Il vicesindaco di Milano, Riccardo De Corato, ha lanciato la campagna d'estate contro i cinesi di via Paolo Sarpi (che, per i non milanesi, sarebbe la chinatown di costì).
Questa volta fioccano le multe perché i commercianti hanno messo sui propri negozi le insegne in cinese, il che è illegale secondo il regolamento comunale, che prevede che le insegne debbano "essere in corretta lingua italiana", come riporta il Corriere.
Anzi: come spiega il Giornale, "le leggende devono essere in corretta lingua italiana", il che potrebbe dare qualche preoccupazione ai seguaci inglesi di Robin Hood, agli studiosi indiani del Mahabharata e ai rumeni che ancor oggi lucrano sui turisti che visitano il castello di Vlad Țepeș.
Comunque, se questa è la legge, va rispettata: che si tratti di leggende, di legende o di mere insegne.
E quindi fin da doman mattina il sottoscritto, come spero tanti altri onesti e volenterosi cittadini, si armerà di macchina fotografica per segnalare alle competenti autorità comunali, con tanto di documentazione fotografica, le insegne che non siano scritte nella più pura lingua di Dante.
Comincerò con PriceWaterhouseCoopers, Ernst & Young e Standards & Poor's. Poi credo opportuno fare un passaggio di fronte alla Piedra del Sol, al Tropico Latino e alla Cueva Maya. Penso poi di fotografare il Kaputziner Platz e la sede italiana di Commerzbank, per poi censurare lo spregio alla nostra bella lingua perpetrato da Omelette & Baguette e da Petit Bateau.
A quel punto sarò pronto per andare da High Tech e poi chiudere il giro con l'Hollywood Rythmoteque e il The Club. Ah, ma quelli li hanno già chiusi, accidenti.
domenica 1 agosto 2010
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21 commenti:
Grande idea! Ma hai dimenticato il più importante di tutti: McDonald's Hamburger Restaurant :-)
Champ
[ma non si può proprio fare nulla per riattivare open id su blogger?]
boh! Immagino sia una roba di blogger, io non c'entro nulla!
(McDonald's, già, come ho fatto a dimenticarmene?)
Ernesto&Giovane sarebbe grandioso :D
E non vogliamo citare tutti i bar People/Pipol/Piple e via elencando ?
ho mal di stomaco...
E se passi da Viale Abruzzi, aggiungi Occhial House...
Occhial House è oltre.
Curiosità: un negozio come Carpe Diem viene graziato considerando che in fin dei conti il latino è il padre dell'italiano?
(Scarpe diem invece deve andare al rogo)
Beh, vediamo: 'United Colors of Benetton'; Cartier (l'italiano è 'Cartaio', ovviamente), poi c'è il falso latino Promode (da rendersi 'A favor di moda'), Wind (perché non usare il corrispondente italiano 'vento'? O 'brezza'?, o 'aliseo' se si vuol essere esotici)? E che vuol dire in italiano Vodafone? Poi, 'Standa' deve essere un refuso per 'Stenda' (3 pers. sing. cong. pres. att. di 'stendere')... senza contare che ho seri dubbi sull'italianità delle parole 'Grom', 'Despar', 'Billa', 'Coin' (sarà inglese, 'moneta', o sarà francese, 'angolo'?)...
il signor Grom si potrebbe lamentare dei tuoi dubbi sulla sua italianità; i signori Coin pure, ma essendoché sono ebrei è chiaro che devono cambiar cognome.
(e la fu Standa fu così italianizzata ai Suoi tempi, a dirla tutta)
Faccio peraltro notare che i Magazzini Coin occupano più di cento persone e pertanto, ai sensi del RDL 17 novembre 1938 art. 10 lett. c, non possono restare nella proprietà di israeliti.
Quanto a Grom, mi rimetto all'esperienza di un torinese per sapere se sia nome tipico della prima capitale del Regno o, come temo, anch'esso denunci ascendenze semitiche.
Grom dovrebbe essere un puro, ancorché raro, nome celto-piemontese.
A proposito dei bei tempi: confido che i più attenti tra voi abbiano colto la citazione nel titolo di questo e del successivo post. Licia non rientra tra i più attenti, ma lei ha confessato di essere un caso umano, quanto a cinema d'antan ;-)
@ Mfisk, .mau.: ovviamente non mi riferivo all'italianità dei proprietari di Grom e Coin, o dei loro dipendenti, ma scherzavo sul fatto che né 'grom' né 'coin' sono parole significanti nella lingua italiana, se non per indicare, attarverso un nome proprio, i detti esercizi commerciali. E siccome la norma del vostro illuminato comune sentenzia che le insegne debbano essere in corretta lingua italiana, allora si dovrebbe decidere se in questa norma i nomi propri valgono comunque oppure no. I miei scherzi - che a spiegarli risultano, mi rendo conto, molto noiosi - volevano portare questa regola all'assurdo.
Ciao
Ipazia S.
Non è che mi offenda il fatto che il tuo senso dell'umorismo sia pari a quello di un tordo e che quindi abbia sentito il bisogno di farci sapere che stavi celiando, quanto il fatto che tu abbia potuto pensare che io e .mau. avessimo potuto non comprendere che stavi celiando. (faccina, ve')
ci sarebbero anche un paio, se non di più, negozi di ottica: fa balà l'oecc (sii avveduto, o anche fai ballare l'occhio che non ha senso ma è divertente)
Sì, sì, è preoccupante che il vicesindaco eccetera. E, per quanto riguarda i giornali, stendiamo un velo pietoso.
Ma certo che, tra i due aspetti del problema, c'è una lieve distinzione. Persino io non chiederei una bistecca al Kaputziner Platz, mentre avrei dei dubbi su cosa vendono o fanno al "祖父的肝脏油炸"...
p.s.: per l'eventuale traduzione, qui: http://nicetranslator.com/
E faresti male, dato che al Kaputziner Platz si mangiano delle ottime bistecche e stinchi di maiale.
in effetti alla Kapuziner io in genere prendo il Grillteller.
Mai stata al Kapuziner Platz ma se c'era un messaggio subliminale nell'alternativa ortografica, direi che nel mio caso ha funzionato...
Burger King in effetti dovrebbe essere cambiato in "Il Re della Svizzzera"
Grazie, ho preso nota: al Kaputziner, bistecca :-)
(in realtà, volevo soltanto dire che, per quanto balorda sia la campagna di DeCorato, può essere stata mossa dal fatto che se qualcuno scrive *Kaputziner* può venderci bistecche ma l'insegna non è oscurissima, mentre se qualcuno scrive (in arabo o in cinese) *in questo negozio si fanno cose turche* è un po' più difficile da decifrare, no?
Poi, che ci siano , come usa dire oggi, altre priorità, e che basterebbe un traduttore al seguito di DeCorato o compagnia bella per fare un controllo, va da sé che è una cosa troppo semplice, amministrativamente parlando.)
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