sabato 21 agosto 2010

Una repubblica presidenziale

Nei giorni scorsi abbiamo ferocemente criticato Repubblica per la campagna condotta a tambur battente sulle proprie pagine in relazione alla nuova normativa sulla definizione transattiva dei contenziosi fiscali giunti in Cassazione. Quelli di Repubblica hanno molta più pazienza di me e continuano a battere ogni giorno sullo stesso tasto, mentre io quel che avevo da dire l'ho già detto, per cui mi taccio.
Certo, questa insistenza, che non è stata ripresa da alcun altro organo d'informazione (e ciò per ammissione dello stesso giornale che conduce la battaglia), appare bizzarra: sembrerebbe quasi che il giornale di De Benedetti abbia dei propri conti in sospeso con la casa editrice che ora appartiene a Berlusconi; ma qui non samo andreottiani e non ci permettiamo di pensar male in quanto non sempre ci si indovina.

Per tranquillizzare i cinque lettori del blog, che potrebbero credere che anche io abbia una questione personale, ma con il quotidiano fondato da Scalfari, cambierò argomento e parlerò di un'altra questione che sta a cuore a Repubblica, tanto da avervi dedicato una corposa serie di articoli.
Come ben sapete, le truppe del PresConsMin da un po' di tempo affermano che in caso di rottura della maggioranza che attualmente sostiene il governo non si potrebbe che andare alle elezioni. La questione è stata avanzata da vari esponenti, variamente motivata e alcune volte ritrattata, anche a seguto degli interventi del Quirinale. Repubblica ha dedicato, come dicevo, ampio spazio ad articoli di illustri costituzionalisti che hanno spiegato con grande competenza perché la pretesa del PdL sia una fola che non sta né in cielo né in terra.
L'unico problema è che, a mio avviso, queste spiegazioni sono risultate un po' troppo tecniche, talché mentre appaiono del tutto chiare a una persona con una certa infarinatura di diritto costituzionale (e che perciostesso non ne avrebbe avuto bisogno), di contro possono risultare ostiche o fumose a chi nella vita si occupi di tutt'altro.
Secondo me è un peccato, dato che la spiegazione poteva essere fornita, a mio parere, anche in modo molto più semplice consentendo al grande pubblico di costruirsi meglio la propria opinione: per cui ci provo.
La tesi di Berlusconi e dei suoi portavoce è che con la nuova legge elettorale, che consente e anzi di fatto obbliga i partiti a costituire schieramenti e a designare un capo il cui nome viene indicato nella scheda elettorale, sia avvenuta una rivoluzione nella nostra "Costituzione materiale". Quest'ultimo termine per i costituzionalisti indica una parte di norme che non sono esplicitamente scritte nella Carta, ma sono andate ad integrarla in alcuni punti, per effetto della consuetudine e della prassi.
Dicono, i seguaci del PresConsMin, che per effetto della designazione di Berlusconi come capo dello schieramento che ha vinto le elezioni, il popolo gli abbia conferito il mandato di governare; e dato che la sovranità appartiene al popolo ai sensi dell'art. 1 della Costituzione (nientemeno!) nessun altro possa porre in essere alcunché in ispregio a tale indicazione: pertanto né Napolitano potrebbe conferire un incarico ad altri se non Berlusconi, né i parlamentari potrebbero votare la fiducia o la sfiducia, se non in conformità all'indicazione dello schieramento nelle file del quale sono stati eletti. Quest'ultimo punto poi sarebbe rafforzato dalla circostanza che i parlamentari attualmente non sono scelti dal popolo bensì di fatto nominati dalle segreterie degli schieramenti stessi, anche se la cosa viene fatta passare sotto silenzio perché il porcellum è già talmente inviso a gran parte dell'opinione pubblica da non costituire un valido appiglio dialettico.
Il discorso fila liscio ed è ben argomentato: ma è un mero sofisma, costruito da chi è abile a giocare con le parole ma che si può smontare facilmente una volta trovato il bandolo della matassa.

Bisogna sapere, anzitutto, che il concetto di "Costituzione materiale" esiste, ma si tratta di regole che possono integrare, ma non certo emendare o smentire, quelle della "Costituzione formale", vale a dire quanto sta scritto nero su bianco nel testo ufficiale.
Ora, nella nostra Costituzione ci sono ben due articoli che dicono l'uno che il Presidente della Repubblica sceglie il Presidente del Consiglio dei Ministri, e l'altro che i parlamentari esercitano la loro carica senza vincolo di mandato, cioè senza rispondere del proprio voto ad alcuno se non alla propria coscienza (e, in caso di ricandidatura, ai futuri elettori).
Ora, ammettiamo pure che con la nuova legge elettorale sia avvenuto un mutamento della forma costituzionale dello Stato, che ora sarebbe di fatto una Repubblica presidenziale, o anche solo che la legge in questione possa influire, sia pur minimamente, sulle prerogative del Presidente della Repubblica o sulla libertà del parlamentare eletto. Ebbene, ciò non è possibile.
La nostra infatti è una Costituzione rigida, vale a dire una Costituzione che non può essere modificata con una legge ordinaria; e dato che la legge elettorale è stata approvata in forma ordinaria, i casi possibili sono solo due: A) la legge elettorale non vìola la Costituzione (e pertanto quanto affermano i Berlusconiani è fuffa) oppure B) i Berlusconiani hanno ragione (e pertanto la legge elettorale vìola la Costituzione e, quindi, è incostituzionale).
E' questo un classico caso in cui tertium non datur: bisogna scegliere se stare dalla parte A) o dalla parte B), ma in ogni caso non si può stare dalla parte di Berlusconi.

Sarebbe bello poter dire che in conseguenza di quanto sopra indicato il porcellum è incostituzionale, ma, ahimè, ciò non è per nulla scontato: difatti uno dei principi del nostro ordinamento è che le norme vanno interpretate non isolatamente, bensì anche nel quadro sistematico delle altre norme, prima fra tutte la Costituzione. E, pertanto, se è possibile dare più interpretazioni di una legge, deve essere scelta tra queste quella che rispetta la Costituzione: solo qualora non vi sia alcuna scelta in tal senso possibile, infatti, una legge può essere dichiarata incostituzionale.
Ci teniamo il porcellum, dunque; ma possiamo rimandare al mittente la pretesa di Berlusconi e accoliti di avere, essi soli, il diritto di governare.

4 commenti:

w ha detto...

A definire la forma di governo presidenziale non è l'elezione a suffragio universale diretto del capo del'esecutivo ma una applicazione rigida del principio della separazione dei poteri per cui, diversamente da quanto accade nella forma di governo parlamentare, l'esecutivo non può sciogliere il legislativo né il legislativo far cadere l'esecutivo. Chiaramente non è il caso dell'Italia.

m.fisk ha detto...

La spiegazione è certo corretta, perlomeno in astratto. Nella pratica, tuttavia, le due cose quasi si sovrappongono, dato che nelle forme di governo presidenziali l'esecutivo o perlomeno il suo capo viene scelto dal corpo elettorale (né potrebbe essere altrimenti, in quanto se lo fosse dal Parlamento dipenderebbe, almeno in linea di fatto, da questo).
Qualto al fatto che l'elezione del Presidente debba essere "diretta", non si tratta di un requisito essenziale, come dimostra il fatto che neppure negli USA lo è.

.mau. ha detto...

Zagrebelsky l'ha scritta (su rep, tra l'altro) molto semplice: la legge elettorale dice esplicitamente "fatte salve le prerogative del PresRep" e anche se non l'avesse detto non cambierebbe nulla; l'articolo 1 della Costituzione afferma infatti che "La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione."

Detto in altri termini, al PdL non riescono ad arrivare in fondo a una frase, per paura di essere tacciati come intellettuali.

m.fisk ha detto...

Sì, infatti avevo letto l'articolo di Zagrebelsky ed era proprio quello che mi aveva suggerito di scrivere questo post. Sul "fare salve le prerogative del PdR" niente da dire: come egli stesso fa notare si tratta di una mera clausola di stile, dal momento che non sarebbe concepibile una legge ordinaria che non le facesse salve; io volevo solo far notare che anche in sua assenza il discorso varrebbe comunque.
Sull'art. 1 invece la questione è un po' diversa: Z. fa giustamente notare che il PdL si dimentica di citare la subordinata relativa, ma il fatto di aver introdotto il concetto di "costituzione materiale" potrebbe far credere che la tesi che stano portando avanti sia conforme al dettato dell'intero articolo. Se la sovranità appartiene al popolo, e il popolo si è espresso, ecco che la costituzione materiale imporrebbe di tener conto della sua volontà; e l'art. 1 si riferirebbe alla Costituzione in astratto, sia materiale che formale. E' per questo che l'art. di Z. non mi aveva convinto.

 

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