Quando uno deve incazzarsi ogni volta che apre il giornale, e ciò malgrado la linea politica di fondo del medesimo coincida con la propria, forse è ora di risparmiare quell'eurino all'edicola o di investirlo in fogli meno cialtroni.
Qualche giorno fa mi sono incazzato per quel demenziale articolo di uno dei miei bersagli d'elezione, quel Carlo Petrini di cui abbiamo già parlato anche qui e che incarna alla perfezione il modello del luddista-chic. Questo imbonitore da fiera di paese persegue con ammirevole costanza il proprio scopo, che è quello di farsi lautamente retribuire per dire qualche ovvietà condita in una salsa di reminiscenze ancestrali e di nostalgia per i bei tempi che furono. Repubblica ha ospitato un suo lunghissimo e verboso pezzo nel quale parla di un campo coltivato con semi OGM, facendo intendere che da quel piccolo appezzamento di terreno sarebbe partita la rovina e la desertificazione dell'Italia intiera.
Il punto è che l'articolo è infarcito di falsità, come spiega assai bene il buon Bressanini: falso il fatto che quei semi possano far male alla salute dell'uomo (anzi!, suggerisce Bressanini); falso il fatto che fosse urgente distruggere quel campo, in quanto essendo le piante già fiorite non hanno modo di infestare i campi limitrofi; falso infine il fatto che quella coltivazione fosse illegale. E si tratta di falsità in ordine crescente di certezza, dato che possiamo anche invocare qualche diavolo di principio di precauzione, che ha la stessa validità scientifica dell'uomo nero per far addormentare i bambini, ma non possiamo certo dubitare della vigenza o meno di un regolamento europeo, anche se Zaia finge di non conoscerlo.
Pochi giorni dopo un branco di montati, gente del tipo di quelli che vanno a liberare le cavie dai laboratori, per dire il sottogenere umano, è andato a distruggere il campo segnalato dal Petrini. Il quale, se vi fosse un magistrato a Pordenone, dovrebbe essere riconosciuto colpevole di concorso nella devastazione, come stabilisce il Codice.
Dato che sono in condizioni di connettività precarie avevo pensato di tener la cosa per me, ma ieri mi sono letto un'altra intemerata del balordo, e non sono più riuscito a trattenermi. Questo articolo ha finalmente messo il Petrini nella luce che si merita: quella di un nostalgico dell'ancien régime: un uomo fuori dal suo tempo che sogna una società in cui pochi eletti possano godere delle gioie della vita e della gola, mentre tutt'attorno frotte di popolani avviliti e luridi pagano le decime e scendono nei profondi pozzi delle miniere di carbone, avendo per unico nutrimento una fetta di pane nero con un pezzetto di Camembert, ma piccolo.
Il Petrini, quello stesso che ha passato una vita a lamentarsi perché le genti che debbono arrivare alla fine del mese comperano il Castellino al posto del Barbaresco, senza riuscire a capire quale mistero di abbruttimento e di propaganda multinazionale porti costoro a trattarsi così male, si è ora accorto che il prezzo del Barbaresco sta scendendo e, accipicchia, questo consentirebbe a qualcuno dei bevitori di Castellino di comperarsene una bottiglia, magari in occasione del proprio onomastico. Jattura! ché in quel caso, qualora il castellinante si barbareschizzasse, ecco che l'aura magica e iniziatica del Sommo Bevitore di Barbaresco finirebbe a mal partito. "Tutto qui", direbbe il popolano? Fiumi di inchiostri, di parole al vento e di tessere dell'ARCI per questo?
Immaginate come deve sentirsi, il Petrini, alla sola idea che i suoi presìdi da capalbiese possano divenire popolari e diffondersi un poco. Sarebbe come un prete ortodosso che vi facesse andare dietro l'iconostasi o, per restare in tema, un prete cattolico che vi allungasse il calice e la pisside per fare merenda. No, non si potrebbe proprio accettarlo: e così ecco che il nostro, dopo una mezza vita a insultare il popolino che mangia e beve schifezze, auspica che debba continuare a mangiare e bere schifezze, per non inquinare il corpo mistico dell'iscritto all'arcigola.
Lasciamo un attimo il Petrini, che sono certo che ritroveremo presto, e concentriamoci un momento su una notizia del tutto diversa. Parliamo dell'ennesima legge ad personam del presidente del consiglio, il cui perverso meccanismo vene spiegato in questo pezzo.
Dunque, secondo Repubblica Berlusconi -o meglio la Mondadori- ha evaso 173 milioni di tasse, che diventerebbero 350 milioni oggi per effetto di sanzioni e interessi. Berlusconi, quale PresConsMin, si è quindi fatto una legge che consente di evitare la Cassazione pagando solo il 5% del valore della lite. La Mondadori quindi ha pagato otto milioni e se l'è cavata quasi gratis.
Il fatto è che la norma in questione consente di transigere i contenziosi fiscali per i quali l'agenzia delle entrate abbia perso i ricorsi in primo grado e in appello. Il fisco ha contestato alla Mondadori l'evasione, e la Mondadori ha fatto ricorso e l'ha vinto. Poi il fisco è ricorso in appello, e la Mondadori ha di nuovo vinto. Poi il fisco è ricorso in Cassazione: non è detto che la Mondadori avrebbe di nuovo vinto: diciamo che, con due ricorsi vinti alle spalle, aveva una probabilità di perdere del 5%: vale a dire esattamente l'importo che la legge consente a chiunque di pagare per chiudere definitivamente la pendenza con un'Agenzia delle Entrate che, nonostante due pronunce giurisdizionali contrarie, insiste nella propria tesi.
Immaginate di prendere una multa per eccesso di velocità: il comune vi manda a casa la foto e voi vi accorgete che la macchina fotografata non è la vostra. Fate ricorso al Giudice di Pace, pagando il dovuto balzello, e quello vi dà ragione. Ma il comune, non pago, ricorre in appello: e per difendervi dovete a questo punto pagare anche l'avvocato, e caro. La corte d'Appello vi dà, evidentemente, ragione: ma il comune s'intigna e ricorre in Cassazione, costringendovi a difendervi con un (carissimo) avvocato cassazionista.
Ecco: più o meno le cose stanno così. Certo: non è scontato che la Mondadori abbia così palesemente ragione; e magari è anche possibile che i due ricorsi vinti lo siano stati non in forza del torto dell'Agenzia delle entrate bensì della corruzione operata sulle commissioni tributarie di primo e secondo grado, e che quindi in Cassazione l'esito si sarebbe rovesciato. Ma i casi sono due: o Repubblica ha delle prove, o perlomeno delle indiscrezioni che potrebbero avvalorare questa tesi, e in tal caso avrebbe dovuto tirarle fuori, o non le ha. E in tal caso resta il fatto che, ieri come ieri, la Mondadori al fisco non doveva neppure un euro: altro che 350 milioni.
Notate poi l'astuzia: in tutto l'articolo il fatto che Mondadori avesse vinto in due gradi di giudizio emerge solo in un inciso, come se si trattasse di una notizia secondaria a completamento della proposizione principale. Come ho fatto io qui sopra, quando ho messo detto che Berlusconi -o meglio la Mondadori- deve al fisco tutti quei soldi.
Qui la questione non è di essere pro o contro Berlusconi: certo per me sarebbe infinitamente più facile scagliarmi contro Feltri o Zio Tibia Sallusti: ma non avendo lo stomaco per leggerli non posso farlo. La questione è di fare buono o cattivo giornalismo; e per quanto possa apprezzare un'informazione di parte, non posso accettare che l'essere di parte sfoci nell'informare male o addirittura nello scrivere cose false. Perché in questo caso non ho più il diritto di formarmi le mie idee, pur sapendo che la fonte da cui attingo mi indirizza in qualche direzione: se mi viene raccontato il falso divento un burattino nelle mani dei giornalisti dei quali cerco di fidarmi: e ciò non lo posso accettare.
venerdì 13 agosto 2010
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5 commenti:
slow brain
fai come me :-) http://marcocampione.wordpress.com/2010/07/08/da-la-repubblica-a-la-stampa-una-ricorrenza-e-una-conferma/
Ogni tanto fa veramente piacere incontrare qualcuno così risoluto a voler pensare con la propria testa e non con le cagate propinateci quotidianamente dai media, di qualsiasi parte essi siano.
Ho smesso di comprare giornali di carta da molti anni ormai. Sto molto meglio. Quando voglio alzarmi la pressione vado dai miei genitori che ancora leggono la carta.
ciao
nicola.
PS: anche sul web c'è giornalismo spazzatura, ma almeno non lo si paga. :-)
Oggi, pur senza modificare i toni, che restano davvero imperdonabili, provano forse a spiegarla un po' meglio: http://tiny.cc/gn5s2
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