giovedì 2 luglio 2009

In difesa di Debora Serracchiani

Alzino la mano chi nelle ultime 24 ore non hanno pensato o scritto male di Debora Serracchiani

Ieri per la giovane promessa dei piombini è stata una giornataccia, obiettivamente. Essere scaricata (con molto stile, ma scaricata) persino da Luca Sofri, che tra i mille difetti che possiede non si può certo dire sia una banderuola, e che era stato uno dei suoi più attivi sostenitori, non dev'essere stata certo una sensazione piacevole.
Dopo gli altari, ieri quindi è stato il giorno della polvere: declinata in mille modi diversi: su queste pagine ad esempio si è scritto un post polveroso e cattivello, ma neppur tanto (e comunque, datemene atto, di altari non ne erano mai venuti fuori in precedenza); su altre pagine sono state scritte cose lucide che allargano la visuale oltre il personaggio in sé, rappresentando la sua sconfitta come la nostra sconfitta. In generale invece c'è stato un allontanamento dal cadavere che puzza, comportamento in odore di 25 luglio e molto molto italiano: e pertanto trovo assai più apprezzabile quanto scritto da Francesco Costa, il quale acriticamente ma con il cuore difende la persona in cui aveva creduto (per inciso: provate ad aprire in due finestre affiancate il post di Sofri e quello di Costa, e giocate a scoprire le differenze, che mi fanno dare i giudizi che ho dato: è un bell'esercizio di analisi del testo).
Poi la Debora ha avuto anche una sfiga non indifferente, quale quella di essere difesa da Marco Travaglio. Sono cose da cui una persona con un minimo di morale e senso etico dovrebbe potersi riprendere solo con mille difficoltà, ma sono certo che i suoi elettori avranno apprezzato.

Tutto questo popo' di premessa per cercare di trarre qualche considerazione generale su quanto abbiamo visto. Scorfano, sopra citato, dice «soprattutto la colpa è nostra, che abbiamo bisogno di un leader, a tutti i costi [...] Ce la prendiamo con lei, perché sappiamo che è una sconfitta nostra.». E' una chiave di lettura valida, ma credo che, purtroppo, ci sia di più.
La Serracchiani non ha mai detto cose nuove o originali (noi possiamo permetterci di affermarlo, avendolo scritto in tempi non sospetti): epperò è divenuta una figura di riferimento del partito, un'eurodeputata ultravotata e una candidata in pectore alla guida del PD, che ieri riceveva cinquecento telefonate da altrettanti lingottini e oggi -grazie anche al passo indietro fatto- tratta da pari a pari con il segretario e decide linee e strategie.
Com'è possibile che un discorso solo, peraltro neppur tanto originale, abbia potuto provocare tutto ciò? Dacché, come giustamente osserva Davide, già l'intervento all'Era Glaciale dimostrava che non vi fosse un serbatoio di ulteriori idee a cui attingere.

Io credo che il fulcro della questione non sia solo la voglia di leader.
Certo, c'è anche questa. Da quando lo sventato progetto di trasformazione maggioritaria del nostro Stato avviato da Mariotto Segni con il referendum elettorale (quello di quindic'anni fa, non quello recente) ci ha portato in un sistema via via sempre più bipolare, l'attenzione dei cittadini si è spostata dal "chi votare per fare cosa" al "chi votare". E il nostro sistema politico si è incredibilmente involuto.
Pensateci un po': sembra che qualunque argomento dell'agenda politica debba poter essere affrontato solo in due possibili modi, consustanziali a solo due possibili schieramenti. Questo può avere un senso in temi quali la politica estera o il governo dell'economia, che sono organici all'azione di indirizzo politico della maggioranza di governo.
Ma se andiamo su temi operativi, quali l'assegnazione di fondi per la ricostruzione e la definizione delle relative modalità, o etici, quali il testamento biologico, non ha alcun senso che le posizioni espresse in Parlamento debbano essere perfettamente sovrapponibili alla mappa dell'aula per schieramento elettorale (fatta eccezione per Casini, che pur galleggiando in un limbo centrista ha almeno il pregio di decidere volta per volta quale sia la soluzione giusta per il Paese: decisioni che in massima parte non condivido, ma decisioni anziché preconcetti).
Rammentate il divorzio e l'aborto? Rammentate che sono istituti inseriti nel nostro ordinamento non grazie ai referendum, bensì dal Parlamento (è bene ricordarlo, questo particolare, che si tende troppo spesso a dimenticare)? E chi aveva la maggioranza relativa, chi era al governo? La Democrazia Cristiana.
C'è stato, in questo paese, un tempo in cui i partiti che avevano il 40% avevano il 40%, e si alleavano con altri partiti per raggiungere il 50% e governare; e ogni tanto saltavano fuori dei temi sui quali anche tra partiti di governo non era possibile trovare un'intesa; e il Parlamento, sovrano, decideva formando delle maggioranze ad hoc su singoli temi: quali il divorzio, ad esempio. E ciononostante i governi non cadevano, né ponevano la questione di fiducia.
Certo, in quel tempo felice i partiti dovevano avere delle idee: dovevano dire agli elettori cosa avrebbero fatto in questo, in quello e in codesto caso; e la linea così decisa, nei congressi, apparteneva al partito, che vi rimaneva legato a prescindere dal fatto che il segretario si chiamasse Nicolazzi o Longo.
Poi è arrivato Meriotto Segni, e subito dopo Berlusconi. La politica è diventata la spasmodica ricerca di un nome, una guida, un messia: un qualcuno a cui dare fiducia incondizionata e delega in bianco.
Che importano le piattaforme programmatiche? Sono espressioni da matusa: parole che non si possono più sentire. Cosa importa veramente? La capacità di raccogliere consenso, e quindi: la simpatia, la telegenia, la facondia.

No, dico: vi ricordate che rischiavamo di avere Rutelli come Presidente del Consiglio?. Ecco, appunto, ci siamo capiti.
Quali sono le qualità che i piombini hanno detto che deve avere il leader del PD? Essere nuovo, non essere d'apparato, essere giovane. Come Obama, insomma.
Chissenefrega quale sarà la sua posizione sull'articolo 18 o sulla politica edilizia: l'importante è che sia giovane e nuovo. Come Obama.

Ed è una cosa che mi fa imbestialire, ogni volta che sento di Obama: perché quello sta dall'altra parte dell'Oceano, non qui. E se Veltroni era patetico quando enumerava tra i grandi successi del Partito Democratico la vittoria di Obama, preso nel suo americanismo al punto di non riuscire a cogliere la differenza intercorrente tra il PD e il Democratic Party, i piombini sono avvilenti.
Perché almeno Veltroni lo faceva nella disperata necessità di trovare qualche stellina da appuntare alla propria bandiera, mentre i piombini e i loro seguaci si rispecchiano nella caratteristiche obamiane per pura e semplice miopia.
Mi sembra che sia il Sofri giovane, quello che ama parlare di saggi, di dita e di lune: bene, forse dovrebbe fare un po' di autocritica ed accettare il fatto che il Presidente degli Stati Uniti è Barack Obama, il quale è nuovo e giovane; non che il Presidente sia un signore nuovo e giovane il quale si chiami Barack Obama. Non foss'altro perché se andiamo a prendere l'insieme dei nuovi e giovani e non d'apparato, dentro ci troviamo anche Sarah Palin.

Ma se facciamo un passo ulteriore, signori miei, il fatto grave è che a meglio vedere i piombini hanno ragione. Perché l'imbarbarimento della politica che noi quarantaepassaenni riusciamo a vedere, un trentenne non lo può cogliere dacché la politica, per lui, è sempre stata scontro di personalismi e non già contrapposizione di idee: e quindi loro in quell'ottica ragionano.
Non sbagliano quindi i piombini a cercare spasmodicamente un leader, e investire fiducia nel primo o nella prima che passa, a condizione che abbia un bel sorriso e una certa dose di simpatia: sbagliamo noi, io per primo, a non aver capito che la politica italiana questo è diventato.
E così capisco, e financo apprezzo, a questo punto, Francesco Costa, che di anni non ne ha ancora trenta, che si scaglia contro il cosiddetto revival berlingueriano: perché questo è l'ambiente nel quale è cresciuto e si è formato, e la responsabilità di questo ambiente è almeno in parte mia, che ai tempi dei referendum di Mariotto Segni votai No, ma non mossi un dito per convincere almeno uno dei miei conoscenti a votare No anch'egli. Enon solo capisco il Costa, ma sono pure costretto a chiedermi se lo Zambardino, che non ha l'attenuante dell'età, e del PCI è stato iscritto, come Sandro Bondi, forse forse non sia lui ad aver ragione, nella critica a Berlinguer, e non sia io quello rimasto irrimediabilmente fuori dal tempo: come quei vecchietti che si incontravano nelle osterie di paese, che continuavano a ripetere incessantemente «Ai miei tempi...».

11 commenti:

Anonimo ha detto...

bello e interessante :)

Anonimo ha detto...

Sì, credo che sia così, come dici tu. Credo che sia stato quel referendum di 15 o più anni fa, in cui anch'io feci parte del 18% di minoranza (ma convinsi un mio compagno di corso, però), seguito poi dalla berlusconiana "discesa in campo" a mutare definitivamente il quadro di riferimento.
Io non lo vedo così rigido, però. Continuo a voler credere che ci siano alternative al leaderismo attuale. Certo, è un discorso a lungo termine. E' quel "progetto culturale" su cui avviammo la prima delle nostre discussioni sul web, tante settimane fa. Credo che sia possibile un "progetto culturale" che vada nella direzione di un ritorno alla politica del temi e dei contenuti. Provo a dire cose sulla scuola proprio entro i contorni di questa fiducia. Altrimenti me ne starei acquattato davvero, che si stava pure più comodi.

Giacomo Cariello ha detto...

Personalmente, sono interessato unicamente ai contenuti (idee, proposte, azioni pratiche). Supporto il progetto de iMille e le sue varie declinazioni perchè offrono uno spazio aperto al dibattito politico.

L'assemblea del Lingotto, a prescindere dalle aspettative congressuali, ha avuto il pregio di offrire uno spazio e un microfono a parecchie persone con esperienze eterogenee, compresi alcuni non iscritti al PD o critici verso il PD. E' un modo semplice per alimentare il discorso pubblico ed è una cosa a cui siamo poco abituati, ormai immersi come siamo in dichiarazioni concordate e preconfezionate, riassunte nella "Nota Politica" di Bruno Luverati sul TG1.

Ho quindi una riflessione: perchè quando una Melandri va ad un'assemblea come la suddetta e dice peste e corna dell'art. 18, perchè si alza uno stuolo di commenti che suonano come "Ah, il PD è dalla parte degli industriali contro i lavoratori" o variazioni sul tema?
Io contesto nel merito la sparata della Melandri, non perchè sia contrario a rivedere la legge in questione, ma perchè una revisione va spiegata bene, non con una sparata in un discorso di 5 minuti.

Tuttavia quello è il pensiero della Melandri, non il pensiero del PD. Che lo diventi o meno dipende da come si orienterà la discussione pubblica sull'argomento, discussione che si alimenta anche grazie ad eventi come quello del Lingotto, che si spera saranno organizzati anche meglio grazie alle esperienze maturate.

In ultima analisi, siamo così abituati ad un sistema partitico berlusconiano, dove i Bondi o Cicchitto di turno non osano muover foglia senza aver consultato il grande capo, che non riusciamo a partecipare ad un discorso pubblico "aperto" senza essere colti da un attacco di schizofrenia.

L'ultima considerazione riguarda la questione della legge elettorale: non esiste un sistema di voto perfetto (è una legge matematica), tuttavia esistono sistemi di voto peggiori di altri. Personalmente, ambirei ad un sistema di voto che mi permetta di esprimere preferenze multiple, perchè ritengo ci sia l'esigenza di sostenere sia candidati locali, legati al territorio, sia candidati con competenze legate a specifici argomenti.

m.fisk ha detto...

@Scorfano: certo, è bello crederci, e anche io non sono così cinico da aver abbandonato del tutto le speranze: per quanto le esperienze della vita portino ad inacidirsi in misura differente, anche secondo il lavoro che si fa. E credo che malgrado i tanti Mattia che si incontrano, l'insegnamento possa mantenere vivo un po' di idealismo che vedendo altre realtà si tende a perdere.
Gente come Giacomo, che non ha ancora trent'anni, è un esempio del fatto che forse non tutto andrà a rotoli.

m.fisk ha detto...

@Giacomo: il tuo intervento merita una risposta articolata, che ivvio con riserva di interrompermi se necessario.
Offrire uno spazio è sempre una bella cosa. Riempirlo di contenuti è un'altra, e dipende ovviamente dalla partecipazione e dal desiderio di ciascuno. alla fine però si giudicherà l'evento, e se dall'evento saranno emersi contenuti solidi, l'evento sarà giudicato nell'insieme valido (pur se qualcuno potrà aver sparato qualche cavolata); altrimenti sarà considerato meno valido (pur se qualcuno potrà aver detto qualcosa di molto importante).

Io la Lingotto non c'ero: mi sono visto un po' di interventi dei personaggi principali, ho letto un po' di commenti e ho tratto l'impressione che nell'insieme sia stato un gran parlarsi addosso su metodi e non su contenuti: ma non essendoci potrebbe anche essere un'impressione falsata (pur se tu non me la stai smentendo).

L'art. 18: merita una riflessione ben più approfondita che una sparata: siamo perfettamente d'accordo. Quello che mi stupisce è che vi sia chi considera un'ovvietà la necessità del suo superamento. Io sono contrario, si sarà capito, e ferocemente: ma so per quali motivi e non ne parlerò certo in questo commento, dato che mi metterei sul piano dello slogan.
La Melandri invece lo slogan l'ha buttato lì: e la Melandri è abbastanza importante nel PD da non potersi permettere di parlare "a titolo personale", pur essendo anche una persona: allo stesso modo in cui i presidenti del consiglio non dovrebbero andare a troie pur essendo uomini. Qualora la Melandri avesse premesso "personalmente io credo che", quello sarebbe stato un contributo a un dibattito: ma l'enunciazione di un principio dando per acquisito il consenso è una forzatura, e brutta.

m.fisk ha detto...

Come vedo io l'organizzazione del dibattito? Si individuano i temi, che è più semplice condividere, e poi ciascuno dei contributori porta la propria opinione, espressa in prima persona singolare, o in prima persona plurale se parla a nome di un gruppo o di una corrente: non usando il "noi" come riferimento alla linea ufficiale del partito (il che, ho rivisto il video prima di scriverlo, è proprio quel che mi sembra abbia fatto la Melandri).

wittgenstein ha detto...

Boh, ho cercato di capire quale sia l'obiezione e su cosa dovrei fare autocritica (ne faccio spesso, anche se diffido dell'autocritica a richiesta altrui), ma invano. Anche la cosa di Obama, non cita niente che avrei detto io. Luca S.

m.fisk ha detto...

@Luca: mi sembra che sia stato tu stesso a dire che conta molto più il ricambio del metodo che la condivisione dei contenuti; così come la necessità di nuove competenze e una nuova classe dirigente.
E il paragone tra il giovane Obama e la giovane Serracchiani, quand'anche fosse una mia invenzione resta comunque valido, dato che l'hai fatto proprio oggi sul tuo blog.

La critica che pongo, che in quanto critica potrebbe stimolare un'autocritica (per quanto convenga perfettamente sul fatto che le autocritiche a comando non si fanno, e se anche si fanno per forza servono a ben poco) è sul fatto che tu, così come una serie di persone che contano nel PD, ritenete che la gioventù e la novità siano valori in sé; e difatti il principale che viene fatto a Bersani non è di essere (massimalista|centralista|stalinista|liberista|onfaloscopista|...), bensì di essere "d'apparato" e "vecchio".
Io credo che gioventù e novità siano caratteristiche che ha chiunque in un dato momento della sua vita biologica; mentre idee, contenuti e proposte siano cose molto meno diffuse. E credo pure che nulla impedisce che un cinquantenne abbia idee e proposte più valide di un trentenne.

Se poi ritieni di non aver mei espresso l'opinione che giovane e nuovo siano valori in sé, allora ho sbagliato ad interpretare ciò che scrivi da molto tempo: ma attenzione!, perché la mia opinione è comune a molti, e quindi forse più che un problema di interpretazione ce n'è uno di comunicazione.

Giacomo Cariello ha detto...

Se devo fare una statistica con il cronografo in mano (e in effetti era così, visto che dalla regia segnavo i minutaggi degli interventi), devo dire che sì, si è parlato poco di contenuti e soprattutto di contenuti non hanno parlato granchè le persone con maggiore popolarità.

Mi rendo conto che l'organizzazione dell'evento è stata una delle cause principali di tale condizione, sia per come sono stati strutturati gli interventi, sia perchè chi ha deciso la tabella di marcia non ha ponderato correttamente che Franceschini e Bersani sarebbero intervenuti e quindi tutta la scaletta degli interventi ha sbarellato (hanno tagliato proprio "i contenuti" degli interventi pomeridiani).

Essendo il primo evento di questo tipo al quale partecipo (per tipologia di platea, durata, etc), la mia indulgenza è dovuta semplicemente al fatto che probabilmente non avrei saputo fare di meglio, con tempi e budget così stringati.

Appena ho un minuto, ti incollo una lista di link agli interventi "not-so-hyped" dove invece qualche contenuto c'era, seppur piallati dalla costrizione dei 5 minuti.

wittgenstein ha detto...

Però a me pare facile da capire: anche se "la gioventù e la novità fossero valori in sé", e per me lo sono, non vuol mica dire che tutto si riduce a quello, no? Anche la velocità è un valore in sé nel basket, ma se uno dicesse "voglio una squadra più veloce", tu lo contesteresti dicendo che ci sono anche ottimi giocatori lenti?
Dai. Le cose sono un po' più complesse. Comunque ti scrivo quel che penso così tu lo usi come vuoi: "a parità di altre qualità più rilevanti - progetto, intelligenza, correttezza, efficacia, eccetera - l'età è un valore in sé rispetto a fare politica, poiché la politica si occupa di cose e tempi per i quali una migliore e più partecipe visione del presente e del futuro è rilevante, e l'eventualità di essere presenti nel tempo che si progetta non è indifferente". Ciao.

m.fisk ha detto...

@Luca: capisco la tua precisazione e capisco anche che nella comunicazione si tenda a parlare per slogan e che quindi poi si possano originare fraintendimenti originati dall'eccessiva semplificazione (cfr. al riguardo i commenti di Diego Scorza a questo post e il successivo chiarimento in questo post, in tema di sciopero dei blog).
E' chiaro che era una forzatura dire che l'età è per i piombini l'unico valore da prendere in considerazione; ma ammetterai che nel dibattito è proprio questo il messaggio passato: e l'infatuazione per Serracchiani si inserisce in tale contesto.
Ciò chiarito, concordo -ma solo parzialmente- con te, nel senso che a mio parere a parità di tutti gli altri fattori, la freschezza (e quindi visione del futuro etc. etc.) e l'esperienza siano valori importanti; e ovviamente tra loro antagonisti, dato che l'esperienza si matura con il tempo.
E' per questo che (ora la sparo grossa) una candidatura come quella di Marino mi piace: perché mi trasmette un senso di freschezza per l'appunto, pur essendo una persona di mezza età, che nella vita ha fatto varie cose e gestito organizzazioni complesse; e, converrai, non si tratta certo di un giovinetto!

 

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