dove l'acqua è razionata a ore, sono altrettanto certo che pretenderei corposi investimenti per l'ammodernamento degli impianti: e qualora il mio comune non fosse in grado di sostenerli, sarei ben lieto di pagare qualcosa anche a un fondo di speculatori caymanesi, pur di avere i rubinetti funzionanti a tutte le ore.
Chi trova scandaloso che l'acqua venga considerato un "bene di rilevanza economica" evidentemente pensa che esistano ancora i viandanti che vengono alla tua porta a chiedere una ciotola per dissetarsi, e che tu li accompagni al pozzo, getti il secchio e lo ritiri su, onusto di fresco liquido che scende a garganella nelle arse fauci del pellegrino.
Questi figli dell'Arcadia non hanno capito che i pozzi delle nostre città sono delle macchine mangiasoldi: vanno giù profondissimi, per superare le prime falde avvelenate, vanno accuditi come bimbi nell'incubatrice, coltivati, controllati molte volte al giorno per assicurarne il funzionamento. Tutto ciò costa lavoro, energia elettrica, capitali da investire. E tutto ciò, forse sarebbe il caso che qualcuno glielo dicesse, ha una qual certa "rilevanza economica", guarda un po'.
16 commenti:
Qualche giorno fa devo aver pensato, forse tra il sonno e la veglia, che una eventuale "privatizzazione dell'acqua" (che non è dell'acqua ma della gestione del servizio che la eroga) forse avrebbe portato - finalmente - ad un miglioramento della nostra rete idrica, sulla "colabrodosità" della quale il Tg1 d'estate fa solitamente almeno un servizio dedicato.
Ma poi ho realizzato che questo, forse, avrebbe portato a votare NO al referendum, rischiando di farmi nemici tutti quegli amici che mi riempiono la pagina di FB con degli appelli al voto del Sì.
Son momenti di grande angoscia, quelli fra il sogno e la veglia.
Un grande post. Io me ne resto con la mia pregiudiziale ideologica e con la mia avversione irrazionale per gli ecologisti, e non cambio idea e andrò a votare.
Ma, a prescindere dalle posizioni, un post scritto magistralmente.
Mi stavo orientando a votare un si e un no, ma mi sa che mi hai convinto: due no
Mi sfugge un passaggio: se è in grado di farci profitti un imprenditore, perché non dovrebbe farceli un ente pubblico?
io, invece sono ancora molto ignorante e mi chiedo: che iene fotte al gestore privato se metà dell'acqua prelevata dalla fonte non arriva ai rubinetti? Paga forse un canone in base all'acqua prelevata? E se invece lo paga in base a quella conteggiata sulle utenze? Oltre che ignorante confesso di essere anche molto diffidente (spesso le due cose sono legate) e tendo a non escludere che si realizzi lo scenario peggiore.
Che poi io concordo con il dircorso che la leva economica aiuta a far risparmiare la gente, ma questo secondo fa solo si che si accentuano le differenze economiche: chi ha soldi se ne fotte e chi ne ha pochi fa la sete, alla fine il risultato non cambia, basta vedere cosa accade con la benzina.
mi scuso per la mia prolissità, però volevo osservare come gli esempi citati di privatizzazione, sopratutto autostrade, telefoni mi fanno ragiornare come un veterocomunista e mi convincono che in molti casi la privatizzazione è male. Anche una scarsa gestione statale delle autostrade avrebbe avuto successo raddoppiando i pedaggi, e invece di arricchire pochi imprenditori forse ci avremmo guadagnato un po' tutti.
Aspe' aspe'. Qui si sta facendo una ipotesi, un assunto, che però va assolutamente analizzato e verificato prima di trarre le doverose conclusioni: "l'azienda privata migliorerà il servizio". Davvero? E in base a quale legge economica? Se l'azienda becca un bel contratto di gestione della durata di 25 anni (se no come fa a rientrare dagli investimenti) e poi gli investimenti non li fa? Vedi Autostrade.
Ti dico io quello che succederà in Italia: la ditta che prenderà la gestione sarà formata dai soliti amici degli amici, che prenderanno i soldi, faranno qualche lavorettino di facciata qui e la, e ingrasseranno per 25 anni alla nostra facciaccia.
La mia posizione è: gestione pubblica, assolutamente, per lo meno le elezioni sono ogni 5 anni.
Non ho mai detto: «L'azienda privata migliorerà il servizio».
Il servizio è portare l'acqua nelle case, e quella, almeno a casa mia, arriva.
Quello che ho detto è che, stante lo stato della rete idrica in moltre regioni, vi è l'obiettiva necessità di fare ingenti investimenti; che gli enti pubblici non hanno alcuna disponibilità di cassa per farli; che i privati invece hanno queste risorse ma sono disposti a metterle solo al fine di ottenere un'adeguata remunerazione.
E' poi abbastanza evidente il motivo per il quale a un privato dovrebbe iteressare non sprecare l'acqua: estrarla, filtrarla e pomparla costa; e risparmiarne la metà riduce della metà i costi, e quindi aumenta i profitti. All'amministratore pubblico, che non trae un profitto, e comunque ha altre priorità, risparmiare l'acqua importa assai meno.
Certo, nel mondo che auspicherei lo Stato o gli Enti territoriali hanno le risorse per investire sulla rete pubblica. In quel mondo le tariffe possono essere determinate in vari modi: dal raggiungimento della parità di flussi (al fine di garantire la mera copertura dei costi), all'esercizio in perdita (al fine di trasferire sulla fiscalità generale una parte del costo di distribuzione di una risorsa primaria) all'esercizio a fine di profitto (al fine di utilizzare l'utile per finanziare altri progetti pubblici).
E' chiaro che nel momento in cui entra in gioco l'investitore privato, l'unica tariffa possibile è quella che porta alla creazione di un utile: ma il problema non è nel fatto che il privato persegua il proprio interesse, bensì nel fatto che il pubblico non ha le risorse necessarie a perseguire l'interesse pubblico.
Io, che non sono un veterocomunista, non ho problemi col fatto che soggetti privati guadagnino gestendo risorse pubbliche. Per quelli che hanno dubbi, suggerisco di effettuare un confronto tra il manto stradale di un'autostrada gestita da Società Autostrade SpA e quella di una strada a piacere gestita da ANAS. Se dubbi permanessero, suggerisco di fare un confronto sulle tariffe telefoniche in regime di monopolio e quelle attualmente offerte dal vostro operatore di fiducia.
Nel caso specifico dell'acqua, contesto la visione di Knulp: proprio perché le elezioni sono ogni 5 anni, i governi locali tendono ad investire di più nei capitoli di spesa che danno un ritorno elettorale immediato, a scapito di quelli che danno dei risultati sul lungo periodo.
Ciò detto, il problema dell'acqua risiede nel fatto che questi primi anni di gestione allargata ai privati, si è posto un grosso problema di quis custodiet custodes: i controllori che dovrebbero assicurare l'aderenza del servizio alla qualità minima necessaria coincidevano spesso coi controllati e la definizione degli obiettivi di qualità era slittata perniciosamente nelle mani dei privati attraverso il meccanismo di società miste in cui il 51% era in mano ai privati. Spesso si creavano addirittura situazioni di palese conflitto di interessi (il dirigente pubblico era anche titolare di interessi privati). Finché questo genere di cose sono all'ordine del giorno, a scapito delle tariffe e della qualità del servizio, non ha molto senso legarsi mani e piedi ad interessi privati.
In secondo luogo, nella valutazione dell'utile legittimo del privato, è necessario che sia commisurato al rischio, che è ovviamente più elevato di un Bund tedesco, ma certamente meno elevato di investire in un'azienda che lavora in regime di concorrenza.
Detto questo, idealmente sarei per il No, perché mi pare che la normativa più recente sia orientata a risolvere i problemi sopraindicati. Un po' mi disturba il fatto che la normativa osteggi apertamente l'ipotesi di una "Public option", che in determinate zone d'Italia che hanno tradizionalmente gestito le risorse con criterio, garantirebbe comunque una tariffa più bassa.
Lo so che non l'hai mai scritto, però mi sembrava fosse un assunto sottotraccia, forse ti ho equivocato. E' vero, in un mondo perfetto il privato cercherebbe di ridurre i costi.
Però, nel mondo reale italiano mi sfuggono tante cose:
- il privato è libero di fissare le tariffe? se sì, potrà mantenere alto l'utile semplicemente alzando le tariffe senza ridurre i costi. A meno che l'acqua sia una risorsa scarsa (come nell'agrigentino), gli converrà sempre fare così, perché abbassare i costi richiede investimenti, e propensione al rischio, che difficilmente i privati italiani hanno voglia di assumersi. Anche nell'agrigentino, comunque, serve propensione al rischio, oppure buoni collegamenti con "chi sappiamo noi".
- non essendoci concorrenza per definizione (da come l'ho capita io), non esiste alcun freno (se non legislativo) alle tariffe. Rischiamo di avere un servizio poco migliore a una tariffa molto superiore.
- Non sono sicuro che il pubblico possa fissare le tariffe (o un cap, che è lo stesso), su questo forse puoi farci sapere qualcosa tu. Ma se fissa le tariffe, allora che differenza c'è con il pubblico, cioè con le municipalizzate?
Insomma, a me sembra che fare entrare i privati abbia senso nel momento in cui ci sia un mercato con della concorrenza. Se debbo passare da un monopolista pubblico a uno privato, io preferisco il monopolista pubblico. Ma magari mi sbaglio, ecco, mi piacerebbe avere dei controesempi concreti.
@giacomo - ancha a me il divieto di "public option" disturba assai, ed è principalmente per questo che se andassi a votare voterei sì: ove l'ente pubblico disponga delle risorse finanziarie necessarie a gestire e migliorare la rete, non vedo proprio perché mai si debba imporre l'intervento del privato
@knulp - e invece è importante fare la distinzione. Dire "il privato migliorerà il servizio" è una petizione di principio ideologica; dire "in molte realtà territoriali solo il privato ha i soldi per migliorare il servizio" è una presa d'atto dello stato della nostra finanza pubblica.
Venendo alle altre questioni: no, il prezzo (come avviene del resto per tutte le altre concessioni in monopolio, vedi autostrade etc.) viene fissato da una "Autorità d'ambito". Tale autorità deve fissare i prezzi «tenendo conto della qualità della risorsa idrica e del servizio fornito, delle opere e degli adeguamenti necessari, dell'entità dei costi di gestione delle opere, dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito e dei costi di gestione delle aree di salvaguardia, nonche' di una quota parte dei costi di funzionamento dell'Autorità d'ambito, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio secondo il principio del recupero dei costi e secondo il principio "chi inquina paga"».
Ragionando in teoria ed escludendo le esternalità (vale a dire la corruzione o anche la semplice connivenza dei soggetti preposti), quindi, non dovrebbe esserci alcuna differenza nei prezzi tra il gestore pubblico e il gestore privato a parità di capitale investito. Ma se il privato andasse a investire una cospicua quota di capitale, ecco che vi sarebbero ragioni per ritoccare i prezzi.
(@giacomo - prima che tu me lo faccia notare, dichiaro io stesso l'ultimo commento è una ipersemplificazione, dato che gli interventi di efficientamento incidono sul ROI e pertanto l'impiego di capitali potrebbe portare addirittura a una diminuzione delle tariffe anziché al loro aumento)
@Giacomo, purtroppo non ho percorso negli ultimi anni una autostrada a pagamento gestita dall'ANAS (ne esistono ancora?), quindi non posso dire nulla, a parte che ad esempio sulla A4 hanno sostituito i vetusti gard-rail solo dopo un incidente che ha causato 7 morti e per il quale ora si sta indagando sulle responsabilità di Autovie Venete. Quanto alle tariffe telefoniche ci sarebbe da ridire, si sono scese, ma il mercato è molto cambiato e stabilire se è merito della privatizzazione o più semplicemente dal fatto che la tecnologia si è evoluta è un po' difficile.
Per il resto io distinguevo distribuzione da "estrazione", in ogni caso in alcuni posti, l'estrazione e purificazione secondo me costa meno che non la sistemazione della rete.
scusate, ma avrei da fare un'osservazione e una domanda.
Osservazione: devo ancora vedere una privatizzazione che abbia abbassato i prezzi (vedi: banche, benzina, telefonia, luce ....)
domanda: in che è meritevole una privatizzazione che spinge per la privatizzazione (che ad oggi non è vietata)?
Premessa: ho il privilegio di vivere in un comune che 'gode' di un servizio idrico privatizzato e l'acquedotto è degli anni '50 (quando il comune aveva metà degli abitanti) e il 24 dicembre di quest'anno l'acqua usciva marrone ...
Buona Pasqua
arrivo parecchio in ritardo su questo post ma lo apprezzo davvero tantissimo, tanto che l'ho pubblicizzato su FB. Lo trovo un bell'esempio (e questo vale anche per la discussione seguitane nei commenti) di come aiutare il lettore ad orientarsi e a scegliere un PROPRIO, autonomo, spazio di decisione, senza però inculcare o predicare alcunché.
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