Un mio caro amico mi fa a volte notare che l'essere stato studente non dà sufficienti competenze per parlare di scuola (così come mettere la moka sul fuoco la mattina non abilita a pontificare sulla gestione delle reti di distribuzione del metano): quindi dovrei tacermi ma non lo faccio.
Volutamente non ho parlato di un
post della Zanardo nel quale la fu candidata della Società civile al CdA della Rai affermava che fino ai 15 anni gli alunni non vanno bocciati. Giusto per vostra curiosità, vi confesso di aver scritto e poi cancellato ben tre post al riguardo, ma poi mi sono detto che alla fine chissenefrega, e poi io mica ci ho un pianeta con la suddetta, che ho già perculato fin troppo.
Oggi però sul Fatto (sempre lì!) compare un altro
post di tale Alex Corlazzoli, il quale afferma la medesima cosa.
La situazione della scuola italiana non ci permette di poter ritenere utile dal punto di vista didattico e non solo, la bocciatura di un bambino della scuola primaria. Per poter usare questo estremo strumento dovremmo avere una scuola che assicura la continuità didattica, che garantisce ore di compresenza, che dedica maggior tempo al rapporto con la famiglia e i servizi sociali, che punta all’equità nei ragazzi.
vale a dire: «se la scuola fosse perfetta la bocciatura potremmo prenderla in considerazione, ma siccome fa schifo allora non bocciamo nessuno». Notate poi quel
e non solo, che richiama un'osservazione fatta poco sopra:
Il ritardo di un anno a entrare nel mondo del lavoro, infatti, comporta un aggravio al sistema economico di una nazione”. Ogni bocciatura costa in media tra 10.000 e 15.000 dollari all’anno allo Stato (in Italia si parla di circa 8.000 euro)
Dunque il nostra insegnante afferma: dato che la scuola fa schifo, e il Paese sta con le pezze al culo, allora meglio promuovere tutti così vanno a lavorare presto e non dissanguano le casse dello Stato.
E' una prospettiva che certo può andare bene per un insegnante, che forse (ma qui è che io son malizioso) vede anche un altro problema nel bocciare: più ragazzi si bocciano più le classi si affollano e più fatica si fa nel proprio lavoro.
Per giustificare il rifiuto della bocciatura l'argomento, sia della Zanardo che del Corlazzoli, è il medesimo:
non è colpa dell'alunno.
«Aida lavora come cameriera in centro città, vive sola con la figlia di 11 anni che frequenta una scuola in zona. Abitano lontanissimo, la ragazzina è intelligente ha solo bisogno di un po’ di comprensione: bocciata», dice la Zanardo rattenendo la lagrimuccia.
«Può essere che abbia problemi in famiglia o forse ne ha avuti a scuola con i compagni, magari a causa di qualche bullo», risponde il Corlazzoli, e via così in corrispondenza di pietosi sensi.
Ma di chi la colpa, allora? Semplice, della scuola e di chi l'ha distrutta!
«La scuola ha fatto tutto il possibile per questi ragazzi? Ha messo a disposizione ore di compresenze? Ha davvero applicato l’art.3 della Costituzione, rimuovendo “gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana»;
«E dunque una scuola deve accogliere, far crescere e accudire oltre che educare, almeno fino ai 15 anni. La valutazione sulle performance non la fanno più nemmeno le aziende, che hanno capito che ci vuole anche altro. Diciamo invece che la scuola è stata fatta a pezzi, che i tagli stanno dando i risultati che vediamo.»
Proviamo a vedere le cose da un altro punto di vista. Abbiamo due bei bambini, Lorella e Alex, che vanno male a scuola. Diciamo anzi che per un intero anno, in seconda media o in quarta elementare, non hanno fatto una beata cippa di nulla.
Lorella vive con la madre, vedova (il marito, tornitore, è morto investito da un pirata della strada), cassiera dell'Esselunga che lavora a venti chilometri da casa per 900 euri al mese, e sopravvive con i pacchi alimentari della parrocchia e qualche mancia allungatale dai genitori che risparmiano i centesimi sulla pensione. La madre di Lorella è in cura presso i servizi di igiene mentale per una grave depressione, ma riesce lo stesso a lavorare e nutrire la figlia, nulla più; e la figlia per reazione alla situazione di merda nella quale vive non fa nulla di nulla se non guardare Amici in TV.
Alex vive con la madre, separata, in una villetta del trevigiano. Il padre, piccolo industriale, se n'è andato da un paio d'anni con una russa, si fa vedere una volta al mese con un po' di pacchi di giocattoli e un assegnone per il mantenimento, ma sostanzialmente se ne frega del figlio, specie ora che gliene è nata un'altra dalla russa. La madre, già cocainomane e poi alcolista, passa da un ganzo all'altro, tutti almeno di quindici anni più giovani di lei; e lei allunga loro delle belle banconotone verdi e gialle, tanto ha un conto cifrato in Isvizzera dove il padre aveva esportato qualche decina di miliardi di lirette negli anni d'oro. Alex, per reazione alla situazione di merda nella quale vive, non fa nulla di nulla se non guardare Amici in TV.
E' avidente che né Alex né Lorella hanno alcuna colpa del fatto di vivere nelle famiglie in cui vivono. Possiamo avere più simpatia e comprensione umana per la mamma di Lorella o per la mamma di Alex, ma certo nessuno può pensare che i figli partecipino delle loro colpe.
Alex e Lorella vengono promossi, dato che non sanno nulla ma
non è colpa loro. Entrambi arrivano in quinta elementare (o in terza media) ed entrambi non hanno la preparazione minima necessaria per seguire il programma (non Amici: quello scolastico). Diciamo chiaramente che non ci capiscono niente. Certo, in Isvezia o in Canada Lorella e Alex sarebbero seguiti da insegnanti di sostegno e avrebbero a disposizione corsi di ripetizione e ore di compresenza, ma i due pargoli hanno avuto la sfiga di nascere in Italia, e quindi ciccia: non hanno nessuna di queste opportunità, e questa nel nostro ragionamento è una costante assegnata, non una variabile dipendente.
Alex e Lorella iniziano il nuovo anno scolastico senza sapere una fava, e senza neppur capire quello si dice in classe. A un certo punto le rispettive madri vengono convocate a scuola, e vien detto loro che anche quell'anno i ragazzi sono in difficoltà (che scoperta!) e che la famiglia deve star loro più vicino. Con la preparazione che hanno ora non possono andare avanti: bisogna che recuperino le basi, altrimenti non sono in grado di trarre alcun profitto.
Già, le basi! Le basi che quegli stessi insegnanti insegnano ancora quotidianamente, ma nella classe precedente, quella che Alex e Lorella avrebbero potuto frequentare se fossero stati bocciati; tuttavia, essendo stati promossi nella classe che frequentano ora, quelle basi sono date per scontate (la promozione ha certificato che sono acquisite) anche se in effetti scontate non sono.
La madre di Alex fa il giro delle amiche, per ciascuna materia prende un ragazzo che faccia ripetizioni al pupo, che è intelligente (i suoi problemi derivano solo dalla vita di merda che fa in famiglia), e si riprende, fino alla sufficienza e anzi alla media del sette. Non che gliene freghi granché, dato che da grande avrà da scegliere tra la fabbrichetta del padre e quella dello zio materno, di cui ha ereditato una quota.
La madre di Lorella cerca di aiutare la figlia la sera dopo cena, quando al supermercato non ha il turno che finisce alle 21. Lorella ce la fa appena appena, e pur essendo ancora insufficiente viene buttata fuori dalla scuola dell'obbligo con voti di consiglio e la media del sei. Adesso non le resta che trovare un lavoro ma, sorpresa!, Lorella scopre che con la sua sfiga da scuola l'hanno buttata fuori per pietà, ma con la sua preparazione non c'è nessuno che l'assuma per pietà.
Auguri, Lorella.