lunedì 28 novembre 2011
Il mucchio selvaggio
L'altra sera sono andato a vedere il concerto dei Fuck Yous, la band capitanata da Livefast che, se vogliamo dirla tutta, non ha un nome tra i più fini della piazza. Ma se credete che una rock band debba avere un nome fino, allora probabilmente nella diatriba tra Robert Palmer e Bruce Springsteen parteggiavate per il primo, oppure siete troppo piccini per rammentare di cosa stia parlando.
Comunque, sta di fatto che nell'avanspettacolo c'era occasione di incontrare un bel po' di gente che non conoscevo di persona, ma essendo io legato al ragazzino -il quale, giustamente, se ne stava un po' in imbarazzo, unico minorenne maschio (poi c'era Jules, ma lei in quanto ottenne era troppo piccina per lui [e spero che apprezziate la mia capacità di annidare incisi {peraltro inutili}])- mi sono saltato un bel po' di facce: e forse anche la grappa della signora Livefast ha avuto il suo ruolo.
Insomma, alle 23 il concerto è iniziato. Il cantante era completamente ubriaco, il che dimostra che egli è uomo d'onore dato che aveva promesso che non sarebbe salito sul palco se non in condizioni tali da non stare in piedi: e difatti un paio di volte è rovinato sulle pedaliere, il che non ha peggiorato il sound (anche questo è un complimento, salvo per le groupie di Robert Palmer).
Qui dovrei fare una recensione del concerto, ma dato che io non distinguo un rullante da un fretless bass la cosa è tutt'altro che facile. Posso però dire che verso la metà del concerto ho avuto un'illuminazione e mi sono reso conto di vedere redivivi i grandi The Who (i giovini all'ascolto possono guardare qui per farsi un'idea).
Certo, Livefast non ha i riccioli boccolosi di Roger Daltrey, Skate (il batterista) ha sì rotto un pezzo del suo strumento, ma senza quella malagrazia che Keith Moon aveva acquisito in tanti anni di onorato casino, e Zukko (il chitarrista) non ci ha deliziato con il windmill. Ma in tutto quel puttanaio che succedeva sul palco spiccava la deliziosa -non solo come performer- bassista Molecole, che in perfetta sintonia con il gran vecchio John Entwistle se ne stava calma e placida a pizzicare le corde con precisione, guardando perplessa gli altri compagni d'avventura.
Alcune introduzioni di Livefast hanno spinto Nichita a chiedermi di cosa parlassero le canzoni: ho avuto agio a trincerarmi dietro al fatto che il cantante fosse un po' alticcio e pertanto non riuscissi a decifrarne l'accento oxoniano, così ho potuto evitare di tradurre "Swastika shaved pussy" o di spiegare il segreto di Alide (che poi se qualcuno me lo spiegasse anche a me gli sarei grato).
Alla fine i più tosti della serata si sono esibiti in caròle irlandesi: la presenza di una gentile signora tra i pogatori ha evitato che ci si facesse troppo male, in ispecie da parte di chi non ci ha più l'età ma si sente giovYne dentro.
Una grande serata: chi non è venuto fa bene a mangiarsi le mani e il cappello in attesa della prossima occasione.
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4 commenti:
Non conosco ma direi che già dallo "Swasticka Shaved Pussy" la band merita.
Ti piaccioni gli who: sei il mio nuovo gyovane blogger di riferimento.
soprattutto gYovine, caro mio.
del resto, quando sono nato gli Who esistevano già, quindi...
Anche quando sono nato io! (e ho 43 anni)
D'altronde se guardo Townshend adesso sembra mio zio, ma appena comincia a suonare mi toglie ancora il fiato. E' che siamo giovani inside! (comunque "hope i die before i get old" a dire la verità non mi è mica mai tanto piaciuto!)
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