Forse un giorno, prima di morire, riusciremo a vedere introdotto in Italia il reato di stiracchiamento abusivo dell'ordinamento costituzionale. E, seguendo l'insegnamento del nostro amato Maximilien, ferocemente contrario alla pena di morte, per esso faremmo eccezione ai nostri principi, invocando per il reo lo squartamento preceduto dall'amende honorable.
Questi pensieri vengono alla mente vedendo sedicenti politici, ai quali in televisione viene dato spazio che potrebbe essere assai meglio sfruttato trasmettendo immagini di pecorelle ferme e in movimento, i quali piangono alti lai per il fatto che il Governo abbia finalmente deciso di rinunciare al mai nato programma nucleare, per l'abolizione del quale era stato a suo tempo indetto un referendum.
Come tutti voi ben sapete, in Italia non esistono referendum propositivi, consultivi e via discorrendo: esistono solo referendum abrogativi, con i quali possono essere cancellate norme decise dal Parlamento e divenute legge.
Il Parlamento tempo addietro aveva introdotto norme per il riavvio di un programma nucleare; coloro che erano contrari a tale progetto avevano avviato il complesso iter per abrogare tali norme e ci si apprestava alla consultazione in tal senso.
Il Governo, ben conscio di quanto l'opinione pubblica sia divenuta contraria al nucleare, ha deciso di abrogare lui stesso queste norme, con il risultato che il referendum abrogativo non si terrà, essendo già abrogate le norme che si intendevano abrogare: il che è logico, se solo pensiamo che non si può sgonfiare una gomma già sgonfia.
Il noto tribuno molisano si è scagliato in tutti i modi contro tale decisione: non perché sia favorevole al nucleare, bensì perché la mancata celebrazione del referendum antinucleare rischia di far venir meno il quorum per la farsa da lui ideata e propugnata, quale il referendum sul legittimo inpedimento che mira ad abrogare una norma che in ogni caso decadrà un paio di mesi dopo la celebrazione del referendum abrogativo.
Nessuna persona dotata di un minimo di senno e di onestà intellettuale potrebbe pensare che lo scopo del referendum sul legittimo impedimento sia veramente quello di abrogare, a metà giugno, una norma che perderà effetto a metà ottobre, considerato poi che in mezzo ci sono 45 giorni di ferie giudiziarie.
Lo scopo di Di Pietro è stato quello di trasformare il referendum abrogativo di una norma transitoria in un referendum sulla figura e l'opera di Berlusconi.
Lo scopo di Berlusconi, nel rinunciare a un nucleare già morto, è evidentemente quello di smontare le (probabilmente scarse) possibilità che il referendum sul legittimo impedimento raggiunga il quorum.
Si potrebbe dire che entrambi i due attori abbiano fatto strame degli istituti costituzionali, l'uno per guadagnare quella visibilità che non riesce a ottenere con le sue -inesistenti- idee politiche, l'altro per continuare a garantirsi un'impunità che dimostra come in Italia l'uguaglianza di fronte alla legge non valga per chiunque. Ma stanno veramente così le cose?
No, perché è legittimo che chi propone un referendum inutile speri di raggiungere un quorum attraverso l'effetto di attrazione di un altro referendum che incontra il favore popolare, ed è altrettanto legittimo che il Governo prenda atto del fatto che nell'opinione pubblica si sia creata una maggioranza probabilmente favorevole all'abrogazione di una norma sbagliata, e quindi la faccia abrogare direttamente dal Parlamento.
Non è legittimo che chi ha mosso mari e monti per una consultazione smaccatamente populista ed oggettivamente priva di alcuna utilità si lamenti e gridi allo scandalo. Se davvero alla maggioranza più uno degli italiani interessa abrogare con due mesi di anticipo una norma transitoria, allora quegli italiani andranno alle urne a votare su quella norma.
La Costituzione non prevede il raggiungimento del quorum per attrazione d'interessi, e soprattutto non prevede che un referendum indetto debba tenersi per forza, quand'anche il Parlamento disponga l'abrogazione della norma sottoposta alla volontà popolare, al solo fine di salvare il culo a un tribuno invasato.
Passo passo abbiamo visto stravolgere gli istituti e le regole che governano la nostra democrazia: andando avanti di questo passo si arriverà all'anarchia, e senza rendercene neppure conto.
martedì 19 aprile 2011
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18 commenti:
solo una cosa: l'emendamento, che io sappia, non è ancora noto, ma se fosse effettivamente una moratoria non abrogherebbe la legge ma ne sposterebbe più in là gli effetti, e quindi sarebbe ininfluente rispetto al quesito referendario, almeno dal mio umile punto di vista (poi saranno quei comunisti della Corte Costituzionale a deciderlo, mi pare chiaro). Non trova?
L'emendamento, nel testo riportato da Repubblica, recita: "Al fine di acquisire ulteriori evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza nucleare, tenendo conto dello sviluppo tecnologico in tale settore e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione Europea, non si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare".
L'effetto dell'emendamento è il medesimo che si sarebbe raggiunto qualora il SI avesse vinto. Teniamo presente che nulla, teoricamente, impedirebbe che anche in caso di vittoria del SI il Parlamento emenasse un'altra normativa di analogo contenuto (rammentiamo l'esempio del Ministero dell'Agricoltura e, sia pur sfumato dal trascorrere del tempo, lo stesso ripristino del piano nucleare.
Vogliamo dire che in caso di vittoria del SI ci sarebbe stato un impedimento di natura politica? Ma, santo cielo, il medesimo impedimento sussiste dopo questo tristo voltafaccia: voglio vedermelo Romani che tra un anno va a dire "ci abbiamo ripensato, adesso riprendiamo con il nucleare".
non si procede, non "le norme sono abrogate". Indubbiamente il legislatore può fare quello che vuole, ma mi lasci dire che avrebbe potuto farlo meglio.
Questo punto glielo contesto. Neppure il testo del referendum (complicato assai) mirava ad abrogare una legge che consentisse all'Italia di avere impianti nucleari, bensì a impedire "la definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio" dei medesimi. L'effetto pertanto è assolutissimamente il medesimo.
io comunque me lo vedo benissimo Romani, o il suo sostituto tra un anno o due tornare alla carica (a seconda di quale sarà il momento politico/elettorale valutato più vantaggioso). Con un referendum avrebbero dovuto aspettare di più.
Faccio presente che ad esempio questo stesso governo 6 mesi fa fece una proroga sugli incentivi al fotovoltaico sui cui effetti lo stesso ministro a Febbraio si è svegliato ed ha gridato allo scandalo.
Non posso che concordare con il discorso che tu fai se non fosse appunto per la premessa debole sullo stato di avanzamento della politica nucleare che non è un tema accessorio al legittimo impedimento. Con esso si è accantonato completamente il piano energetico nazionale.
E perché mai "avrebbero dovuto aspettare di più", dato che la dose di facciaculismo necessaria è la medesima?
Non ho nemmeno mai sostenuto che la politica energetica nazionale fosse un tema accessorio rispetto all'abrogazione con due mesi di anticipo della norma sul legittimo impedimento, anzi: questo lo afferma invece il rude coltivatore
La dose di facciaculismo e' ben diversa, perche' da una parte si tratta di ritrattare una propria libera scelta, dall'altra di andare contro l'esito di un referendum con una percentuale maggioritaria di sostegno. Sul piano simbolico e del consenso la seconda e' molto piu' ardua.
La differenza con il Ministero dell'Agricoltura e' che quello era un tema che era stato infilato in mezzo ad altri, che non interessava agli italiani quanto il nucleare, e su cui nessun partito (tranne magari i radicali, per quel che contano) aveva interesse a fare una battaglia politica perche' sanno tutti che stare nella UE senza un MPA sarebbe un suicidio.
e poi, se fosse così a che scopo avrebbero deciso di ficcare dentro questo emendamento? solo per fare dispetto a Rutelli o permettere a Bersani di dire "è una nostra vittoria" ?
P.S.
scusa la mia ingenuità :)
una domanda, ma due paroline sul referendum per evitare la privatizzazione dell'acqua?
@panzer - c'è anche quello, ma devo trovare il tempo di scriverlo
Aspetto il post sulla privatizzazione dell'acqua, perché mi pare di ricordare un utile discorso sull'acquedotto pugliese. Quanto al nucleare, oggi alla Camera il ministro Romani ha esplicitamente parlato di "sospensione", il che mi fa pensare a un poco elegante modo di evitare il referendum.
@scorfano - guarda, vista da un punto di vista tecnico la cosa è semplice. Se la norma che il parlamento si appresterebbe ad approvare non corrispondesse al quesito referendario (e quindi se quella parlasse di sospensione e quello di abrogazione), allora la Cassazione dovrebbe pronunciarsi per il mantenimento del quesito, se del caso opportunamento modificato nell'articolato.
Se invece i due provvedimenti coincidessero (vale a dire se sia l'uno che l'altro risultassero abrogativo o se, come io suppongo, sia l'uno che l'altro avessero l'effetto di una sospensione sine die, allora la Cassazione dovrebbe pronunciarsi per il ritiro della consultazione.
Poi, se e quando la Cassazione disporrà la revoca del referendum, ci sarà sempre chi propugnerà la tesi del complotto dei magistrati contro la volontà popolare. Il che sarebbe un filo ridicolo, dal momento che -come a tutti noto- requisito essenziale per l'ammissione in magistratura è l'essere comunisti mangiabambini.
Ma i dipietristi, come i grillini, non hanno la capacità di comprendere che non si può dire un giorno "fiducia nella magistratura" e il giorno successivo "magistrati venduti" senza perdere la faccia.
(considerazione che, poi, riassume il titolo del post, che spero Lei avrà apprezzato)
come è possibile che un quesito referendario parli di sospensione? Tutto quello che si può fare in un quesito referendario è cancellare leggi, articoli di leggi, commi di articoli di leggi, parole di commi di articoli di leggi...
Il punto è che il quesito referendario -così come l'emendamento governativo- non va ad abrogare una -inesistente- legge che consenta di fare centrali nucleari, bensì una norma attuativa che disciplina come "si procede alla definizione e attuazione del programma di localizzazione, realizzazione ed esercizio nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia elettrica nucleare". L'effetto quindi è sospensivo, nel senso che venendo meno le norme attuative non sarebbe possibile definire in quali siti fare gli impianti, ma non abrogativo in quanto non ci sono norme da abrogare.
ok, così è chiaro. Mi stupisce solo che un quesito di tale tipo sia passato al vaglio dell'ufficio referendum, allora.
«Le disposizioni di cui si propone l’abrogazione, benché contenute in molteplici atti legislativi, sono, infatti, tra loro strettamente connesse, in quanto sono tutte accomunate dalla eadem ratio, di essere strumentali a permettere la costruzione o l’esercizio di nuove centrali nucleari, per la produzione di energia elettrica. La matrice razionalmente unitaria di dette norme comporta che il quesito in esame incorpora l’evidenza del fine intrinseco dell’atto abrogativo, consistente nell’intento di impedire la realizzazione e la gestione di tali centrali, mediante l’abrogazione di tutte le norme che rendono possibile questo effetto.» (sent. C.Cost 28/2011)
Anch'io aspetto il post sulla privatizzazione dell'acqua. Nel frattempo "grazie Signore, grazie" per aver terminato la serie di post con le foto agresti.
Tanto belline neh...
Dal punto di vista del diritto hai ragione, non c'è differenza nel risultato, ma dal punto di vista politico sono d'accordo con chi ha sostenuto che c'è una bella differenza se una norma è abrogata per via di un referendum o per scelta del governo per questioni di opportunità camuffate.
Che poi, ultimamente ci siamo abituati che la maggioranza perlustra il parlamento coi carri armati e pertanto questi spauracchi da prima repubblica ormai non spaventano più nessuno, siamo pure d'accordo.
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