martedì 30 marzo 2010

Surely his career is over

Noi, che scriviamo sul blog ogni tanto per svuotare la mente, siamo troppo provinciali per occuparci degli articoli del New Yorker, delle interviste agli scrittori statunitensi e dell'apprezzamento per l'operato di Barak Obama nel suo paese.
Cionostante la vicenda del giornalista di Libero che si è inventato di sana pianta un'intervista a Philip Roth in cui questi parla male di Obama ha attirato la nostra attenzione.
Il New Yorker pubblica al riguardo un articolo (hat tip Mantellini) con le dichiarazioni di Roth, il quale si è scandalizzato per il comportamento del cosiddetto giornalista, Tommaso Debenedetti, ha indagato un po' in rete e ha scoperto un'altra intervista a uno scrittore americano (John Grisham) che parla male di Obama. Farlocca pur'essa, l'intervista.

L'articolo del New Yorker è interessante e divertente, ma c'è un passaggio che fa apertamente sorridere: è quello verso il fondo, in cui Roth immagina che quel mentecatto di giornalista abbia ideato un sistema (quello di inventarsi le interviste agli scrittori famosi) per raggranellare un po' di denaro, e si chiede, con un filo di compassione, cosa mai potrà fare adesso, il meschino, dato che «surely his career is over».
Frase che dimostra che Philip Roth sarà pure un grande scrittore, ma dell'Italia non ha capito una beata fava.

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