lunedì 21 febbraio 2011

Prima pensare, poi agire.

Mi è più facile scriverlo oggi, dato che il cattivo di turno è Gheddafi: una persona verso la quale è arduo trovare delle ragioni di solidarietà.
Certo, è facile solidarizzare con chi si oppone a un regime assolutista e dittatoriale che, a quanto si dice, si sarebbe macchiato di delitti al limite del genocidio. E tanti guru della rete hanno il riflesso condizionato per il quale chiunque vada in piazza ed abbia un account su Twitter è buono a prescindere, se non altro perché moderno e digitale.
Tuttavia, prima di plaudere alla nuova rivoluzione libica, suggerirei di leggere il testo dell'intervento televisivo del figlio di Gheddafi: perché come sempre il punto non è di fare le rivoluzioni, bensì di avere un'idea precisa del perché si debbano fare, e quale assetto ne debba uscire.
«There are groups that have formed a government in Benghazi and groups that have set up an Islamic emirate in Baida ... and another person who declared himself to be the ruler of the Islamic Republic of Darna.
They now want to transform Libya into a group of [Islamic] emirates – small states – and even [cause] separatism. They have a plot. Unfortunately, our brother Arabs [allowed] their media, their stations and the inflammatory coverage.»

«"Do you expect the Libyans, if partition occurs or if a civil war occurs ... to reach an agreement on how to share oil within a week, a month, two or three years?
This oil will be burned by thugs, criminals, gangs and tribes, and there will be major and bloody conflicts over it; and in the end no Libyan will end up with this oil, because it is in the central and southern parts of Libya, in the middle of the desert. Three quarters of our population are based in the western area.»
Non è detto che tifare per l'anarchia sia più nobile che tifare per la dittatura.

2 commenti:

antonio ha detto...

mi pare un avvertimento molto chiaro e un messaggio diretto a chi vuol capire.

Dubito che la popolazione libica fosse il destinatario di questo videomessaggio.

Fabio ha detto...

Beh per chi già ora vive in povertà non ha molta importanza il destino del petrolio, sono gli stranieri che vogliono trarre profitto dai giacimenti.
Il nostro tifo è alquanto ininfluente ai fini del risultato finale della rivolta, ma di sicuro senza un cambiamento radicale la situazione in Libia sembra che non potesse migliorare. Si spera che non vada a finire in peggio con un'altra dittatura militare.

 

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