mercoledì 1 settembre 2010

Maggioritario uninominale possibilmente a doppio turno

Come altre volte è accaduto nella storia del Grande Partito dei Riformisti, anche stavolta i vertici hanno indicato una strada da seguire, senza però dire in che direzione percorrerla.
E così il botto estivo del governo di transizione, con l'obiettivo minimalista di fare una legge elettorale e una legge sul conflitto d'interessi, si è infranto di fronte all'evidenza che nessuno sa come fare una legge elettorale: e figuriamoci una sul conflitto d'interessi!
Si sono riproposte, e non è certo un caso, le stese dinamiche che avevano impedito al Governo Prodi (che, pur risicata, una maggioranza ce l'aveva) di far approvare quelle due norme. Come si passa dal titolo del tema al suo svolgimento, difatti, la litigiosità dell'accozzagliadel Partito Democratico ha modo di esprimersi nelle sue forme migliori.
Da una parte un D'Alema che punta al proporzionale alla tedesca, dall'altra la Presidenta che afferma che il PD è vincolato a sostenere un «maggioritario uninominale possibilmente a doppio turno».

Non è che quest'ultimo tipo di legge elettorale non abbia illustri esempi all'estero, sia chiaro. Tuttavia almeno una cosa credo che vada detta, e con vigore.
Si imputa alla legge elettorale attuale di non consentire la scelta del parlamentare, che di fatto viene designato dalle segreterie di partito, rimanendo l'alea del risultato in capo a quella cinquantina di candidati che galleggiano negli elenchi tra coloro che sono assolutamente certi di ottenere il seggio e coloro che sono lì per mera presenza, dato che potrebbero entrare alle Camere solo ove il proprio partito facesse cappotto. L'elettore quindi con il suo voto di fatto designa dei personaggi di mezza tacca, né carne (i maggiorenti ben abbarbicati alle prime posizioni) né verdura (peones presenti solo per obbligo di militanza).
Orbene, non è che con l'uninominale le cose cambierebbero sensibilmente: mi piacerebbe che almeno questo fosse chiaro. Con l'uninominale infatti l'elettore si trova a dover scegliere tra quattro-cinque nomi, tutti designati dalle segreterie di partito; e con il doppio turno (non a caso tanto caro al PD) i nomi diventano solo due, tre al massimo in situazioni locali particolari, espressione diretta dei partiti maggiori.
Il che significa che, al posto della magra soddisfazione di poter scegliere tra una serie di elenchi di semisconosciuti, potrei scegliere tra due nomi. "Accipicchia, che vantaggio!", come mi dissi quella volta che dovetti scegliere tra quello che stava dall'altra parte (Michele Saponara della Casa della Libertà) e quello che stava dalla parte mia, a sinistra, e che era nientemeno che Vittorio Dotti, già capogruppo di Forza Italia, avvocato di Berlusconi e saltatore di quaglia causa litigio con il padrone per questione di femmina.
"Ma ci sono le primarie!", si dice. Le primarie, certo.
Chiariamo un punto anche sulle primarie. Ci sono due casi possibili: o vengono imposte per legge ai partiti, diventando un istituto di natura costituzionale che pertanto deve sottostare a una serie di garanzie e controlli (quali la garanzia della partecipazione dell'intero corpo elettorale, il controllo dei votanti e delle schede votate per evitare esclusioni o voti multipli, un sistema di scrutinio che garantisca la terzietà, etc. etc.), o rimangono istituti privatistici che ciascun partito è libero di organizzare come ritiene opportuno, aprendole o meno ai soli iscritti o alla popolazione intera e organizzando i seggi come meglio crede anche in considerazione del proprio bacino di elettori e, al limite, non organizzandole affatto.I casi sono solo questi due, dicevo: perché non è concepibile che una legge imponga ai partiti di fare le primarie e che i partiti stessi possano organizzarle con i gazebo e i fustini del bucato, lasciandosi la possibilità di buttare nel camino alla fine della giornata tutte le schede e facendo proclamare al segretario i nomi dei vincitori.  Se c'è un obbligo di legge, bisogna garantire che l'obbligo venga rispettato, e che non si faccia del mero teatro di strada: quindi ci vogliono dei controlli, e dei controlli terzi rispetto alla dirigenza del partito organizzatore.
Dato che i partiti sono associazioni privatistiche, seppur di rilevanza costituzionale, io dovendo scegliere la frittata men peggiore mi schiero senza alcun dubbio dalla parte delle primarie libere, che chi vuole le fa e chi non vuole non le fa: ciò sia per motivi costituzionali, sia per il fatto che le primarie per legge sono un'idea del coglione supremo.
Ma, anche ammettendo che l'idiota possa aver avuto un'idea buona nella sua vita, sarebbe in grado di spiegarmi in che cosa, queste primarie fatte in forza di legge si discosterebbero da elezioni vere e proprie? La risposta è una sola: in nulla.
E così il combinato effetto del sistema invocato dalla Presidenta (maggioritario uninominale a doppio turno) e delle primarie cogenti ideato dal Puffo Scemo ci porterebbe sapete a cosa? A un sistema elettorale a triplo turno.
Roba da farsi ridere in faccia dagli elettori dell'Appenzello Interno.

2 commenti:

.mau. ha detto...

Occhei per evitare il triplo turno, ma non sarei così contrario al maggioritario uninominale. È il modo più semplice per spiegare ai maggiorenti dell'accozzagl... della Grande Forza Popolare di Centro che il "loro" candidato fa schifo.

rectoscopy ha detto...

"teatro di strada" mi ha fatto molto ridere

 

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