domenica 22 novembre 2009

Due olive e una ciliegia (wonkish)


Il Vodka Martini è una cosa un po' troppo da educande per me: l'unico modo serio di bere la vodka, anche la Flagman comperata al supermercatino sotto casa nell'estrema periferia di San Pietroburgo a un euro a bottiglia (e che è molto più buona di tutte quella che ci propinano per russe qui in Italia, tipo Stoliza o Moskoviza), è: fredda (moderatamente fredda, anzi per meglio dire fresca); liscia; in piccoli bicchierini (magari di cristallo lavorato).
Il Martini richede il profumo del gin che involgarisca la nota secca e allo stesso tempo morbida del vermut. Il Martini non è la contessa di Guermantes: è Vivian Ward che, vestita a festa, va nel ristorante chic e sbanca tutto con il suo stile pur restando, dentro, una troia da strada.
Un Martini on the rocks (e tanto più quindi un Vodka Martini on the rocks) è poi un gradino più sotto nella scala del perbenismo: il ghiaccio che si scioglie lentamente nel bicchiere diluisce il cocktail facendolo apparire meno rude; ma in realtà, come sa bene l'intenditore, quell'acqua incarognisce la purezza del distillato e conferisce al tutto un retrogusto di topo morto non molto apprezzato. Certo, se si tratta di far colpo su Amy tutto è lecito, per carità, ma qui stiamo parlando di cose da uomini.
E' quindi con un certo stupore che ieri sera il mio barista preferito, quando dopo aver bevuto un paio di classici (un Milano-torino, un Long Island che-come-lo-fa-lui-non-lo-fa-nessuno e un White Lady) gli ho chiesto qualcosa di *molto* secco, mi ha propinato un French Martini: vale a dire un Martini on the rocks corretto all'Angostura. Mentre me lo serviva, mi ha avvertito che si trattava di una composizione *molto* impegnativa, ed in effetti così è stato.
Con quel bicchiere in mano (uno di svariati) mi sarebbe piaciuto sentirmi un po' Josh, ma non ho potuto: per ammorbidire il tutto, infatti, la guarnizione viene fatta con una ciliegia al maraschino, non con le olive.

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