Gli auguri lanciati così, indistintamente, mi lasciano un po' freddino.
Purtroppo è quasi ora di prepararsi per la cena, e non ce la faccio proprio a fare un colpo di telefono a ciascuno (di molti degli amici che conosco qui e su FF, peraltro, non so nemmeno il numero).
Buon Natale, quindi, qualunque cosa ciò significhi per ciascuno di voi.
venerdì 24 dicembre 2010
giovedì 23 dicembre 2010
La gioia di pensare con la propria testa
Questo poveretto qui, Alessio Vinci, è stato perculato da mezza rete e persino da un TG nazionale per aver detto che Berlusconi è la Luce.
La cosa è stata ripresa da Repubblica, frase che ormai equivale a «Les normands buvaient du calva»
Certo, il fatto che il direttore del TG che l'ha perculato sia colui del quale ha preso il posto (peraltro senza rubarglielo) può aver influito sul giudizio. Quanto al boxino di Repubblica, ils buvaient du calva.
Chi si fosse preso il ghiribizzo di ragionare con la propria testa avrebbe potuto ascoltare l'audio, messo a disposizione dai bevitori di liquore, e constatare che Vinci ha detto un'enorme stronzata.
In effetti la notte del 21 dicembre non è stata manco per un cazzo la più buia da quattro secoli a questa parte. E' una fola, una sciocchezza, una puttanata. La fola, la sciocchezza, la puttanata, era per inciso la citazione letterale di un titolone di Repubblica, che purtroppo il Vinci deve aver letto, ahilui.
Dopodiché, Alessio Vinci ha presentato Berlusconi: e non ha detto che Berlusconi è la Luce. Non ha neppur detto che Berlusconi attira la luce.
Ha detto che Berlusconi «è una persona capace di attirare la luce dei riflettori: e non solo quelli televisivi, soprattutto quelli della politica».
C'è qualcuno che ha il coraggio di smentirlo?
La cosa è stata ripresa da Repubblica, frase che ormai equivale a «Les normands buvaient du calva»
Certo, il fatto che il direttore del TG che l'ha perculato sia colui del quale ha preso il posto (peraltro senza rubarglielo) può aver influito sul giudizio. Quanto al boxino di Repubblica, ils buvaient du calva.
Chi si fosse preso il ghiribizzo di ragionare con la propria testa avrebbe potuto ascoltare l'audio, messo a disposizione dai bevitori di liquore, e constatare che Vinci ha detto un'enorme stronzata.
In effetti la notte del 21 dicembre non è stata manco per un cazzo la più buia da quattro secoli a questa parte. E' una fola, una sciocchezza, una puttanata. La fola, la sciocchezza, la puttanata, era per inciso la citazione letterale di un titolone di Repubblica, che purtroppo il Vinci deve aver letto, ahilui.
Dopodiché, Alessio Vinci ha presentato Berlusconi: e non ha detto che Berlusconi è la Luce. Non ha neppur detto che Berlusconi attira la luce.
Ha detto che Berlusconi «è una persona capace di attirare la luce dei riflettori: e non solo quelli televisivi, soprattutto quelli della politica».
C'è qualcuno che ha il coraggio di smentirlo?
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martedì 21 dicembre 2010
Arresti precauzionali
Quell'uscita dell'onorevole Gasparri sulla necessità di eseguire arresti preventivi a scopo precauzionale prima delle manifestazioni di piazza è stata una boutade subito rientrata, secondo molti.
In effetti l'idea non è per niente nuova, e non riusciamo a stupirci che si sia affacciata alla spaziosa fronte del noto capogruppo.
Mi rendo conto di arrivare con colpevole ritardo, ma ci ho messo un po' di tempo per trovare in videoteca il film di Luigi Zampa da cui è tratto questo brano.
In effetti l'idea non è per niente nuova, e non riusciamo a stupirci che si sia affacciata alla spaziosa fronte del noto capogruppo.
Mi rendo conto di arrivare con colpevole ritardo, ma ci ho messo un po' di tempo per trovare in videoteca il film di Luigi Zampa da cui è tratto questo brano.
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lunedì 20 dicembre 2010
Il sesso nell'era della sua riproducibilità mediatica
Nei confronti di Julian Assange nutro più o meno gli stessi sentimenti che provo per Roberto Occhiuto: una sovrana indifferenza. E pertanto è solo per curiosità che sono andato a leggermi l'articolo del Guardian che, sulla base degli atti dell'accusa, spiega di quali orrendi delitti si sarebbe macchiato il biondo australiano.
Dopo la lettura dell'articolo non solo l'Assange mi è apparso assai più simpatico, ma ho anche iniziato a provare un senso di enorme solidarietà verso il maschio svedese in genere (anche se in effetti, come insegna Vivalafika, i maschi svedesi, nella loro aberrante assenza di attributi maschili, sono i primi complici delle loro carnefici).
dunque: l'11 agosto Assange va in Isvezia, e viene ospitato da una tipa, Miss A., che gli lascia la casa libera. Il 13 la tipa torna, prima del previsto, e i due vanno fuori a cena. Tornano a casa, bevono un tè e lui comincia ad accarezzarle le gambe, poi le toglie i vestiti e persino la collana. Miss A. si sente un po' a disagio perché Assange corre un po' troppo, ma alla fine decide che ormai era un po' tardi per fermarlo e quindi decide lei stessa di andare avanti.
Notate che questo non è il racconto di Assange: è la denuncia per violenza sessuale che Miss A. ha fatto alla polizia.
A quel punto la A. cerca di prendere un preservativo, e Assange glielo impedisce per un po' di volte. Ma non glielo ficca dentro: alla fine, seppur malvolentieri, si ficca su il cappuccetto (fornito dalla stessa Miss A.) che però poi si rompe. E, secondo Miss. A., che non essendo un maschio ed avendo scopato forse un cinque-sei volte in vita sua, tale rottura è da attribuirsi al fatto che Assange abbia combinato qualche brutto scherzo, non al fatto che, come sanno tutti i maschietti passata la maggiore età, i preservativi sono come gli hard disk, e la domanda che ti devi fare non è se si romperà bensì quando si romperà.
La versione dei fatti è talmente idiota che solo una corte svedese completamente femminile potrebbe prendere in considerazione una simile fanfaronata: che cioè vi sia un uomo al quale non interessa di scopare a pelle piuttosto che con il preservativo, bensì di farlo spandendo sperma nell'utero anziché nel serbatoio.
In ogni caso Miss A. dev'essere una tipa sportiva, dato che, malgrado la terribile violenza subita (quella per la quale Assange dovrebbe farsi un bel po' di galera) la sera stessa dà una festa a casa propria, dove Assange continua ad abitare, e parla anche con un'amica della scopata fatta.
Il 15 agosto, quindi due giorni dopo, Miss A. racconta all'amica chepur vivendo nel continuo terrore lei continua ad ospitare Assange a casa sua perché è uno stronzo violento che l'ha minacciata di romperle un braccio e farla violentare da un branco di negri se lei solo si azzarda a parlare Assange resta a casa sua ma "non fanno più sesso perché lui ha passato il limite di quanto lei sentiva di poter accettare".
In sintesi: abbiamo un violentatore che continua a stare a casa della violentata, la quale andrebbe anche a letto con lui, se solo non fosse così poco educato. E' probabile che anche questa sia una mezza verità, e che in effetti il problema è che Assange scoreggiava sotto il piumino: ma Miss A. deve aver deciso di tenere il particolare per sé.
Il 16 agosto compare una nuova tipa, Miss W., che telefona ad Assange (noto violentatore sciupafemmine) per invitalo a casa sua. Lui va a casa sua, e lei pretende che s'incappucci. Assange la manda a cagare e si rimette a dormire ma più tardi, nel corso della notte, s'arrappa e, rassegnato al fatto che in Isvezia non c'è verso di fare altrimenti, si preservativizza, sia pur di malavoglia.
Ma non è finita qui. La mattina Miss W. si sveglia e va a comperare la colazione; poi torna e si rimette a letto, nuda, vicino ad Assange.
Io non so voi, ma di regola quando uno è oramai uscito a comperare le brioches, per quanto ti rimetti a letto fai uno di quei sonnelli così, pro-forma: una volta alzato, non è che ricadi in quel bel sonno profondo delle tre del mattino. Ma la W, essendo svedese è assai diversa: si addormenta talmente nella grossa che quando si risveglia Assange è sopra di lei e se la sta ingroppando.
La svedese riesce, secondo lei stessa, a dormire il sonno della giusta mentre Assange le è salito sopra, le ha aperto le gambe e ha infilato l'uccello nell'apposito buco.
Mettiamo pure che sia vero (chissà cosa si era fumata, la sera prima): resta il fatto che, se io fossi una femmina e mi svegliassi mentre qualcuno mi scopa a mia insaputa, il minimo che farei è un balzo in aria di cinquanta centimetri: o perlomeno uno sgroppone tale da far uscire il malcapitato, fosse pure John Holmes redivivo. Miss W., che è svedese, mantiene invece un autocontrollo esemplare, e anziché mandare affanculo Assange gli chiede «Scusi, Mr. Assange, ha rammentato di infilarsi il preservativo?» «No» «Meglio per lei che non abbia l'HIV, allora» «Ma naturalmente no, signora mia, che dice mai?»
Ionesco, puro Ionesco. Ma siamo in Isvezia, e in Isvezia perfino Ionesco non è più lui.
Dopo la lettura dell'articolo non solo l'Assange mi è apparso assai più simpatico, ma ho anche iniziato a provare un senso di enorme solidarietà verso il maschio svedese in genere (anche se in effetti, come insegna Vivalafika, i maschi svedesi, nella loro aberrante assenza di attributi maschili, sono i primi complici delle loro carnefici).
dunque: l'11 agosto Assange va in Isvezia, e viene ospitato da una tipa, Miss A., che gli lascia la casa libera. Il 13 la tipa torna, prima del previsto, e i due vanno fuori a cena. Tornano a casa, bevono un tè e lui comincia ad accarezzarle le gambe, poi le toglie i vestiti e persino la collana. Miss A. si sente un po' a disagio perché Assange corre un po' troppo, ma alla fine decide che ormai era un po' tardi per fermarlo e quindi decide lei stessa di andare avanti.
Notate che questo non è il racconto di Assange: è la denuncia per violenza sessuale che Miss A. ha fatto alla polizia.
A quel punto la A. cerca di prendere un preservativo, e Assange glielo impedisce per un po' di volte. Ma non glielo ficca dentro: alla fine, seppur malvolentieri, si ficca su il cappuccetto (fornito dalla stessa Miss A.) che però poi si rompe. E, secondo Miss. A., che non essendo un maschio ed avendo scopato forse un cinque-sei volte in vita sua, tale rottura è da attribuirsi al fatto che Assange abbia combinato qualche brutto scherzo, non al fatto che, come sanno tutti i maschietti passata la maggiore età, i preservativi sono come gli hard disk, e la domanda che ti devi fare non è se si romperà bensì quando si romperà.
La versione dei fatti è talmente idiota che solo una corte svedese completamente femminile potrebbe prendere in considerazione una simile fanfaronata: che cioè vi sia un uomo al quale non interessa di scopare a pelle piuttosto che con il preservativo, bensì di farlo spandendo sperma nell'utero anziché nel serbatoio.
In ogni caso Miss A. dev'essere una tipa sportiva, dato che, malgrado la terribile violenza subita (quella per la quale Assange dovrebbe farsi un bel po' di galera) la sera stessa dà una festa a casa propria, dove Assange continua ad abitare, e parla anche con un'amica della scopata fatta.
Il 15 agosto, quindi due giorni dopo, Miss A. racconta all'amica che
In sintesi: abbiamo un violentatore che continua a stare a casa della violentata, la quale andrebbe anche a letto con lui, se solo non fosse così poco educato. E' probabile che anche questa sia una mezza verità, e che in effetti il problema è che Assange scoreggiava sotto il piumino: ma Miss A. deve aver deciso di tenere il particolare per sé.
Il 16 agosto compare una nuova tipa, Miss W., che telefona ad Assange (noto violentatore sciupafemmine) per invitalo a casa sua. Lui va a casa sua, e lei pretende che s'incappucci. Assange la manda a cagare e si rimette a dormire ma più tardi, nel corso della notte, s'arrappa e, rassegnato al fatto che in Isvezia non c'è verso di fare altrimenti, si preservativizza, sia pur di malavoglia.
Ma non è finita qui. La mattina Miss W. si sveglia e va a comperare la colazione; poi torna e si rimette a letto, nuda, vicino ad Assange.
Io non so voi, ma di regola quando uno è oramai uscito a comperare le brioches, per quanto ti rimetti a letto fai uno di quei sonnelli così, pro-forma: una volta alzato, non è che ricadi in quel bel sonno profondo delle tre del mattino. Ma la W, essendo svedese è assai diversa: si addormenta talmente nella grossa che quando si risveglia Assange è sopra di lei e se la sta ingroppando.
La svedese riesce, secondo lei stessa, a dormire il sonno della giusta mentre Assange le è salito sopra, le ha aperto le gambe e ha infilato l'uccello nell'apposito buco.
Mettiamo pure che sia vero (chissà cosa si era fumata, la sera prima): resta il fatto che, se io fossi una femmina e mi svegliassi mentre qualcuno mi scopa a mia insaputa, il minimo che farei è un balzo in aria di cinquanta centimetri: o perlomeno uno sgroppone tale da far uscire il malcapitato, fosse pure John Holmes redivivo. Miss W., che è svedese, mantiene invece un autocontrollo esemplare, e anziché mandare affanculo Assange gli chiede «Scusi, Mr. Assange, ha rammentato di infilarsi il preservativo?» «No» «Meglio per lei che non abbia l'HIV, allora» «Ma naturalmente no, signora mia, che dice mai?»
Ionesco, puro Ionesco. Ma siamo in Isvezia, e in Isvezia perfino Ionesco non è più lui.
Il Post sotto l'albero 2010
Ci sono cose che con il passare del tempo sembrano sempre più difficili da fare. Il Post sotto l’Albero (per gli amici PslA) è una di queste – decidere di farlo, mandare il primo reminder, e poi il secondo, e assemblare tutto, e in fondo per cosa. Però succede che mentre stai attraversando un incrocio davanti agli Yerba Buena Gardens ti arriva una mail dall’altra parte dell’oceano che dice “dopo tanti anni vale la pena provarci”, succede che una sera arriva un’altra mail che dice “ma se facessimo una versione per quel coso lì, potrei lavorarci sopra la sera” e ti pare che in fondo non sia così difficile, che sia un po’ come mettersi, anno dopo anno, a cercare un regalo per una persona cara che conosci da tanto tempo, ogni volta sospiri e pensi che le hai già preso tutto quello che c’era da prendere e ogni volta per caso finisce che ti passa davanti agli occhi qualcosa che sì, è proprio quello che stavo cercando, chissà quanto le piacerà. Insomma, anche quest’anno eccolo qui, anche quest’anno – ed è l’ottavo, e pare una vita – lo abbiamo messo insieme, e il plurale non è usato a caso, ché il PslA non è di uno ma di tanti, che è una cosa bella, e lo abbiamo fatto a gratis, che ogni tanto è un’altra cosa bella. Adesso possiamo aspettare il momento in cui il pacchetto verrà scartato, e chissà se le piacerà.Quella qui sopra è la prefazione di Sir Squonk al Post sotto l'Albero (o PslA) 2010.
Che è una cosa da blogger, fatta da blogger e socialcosisti, letta da blogger e socialcosisti e che non ha alcun senso fuori dal mondo dei blogger e socialcosisti, in teoria: e quindi parlarne qui non dovrebbe avere del pari alcun senso, dato che ci conosciamo ormai tutti a menadito e tutti sappiamo che il PslA è uscito, anche quest'anno.
Però questa è la teoria, mentre la pratica dice che il PslA è una gran bella cosa, che riesce a sposare lo spirito natalizio del donare qualcosa con la pulsione all'autoaffermazione che sotto sotto cova in chiunque si prenda la briga di mettere in piazza i propri pensieri. E, sarà perché è Natale, sarà perché l'artefice è una persona buona, sarà perché qualcuno sa scrivere proprio bene e chi non sa scrivere comunque si è sforzato: insomma, questo matrimonio partorisce qualcosa a cui voler bene anche prima di aver iniziato a leggerlo.
Qui trovate il Post sotto l'Albero 2010. Lo scaricate, lo leggete, brindate. Magari con una bella birra.
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pigrizia
venerdì 17 dicembre 2010
La rottura dello stock
Una persona di medio buonsenso e con una normale conoscenza della lingua italiana leggendo questo pezzo del Corriere può farsi una e una sola idea: che negli USA le scorte di veleno per le condanne a morte vengano conservate in un negozio di cristallerie, e che in quel negozio sia malauguratamente entrato un elefante infuriato.
E' il Sabato fatto per l'Uomo
Oggi Pierluigi Bersani in un'intervista su Repubblica comincia a delineare un vago barlume di progetto politico, parlando di contenuti e di alleanze.
Ma, dato che il mondo è pieno di coglioni*, subito c'è chi gli si scaglia contro per aver affermato che in nome di un progetto politico concreto sarebbe anche possibile superare le primarie.
Quello di confondere gli strumenti con gli obiettivi è un vizio comune in molte persone: visto che siamo a Natale, chiarirò la questione con un esempio.
Ci sono coloro che il 26 dicembre vanno al cinema: e vanno a vedere qualsiasi cosa, da Neri Parenti a Clint Eastwood, perché il 26 dicembre si deve andare al cinema.
Ecco: le primarie sono il 26 dicembre, e il progetto politico è il film: io apprezzo molto di più chi va a vedere Massimo Boldi per scelta, consapevole di ciò che va a vedere, e che si sganascia dal ridere vedendo gli ippopotami scoreggioni, piuttosto che chi, capitato per caso in una sala buia, si sorbisce per due ore Gran Torino e alla fine conclude che "certo è un po' lento".
* statisticamente si può affermare che vi sia poco meno di un coglione per abitante, dal momento che la percentuale di femmine è lievemente superiore a quella dei maschi
Ma, dato che il mondo è pieno di coglioni*, subito c'è chi gli si scaglia contro per aver affermato che in nome di un progetto politico concreto sarebbe anche possibile superare le primarie.
Quello di confondere gli strumenti con gli obiettivi è un vizio comune in molte persone: visto che siamo a Natale, chiarirò la questione con un esempio.
Ci sono coloro che il 26 dicembre vanno al cinema: e vanno a vedere qualsiasi cosa, da Neri Parenti a Clint Eastwood, perché il 26 dicembre si deve andare al cinema.
Ecco: le primarie sono il 26 dicembre, e il progetto politico è il film: io apprezzo molto di più chi va a vedere Massimo Boldi per scelta, consapevole di ciò che va a vedere, e che si sganascia dal ridere vedendo gli ippopotami scoreggioni, piuttosto che chi, capitato per caso in una sala buia, si sorbisce per due ore Gran Torino e alla fine conclude che "certo è un po' lento".
* statisticamente si può affermare che vi sia poco meno di un coglione per abitante, dal momento che la percentuale di femmine è lievemente superiore a quella dei maschi
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giovedì 16 dicembre 2010
Il bello dei socialcosi
Il bello dei socialcosi è vedere che, all'alba del secondo decennio del primo secolo del terzo millennio, c'è ancora tanta gente, magari anche con un titolo di studio, capace di pensare che a bruciare un bancomat si faccia un dispetto a un signore grassottello e anzianotto, con bastone dal pomo d'avorio, cappello a cilindro e ghette anziché, come in effetti è, a tanti piccoli azionisti, a tanti futuri pensionati e a una nutrita serie di fondazioni che avrebbero dovuto reinvestire sul territorio di appartenenza l'utile che in parte, grazie a quel bancomat bruciato, è andato in fumo.
mercoledì 15 dicembre 2010
Alcune considerazioni a margine del voto di fiducia
Senza la pretesa di scrivere alcunché di originale, annoto qui alcune delle riflessioni passate per la mente ieri, nella giornata che ha visto il Governo Berlusconi passare indenne la mozione di sfiducia.
Inizierò da Franceschini: un po' perché, come mi faceva notere .mau., io ci ho un pianeta verso i segretari del PD, e verso Franceschini sono stato colpevole di scarsa attenzione; e un po' perché la sua dichiarazione è forse la più surreale delle giornata.
Per affermare, come ha fatto il nostro, che «Il Pd oggi ha fatto il suo dovere, 206 deputati presenti e 206 voti favorevoli alla mozione di sfiducia» ci vuole una dose d'infingardaggine che, francamente, non mi aspettavo di scoprire nel placido ferrarese, il quale non può neppure invocare l'età avanzata o la scarsa partecipazione alla vita d'Aula (è capogruppo del Gruppo parlamentare) per far finta d'aver dimenticato che due voti, decisivi*, sono arrivati al governo Berlusconi da transfughi eletti a suo tempo nelle liste del Partito Democratico.
Certo, Scilipoti era ancora iscritto al gruppo parlamentare dell'IdV, a differenza di Calearo e Cesario, ma questo, ne converrete, è un mero accidente e non sostanza: quel che conta è che le scelte operate nella formazione delle liste bloccate abbiano portato in Parlamento, con il voto di chi ha creduto nell'innominabile segratario, due persone che sono state decisive per la sopravvivenza di Berlusconi. Questo è il punto, e questo è il solo punto che conta.
Ci sono state, è vero, defezioni anche tra i finiani. Ma la situazione di partenza è ben diversa. Se facciamo per un attimo finta che non ci sia stato mercato delle vacche e promesse di prebende per coloro che avessero deciso all'ultimo di sostenere il miliardario, ci rendiamo conto che i vari Moffa, Siliquini, Polidori, sono comunque stati eletti sotto il simbolo "Berlusconi Presidente".
Avevano deciso di cambiare, di staccarsi da Berlusconi, e si sono rimangiati il loro proposito tornando a sostenerlo: ma certo è assai men grave la loro posizione rispetto a quella di chi, eletto in opposizione a Berlusconi, ha finito per dargli la fiducia.
In fondo non c'è alcun motivo per inveire contro la Polidori e non contro Abelli, Abrignani, Alessandri, Alfano, Alfano, Allasia e giù giù sino a Volpi e Zacchera: questi ultimi hanno tenuto ferma la loro posizione, l'altra ha avuto uno sbandamento e alla fine è tornata nella coalizione che l'aveva portata a Roma: ma il fatto stesso di avere avuto uno sbandamento la nobilità più di quanto il ripensamento la riporti nella sentina dei Peones della Libertà.
Aggiungiamo, per sovrappiù, che lo stesso Fini non aveva messo i propri deputati in una posizione facile: quante volte negli ultimi mesi aveva affermato che il suo movimento avrebbe comunque sostenuto il Governo Berlusconi? No, se vogliamo essere onesti non possiamo proprio dire granché contro la Polidori, se non accusarla di scarso coraggio.
Mentre abbiamo moltissimo da dire contro Calearo e Cesario, e ancor più contro chi ha portato Calearo e Cesario a sedersi in quell'aula, in ispregio al senso comune e alla logica.
Certo, nel mio piccolo io sono stato sempre legato ai valori costituzionali, e quindi al riconoscimento dell'assenza di vincolo di mandato in capo ai parlamentari. Ma ci sono momenti in cui bisogna pur superare le forme e divenire almeno un po' pragmatici: non ci possiamo allora nascondere che le conversioni sulle vie di Damasco, specie se dell'ultima notte, non vengono in forza di un rovello politico bensì, più prosaicamente e assai spesso, in virtù della promessa di doni e prebende.
Anche qui il comportamento dei parlamentari reciprocamente transfughi va visto in chiave ben diversa. Non possiamo certo dare fiducia a chi abbandona la nave che affonda quando ormai lo scafo si è inclinato oltre i 45°: quei Mastelli che decidono con chi stare poco prima del voto, quando l'aria che tira è oramai ben definita, non possono avere la stima di alcuno. Diverso è chi lascia un gruppo, sia pur in difficoltà ma al governo, per passare tra le fila dell'opposizione.
Stare all'opposizione non è come stare al Governo: meno potere, meno soldi, meno clientele, meno prebende, persino meno possibilità di rubare. Chi ha mollato Berlusconi l'ha fatto in forza dell'assenza di vincolo di mandato, ma soprattutto l'ha fatto perché credeva che il berlusconismo fosse un male per il paese, non certo per trarne vantaggi personali.
In capo a chi invece, eletto per stare all'opposizione, è passato a sostenere il Governo, è perlomeno legittimo il dubbio che il tormento interiore sia stato più economico che politico: un sospetto non fa una prova, ma in politica un sospetto basta a rovinare una carriera, e francamente speriamo che per costoro sarà così. Poi, per carità, è semplicissimo impapocchiare una motivazione politica a valle della decisione (la crisi, le emissioni di titoli, il sostegno all'economia...): un esercizio talmente banale che non val neppure la pena di leggerle, quelle dichiarazioni.
Torniamo al discorso vincitori e vinti: secondo le dichiarazioni di ieri ha vinto Berlusconi, ha vinto la Lega, ha vinto il PD, ha vinto l'IdV. Come al solito hanno vinto tutti, ma l'uomo della strada, abituato al Totocalcio con la schietta freddezza dell'1-X-2, sa che 1 è diverso da 2 e che anche se hai messo X non puoi andare in ricevitoria e prenderti i tuoi soldini.
Dunque: hanno perso anzitutto il PD e l'IdV, che hanno presentato una delle mozioni di sfiducia, e hanno perso l'UDC, l'API e FLI, che hanno presentato l'altra. Perché se vai in ricevitoria, e scommetti "2", quando esce "1" hai perso.
Ha vinto Berlusconi. Ha vinto Berlusconi: e ha vinto non solo perché ha fatto "1" (che già, intendiamoci, basterebbe per affermare di aver vinto, dato che per vincere basta fare un canestro in più dell'avversario, nessuno dice che ce ne vogliono dieci o venti), ma soprattutto perché la fola dell'ingovernabilità del Paese con due voti di vantaggio è, per l'appunto, una fola.
Prodi, che governava con due voti di vantaggio al Senato, era sconfitto in partenza: perché con due voti di vantaggio è praticamente impossibile governare, stando appesi al filo di una malattia, di una gravidanza, di un aereoporto bloccato.
Se teniamo presente che alla Camera la maggioranza è di 316 deputati, capiamo bene che è del tutto probabile che ciascun giorno che Dio manda in terra ci sia un imprevisto, un contrattempo, un raffreddore che colpisca almeno due parlamentari (lo 0,6% della maggioranza): e facciamo finta di dimenticare gli incarichi di Governo e le missioni.
Il punto tuttavia è un altro: sono due anni e mezzo che il Governo Berlusconi non governa, e sono due anni e mezzo che i lavori parlamentari sno praticamente fermi, salvo per quanto concerne quelle leggi particolarmente care al premier, che perlopiù passano in forma di conversione di decreti.
Avendo svuotato il Parlamento delle proprie competenze, a Berlusconi non gliene può fregare più di tanto dell'avere solo due voti di vantaggio. Intanto ce li ha, e ben possiamo immaginare che almeno per qualche mese gli schieramenti di oggi resteranno immutati; poi può cercare di imbarcare l'UDC, che magari non cederà subito ma prima o poi potrebbe cedere; e comunque, in ultima analisi, non ha proprio bisogno di una maggioranza sicura.
Certo, ne avrebbe bisogno il Paese, di un Parlamento funzionante e di leggi che consentano di affrontare il momento non certo facile che stiamo vivendo: ma non sono io che devo spiegare ai miei lettori che il bene di Berlusconi e il bene del Paese sono due insiemi che se si intersecano lo fanno molto ma molto di sfuggita.
* rammentiamo che i voti decisivi sarebbero stati due, che avrebbero spostato l'esito del voto a 313 sì contro 312 no
Inizierò da Franceschini: un po' perché, come mi faceva notere .mau., io ci ho un pianeta verso i segretari del PD, e verso Franceschini sono stato colpevole di scarsa attenzione; e un po' perché la sua dichiarazione è forse la più surreale delle giornata.
Per affermare, come ha fatto il nostro, che «Il Pd oggi ha fatto il suo dovere, 206 deputati presenti e 206 voti favorevoli alla mozione di sfiducia» ci vuole una dose d'infingardaggine che, francamente, non mi aspettavo di scoprire nel placido ferrarese, il quale non può neppure invocare l'età avanzata o la scarsa partecipazione alla vita d'Aula (è capogruppo del Gruppo parlamentare) per far finta d'aver dimenticato che due voti, decisivi*, sono arrivati al governo Berlusconi da transfughi eletti a suo tempo nelle liste del Partito Democratico.
Certo, Scilipoti era ancora iscritto al gruppo parlamentare dell'IdV, a differenza di Calearo e Cesario, ma questo, ne converrete, è un mero accidente e non sostanza: quel che conta è che le scelte operate nella formazione delle liste bloccate abbiano portato in Parlamento, con il voto di chi ha creduto nell'innominabile segratario, due persone che sono state decisive per la sopravvivenza di Berlusconi. Questo è il punto, e questo è il solo punto che conta.
Ci sono state, è vero, defezioni anche tra i finiani. Ma la situazione di partenza è ben diversa. Se facciamo per un attimo finta che non ci sia stato mercato delle vacche e promesse di prebende per coloro che avessero deciso all'ultimo di sostenere il miliardario, ci rendiamo conto che i vari Moffa, Siliquini, Polidori, sono comunque stati eletti sotto il simbolo "Berlusconi Presidente".
Avevano deciso di cambiare, di staccarsi da Berlusconi, e si sono rimangiati il loro proposito tornando a sostenerlo: ma certo è assai men grave la loro posizione rispetto a quella di chi, eletto in opposizione a Berlusconi, ha finito per dargli la fiducia.
In fondo non c'è alcun motivo per inveire contro la Polidori e non contro Abelli, Abrignani, Alessandri, Alfano, Alfano, Allasia e giù giù sino a Volpi e Zacchera: questi ultimi hanno tenuto ferma la loro posizione, l'altra ha avuto uno sbandamento e alla fine è tornata nella coalizione che l'aveva portata a Roma: ma il fatto stesso di avere avuto uno sbandamento la nobilità più di quanto il ripensamento la riporti nella sentina dei Peones della Libertà.
Aggiungiamo, per sovrappiù, che lo stesso Fini non aveva messo i propri deputati in una posizione facile: quante volte negli ultimi mesi aveva affermato che il suo movimento avrebbe comunque sostenuto il Governo Berlusconi? No, se vogliamo essere onesti non possiamo proprio dire granché contro la Polidori, se non accusarla di scarso coraggio.
Mentre abbiamo moltissimo da dire contro Calearo e Cesario, e ancor più contro chi ha portato Calearo e Cesario a sedersi in quell'aula, in ispregio al senso comune e alla logica.
Certo, nel mio piccolo io sono stato sempre legato ai valori costituzionali, e quindi al riconoscimento dell'assenza di vincolo di mandato in capo ai parlamentari. Ma ci sono momenti in cui bisogna pur superare le forme e divenire almeno un po' pragmatici: non ci possiamo allora nascondere che le conversioni sulle vie di Damasco, specie se dell'ultima notte, non vengono in forza di un rovello politico bensì, più prosaicamente e assai spesso, in virtù della promessa di doni e prebende.
Anche qui il comportamento dei parlamentari reciprocamente transfughi va visto in chiave ben diversa. Non possiamo certo dare fiducia a chi abbandona la nave che affonda quando ormai lo scafo si è inclinato oltre i 45°: quei Mastelli che decidono con chi stare poco prima del voto, quando l'aria che tira è oramai ben definita, non possono avere la stima di alcuno. Diverso è chi lascia un gruppo, sia pur in difficoltà ma al governo, per passare tra le fila dell'opposizione.
Stare all'opposizione non è come stare al Governo: meno potere, meno soldi, meno clientele, meno prebende, persino meno possibilità di rubare. Chi ha mollato Berlusconi l'ha fatto in forza dell'assenza di vincolo di mandato, ma soprattutto l'ha fatto perché credeva che il berlusconismo fosse un male per il paese, non certo per trarne vantaggi personali.
In capo a chi invece, eletto per stare all'opposizione, è passato a sostenere il Governo, è perlomeno legittimo il dubbio che il tormento interiore sia stato più economico che politico: un sospetto non fa una prova, ma in politica un sospetto basta a rovinare una carriera, e francamente speriamo che per costoro sarà così. Poi, per carità, è semplicissimo impapocchiare una motivazione politica a valle della decisione (la crisi, le emissioni di titoli, il sostegno all'economia...): un esercizio talmente banale che non val neppure la pena di leggerle, quelle dichiarazioni.
Torniamo al discorso vincitori e vinti: secondo le dichiarazioni di ieri ha vinto Berlusconi, ha vinto la Lega, ha vinto il PD, ha vinto l'IdV. Come al solito hanno vinto tutti, ma l'uomo della strada, abituato al Totocalcio con la schietta freddezza dell'1-X-2, sa che 1 è diverso da 2 e che anche se hai messo X non puoi andare in ricevitoria e prenderti i tuoi soldini.
Dunque: hanno perso anzitutto il PD e l'IdV, che hanno presentato una delle mozioni di sfiducia, e hanno perso l'UDC, l'API e FLI, che hanno presentato l'altra. Perché se vai in ricevitoria, e scommetti "2", quando esce "1" hai perso.
Ha vinto Berlusconi. Ha vinto Berlusconi: e ha vinto non solo perché ha fatto "1" (che già, intendiamoci, basterebbe per affermare di aver vinto, dato che per vincere basta fare un canestro in più dell'avversario, nessuno dice che ce ne vogliono dieci o venti), ma soprattutto perché la fola dell'ingovernabilità del Paese con due voti di vantaggio è, per l'appunto, una fola.
Prodi, che governava con due voti di vantaggio al Senato, era sconfitto in partenza: perché con due voti di vantaggio è praticamente impossibile governare, stando appesi al filo di una malattia, di una gravidanza, di un aereoporto bloccato.
Se teniamo presente che alla Camera la maggioranza è di 316 deputati, capiamo bene che è del tutto probabile che ciascun giorno che Dio manda in terra ci sia un imprevisto, un contrattempo, un raffreddore che colpisca almeno due parlamentari (lo 0,6% della maggioranza): e facciamo finta di dimenticare gli incarichi di Governo e le missioni.
Il punto tuttavia è un altro: sono due anni e mezzo che il Governo Berlusconi non governa, e sono due anni e mezzo che i lavori parlamentari sno praticamente fermi, salvo per quanto concerne quelle leggi particolarmente care al premier, che perlopiù passano in forma di conversione di decreti.
Avendo svuotato il Parlamento delle proprie competenze, a Berlusconi non gliene può fregare più di tanto dell'avere solo due voti di vantaggio. Intanto ce li ha, e ben possiamo immaginare che almeno per qualche mese gli schieramenti di oggi resteranno immutati; poi può cercare di imbarcare l'UDC, che magari non cederà subito ma prima o poi potrebbe cedere; e comunque, in ultima analisi, non ha proprio bisogno di una maggioranza sicura.
Certo, ne avrebbe bisogno il Paese, di un Parlamento funzionante e di leggi che consentano di affrontare il momento non certo facile che stiamo vivendo: ma non sono io che devo spiegare ai miei lettori che il bene di Berlusconi e il bene del Paese sono due insiemi che se si intersecano lo fanno molto ma molto di sfuggita.
* rammentiamo che i voti decisivi sarebbero stati due, che avrebbero spostato l'esito del voto a 313 sì contro 312 no
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politica
martedì 14 dicembre 2010
Surrealismi in ordine discendente
(Dai banchi del gruppo Popolo della Libertà si esibiscono bandiere tricolori e si grida reiteratamente: «Vittoria!». Dai banchi del gruppo Lega Nord Padania si esibiscono bandiere verdi. Il deputato Corsaro esibisce un pallottoliere)
Nube politica in famiglia
L'altra mattina mi chiama al telefono un tale, che conobbi pochi mesi fa, e mi dice: «Vorrei parlarle di cose che la riguardano; vuole fare colazione con me?»
Dico di sì e all'una ci troviamo al ristorante. Parliamo del tempo, dei cibi, del vino e della tristezza della vita in generale. Poi il giovane signore che mi ha invitato affronta deciso l'argomento che gli sta a cuore.
«Vengo al motivo di questo incontro», dichiara con voce austera, guardandomi diritto negli occhi, «è necessario agire e non attendere oltre: l'attuale momento politico è il più favorevole per organizzare in un partito quella grande massa che, pur avendo seguito la democrazia cristiana, oggi è scontenta... Il malcostume dilaga, la nostra politica estera è ridicola, la nostra politica finanziaria infantile; il fascismo è finito, l'antifascismo anche; la terza forza non esiste: esistono soltanto il comunismo e la democrazia cristiana. Il primo è in via di liquidazione, la seconda è incapace di dare ordine morale al paese. Ovunque lei vada non ode che lagnanze: il malumore è generale Il paese si sfascia di giorno in giorno. Il presente ordine è solo apparente. L'incompetenza tecnica e il basso livello dei nostri dirigenti sono spaventosi. Lei tutto ciò lo ha già capito da tempo, meglio di noi. Ora bisogna promuovere un movimento o un partito cattolico che spezzi in due la democrazia cristiana e dia agli italiani una nuova forza morale capace di guidare il paese. E non c'è da aver paura: basta aver coraggio e decisione...»
Il signore beve un sorso di vino rosso e mi guarda con aria soddisfatta battendo nervosamente le nocche sul mantile.
«Certo», dico, «le cose non vanno come dovrebbero andare ma fondare un partito non è cosa facile, oggi. Poi quel che occorre, per fondare un partito, è un programma, e un programma riflette sempre un principio politico...»
Il signore mi interrompe:
«Giusto, esatto; lei mi toglie la parola di bocca. Il programma si butta giù in fretta: pochi concetti, ma chiari. Pochi, dico; l'importante è che siano pochi. Quel che conta è uno slogan azzeccato, una bandiera ridente... Per questo ci rivolgiamo a lei... Lei deve formare il gruppo delle teste, dei cervelli del partito. Al resto, pensiamo noi...»
«Ho capito», dico ridendo, «Lei vorrebbe un motto che chiarisse le idee agli altri e a lei, un motto programma, come questo, ad esempio: Ordine, Competenza, Onestà.»
Il gentile signore non ride; il signore dice: «Sì, Sì, eccolo trovato! Giustissimo. E' un motto di ferro, esatto, chiaro, efficace...»
«Ma l'avverto che la sigla è antipatica, diventa OCO.»
«Non vuol dire, non vuol dire... Lei è entrato nello spirito dei nostri sentimenti», esclama il signore, e mi spiega poi i criteri di organizzazione del nuovo partito.
Be', per farla corta, dopo un'ora ci lasciamo con la promessa, da parte mia, di studiare il programma del nuovo partito.
Non pensai a quel programma, ma confesso che i discorsi e i propositi del signore che mi invitò a colazione mi turbarono per tutto il giorno. Compresi all'improvviso, come, a questo mondo, si organizzano le minoranze, come si allestiscono i partiti, e come si possa, da un momento all'altro diventare leader, un capo, un dittatore... Non soltanto compresi tutto ciò, ma per qualche ora mi abbandonai alla gioia di fantasticare, e già mi vedevo in parlamento, col dito puntato contro Sforza, come un nuovo Gambetta senza barba, tonante e terribile. Per qualche ora, mi cullai nella convinzione che il nuovo partito era desinato a vincere e a conquistare il potere, perché nessuna classe dirigente, è mai stata tanto bonaria, incapace, furba e bacata come l'attuale e mi dicevo: quel che conta, oggi, è agire in nome di una morale qualsiasi, senza appellarsi ai miti di cui tutti abusano...
Alla sera, aprii a mia moglie il mio animo tormentato.
«Vedi», le dissi, «si tratta di un partito diverso da quelli presenti...»
«Ma com'è fatto un partito diverso? Cosa vuol dire diverso?» domandò mia moglie.
«Un partito diverso è un partito composto di persone che non sono disposte a transigere, a venire a patti, che non ammettono compromessi... Un partito, come diceva quel signore, con le idee chiare...»
«Ma quali sono le idee chiare?»
«Nessuna idea è chiara, deve semplicemente sembrar chiara a chi la difende, a chi la esprime, a chi vuol imporla... In politica, non si tratta di conoscere la verità, non si tratta si sapere se un'idea è storica o antistorica, ma piuttosto di volerla far trionfare. I profeti...»
Ma mia moglie non mi lasciò finire, e disse: «Non parlarmi di profeti, Dio mio! Non prendere quel tono: non vorrai davvero fondare un partito! Non fare lo sciocco, alla tua età con moglie e figli, devi pensare... a guadagnare...»
«E tu credi che con la politica non si guadagni?» esclamai. E subito, subito capii ch'ero già caduto nel baratro, subito capii che la mia carriera di fondatore di nuovi partiti era finita: era tramontata, era naufragata in famiglia, con una frase infelice, ma vera, verissima: e la sentivo, quella frase, rintronare nel mio cervello: «Credi che con la politica non si guadagni?...»
Leo Longanesi - Gazzetta del Popolo - Torino 2 ottobre 1949
Un sentito ringraziamento a Michelle per avermi mandato questo pezzo del vecchio Longanesi: un prolegomeno per ogni futuro idealista che vorrà presentarsi come fondatore di partito
Dico di sì e all'una ci troviamo al ristorante. Parliamo del tempo, dei cibi, del vino e della tristezza della vita in generale. Poi il giovane signore che mi ha invitato affronta deciso l'argomento che gli sta a cuore.
«Vengo al motivo di questo incontro», dichiara con voce austera, guardandomi diritto negli occhi, «è necessario agire e non attendere oltre: l'attuale momento politico è il più favorevole per organizzare in un partito quella grande massa che, pur avendo seguito la democrazia cristiana, oggi è scontenta... Il malcostume dilaga, la nostra politica estera è ridicola, la nostra politica finanziaria infantile; il fascismo è finito, l'antifascismo anche; la terza forza non esiste: esistono soltanto il comunismo e la democrazia cristiana. Il primo è in via di liquidazione, la seconda è incapace di dare ordine morale al paese. Ovunque lei vada non ode che lagnanze: il malumore è generale Il paese si sfascia di giorno in giorno. Il presente ordine è solo apparente. L'incompetenza tecnica e il basso livello dei nostri dirigenti sono spaventosi. Lei tutto ciò lo ha già capito da tempo, meglio di noi. Ora bisogna promuovere un movimento o un partito cattolico che spezzi in due la democrazia cristiana e dia agli italiani una nuova forza morale capace di guidare il paese. E non c'è da aver paura: basta aver coraggio e decisione...»
Il signore beve un sorso di vino rosso e mi guarda con aria soddisfatta battendo nervosamente le nocche sul mantile.
«Certo», dico, «le cose non vanno come dovrebbero andare ma fondare un partito non è cosa facile, oggi. Poi quel che occorre, per fondare un partito, è un programma, e un programma riflette sempre un principio politico...»
Il signore mi interrompe:
«Giusto, esatto; lei mi toglie la parola di bocca. Il programma si butta giù in fretta: pochi concetti, ma chiari. Pochi, dico; l'importante è che siano pochi. Quel che conta è uno slogan azzeccato, una bandiera ridente... Per questo ci rivolgiamo a lei... Lei deve formare il gruppo delle teste, dei cervelli del partito. Al resto, pensiamo noi...»
«Ho capito», dico ridendo, «Lei vorrebbe un motto che chiarisse le idee agli altri e a lei, un motto programma, come questo, ad esempio: Ordine, Competenza, Onestà.»
Il gentile signore non ride; il signore dice: «Sì, Sì, eccolo trovato! Giustissimo. E' un motto di ferro, esatto, chiaro, efficace...»
«Ma l'avverto che la sigla è antipatica, diventa OCO.»
«Non vuol dire, non vuol dire... Lei è entrato nello spirito dei nostri sentimenti», esclama il signore, e mi spiega poi i criteri di organizzazione del nuovo partito.
Be', per farla corta, dopo un'ora ci lasciamo con la promessa, da parte mia, di studiare il programma del nuovo partito.
Non pensai a quel programma, ma confesso che i discorsi e i propositi del signore che mi invitò a colazione mi turbarono per tutto il giorno. Compresi all'improvviso, come, a questo mondo, si organizzano le minoranze, come si allestiscono i partiti, e come si possa, da un momento all'altro diventare leader, un capo, un dittatore... Non soltanto compresi tutto ciò, ma per qualche ora mi abbandonai alla gioia di fantasticare, e già mi vedevo in parlamento, col dito puntato contro Sforza, come un nuovo Gambetta senza barba, tonante e terribile. Per qualche ora, mi cullai nella convinzione che il nuovo partito era desinato a vincere e a conquistare il potere, perché nessuna classe dirigente, è mai stata tanto bonaria, incapace, furba e bacata come l'attuale e mi dicevo: quel che conta, oggi, è agire in nome di una morale qualsiasi, senza appellarsi ai miti di cui tutti abusano...
Alla sera, aprii a mia moglie il mio animo tormentato.
«Vedi», le dissi, «si tratta di un partito diverso da quelli presenti...»
«Ma com'è fatto un partito diverso? Cosa vuol dire diverso?» domandò mia moglie.
«Un partito diverso è un partito composto di persone che non sono disposte a transigere, a venire a patti, che non ammettono compromessi... Un partito, come diceva quel signore, con le idee chiare...»
«Ma quali sono le idee chiare?»
«Nessuna idea è chiara, deve semplicemente sembrar chiara a chi la difende, a chi la esprime, a chi vuol imporla... In politica, non si tratta di conoscere la verità, non si tratta si sapere se un'idea è storica o antistorica, ma piuttosto di volerla far trionfare. I profeti...»
Ma mia moglie non mi lasciò finire, e disse: «Non parlarmi di profeti, Dio mio! Non prendere quel tono: non vorrai davvero fondare un partito! Non fare lo sciocco, alla tua età con moglie e figli, devi pensare... a guadagnare...»
«E tu credi che con la politica non si guadagni?» esclamai. E subito, subito capii ch'ero già caduto nel baratro, subito capii che la mia carriera di fondatore di nuovi partiti era finita: era tramontata, era naufragata in famiglia, con una frase infelice, ma vera, verissima: e la sentivo, quella frase, rintronare nel mio cervello: «Credi che con la politica non si guadagni?...»
Leo Longanesi - Gazzetta del Popolo - Torino 2 ottobre 1949
Un sentito ringraziamento a Michelle per avermi mandato questo pezzo del vecchio Longanesi: un prolegomeno per ogni futuro idealista che vorrà presentarsi come fondatore di partito
La coerenza delle proprie idee
«Nel Partito democratico ognuno sarà e dovrà essere, fin dal primo momento, alla stessa stregua dell'altro. Per questo abbiamo voluto il principio "una testa, un voto".»
lunedì 13 dicembre 2010
L'aria che tira
Qualcuno si è chiesto come mai in questi giorni, che forse non saranno decisivi per le sorti del Paese ma certo sono molto importanti, io non abbia scritto nulla sulla crisi del Governo Berlusconi, sulle mozioni di sfiducia, sul mercato di voti, sulle prospettive del voto parlamentare etc. etc. etc.
Uno dei vantaggi di scrivere per hobby e non per mestiere è proprio quello del non essere costretto a dire qualcosa quando non si ha nulla di originale o di serio da dire. E francamente la situazione è talmente fluida, intricata e talvolta persino ridicola, da divenire romanzesca.
Previsioni non ne so fare, e parole per commentare quel che si dice e si fa negli opposti schieramenti neppure: certo sarebbe facile scagliarsi sul deputato che baratta il voto con il mutuo casa, ma si tratta di mero avanspettacolo: in effetti mi sembra che qui tutti stiano barattando qualcosa per qualcos'altro, e l'episodio del mutuo casa dimostra non la corruzione, bensì al più la meschineria di chi si accontenta di così poco.
Quindi sto a guardare, rimpiangendo i bei tempi in cui c'era il sistema proporzionale, e i voti di preferenza.
Uno dei vantaggi di scrivere per hobby e non per mestiere è proprio quello del non essere costretto a dire qualcosa quando non si ha nulla di originale o di serio da dire. E francamente la situazione è talmente fluida, intricata e talvolta persino ridicola, da divenire romanzesca.
Previsioni non ne so fare, e parole per commentare quel che si dice e si fa negli opposti schieramenti neppure: certo sarebbe facile scagliarsi sul deputato che baratta il voto con il mutuo casa, ma si tratta di mero avanspettacolo: in effetti mi sembra che qui tutti stiano barattando qualcosa per qualcos'altro, e l'episodio del mutuo casa dimostra non la corruzione, bensì al più la meschineria di chi si accontenta di così poco.
Quindi sto a guardare, rimpiangendo i bei tempi in cui c'era il sistema proporzionale, e i voti di preferenza.
Gente che non sa di che parla
«un atto di censura gravissimo che qualifica Facebook come strumento dei regimi»
«chiediamo alle forze politiche e democratiche del Paese di intervenire per ripristinare la legalità costituzionale»
«Ci opporremo in ogni sede, politica e giudiziaria, contro questo atto illiberale»
«chiediamo alle forze politiche e democratiche del Paese di intervenire per ripristinare la legalità costituzionale»
«Ci opporremo in ogni sede, politica e giudiziaria, contro questo atto illiberale»
Il Generale Fromm
Il Generale Friedrich Fromm può essere considerato uno degli autorevoli esponenti del biscarpismo: nel 1944, reso edotto sia pur per sommi capi del piano che avrebbe dovuto rovesciare il regime hitleriano, decise di non schierarsi né da una parte né dall'altra, attendendo l'esito degli eventi.
Decise così di non denunciare i cospiratori, ma allo stesso tempo di non far nulla per aiutare il loro disegno. Per quanto le circostanze precise dell'attentato del 1944 siano tutt'altro che chiare, è abbastanza certo che Fromm prese una posizione chiara e netta solo al momento dell'avvio effettivo dell'Operazione Valchiria, allorquando si rifiutò di firmare il piano operativo schierandosi così contro i congiurati: ma sembra che il motivo di questa presa di posizione vada ricercato nell'aver ricevuto una telefonata di Keitel che l'aveva informato del fatto che Hitler era scampato all'attentato.
Una volta fallito il colpo di stato Fromm, contravvenendo apertamente agli ordini che Hitler aveva personalmente impartito al maggiore Remer, imbastì una corte marziale che condannò a morte Stauffenberg e alcuni altri congiurati. Che l'esecuzione immediata dei medesimi abbia avuto corso per eccesso di zelo o al contrario per cancellare definitivamente le tracce di un coinvolgimento di Fromm non è chiaro: sta di fatto che Fromm fu immediatamente arrestato da Goebbles, che credeva nella seconda che ho detto, e nei mesi seguenti radiato dall'esercito e successivamente fucilato.
Che c'entra tutto ciò con l'attuale segretario del PD? Forse poco o nulla, o forse molto. Qui di seguito do la mia interpretazione, che non pretende di esser vera né documentata: è semplicemente la mia visione, che potete prendere per quel che vi pare.
Bersani è un segretario debole: io credo che lo sia un po' per carattere (meno autistico e più diplomatico rispetto al mentecatto che lo ha preceduto, e non parlo di Franceschini) e un po' perché il PD è un grande calderone nel quale il vertice non può che vivacchiare alla giornata nel tentativo di tenere insieme tutte le varie anime che compongono il partito.
In effetti Bersani sconta il peccato originale del Partito, la forma datagli dall'inutile idiota che con la vocazione maggioritaria e l'aspirazione all'autosufficienza ha ridotto i resti di quello che fu il più grande partito comunista dell'occidente a un gelatinoso ammasso di persone irridentisi l'un l'altra.
Certo, si potrebbe dire che dal disegno originale sia sparito l'anelito all'autosufficienza rimanendo solo la vocazione maggioritaria, ma se ci pensate bene anche Faccia da Tonto non ha mai creduto davvero nell'autosufficienza, tanto da imbarcare a bordo i radicali, e allearsi con Di Pietro.
Il PD di oggi quindi non è granché diverso da quello sognato dal Puffo Triste, salvo per il fatto che quest'ultimo almeno, nel suo idiotico autismo, credeva in quella fanfaronata di progetto da lui creata, laddove Bersani non ha neppure questo stimolo d'orgoglio personale.
In questa situazione non è che vi siano grandi possibilità: o si cerca di salvare il progetto politico del partito, la vocazione maggioritaria, il ruolo baricentrale rispetto al centrosinistra, o si cerca di perseguire un progetto politico diverso, superando l'attuale forma del PD e ripensando alla radice la funzione del partito, a partire dai temi del radicamento nella società, del programma da formulare e delle alleanze da stringere.
Il problema è che non si possono perseguire entrambi gli obiettivi, che sono antitetici: il PD, come impostato dall'Orfano Scrittore è un'entità strutturalmente perdente, non potendo darsi né programma né radicamento, a costo di disfarsi (come in parte è già accaduto). Per vincere bisogna quindi cambiare tutto, distruggere il partito leggero e rifondarlo come un partito vero: come era il vecchio PCI e come, ancor oggi, è la Lega.
Bersani non ha il coraggio, o la forza, o entrambi, di prendere questa decisione. Non gli piace il PD di oggi, ma è il primo a credere di non poterlo trasformare. Si limita quindi a bordesare sottocosta, grazie a quelle due-tre parole d'ordine sempre attuali (cacciare Berlusconi, priorità al lavoro, la giustizia sociale...), che sono spendibili solo fintanto che si sta all'opposizione, ma che non si può certo dire costituiscano un programma di governo essendo, per l'appunto, un programma di opposizione. In questo piccolo cabotaggio, pur essendo potenzialmente a pochi mesi dal voto per il rinnovo delle Camere, non ha avuto neppure la forza di dare una chiara indicazione sulle alleanze che intenderebbe coltivare: e converrete che scegliere tra il centro e la sinistra sarebbe un bell'atto di coraggio: scegliere è cosa che possa dare i tormenti ma non per questo meno indispensabile.
Spera, Bersani, che passata la buriana, e magari approfittando dell'altrettanto innegabile crisi della destra, a un tratto le nuvole si aprano e si riesca a individuare la rotta da seguire, ma, a mio parere, si tratta di una pia illusione. Comunque vadano le cose, sarà ben difficile che gli amici possano riconoscergli il merito di ciò che ha fatto (ben poco), mentre i molti nemici non avranno difficoltà a rinfacciargli le scelte che non ha assunto.
A quel punto la fucilazione -in senso politico, beninteso- sarà inevitabile.
Decise così di non denunciare i cospiratori, ma allo stesso tempo di non far nulla per aiutare il loro disegno. Per quanto le circostanze precise dell'attentato del 1944 siano tutt'altro che chiare, è abbastanza certo che Fromm prese una posizione chiara e netta solo al momento dell'avvio effettivo dell'Operazione Valchiria, allorquando si rifiutò di firmare il piano operativo schierandosi così contro i congiurati: ma sembra che il motivo di questa presa di posizione vada ricercato nell'aver ricevuto una telefonata di Keitel che l'aveva informato del fatto che Hitler era scampato all'attentato.
Una volta fallito il colpo di stato Fromm, contravvenendo apertamente agli ordini che Hitler aveva personalmente impartito al maggiore Remer, imbastì una corte marziale che condannò a morte Stauffenberg e alcuni altri congiurati. Che l'esecuzione immediata dei medesimi abbia avuto corso per eccesso di zelo o al contrario per cancellare definitivamente le tracce di un coinvolgimento di Fromm non è chiaro: sta di fatto che Fromm fu immediatamente arrestato da Goebbles, che credeva nella seconda che ho detto, e nei mesi seguenti radiato dall'esercito e successivamente fucilato.
Che c'entra tutto ciò con l'attuale segretario del PD? Forse poco o nulla, o forse molto. Qui di seguito do la mia interpretazione, che non pretende di esser vera né documentata: è semplicemente la mia visione, che potete prendere per quel che vi pare.
Bersani è un segretario debole: io credo che lo sia un po' per carattere (meno autistico e più diplomatico rispetto al mentecatto che lo ha preceduto, e non parlo di Franceschini) e un po' perché il PD è un grande calderone nel quale il vertice non può che vivacchiare alla giornata nel tentativo di tenere insieme tutte le varie anime che compongono il partito.
In effetti Bersani sconta il peccato originale del Partito, la forma datagli dall'inutile idiota che con la vocazione maggioritaria e l'aspirazione all'autosufficienza ha ridotto i resti di quello che fu il più grande partito comunista dell'occidente a un gelatinoso ammasso di persone irridentisi l'un l'altra.
Certo, si potrebbe dire che dal disegno originale sia sparito l'anelito all'autosufficienza rimanendo solo la vocazione maggioritaria, ma se ci pensate bene anche Faccia da Tonto non ha mai creduto davvero nell'autosufficienza, tanto da imbarcare a bordo i radicali, e allearsi con Di Pietro.
Il PD di oggi quindi non è granché diverso da quello sognato dal Puffo Triste, salvo per il fatto che quest'ultimo almeno, nel suo idiotico autismo, credeva in quella fanfaronata di progetto da lui creata, laddove Bersani non ha neppure questo stimolo d'orgoglio personale.
In questa situazione non è che vi siano grandi possibilità: o si cerca di salvare il progetto politico del partito, la vocazione maggioritaria, il ruolo baricentrale rispetto al centrosinistra, o si cerca di perseguire un progetto politico diverso, superando l'attuale forma del PD e ripensando alla radice la funzione del partito, a partire dai temi del radicamento nella società, del programma da formulare e delle alleanze da stringere.
Il problema è che non si possono perseguire entrambi gli obiettivi, che sono antitetici: il PD, come impostato dall'Orfano Scrittore è un'entità strutturalmente perdente, non potendo darsi né programma né radicamento, a costo di disfarsi (come in parte è già accaduto). Per vincere bisogna quindi cambiare tutto, distruggere il partito leggero e rifondarlo come un partito vero: come era il vecchio PCI e come, ancor oggi, è la Lega.
Bersani non ha il coraggio, o la forza, o entrambi, di prendere questa decisione. Non gli piace il PD di oggi, ma è il primo a credere di non poterlo trasformare. Si limita quindi a bordesare sottocosta, grazie a quelle due-tre parole d'ordine sempre attuali (cacciare Berlusconi, priorità al lavoro, la giustizia sociale...), che sono spendibili solo fintanto che si sta all'opposizione, ma che non si può certo dire costituiscano un programma di governo essendo, per l'appunto, un programma di opposizione. In questo piccolo cabotaggio, pur essendo potenzialmente a pochi mesi dal voto per il rinnovo delle Camere, non ha avuto neppure la forza di dare una chiara indicazione sulle alleanze che intenderebbe coltivare: e converrete che scegliere tra il centro e la sinistra sarebbe un bell'atto di coraggio: scegliere è cosa che possa dare i tormenti ma non per questo meno indispensabile.
Spera, Bersani, che passata la buriana, e magari approfittando dell'altrettanto innegabile crisi della destra, a un tratto le nuvole si aprano e si riesca a individuare la rotta da seguire, ma, a mio parere, si tratta di una pia illusione. Comunque vadano le cose, sarà ben difficile che gli amici possano riconoscergli il merito di ciò che ha fatto (ben poco), mentre i molti nemici non avranno difficoltà a rinfacciargli le scelte che non ha assunto.
A quel punto la fucilazione -in senso politico, beninteso- sarà inevitabile.
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domenica 12 dicembre 2010
giovedì 2 dicembre 2010
LiberalVox
Non so che cazzo sia LiberalVox e chi cazzo ci stia dietro: il direttore risulta tale Gregorio Scribano ( rino.scribano@email.it )
So che mi ha spammato un suo articolo poco fa, nei commenti, e queste sono cose che mi fanno girare le palle, e vorrei che il direttore, tale Gregorio Scribano ( rino.scribano@email.it ), lo sapesse.
So che andando sul sito la prima cosa che ho trovato era una lettera di Berlusconi al suo direttore , tale Gregorio Scribano ( rino.scribano@email.it ), con fotografia (di Berlusconi, non del direttore). Ciò mi ha fatto girare vieppiù le palle, e vorrei che il direttore, tale Gregorio Scribano ( rino.scribano@email.it ), lo sapesse.
So che l'articolo spammato (che era stato ricopiato, non semplicemente linkato) era talmente arruffato, sgrammaticato, confuso e di lettura così penosa da farmi pensare, inizialmente, che fosse la solita vendita di pillole per facilitare l'erezione del membro virile.
Questo è la prima volta che succede, e quindi sarò mite. Suggerirei però al direttore di LiberalVox, Gregorio Scribano ( rino.scribano@email.it ), di non farlo più, ché poi magari mi salta la mosca al naso.
So che mi ha spammato un suo articolo poco fa, nei commenti, e queste sono cose che mi fanno girare le palle, e vorrei che il direttore, tale Gregorio Scribano ( rino.scribano@email.it ), lo sapesse.
So che andando sul sito la prima cosa che ho trovato era una lettera di Berlusconi al suo direttore , tale Gregorio Scribano ( rino.scribano@email.it ), con fotografia (di Berlusconi, non del direttore). Ciò mi ha fatto girare vieppiù le palle, e vorrei che il direttore, tale Gregorio Scribano ( rino.scribano@email.it ), lo sapesse.
So che l'articolo spammato (che era stato ricopiato, non semplicemente linkato) era talmente arruffato, sgrammaticato, confuso e di lettura così penosa da farmi pensare, inizialmente, che fosse la solita vendita di pillole per facilitare l'erezione del membro virile.
Questo è la prima volta che succede, e quindi sarò mite. Suggerirei però al direttore di LiberalVox, Gregorio Scribano ( rino.scribano@email.it ), di non farlo più, ché poi magari mi salta la mosca al naso.
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