In questi giorni sono stato impegnato con un corso di strategia aziendale, e così non ho potuto commentare in diretta la brillante idea di Veltroni (che sembra ci stia peraltro già ripensando) di proporre un referendum sulla legge Gelmini.
Visto che ho anche ricevuto alcuni commenti sul tema referendum trattato qui, approfitto per approfondire l'argomento.
Vediamo anzitutto di chiarire il concetto che esprimevo in maniera un po' stringata nel post precedente, vale a dire che la proposta, per passare, deve reccogliere l'adesione di ben più del 50% dei consensi.
Esiste, come tutti sappiamo, un'astensione fisiologica: persone malate, in viaggio, all'estero, latitanti, pigri, sportivi in trasferta, distratti smarritori di tessere elettorali e compagnia cantante: tutti costoro, unitamente a quelli che molto più semplicemente se ne fregano, costituiscono una zoccolo duro che possiamo stimare attorno al 20-25% dell'elettorato, dato che riviene dalle statistiche relative alle elezioni politiche (non dalle consultazioni referendarie, dove la non-espressione del voto ha un significato). E questo 20-25% non è connotato nell'uno o nell'altro senso politico: possiamo con buona approssimazione immaginare che, costretti a votare una proposta referendaria sotto la minaccia delle armi, tutti costoro distribuirebbero i suffragi in modo più o meno uniforme tra SI e NO, in analogia agli altri (ciò in quanto in questo campione il non andare a votare è un dato comportamentale costante, che non ha correlazione con la posizione assunta rispetto al quesito).
Ne consegue che la base elettorale reale è composta dal 75-80% dei cittadini (d'ora in poi prendiamo l'80% per far cifra tonda) mentre il quorum è calcolato sul 100%.
Ipotizziamo che l'80% dei votanti reali (quelli interessati a votare, insomma) vada al seggio a mettere la scheda nell'urna, e ipotizzando pure che il corpo elettorale sia spaccato quasi a metà tra SI (55%) e NO (45%): avremmo che il 55% dei votanti (pari a 55*0,8=44% degli aventi diritto) voterebbe SI; il 45% dei votanti (pari al 36% degli aventi diritto) voterebbe NO e il 20% si asterrebbe. Possiamo ipotizzare che anche di quel 20% astenuto una parte (l'11% degli aventi diritto) voterebbe SI e l'altra parte (il 9%) NO, ma non ne abbiamo prova.
Il risultato comunque sarebbe che il referendum sarebbe valido, avendo raggiunto il quorum, e la proposta passerebbe avendo vinto il SI con il 55% dei voti validi.
Bene: cosa succede nella realtà? Succede che quelli del NO hanno ormai imparato che conviene molto di più NON andare a votare piuttosto che andare e votare NO. In questo modo infatti mettono insieme un bel po' di voti inespressi battendo di gran lunga quelli per il SI: nell'esempio appena fatto, se l'indicazione del "fronte del NO" fosse di andare al mare, ne conseguirebbe che: il 20% degli elettori starebbe a casa per disinteresse; il 36% degli elettori starebbe a casa per convinzione, e il 44% degli elettori andrebbe a votare. Quorum non raggiunto, proposta respinta.
In sintesi: il fronte del NO vince, perché può sommare al proprio 36% di "aderenti militanti" il 9% di "aderenti disinteressati" e, soprattutto, l'11% di "contrari disinteressati". Il fronte del SI perde, perchè può contare solo sugli "aderenti militanti" e non ha alcun modo di intercettare gli "aderenti disinteressati".
domenica 2 novembre 2008
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