Questo blog si onora di aver ricevuto in anteprima la lettera di una delle più lucide menti del nostro Paese, che verrà pubblicata domani sul prestigioso New York Times. E' con malcelato orgoglio che la condivido con i miei lettori.
Dear Director, my friend,
ti chiedo ospitalità sulle colonne di questo tuo prestigioso e libero giornale per rivolgermi a quella parte del mio Paese onesta e integra che vede come metà del proprio lavoro di un anno non riesca a finanziare un progetto semplice e banale come il Ponte sullo Stretto di Messina. A quella parte del mio Paese che si chiede come mai non si riesca ad organizzare un Festival del Cinema degno di questo nome.
Scrivo a quella parte buona e operosa del mio Paese che ancor oggi rimpiange i tempi in cui vigeva un sano e dialettico confronto tra coloro che possedevano la figu di Pizzaballa e coloro che ancora la stavano cercando.
Scrivo perché Io ho pieno titolo per farlo da queste pagine, perché solo due anni fa ben 14 milioni di Italiani mi hanno votato. Eppure ho perso: se invece avessi vinto, in questo momento Berlusconi non governerebbe il Paese. Molti sono i motivi per cui ciò non è successo. Per cominciare da quel milione e mezzo di italiani che inspiegabilmente hanno preferito votare il principale esponente dello schieramento a me avverso, come se le elezioni politiche fossero il televoto di una trasmissione della TV-spazzatura.
La colpa non è degli Italiani (ma chi sono gli Italiani?), ma di chi ha portato il Paese allo sfarinamento dei più solidi valori e alla disgregazione di un moderno e maturo bipolarismo. Mentre stanno per essere messe in circolo emissioni consistenti di titoli pubblici per finanziare il nostro abnorme debito, il Partito che Io ho creato sembra immerso nello scenario dei "Dieci Ragazzi Per Me Posson Bastare" di Lucio Battisti.
Dario Franceschini, Rosi Bindi, Carletto Ancelotti, Pippo Civati, Debora Serracchiani, Veronica Lario, Enrico Mentana, Elio Germano. Nel corso degli ultimi due anni gli Italiani hanno creduto in tutte queste figure limpide e democratiche, e nonostante ciò non siamo riusciti a resistere alla pressione delle spinte populistiche e degli ideologismi di varia natura, malgrado Io mi sia avvalso anche dell'aiuto delle facce più nuove e migliori del Paese quali, ad esempio, Jovanotti, Marianna Madia, Nicola Piovani. e Tonino Guerra. Per non parlare dei miei cinquemila amici di Facebook e del nobile Circolo dei Mille.
Se ci fosse un semipresidenzialismo Berlusconi rafforzerebbe il sistema livido che ci governa, mentre Io sarei più propenso a sponsorizzare una Repubblica acefala che ascolta e decide.
La minaccia di un «regime autoritario» di stampo russo o cinese si fa sempre più concreta, portando con sé un principio di disunità che reclama poteri centrali forti e semplificati, come ben hanno anticipato le analisi di John Le Carrè le "Il Sarto di Panama" e il mio amico Woody Allen in "Crimini e Misfatti".
Tutto ciò ci allontana da quei valori liberal, democratici e nuovi che hanno fatto sì che Io fossi considerato, nel mio Paese, come l'"Obama bianco" anche se ad esser sincero mi sento più vicino al modello di Jed Bartlet, ma più colto e introspettivo.
Per realizzare questo mio progetto avevo designato anche il McGarry italiano: un uomo vincente non solo per la sua stazza, che mi ha condotto a intraprendere scelte innovative e coraggiose ma anche semplificazioni e alleggerimenti.
Le culture di progresso fanno correre un Paese come un cavallo che salta l'ostacolo. Un Paese ricco di cultura, arte, pensiero elevato. Un Paese di Santi, di Eroi, di Navigatori, di Trasmigratori. Non è retorica.
Berlusconi è stato un limite drammatico per il bipolarismo, perché mi ha impedito di scegliermi a piacimento l'avversario che preferivo. Senza di lui avrei vinto ed avrei costruito una politica più ferma ma anche più decisionale. Certo, non avrei scritto alcuni dei migliori romanzi di questo scorcio di millennio e non avrei potuto comperar casa nel vostro libero e moderno Paese, ma avrei dato alla democrazia la capacità di guidare davvero la società italiana.
Quest'estate torrida mi ha visto combattere da solo, anzitutto perché ho rifiutato con serenità e pacatezza tutti i prestigiosi incarichi che mi sono stati offerti, e in secondo luogo perché non ho trovato alleanze credibili e all'altezza del mio progetto d'imporre per legge le visite guidate alla Cappella Palatina di Palermo e alla galleria di Diana di Venaria Reale. Io stesso, del resto, quando ero Sindaco di Roma amavo far affacciare al balconcino del mio ufficio gli ospiti che venivano nella Città Eterna apposta per trovarmi, mostrando loro lo splendore millenario dei Fori Imperiali, che solo per un azzardo del destino non ho potuto costruire Io stesso.
Il nostro Paese non può essere dominato da passioni tristi, e del resto, come tutti sanno, Io triste non lo sono affatto.
Take care,
Walter Veltroni.
martedì 24 agosto 2010
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