lunedì 14 novembre 2011

Sovranità popolare e mercati finanziari

Si è molto discusso in questi giorni sull'antinomia tra politica e finanza e sul vulnus che la caduta del governo Berlusconi, e ancor più l'incarico a Mario Monti, avrebbero inferto alla democrazia parlamentare e persino alla stessa sovranità dell'Italia.
Il concetto, espresso con varie sfumature sia da destra che da sinistra, è questo: dal momento che il cambio di governo non è stato deciso da un voto del Parlamento sovrano, bensì eterodiretto dalle istituzioni europee, a loro volta costrette dalla speculazione finanziaria, ecco che in Italia avremmo un'abdicazione della sovranità del popolo in favore della sovranità dei mercati. In altre parole: accettando (e anzi propugnando) la nomina di Monti a capo del Governo, Napolitano avrebbe sancito la rinuncia al principio «una testa (di un cittadino italiano) un voto» in favore del principio assai meno democratico «un milione di dollari (di uno speculatore dovunque egli sia) un voto».
È questa, invero, una ricostruzione suggestiva: è indubbio infatti che la crisi del governo sia nata per l'impossibilità di affrontare le tempeste ribassiste sui titoli di Stato, ed è parimenti indubbio che il Parlamento, con le notevoli eccezioni di Lega e IDV, sia pur diversamente sfumate, si stia apprestando a concedere a Monti una sorta di mandato in bianco. È pure vero che l'impressione tratta dalla lettura dei giornali, nella scorsa settimana, è che venti bps di oscillazione sullo spread dei titoli di Stato sembrano oramai contare sulle scelte del Paese molto di più che un milione di voti. E questo non è punto bello.

Diametralmente opposta la posizione bersanian-casiniana secondo la quale quando la casa brucia si chiamano i pompieri senza preoccuparsi troppo dei dettagli, e poi, una volta che l'incendio si è spento, si cerca di salvare il salvabile e di ricostruire quanto è bruciato. Sono queste considerazioni di buon senso che però non risolvono, né tantomeno affrontano, il problema di fondo: è giusto, è accettabile che un oscuro trader di una banca d'affari caymanese abbia più potere di mille cittadini italiani nella scelta dei Governi della Repubblica?

Molti commentatori oggi sui giornali si muovono tra i due poli di questo dilemma, e anche i più fervidi difensori della scelta Monti puntano sull'emergenzialità della situazione finanziaria internazionale disegnando uno scenario di necessità, nel quale le regole possono essere legittimamente stiracchiate pur di salvare la barca che affonda; in tal senso, fra l'altro, va letta l'esigenza di non procedere allo scioglimento delle Camere e alle conseguenti elezioni anticipate in quanto, si afferma, durante la campagna elettorale il Paese rischierebbe seriamente di portare i libri in Tribunale.
In realtà le cose non stanno proprio così: l'analisi sopra riportata pencola vistosamente fin dalle fondamenta, e questo fa sì che tutte le successive conclusioni siano da riverificare.
Affermare che il Governo Berlusconi sia caduto per effetto della speculazione finanziaria è, semplicemente, falso. Il Governo Berlusconi è caduto per ben altri motivi: è caduto perché in buona sostanza non è esistito e non ha governato. Occupandosi unicamente di togliere le castagne dal fuoco al proprio leader, il Governo in questi tre anni e passa si è occupato principalmente di questioni del tutto estranee agli interessi del Paese: processi brevi, processi lunghi, intercettazioni, via via fino all'allentamento di vincoli in materia di riciglaggio (nei primi giorni) e alla modifica delle norme sulle quote di successione dei legittimari (negli ultimi giorni). Il tutto avrebbe anche potuto avere un senso, purché l'attenzione sui provvedimenti ad personam non facesse perdere la concentrazione sulla crescita economica, la lotta alle evasioni e la messa in sicurezza dei conti pubblici. Di questo però a Palazzo Chigi se ne sono strafregati, come icasticamente dimostrato dallo squallido balletto agostano in cui, di fronte a una situazione oramai avvitata, Tremonti *ha uscito* dal cappello, tra mille cazzate, un provvedimento tanto finanziariamente inutile quanto squallidamente ideologico quale l'abolizione delle festività civili.
Questa dimostrata insipienza è quella che ha dato la stura ai mercati, i quali di fronte al fallimento della politica di un'intera Nazione non fanno altro che prendere atto della situazione e traggono le proprie conclusioni.
L'uomo della strada pensa che i mercati finanziari siano una moderna versione dei Savi di Sion: una specie di cupola ultramafiosa in cui i capi delle grandi Banche mondiali si riuniscono, magari in qualche località sperduta del Colorado o della Svizzera, e decidono tutti insieme quale Stato rovesciare nel corso della settimana successiva. Dopodiché i trader vengono informati delle decisioni dall'alto e cominciano a vendere BTP con la velocità di criceti nella ruota, sperando che il banco salti (probabilmente questo mito ha presa in rete anche perché richiama un po' la struttura di un DDoS, che fa molto fico).
In effetti le cose non stanno così, e non stanno così per un motivo molto semplice: in ogni transazione finanziaria c'è chi compra e chi vende, e pure chi ci perde e chi ci guadagna: se compro e poi il titolo sale ho vinto, se compro e poi il titolo scende ho perso. La fortuna della singola banca, e giù giù fino al singolo trader, è quella di prevedere le mosse dei mercati meglio e prima degli altri, ed per questo che è inconcepibile un cartello finanziario di dimensioni tali da affossare uno Stato che bene o male è ancora membro del G8.
Niente cupola, quindi: semplicemente la constatazione, prima da parte di pochi e poi via via da parte di tutti, che il Governo italiano stava andando definitivamente in vacca, con conseguente corsa a liberarsi delle esposizioni verso quel Paese.
I Ferrara e le Santanché lamentano che la speculazione finanziaria abbia di fatto rovesciato il voto popolare; ma questa posizione è identica a quella di chi abbia costruito una casa abusiva sul greto di un torrente e se la veda trascinare via dalle acque alle prime piogge: l'errore l'ha fatto lui, non il fiume.
Così nel caso che ci interessa l'errore l'hanno fatto gli italiani: da quelli che hanno creduto a Mariotto Segni, quando prometteva loro che il bipolarismo li avrebbe fatti padroni del loro destino, giù giù fino a quelli che ancora ieri scendevano in piazza per riaffermare la favola della figlia di Mubarak o che nei bar ti spiegano che Berlusconi è stato vittima del signoraggio bancario.
E' la seconda volta in meno di un secolo che la totale incapacità degli italiani a distinguere uno statista da un cialtrone porta il Belpaese a mettere a rischio la stabilità dell'Europa intera: ed è solo perché in fondo vale sempre lo stereotipo dell'italiano pizza-spaghetti-mandolino -e quindi simpatico mattacchione- che ancora gli altri popoli europei non cominciano a chiedere ai loro governanti di trattare noi allo stesso modo in cui Churchill voleva trattare la Germania uscita sconfitta dal II conflitto mondiale (suddividerla in decine di piccoli staterelli dediti al pascolo delle vacche).

Insomma: nessuno ci ha imposto di rinunciare a una fetta della nostra sovranità, e quindi Mario Monti non è il leader di un colpo di Stato ordito dalle plutodemocrazie giudaiche internazionali: questo è un mito che lasciamo che Ferrara (troppo intelligente per crederci) ammannisca ai suoi lettori. Le cose stanno assai diversamente: il resto del mondo ci ha detto: «fate come cazzo credete, ma noi vi molliamo». E noi, che oltre ai 28 Ottobre abbiamo avuto anche dei 25 Luglio, abbiamo aperto gli occhi all'ultimo momento utile e ci siamo rassegnati ad ammettere che per tanti anni siamo stati un ammasso di deficienti invasati, poveri sciocchi inseguitori un'insegna i cui colori non comprendevamo. E così noi, non i trader caymanesi, abbiamo cambiato: meglio tardi che mai.

14 commenti:

Anonimo ha detto...

Con questo articolo ci tappezzo Arezzo. Posso?

falecius ha detto...

Non era Churchill, era Morgenthau.

Anonimo ha detto...

Tutto riassunto alla perfezione.

lucia ha detto...

grazie, mi hai messo in ordine i pensieri che mi frullavano in testa confusi. resta il fatto che se fosse per me chiuderei i mercati finanziari e manderei i mercanti a lavorare davvero, che ne so, in miniera, o anche semplicemente in una scuola, che un po' di braccia in più ci servono. ma questo non si può, vero?
un bacio e grazie

Anonimo ha detto...

Lei che ne sa abbastanza, mi sa dare un'opinione sul Gruppo Bilderberg?

(in questa fase a me Monti rassicura molto)
ilcomizietto

m.fisk ha detto...

@falecius - possibile. Io rammentavo Churchill, ma non ho trovato un riferimento in rete.

m.fisk ha detto...

@comizietto - l'unica cosa che so è che stanno sui coglioni ai coglioni che credono al signoraggio.

m.fisk ha detto...

@lucia - il fatto è che i mercati finanziari servono. Salvo si voglia tornare ai tempi delle gilde.

Anonimo ha detto...

E' la prima volta che passo di qua. Complimenti, un brillante percorso netto.

Uqbal

Lele ha detto...

Fin da quando ero piccolo sento parlare di deficit di bilancio e di debito pubblico.
Mi chiedo se un po' di colpa non possiamo assegnarla anche ai nostri genitori, per lo meno a quelli tra loro che hanno sostenuto quelle amministrazioni democristiane e socialiste che hanno sempre speso (a beneficio di pochi) più di quanto incassavano.

Prepuzio ha detto...

Ottimo. Complimenti.

enrico ha detto...

il post dice una cosa giusta partendo da premesse false. La situazione contingente del debito pubblico dipende molto piu' dal governo tedesco che da quello italiano: i mercati certamete non stimano berlusconi (sarebbe difficile il contrario) ma sono soprattutto preoccupatti della volonta' europea (leggi tedesca) di sostenere i debiti dei paesi deboli dell'area euro. Da questo punto di vista, anche se avesse governato bene (e di certo non lo ha fatto) il governo berlusconi avrebbe potut fare poco; e infatti non e' che le dimissioni del berlusca abbiano avuto ripercussioni positive immediate. Si spera pero' che la sostituzione del berlusca con monti renda piu' digeribile al governo e all'elettorato tedeschi un'azione decisa di difesa del debito italiano e spagnolo (la grecia e' di fatto in default da tempo), in assenza della quale l'euro e' dstinato a saltare. Quindi lato debito pubblico la pressione contro il berlusca deriva indirettamente dall'atteggiamento dalla germania (e della francia), non direttamente dai mercati. Nessun vile speculatore, semplicemente un paese (l'italia) che ha fatto un grosso errore vincolando la sua valuta a quella di un'economia piu' forte (la germania) e ora si trova a dipendere dal sostegno di quest'ultima. come rileva krugman, i mercati hanno attaccato il debito dei paesi deboli vincolati all'euro, non quello di paesi anche molto piu' indebitati (es. giappone) ma che hanno il controllo della propria valuta.
ma a prescindere dalla crisi contingente del debito, il governo berlusconi e' vittima della sua incapacita': se avesse ben governato e si fosse dimostrato coeso nessuno avrebbe avuto la forza di mandarlo a casa. quello che ora si propone di fare monti avrebbero potuto e dovuto farlo berlusconi e tremonti almeno un anno e mezzo fa. e in ultimo, basta con le manfrine sul mandato degli elettori: la nostra costituzione prevede che gli elettori eleggano il parlamento e questo elegga il governo; puo' darsi che sia meglio una elezione diretta del premier (non lo so) ma le costituzioni o si cambiano secondo le regole o si accettano. sulle modifiche costituzionali Berlusconi non e' riuscito a mettere d'accordo neanche la sua coalizione, che rispetti la costituzione in essere e le indicazioni di napolitano

silvia ha detto...

Iper Ferrara ha detto di volere le elezioni perchè Monti era l'antipolitica in persona.
Benissimo, Ferrara, direi che allora ci siamo: dopo anni di QUESTA politica, direi che possiamo anche provare con L'anti-politica, e vedere se nell'antipolitica c'è dentro gente un pò più onesta e capace di quella che abbiamo sopportato fino a questo sfascio.

Fabio ha detto...

Non sono esperto di finanza, però una cosa di questo post mi lascia perplesso.
Tu dici "in ogni transazione finanziaria c'è chi compra e chi vende, e pure chi ci perde e chi ci guadagna: se compro e poi il titolo sale ho vinto, se compro e poi il titolo scende ho perso. La fortuna della singola banca, e giù giù fino al singolo trader, è quella di prevedere le mosse dei mercati meglio e prima degli altri".

Questo non è del tutto vero visto che in questo caso ci sono la BCE e altri che comprano a prescindere pur di non fallire l'Italia.

Il fatto che "si sa" che ci sono operatori che a prescindere comprano, non può consentire agli speculatori di far il loro gioco sfruttando la debolezza italiana?

Obiettivamente se l'Italia era ridotta così male, lo era anche 6 mesi fa.
Non è che negli ultimi 2 mesi Berlusconi sia riuscito a far così tanti danni da influire così pesantemente sullo spread.

 

legalese
Il contenuto di questo sito è rilasciato con la seguente licenza:
- ognuno può farne quel che gli pare
- l'eventuale citazione del nome dell'autore e/o del blog è lasciata alla buona educazione di ciascuno