giovedì 8 aprile 2010

Intercettazioni e pubblicazione della corrispondenza

Ier sera a Otto e Mezzo il neopresidente del Piemonte, Cota, richiesto di declinare la posizione della Lega sul tema delle intercettazioni, ha detto chiaramente che queste debbono rimanere uno strumento di indagine, ma dev'essere impedita la divulgazione sulla stampa di quanto intercettato.
Se la posizione di Cota corrisponde a quella della Lega intera, è questo un primo passo verso lo smantellamento di una delle riforme più pericolose dell'agenda politica del PresConsMin. Fare delle intercettazioni uno strumento di acquisizione della prova nei confronti di un colpevole già individuato avrebbe portato a una impunità di fatto per tutta quella lunga serie di reati che hanno nelle intercettazioni lo strumento principe d'indagine: in particolare reati finanziari e contro la pubblica amministrazione.
Almeno su questo punto, quindi, non possiamo che rallegrarci del successo elettorale della Lega e del conseguente accrescimento della sua sfera d'influenza sull'agenda del premier.
Quanto al fatto che debba essere contemperato il diritto di cronaca con il diritto alla riservatezza, è forse il caso di fare qualche ragionamento un po' più articolato rispetto al semplice monosillabo.
Partiamo da un dato di buon senso: ciascuno ha diritto a conversare con chi gli pare, e a riporre fiducia nel fatto che quanto egli dice rimanga privato. Rivelare il contenuto di una corrispondenza o di una conversazione di cui siano state parte altre persone è censurabile sotto il profilo penale, mentre rivelare a terzi il contenuto di una conversazione propria è semplicemente un gesto di cattiva educazione e di scarsa civiltà, non punito ma non per questo meno grave.
Ci sono però dei limiti a questo principio: è probabilmente giusto che venga pubblicata una conversazione in cui viene commesso o viene data prova di un reato, tipo la corruzione o la turbativa d'asta. E anche nell'ambito della vita di tutti i giorni, è pure giusto che chi in un determinato gruppo sociale si fa alfiere di una certa tesi, chessò la temperanza, possa essere rintuzzato con la pubblicazione, nell'ambito dello stesso gruppo sociale, di una propria comunicazione in cui mostra la propria ipocrisia: ad esempio una mail che dicesse "Che serata! Mi sono riempito come un otre... e non riuscivo neppure a reggermi in piedi".
Bisogna però stare attenti: perché se in taluni casi, come detto, può essere considerato socialmente accettabile pubblicare brani di conversazione privata, è certamente non etico pubblicare stralci di brani volutamente avulsi dal contesto. Se, ad esempio, il messaggio originale fosse stato il seguente: "Che serata! Mi sono riempito come un otre di frittelle e non riuscivo a reggermi in piedi per il mal di pancia", capite bene che il pubblicarne brani per crearsi un argomento ad hominem contro chi predicasse la temperanza sarebbe non solo maleducato, ma anche intellettualmente disonesto.
A volte poi la conoscenza del contesto cambia radicalmente il senso dello stesso identico messaggio. Un SMS tipo "ti prego! rispondi al telefono!" mette il mittente in una luce assai diversa, a seconda che questi sia un'adolescente brufolosa che importuna il più figo del liceo piuttosto che un quarantenne che due giorni prima è stato beccato in flagranza d'adulterio e scrive alla fidanzata ufficiale.
Se quindi in taluni casi può essere lecito -sia penalmente che eticamente- raccontare in pubblico i fatti e i detti degli altri, perlomeno dovrebbe sempre essere data la possibilità a chi viene messo in piazza di esplicitare il contesto e il paratesto: altrimenti si compie un atto che può essere a seconda dei casi disonesto o infantile, ma comunque pur sempre censurabile.
Poi, chi viene messo in piazza può sempre decidere di tenere per sé i motivi e i contesti, dato che in fondo non gli frega granché della considerazione di quel determinato gruppo sociale; ma questa dev'essere una sua libera scelta, e pertanto deve essere messo in condizione di esercitarla.

3 commenti:

.mau. ha detto...

(a) la Lega e i legaioli sono noti per dire tutto e il contrario di tutto, non prenderei per oro colato quanto detto da Cota.

(b) mentre sulla pubblicazione di intercettazioni su cui si sente che si sta per commettere o è stato un commesso un reato sono d'accordo (immaginando che l'imputato sia stato rinviato a giudizio per quelle cose, e quindi le intercettazioni verranno usate in tribunale e quindi sono pubbliche), ho dei dubbi che si possa citare una conversazione privata anche se mostra l'ipocrisia della persona.

Anonimo ha detto...

Anche a costo di essere un po' troppo vicino alle posizioni di Cota, anch'io tenderei a essere un po' dubbioso sull'opportunità della divulgazione di certe conversazioni private. Se non altro perché spesso il contesto (come dici tu) è meno facilmente descrivibile e memorizzabile di una battuta infelice nata magari dalla semplice complicità tra due conversatori.
Non sono argomenti giuridici, ci mancherebbe. E' solo forse una piccola questione di sensibilità mal riposta.

Giacomo Cariello ha detto...

Spesso ho la sensazione che se qualcuno mi giudicasse da certe conversazioni telefoniche semplicemente leggendo la trascrizione, sicuramente mi infliggerebbe l'ergastolo "a prescindere" :-)

 

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