Sembra che le anime belle dell'antipolitica (come al solito guidate dai giornalisti professionisti dell'anticasta) stiano riflettendo sul fatto che avere un Ammiraglio a capo del Ministero della Difesa non è necessariamente una bella cosa.
Il che pone due ordini di problemi: anzitutto, è forse il caso di rendersi conto che tra l'Ammiraglio alla Difesa e il medico alla Sanità non vi è alcuna differenza: ci si sarebbe potuto pensare già ai tempi di Lunardi (costruttore alle Infrastrutture), ma meglio tardi che mai*.
In secondo luogo, se i politici non vanno bene, e i tecnici-tecnici neppure, qual sarà la soluzione che proporranno i nuovi guru? Ammiragli alla Sanità e medici alla Difesa? Costruttori alla Giustizia e avvocati alle Infrastrutture?
* pensavo di averci scritto un pezzo, tempo addietro, e invece ho trovato solo questo: me ne dispiaccio.
martedì 3 gennaio 2012
Aporie della civiltà occidentale
Tutti avete ben presente i rinoceronti, vero? Begli animaloni simpatici che sono a rischio di estinzione perché quei coglioni dei cinesi pensano che il loro corno serva a far tirare meglio l'uccello, e quindi sono disposti a pagarlo a peso d'oro senza capire che quel corno, seppur lungo e rigido, è fatto di cheratina, e quindi una volta sbriciolato è indistinguibile dallo zoccolo di una mucca.
Certo, appare assai sfidante l'impresa di convincere un miliardo di cinesi (facciamo mezzo miliardo, limitandoci alla popolazione maschile) che non ha senso credere che gli aggettivi "lungo" e "duro" possano trasmigrare dall'appendice frontale del rinoceronte all'appendice riproduttiva del consumatore del corno medesimo. Ma la scienza è scienza, che diamine, e quindi prima o poi i cinesi dovranno cedere.
Questo tentativo di salvare la specie a rischio vede in prima fila, come ovvio, tutti coloro che ci tengono alla salvaguardia del pianeta: animalisti ed ecologisti anzitutto: persone che hanno ben chiaro il punto di sfruttamento cui la nostra civiltà ha condotto il pianeta, e difatti sono perlopiù vegetariani (se non addirittura vegani) e prediligono una serie di comportamenti green in tutte le proprie scelte di vita.
Costoro, per fare un esempio, hanno ben capito che la medicina allopatica serve solo a ingrassare le multinazionali farmaceutiche, e quindi mai e poi mai prenderebbero una molecola chimica quale l'Ibuprofen il mattino dopo una sonora sbornia: preferiscono di gran lunga un rimedio quale Nux Vomica 5 CH, vale a dire un po' di zucchero che un tempo fu bagnato da un'acqua che è nipote della nipote della nipote della nipote della nipote* di un'altra acqua che conteneva della sana stricnina. E se proprio il mal di testa è fortissimo, allora meglio esagerare e farsi un paio di granuli di Nux Vomica 7 CH che (fortuna che c'è il copincollo) è sempre zucchero, ma questa volta bagnato da un'acqua che è nipote della nipote della nipote della nipote della nipote della nipote della nipote della stessa altra acqua che conteneva stricnina.
Ma comunque è raro che questi illuminati si ammalino, dato che il loro fisico è reso massimamente resistente da un'alimentazione sana e naturale: costoro infatti hanno cura di alimentarsi con vegetali biodinamici, che sono intrinsecamente sani in quanto non sono fertilizzati chimicamente, bensì con i due prodotti scoperti da Steiner che fanno sì che la nosta insalata sia cresciuta in armonia con la natura: il cornoletame** e il cornosilice***, ovviamente entrambi diluiti e dinamizzati come si deve.
Insomma: io non voglio apparire come razzista, ma proprio non riesco a capacitarmi come i cinesi non riescano a capire che con l'omeopatia e l'alimentazione biodinamica il loro pisello potrebbe funzionare assai meglio che ingerendo corna di rinoceronte!
* potreste chiedervi che c'entrano i rapporti di nipotame con l'acqua, ma rammentate che l'acqua è viva, proprio come il pianeta Gaia
** "a partire da letame freschissimo senza alcuna lettiera o fibra esterna e da corna di vacca che abbia figliato almeno una volta. Questi elementi vengono sottoposti a processi naturali lunghi una stagione invernale. Verso la fine di settembre-fine ottobre il letame freschissimo viene messo dentro le corna; queste vengono poi sotterrate in un luogo adatto. Intorno al periodo pasquale vengono dissotterate."
*** "si prepara frantumando, triturando e setacciando cristalli di quarzo bianco con mortaio lastra di cristallo pesante e setaccio e in seguito la polvere finissima che se ne ottiene viene inumidita a fare un pastone e inserite in corna di mucca e messe sotto terra, da Pasqua a fine aprile fino all'autunno."
Certo, appare assai sfidante l'impresa di convincere un miliardo di cinesi (facciamo mezzo miliardo, limitandoci alla popolazione maschile) che non ha senso credere che gli aggettivi "lungo" e "duro" possano trasmigrare dall'appendice frontale del rinoceronte all'appendice riproduttiva del consumatore del corno medesimo. Ma la scienza è scienza, che diamine, e quindi prima o poi i cinesi dovranno cedere.
Questo tentativo di salvare la specie a rischio vede in prima fila, come ovvio, tutti coloro che ci tengono alla salvaguardia del pianeta: animalisti ed ecologisti anzitutto: persone che hanno ben chiaro il punto di sfruttamento cui la nostra civiltà ha condotto il pianeta, e difatti sono perlopiù vegetariani (se non addirittura vegani) e prediligono una serie di comportamenti green in tutte le proprie scelte di vita.
Costoro, per fare un esempio, hanno ben capito che la medicina allopatica serve solo a ingrassare le multinazionali farmaceutiche, e quindi mai e poi mai prenderebbero una molecola chimica quale l'Ibuprofen il mattino dopo una sonora sbornia: preferiscono di gran lunga un rimedio quale Nux Vomica 5 CH, vale a dire un po' di zucchero che un tempo fu bagnato da un'acqua che è nipote della nipote della nipote della nipote della nipote* di un'altra acqua che conteneva della sana stricnina. E se proprio il mal di testa è fortissimo, allora meglio esagerare e farsi un paio di granuli di Nux Vomica 7 CH che (fortuna che c'è il copincollo) è sempre zucchero, ma questa volta bagnato da un'acqua che è nipote della nipote della nipote della nipote della nipote della nipote della nipote della stessa altra acqua che conteneva stricnina.
Ma comunque è raro che questi illuminati si ammalino, dato che il loro fisico è reso massimamente resistente da un'alimentazione sana e naturale: costoro infatti hanno cura di alimentarsi con vegetali biodinamici, che sono intrinsecamente sani in quanto non sono fertilizzati chimicamente, bensì con i due prodotti scoperti da Steiner che fanno sì che la nosta insalata sia cresciuta in armonia con la natura: il cornoletame** e il cornosilice***, ovviamente entrambi diluiti e dinamizzati come si deve.
Insomma: io non voglio apparire come razzista, ma proprio non riesco a capacitarmi come i cinesi non riescano a capire che con l'omeopatia e l'alimentazione biodinamica il loro pisello potrebbe funzionare assai meglio che ingerendo corna di rinoceronte!
* potreste chiedervi che c'entrano i rapporti di nipotame con l'acqua, ma rammentate che l'acqua è viva, proprio come il pianeta Gaia
** "a partire da letame freschissimo senza alcuna lettiera o fibra esterna e da corna di vacca che abbia figliato almeno una volta. Questi elementi vengono sottoposti a processi naturali lunghi una stagione invernale. Verso la fine di settembre-fine ottobre il letame freschissimo viene messo dentro le corna; queste vengono poi sotterrate in un luogo adatto. Intorno al periodo pasquale vengono dissotterate."
*** "si prepara frantumando, triturando e setacciando cristalli di quarzo bianco con mortaio lastra di cristallo pesante e setaccio e in seguito la polvere finissima che se ne ottiene viene inumidita a fare un pastone e inserite in corna di mucca e messe sotto terra, da Pasqua a fine aprile fino all'autunno."
domenica 1 gennaio 2012
Cattivo anno
Occorre anzitutto una premessa: due anni fa giusti giusti, il primo gennaio del 2010, mi sono risvegliato a Verona con un gran mal di testa, dopo aver fatto capodanno (come si usa dire) con certi amici che sono andato a trovare anche ieri.
Rimessomi, e ripartito per tornare nella Bergamasca, passai un centinaio di chilometri a domandarmi se fosse o meno il caso di andare a trovare una certa signora con la quale ero in fase di avanzato corteggiamento. Alla fine decisi di tirar diritto per Milano, e fu quel giorno che il corteggiamento si concluse. Il seguito, se passate d'abitudine per questo blog, lo conoscete anche voi. Certo, continuo a divertirmi, frequento signore e ne conosco altre formulando pensieri lubrici, ma ciò non toglie che pensi quotidianamente a quel capodanno e a tutto ciò che lo ha seguito e che ha fatto di me una persona un po' diversa da prima.
Fine della premessa.
Quest'anno mi sono svegliato a Verona, e sono tornato nella bergamasca, in questo paesino dove vengo da quasi quarant'anni. Ora sono seduto nel Bar Seggiovie, che a mio padre piaceva tanto frequentare per giocare a carte e bere un bicchiere con molti suoi amici, assai cari dato che, per quanto si frequentassero solo qua in montagna, si vedevano comunque spesso e da molto tempo.
Quegli stessi amici che, proprio ora mentre sto scrivendo, stanno giocando a carte in un tavolino poco distante dal mio.
Era proprio qui, mio padre, nel luglio del 2006, quando dovette tornare a Milano per una delle visite periodiche cui doveva sottoporsi mia madre, che in un impeto di giovanilismo aveva deciso di accompagnare Nichita a sciare e si era rotta il femore dopo poche decine di metri sulla neve.
Lui aveva fatto un po' di fatica a fare le scale, in quei giorni, e quindi ne approfittò per farsi visitare. Un paio di settimane dopo, con il suo tumore ai polmoni e le metastasi al cervello ai reni e un po' dovunque, aspettava serenamente di morire, il che avvenne puntualmente tre mesi dopo.
In quei tre mesi molte persone gli furono vicino (forse io avrei potuto esserlo di più, e di questo un me ne cruccio), lo vennero a trovare e a tutti costoro (me compreso) la sua serenità di fronte all'inevitabile diede una gran lezione di vita.
Aspettava il momento, leggeva, si preparava e discorreva anche della fede che gli sarebbe piaciuto avere e che non riusciva a incontrare.
Certo, aveva qualche cruccio. La paura non tanto di soffrire (la medicina ha fatto miracoli), quanto di essere di peso per sua moglie e per i familiari; la sistemazione delle cose in sospeso da sistemare, il timore per il futuro di chi sarebbe rimasto.
Tra questi crucci, uno che lo angustiava era l'attesa di una visita da parte degli amici della montagna. O quantomeno di una telefonata.
Non arrivò mai né l'una né l'altra, né un biglietto, né un segno: e non è che non fossero stati informati. Si fece vivo il padrone del bar, non rammento se scese addirittura a Milano o si limitò a telefonare varie volte; ma gli amici no.
Ecco, tra quei poveri vecchietti che vedo lì davanti ce ne sarà probabilmente qualcuno per il quale la profezia dei Maya si avvererà, e che non vedrà il 2013.
Glielo auguro, di cuore.
Rimessomi, e ripartito per tornare nella Bergamasca, passai un centinaio di chilometri a domandarmi se fosse o meno il caso di andare a trovare una certa signora con la quale ero in fase di avanzato corteggiamento. Alla fine decisi di tirar diritto per Milano, e fu quel giorno che il corteggiamento si concluse. Il seguito, se passate d'abitudine per questo blog, lo conoscete anche voi. Certo, continuo a divertirmi, frequento signore e ne conosco altre formulando pensieri lubrici, ma ciò non toglie che pensi quotidianamente a quel capodanno e a tutto ciò che lo ha seguito e che ha fatto di me una persona un po' diversa da prima.
Fine della premessa.
Quest'anno mi sono svegliato a Verona, e sono tornato nella bergamasca, in questo paesino dove vengo da quasi quarant'anni. Ora sono seduto nel Bar Seggiovie, che a mio padre piaceva tanto frequentare per giocare a carte e bere un bicchiere con molti suoi amici, assai cari dato che, per quanto si frequentassero solo qua in montagna, si vedevano comunque spesso e da molto tempo.
Quegli stessi amici che, proprio ora mentre sto scrivendo, stanno giocando a carte in un tavolino poco distante dal mio.
Era proprio qui, mio padre, nel luglio del 2006, quando dovette tornare a Milano per una delle visite periodiche cui doveva sottoporsi mia madre, che in un impeto di giovanilismo aveva deciso di accompagnare Nichita a sciare e si era rotta il femore dopo poche decine di metri sulla neve.
Lui aveva fatto un po' di fatica a fare le scale, in quei giorni, e quindi ne approfittò per farsi visitare. Un paio di settimane dopo, con il suo tumore ai polmoni e le metastasi al cervello ai reni e un po' dovunque, aspettava serenamente di morire, il che avvenne puntualmente tre mesi dopo.
In quei tre mesi molte persone gli furono vicino (forse io avrei potuto esserlo di più, e di questo un me ne cruccio), lo vennero a trovare e a tutti costoro (me compreso) la sua serenità di fronte all'inevitabile diede una gran lezione di vita.
Aspettava il momento, leggeva, si preparava e discorreva anche della fede che gli sarebbe piaciuto avere e che non riusciva a incontrare.
Certo, aveva qualche cruccio. La paura non tanto di soffrire (la medicina ha fatto miracoli), quanto di essere di peso per sua moglie e per i familiari; la sistemazione delle cose in sospeso da sistemare, il timore per il futuro di chi sarebbe rimasto.
Tra questi crucci, uno che lo angustiava era l'attesa di una visita da parte degli amici della montagna. O quantomeno di una telefonata.
Non arrivò mai né l'una né l'altra, né un biglietto, né un segno: e non è che non fossero stati informati. Si fece vivo il padrone del bar, non rammento se scese addirittura a Milano o si limitò a telefonare varie volte; ma gli amici no.
Ecco, tra quei poveri vecchietti che vedo lì davanti ce ne sarà probabilmente qualcuno per il quale la profezia dei Maya si avvererà, e che non vedrà il 2013.
Glielo auguro, di cuore.
martedì 27 dicembre 2011
Più negri per tutti
Non sono certo annoverabile tra gli ammiratori del Gilioli, del quale anzi ho spesso commentato negativamente certi articoli che esprimevano idee bassamente populiste e vagamente balzane.
Però quando uno ha ragione ha ragione, e in questo post viene espressa una verità innegabile: che Trenitalia ha scelto, per rappresentare la propria classe più poveraccista, una famiglia di negri (vabbe', saranno pure indiani, ma sempre scuri).
Ecco: tra il fotografo che si incazza per il titolo di questo post, e il giornalista che si incazza per il soggetto della foto, io sto dalla parte del giornalista.
Però quando uno ha ragione ha ragione, e in questo post viene espressa una verità innegabile: che Trenitalia ha scelto, per rappresentare la propria classe più poveraccista, una famiglia di negri (vabbe', saranno pure indiani, ma sempre scuri).
Ecco: tra il fotografo che si incazza per il titolo di questo post, e il giornalista che si incazza per il soggetto della foto, io sto dalla parte del giornalista.
giovedì 22 dicembre 2011
Buon Natale
E' da un po' che non scrivo qua sopra, e anche nel resto della Rete ho rallentato di molto l'attività (peraltro ogni tanto riesco a tirare ancora fuori qualche chicca interessante).
Il fatto è che tra una settimana cambierò lavoro, ancora una volta. Lo cambierò nello strano modo in cui lo cambio io, mantenendo la stessa scrivania, molte delle stesse cartacce e la statuetta bronzea del pescatore che mi guarda; ma si tratta pur sempre di un cambiamento da gestire e quindi il tempo disponibile è ridicolmente scarso.
Ormai però siamo agli sgoccioli: tanti partiranno, tanti saranno presi dalle loro cose familiari, tanti èer motivi loro passeranno un Natale magari un po' diverso dal precedente, chi in meglio chi in peggio, e saranno concentrati su quelle piccole o grandi differenze rispetto a un anno fa.
Ci tengo però ad augurare Buon Natale a tutti, indistintamente: da coloro con cui si è creata una forte e salda amicizia, a coloro con cui non ci sono stati altro che scazzi.
Perché lo spirito del Natale è proprio quello: voler bene al prossimo, anche al prossimo a cui non vuoi bene, almeno un giorno all'anno; ed è per questo che il Natale è una festa che accumuna tutti, credenti e non.
Poi a Santo Stefano si riparte, ma per ora
Buon Natale
Il fatto è che tra una settimana cambierò lavoro, ancora una volta. Lo cambierò nello strano modo in cui lo cambio io, mantenendo la stessa scrivania, molte delle stesse cartacce e la statuetta bronzea del pescatore che mi guarda; ma si tratta pur sempre di un cambiamento da gestire e quindi il tempo disponibile è ridicolmente scarso.
Ormai però siamo agli sgoccioli: tanti partiranno, tanti saranno presi dalle loro cose familiari, tanti èer motivi loro passeranno un Natale magari un po' diverso dal precedente, chi in meglio chi in peggio, e saranno concentrati su quelle piccole o grandi differenze rispetto a un anno fa.
Ci tengo però ad augurare Buon Natale a tutti, indistintamente: da coloro con cui si è creata una forte e salda amicizia, a coloro con cui non ci sono stati altro che scazzi.
Perché lo spirito del Natale è proprio quello: voler bene al prossimo, anche al prossimo a cui non vuoi bene, almeno un giorno all'anno; ed è per questo che il Natale è una festa che accumuna tutti, credenti e non.
Poi a Santo Stefano si riparte, ma per ora
Buon Natale
domenica 11 dicembre 2011
Ancora su report e telefonini
Oggi Medbunker pubblica un altro post sulla questione dell'autismo e dei vaccini. La storia, detta semplice semplice, è questa: un certo signor Wakefield, qualche anno fa, pubblica su Lancet uno studio da cui risulta una correlazione tra autismo e disturbi intestinali: si trattava di uno studio che non portava a risultati definitivi e soprattutto che non parlava di vaccini, ma l'autore fece di tutto per portare l'attenzione su un certo tipo di vaccino, a suo parere responsabile dell'insorgenza dell'autismo nei bambini che erano stati vaccinati contro morbillo, parotite e rosolia. Da ciò nacque una leggenda metropolitana, ancor oggi difficile da sradicare.
Venne poi fuori che Wakefield non solo aveva inventato di sana pianta una correlazione inesistente tra disturbi intestinali e vaccini, ma anche che aveva bellamente falsificato i risultati delle biopsie effettuate sui bambini autistici. Insomma: non c'era correlazione alcuna non solo tra vaccini e intestini, ma neppure tra intestini e autismo.
Quali le motivazoni del falso? Forse, come dice Medbunker, "la scoperta di un sostanzioso finanziamento da parte di un avvocato che si occupava di cause di risarcimento per molte famiglie di bambini autistici: non essendoci prove per ottenere questi risarcimenti serviva uno studio scientifico sul quale appoggiarsi e Wakefield lo fornì".
Ricordate la puntata di Report sui telefonini? Ecco, se avete un po' di tempo da perdere girando per la rete vedete che, scava scava, alla fin fine tutti i discorsi sui telefonini che causano il cancro finiscono sempre a citare lo studio del prof. Lennart Hardell.
Quello che alla Giannini ha dichiarato, bellamente: «Le nostre risorse arrivano dalle associazioni dei malati di cancro».
Solo una curiosa coincidenza?
Venne poi fuori che Wakefield non solo aveva inventato di sana pianta una correlazione inesistente tra disturbi intestinali e vaccini, ma anche che aveva bellamente falsificato i risultati delle biopsie effettuate sui bambini autistici. Insomma: non c'era correlazione alcuna non solo tra vaccini e intestini, ma neppure tra intestini e autismo.
Quali le motivazoni del falso? Forse, come dice Medbunker, "la scoperta di un sostanzioso finanziamento da parte di un avvocato che si occupava di cause di risarcimento per molte famiglie di bambini autistici: non essendoci prove per ottenere questi risarcimenti serviva uno studio scientifico sul quale appoggiarsi e Wakefield lo fornì".
Ricordate la puntata di Report sui telefonini? Ecco, se avete un po' di tempo da perdere girando per la rete vedete che, scava scava, alla fin fine tutti i discorsi sui telefonini che causano il cancro finiscono sempre a citare lo studio del prof. Lennart Hardell.
Quello che alla Giannini ha dichiarato, bellamente: «Le nostre risorse arrivano dalle associazioni dei malati di cancro».
Solo una curiosa coincidenza?
Nazista
Ho conosciuto Piergiorgio Odifreddi in una casa milanese di una certa fama.
Credo che egli sia venuto una sola volta; al massimo due in occasione di una breve apparizione di un altro mangiapreti filosofo come lui, gente che ci tiene a dimostrare, bigino di fisica alla mano, che Babbo Natale non esiste perché le renne non sono portaerei nucleari.
L'odifreddi, perlatro, continua a turbare alcune delle mie cene, dato che sopravvive in un angolo della medesima casa in forma di cartonato: e forse per la sua presenza inquietante è quella una delle stanze in cui ceno meno volentieri.
Nella stessa casa ho incontrato tante volte Marco Paolini: che ci è venuto più spesso, ma per i casi della vita non ha avuto il suo cartonato.
Ecco, mi piacerebbe che giovedì l'altro, quando ci sarà da festeggiare il Natale, Odifreddi e Paolini comparissero entrambi in quella stessa casa.
Mi piacerebbe che Paolini avesse letto questa vergognosa puttanata scritta dall'Odifreddi, e mi piacerebbe pure che il Paolini avesse bevuto un po' (il che, considerate le origini bellunesi, è da ritenersi non improbabile).
I due si incontrerebbero, si scruterebbero, e dopo pochi secondi il Paolini prenderebbe per il collo l'Odifreddi, sputandogli in faccia un bel: «NAZISTA!!!», seguito da un manrovescio di forza tale da far arrovesciare l'Odifreddi a terra.
In quel momento accorrerei io, e con i miei stivali chiodati tirerei un calcio in bocca all'Odifreddi in modo da fargli vedere tutte le stelle del cielo e risuonare nella testa i Cori e le Dominazioni.
Ma per poter indossare i miei stivali chiodati è necessario che nevichi e allora ti prego, Signore, fa' che poco prima di Natale ne venga giù tanta!
Credo che egli sia venuto una sola volta; al massimo due in occasione di una breve apparizione di un altro mangiapreti filosofo come lui, gente che ci tiene a dimostrare, bigino di fisica alla mano, che Babbo Natale non esiste perché le renne non sono portaerei nucleari.
L'odifreddi, perlatro, continua a turbare alcune delle mie cene, dato che sopravvive in un angolo della medesima casa in forma di cartonato: e forse per la sua presenza inquietante è quella una delle stanze in cui ceno meno volentieri.
Nella stessa casa ho incontrato tante volte Marco Paolini: che ci è venuto più spesso, ma per i casi della vita non ha avuto il suo cartonato.
Ecco, mi piacerebbe che giovedì l'altro, quando ci sarà da festeggiare il Natale, Odifreddi e Paolini comparissero entrambi in quella stessa casa.
Mi piacerebbe che Paolini avesse letto questa vergognosa puttanata scritta dall'Odifreddi, e mi piacerebbe pure che il Paolini avesse bevuto un po' (il che, considerate le origini bellunesi, è da ritenersi non improbabile).
I due si incontrerebbero, si scruterebbero, e dopo pochi secondi il Paolini prenderebbe per il collo l'Odifreddi, sputandogli in faccia un bel: «NAZISTA!!!», seguito da un manrovescio di forza tale da far arrovesciare l'Odifreddi a terra.
In quel momento accorrerei io, e con i miei stivali chiodati tirerei un calcio in bocca all'Odifreddi in modo da fargli vedere tutte le stelle del cielo e risuonare nella testa i Cori e le Dominazioni.
Ma per poter indossare i miei stivali chiodati è necessario che nevichi e allora ti prego, Signore, fa' che poco prima di Natale ne venga giù tanta!
sabato 10 dicembre 2011
I deliri del vecchio Piero
Chi ha avuto modo di conoscere in rete la mia fidanzata, oggi scomparsa, rammenta bene come lei fosse un'autentica e sincera conservatrice. In molti si chiedevano come fosse possibile che stessimo insieme, e quei pochi che non se lo chiedevano si ponevano il medesimo dubbio per il fatto che lei teneva a quella squadra milanese il cui nome, richiamandola dappresso, offende la nostra bella città.
Alcune cose però ci accumunavano: tra questa la gioia provata nella lettura degli articoli di quel vecchio trombone di Piero Ostellino, che risultavano insopportabilmente ridicoli più a lei che a me, il che è tutto dire.
Spesso il sabato, prima di affrontare il pezzo, scommettavamo su quante volte avremmo incontrato la parola "liberale", declinata nelle sue varie forme, piazzata lì senza alcuna ragione logica che non fosse la soddisfazione dell'autore nell'empirsi la bocca con il suono di quelle consonanti liquide, mentre probabilmente recitava il pezzo alla sfortunata moglie, prima di spedirlo.
Oggi il pezzo di Ostellino è più trombonesco del solito: si scaglia, il nostro, non solo contro Anna Finocchiaro ma persino contro Mario Monti (uno che l'universo mondo non esita a definire un "liberale", ma che per Ostellino lo è troppo poco). Perché mai? Perché il Monti ha osato definire, tra le misure della manovra economica, un'imposta aggiuntiva sui capitali "scudati", vale a dire riportati in Italia dopo essere stati illegalmente portati all'estero.
Pacta sunt servanda!!!, s'écria l'Ostellino. Se è stato promesso che quello sarebbe stato uno scudo, scudo dev'essere e quindi quei capitali sono intoccabili.
Attaccare i capitali scudati, cito letteralmente il buffo opinionista, sarebbe (1) il segno di un pericoloso stress del premier; (2) la fine dello Stato di diritto; (3) l'avvio di un regime stalinista; (4) un ritorno all'Ancien Régime. E tutto perché attaccare quei capitali significa avere -cito testualmente- poco rispetto per la democrazia "formale".
Orbene, io non sono aduso insultare direttamente i personaggi che commento, ma in questo caso mi sento di fare un eccezione, e dico quello che penso senza infingimenti.
Colui che si scalda per il vulnus giuridico consistente nel far pagare una percentuale a dei malfattori che hanno esportato illegalmente dei capitali ammucchiati evadendo le tasse, e che non si scalda per il fatto che le pensioni di 1.000 euri non vengano adeguate all'inflazione, è un p**** di m****.
Chi si scalda per i detentori di capitali, e non si scalda per coloro che sono chiamati ad andare in pensione cinque anni dopo la data che avevano previsto, e in funzione della quale avevano organizzato la propria vita, è uno s*****.
Perché, vedete, c'è Stato di diritto e Stato di diritto, c'è democrazia formale e democrazia formale. E anche in uno Stato di diritto e in una democrazia formale, si dà la precedenza agli anziani, agli onesti lavoratori, ai bambini degli asili nido. E dopo, solo dopo, si pensa agli evasori fiscali e agli esportatori illegali di valuta.
Alcune cose però ci accumunavano: tra questa la gioia provata nella lettura degli articoli di quel vecchio trombone di Piero Ostellino, che risultavano insopportabilmente ridicoli più a lei che a me, il che è tutto dire.
Spesso il sabato, prima di affrontare il pezzo, scommettavamo su quante volte avremmo incontrato la parola "liberale", declinata nelle sue varie forme, piazzata lì senza alcuna ragione logica che non fosse la soddisfazione dell'autore nell'empirsi la bocca con il suono di quelle consonanti liquide, mentre probabilmente recitava il pezzo alla sfortunata moglie, prima di spedirlo.
Oggi il pezzo di Ostellino è più trombonesco del solito: si scaglia, il nostro, non solo contro Anna Finocchiaro ma persino contro Mario Monti (uno che l'universo mondo non esita a definire un "liberale", ma che per Ostellino lo è troppo poco). Perché mai? Perché il Monti ha osato definire, tra le misure della manovra economica, un'imposta aggiuntiva sui capitali "scudati", vale a dire riportati in Italia dopo essere stati illegalmente portati all'estero.
Pacta sunt servanda!!!, s'écria l'Ostellino. Se è stato promesso che quello sarebbe stato uno scudo, scudo dev'essere e quindi quei capitali sono intoccabili.
Attaccare i capitali scudati, cito letteralmente il buffo opinionista, sarebbe (1) il segno di un pericoloso stress del premier; (2) la fine dello Stato di diritto; (3) l'avvio di un regime stalinista; (4) un ritorno all'Ancien Régime. E tutto perché attaccare quei capitali significa avere -cito testualmente- poco rispetto per la democrazia "formale".
Orbene, io non sono aduso insultare direttamente i personaggi che commento, ma in questo caso mi sento di fare un eccezione, e dico quello che penso senza infingimenti.
Colui che si scalda per il vulnus giuridico consistente nel far pagare una percentuale a dei malfattori che hanno esportato illegalmente dei capitali ammucchiati evadendo le tasse, e che non si scalda per il fatto che le pensioni di 1.000 euri non vengano adeguate all'inflazione, è un p**** di m****.
Chi si scalda per i detentori di capitali, e non si scalda per coloro che sono chiamati ad andare in pensione cinque anni dopo la data che avevano previsto, e in funzione della quale avevano organizzato la propria vita, è uno s*****.
Perché, vedete, c'è Stato di diritto e Stato di diritto, c'è democrazia formale e democrazia formale. E anche in uno Stato di diritto e in una democrazia formale, si dà la precedenza agli anziani, agli onesti lavoratori, ai bambini degli asili nido. E dopo, solo dopo, si pensa agli evasori fiscali e agli esportatori illegali di valuta.
lunedì 5 dicembre 2011
Aliquo dato, aliquo retento
Il pensiero del Civati è sempre un po' troppo complesso per le mie povere sinapsi di onesto macinatore di scartoffie. Egli è laureato in filosofia e quindi muove su piani ultraterreni rispetto a chi per mestiere fa i conticini degli interessi cercando di rimanere al di sotto della soglia usuraria.
Così so di non comprendere per mio difetto certe affermazioni del post pubblicato sul Post, «Aliquo dato, aliquo retento».
Non riesco ad esempio a capire come e perché la rivalutazione degli estimi catastali "possa introdurre una buona progressività". Né capisco come faccia a non capire che l'abolizione delle province non è cosa che si faccia con un tratto di penna, e che quindi devastarle è più serio che abolirle. Ma so che è solo colpa mia.
Ma una cosa vorrei chiedergli: perché, perché mai mi ha messo il brocardo all'ablativo?
Così so di non comprendere per mio difetto certe affermazioni del post pubblicato sul Post, «Aliquo dato, aliquo retento».
Non riesco ad esempio a capire come e perché la rivalutazione degli estimi catastali "possa introdurre una buona progressività". Né capisco come faccia a non capire che l'abolizione delle province non è cosa che si faccia con un tratto di penna, e che quindi devastarle è più serio che abolirle. Ma so che è solo colpa mia.
Ma una cosa vorrei chiedergli: perché, perché mai mi ha messo il brocardo all'ablativo?
venerdì 2 dicembre 2011
Profilattico
Visto che tutti stanno a dire come è bello il profilattico, quanto fa bene il profilattico, come salva la vita il profilattico e quanto si scopa meglio con il profilattico, esprimerò serenamente e pacamente il mio personalissimo punto di vista, in relazione al quale non desidero fare proselitismo né auspico che sia condiviso da alcuno.
Senza profilattico si scopa cento volte meglio che con il profilattico.
Oh, l'ho detto, ora vado a farmi il caffè sereno.giovedì 1 dicembre 2011
Discorso sul metodo
In questi giorni mi hanno smarronato i santissimi almeno cinque persone (tra cui la ex moglie e la mamma), paventandomi i terribili rischi che corro e faccio correre, in particolare al pargoletto, per il fatto di lasciargli in mano un pericolosissimo strumento che lo porterà alla morte certa in pochi anni: il telefono cellulare.
Tutto nasce da una puntata di Report andata in onda domenica scorsa, nella quale la pur brava e simpatica Sabrina Giannini ha dato una pessima prova del suo talento giornalistico. La cosa si inquadra in un discorso più generale: Report è una trasmissione che è certo assai meglio di tante altre, e sarebbe un vero peccato se fosse eliminata dal palinsesto ma, ahinoi, necessariamente taglia giù certe cose con l'accetta, per motivi di spazio e di comprensibilità: e nel tagliare spesso semplifica in modo populistico e allarmistico, come ho potuto rilevare ogni volta si è parlato di argomenti che conoscevo abbastanza bene.
Molti di voi rammenteranno un'altra puntata di qualche tempo fa, dedicata alle dinamiche della rete, nella quale pure sono state commesse una serie di approssimazioni e leggerezze: in quell'occasione avevo bastiancontrariamente preso la difesa della trasmissione contro il coro di indignados dei socialcosi, usi bere come oro colato tutto ciò che dice la Gabanelli e che solo in quell'occasione si erano rivoltati.
La puntata sui telefonini non era molto diversa dalle altre: una serie di affermazioni sul filo dell'obiettività condite da una messe di riflessioni personali e da interviste pilotate agli uomini e donne della strada. Il problema è che l'effetto è stato abbastanza devastante, perlomeno per la mia tranquillità.
Vediamo quindi come si monta un caso dal nulla, andando a vedere non già il filmato della trasmissione (peraltro disponibile sul sito RAI) bensì la trascrizione del medesimo.
La trasmissione parte con una serie di interviste volanti a gente che esprime dubbi sulla sicurezza dell'uso del telefonino. Parlavo prima di interviste pilotate e questo ne è un esempio lampante: non è necessario che si paghi un attore, basta semplicemente andare un po' in giro con una telecamera! Se si riesce a trovare dovunque un coglione qualsiasi che dica che le due torri le ha buttate giù Bush dopo averle imbottite di esplosivo di notte all'insaputa di chi vi lavorava dentro, pensate un po' quanto dovete faticare per trovare un signore con il mal di testa che sospetta del suo cellulare.
Queste però non sono prove scientifiche, bensì minchiate. E Giustamente la Giannini si chiede se qualcuno abbia mai indagato sulla sicurezza dei telefonini. O, meglio, sulla pericolosità delle radiazioni emesse dal cellulare.
Comincia così la fabbricazione del consenso attorno alla tesi. Il cellulare emette radiazioni, le radiazioni sono associate al pericolo e quindi è necessario accertare se quelle radiazioni siano o meno pericolose. Si comincia a spostare l'onere della prova: non è che afferma che il cellulare sia pericoloso a dover fornire una prova di ciò che dice, bensì il contrario. E in questo meccanismo l'uso del termine «radiazione» non è casuale. Si tratta di radiazione elettromagnetica, certo: la stessa emessa dalle lampade, dai monitor, dalle onde del Wi-Fi etc. etc.; in effetti si tratta di onde radio, ma questo è un termine troppo rassicurante, no?
Ha così inizio la parte dedicata ai risultati della ricerca. Viene citato uno studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, del quale però non vengono citati i risultati: si parte invace direttamente con un'analisi per vedere chi abbia finanziato lo studio, e viene fuori che i soldi ce li hanno messi in gran parte i produttori di telefonini.
La cosa potrebbe risultarvi sospetta, e la Giannini chiede al responsabile del progetto OMS «che interesse hanno a finanziare degli studi che poi gli possono compromettere gli affari?», ricevendo una risposta di grande buonsenso: «Queste aziende vogliono trovare la verità… Perché non vogliono scoprirla dopo vent’anni quando ormai tutti stanno già usando i cellulari… Se tutti prendono il cancro al cervello loro falliscono». Anziché ammettere che effettivamente la risposta è sensata, la Giannini con un doppio salto carpiato cita l'episodio di quando il Signor Reynard andò in TV a dire che secondo lui il cancro sua moglie l'aveva preso dal cellulare. Cavoli, merende.
Si arriva ora a parlare di un'altra ricerca, questa volta condotta dalla "Veteran Administration" del Colorado. andate a pagina 7 della trascrizione e leggetevi tutto il brano: noterete che non sono ancora stati detti né i risultati della ricerca dell'OMS né quelli della ricerca della VA: si parla dei soldi della Motorola e si chiude il pezzo con l'affermazione «Penso sia diffuso offrire soldi per avere in cambio ciò che si vuole. Punto», instillando un ulteriore elemento di dubbio complottistico nello spettatore. E rammentate che lo spettatore non è un lettore, non può tornare indietro per riflettere su ciò che è stato detto: egli a questo punto avrà la netta sensazione che l'OMS abbia assolto i telefonini e almeno altri due studi indipendenti ne abbiano provato la pericolosità; e che questi studi siano stati nascosti da Motorola & Co. a suon di dollaroni, il che non è mai avvenuto.
Quello che invece si dice è che le compagnie telefoniche hanno finanziato la ricerca dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (l'OMS, mica dei cantinari!) e non hanno finanziato altre ricerche indipendenti, avviate da soggetti dei quali sappiamo solo che dicono di sé medesimi di essere bravi e onesti (e il mio oste ci ha il vino buono, detto tra noi).
Segue una paginata di gente che ci racconta come tiene il telefonino: mi stupisco apprendendo che taluni lo accostano all'orecchio.
Arriviamo alla parte dedicata a Fiorenzo Marinelli: il telespettatore non ha tempo per googlare, ma noi sì, e scopriamo che il Marinelli da venti anni e passa ce l'ha con tutte le forme di onda elettromagnetica: dal radar, al cellulare, alla televisione, al Wi-Fi. Che poi magari ci avrà anche ragione lui, ma insomma diciamo che è una campana un po' monocorde, che non dovrebbe essere presentato come una persona portatrice di un'opinione terza.
Che ci racconta, il Marinelli? Che i test dei produttori di telefonini sono falsati dal fatto che non si usano modelli reali, bensì manichini: «Viene misurato in una maniera molto complicata, ma in una maniera che è irreale. Nel senso che si misura con una sonda su un fantoccio, riempito di questo gel proteico che dovrebbe avere le stesse caratteristiche di assorbimento. Quindi noi misuriamo il SAR in una sostanza amorfa che è ben lungi da essere simile ad un tessuto cerebrale». Affermazione assai interessante, dato che viene da uno che fa ricerca soprattutto in vitro.
Poi, via con un altro po' di intorcinamento sui finanziamenti, fino al punto (siamo oramai a fine pagina 10 della trascrizione) in cui viene offerto un pezzo del TG2 nel quale si dava conto che l'Istituto Superiore di Sanità affermava che «non ci sono prove evidenti che il telefonino faccia male alla salute (…) Gli unici effetti chiaramente documentati dalla ricerca scientifica sono aumenti di incidenti automobilistici». Soddisfatta la Giannini? Mannò, accipicchia (altrimenti che ci starebbe a fare?). E infatti fuori campo obietta: «Ecco come mettere in evidenza solo alcuni studi, dimenticando sistematicamente quelli che mettono in risalto i rischi del cellulare». Lasciamo perdere l'avverbio sistematicamente, che non può certo applicarsi al lancio di una notizia del TG2, e limitiamoci a rammentare che finora di questi cazzo di studi che mettono in risalto i rischi non ha ancora parlato neppure Report.
Forse per riposarsi un po', la Giannini svicola verso il tema dell'interramento dei cavi dell'alta tensione: una cosa proposta anni fa da qualche anima bella e idiota e che per fortuna nessuno ha mai pensato di fare; ma mi spiegheresti, Sabrina, che cazzo c'entrano le linee dell'alta tensione, che lavorano a 50Hz, con i GSM???
Torniamo al Marinelli, che lamenta di non aver mai avuto una lira se non dall'ISPESL, uno di quegli enti considerati inutili quando ci si scaglia contro i cosiddetti costi della politica, ma che in questa trasmissione diventa il salvatore dell'umanità, e che proprio per questo motivo i membri del Complotto hanno voluto accorpare all'INAIL (il sottinteso è che in questo caso non c'era da risparmiare qualche poltrona, bensì impedire agli onesti ricercatori di scoprire come le grandi multinazionali attentano alla nostra salute). Entra in scena questo Livio Giuliani, per sua stessa ammissione licenziato e sottoposto a quattro provvedimenti disciplinari. Non sappiamo perché si siano accaniti contro di lui, e il silenzio ingenera nello spettatore la sensazione che sia sempre colpa di TIM & Co., anche se nessuno ce lo spiega.
Parte poi un pippone riguardante l'antenna davanti alla casa di Gasparri, che risparmio a me stesso prima ancora che a voi, ed eccoci a pagina 16 (in fondo) dove ci viene fornito un dato d'importanza, vale a dire che la IARC ha classificato le onde emesse dai cellulari nella categoria di rischio 2B («This category is used for agents, mixtures and exposure circumstances for which there is limited evidence of carcinogenicity in humans and less than sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals. It may also be used when there is inadequate evidence of carcinogenicity in humans but there is sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals»).
Tale classificazione discende, sempre seguendo la trasmissione, dalla discordanza tra due studi svedesi, l'uno del prof. Anders Ahlbom del Karoliska di Stoccolma (e, dice la Giannini, «Il Karolinska è l’università che assegna il Nobel per la medicina e la fisiologia, ed è uno dei centri per la ricerca più autorevoli del mondo. Non c’è europeo che metterebbe in discussione uno studio del Karolinska, che da anni pubblica ricerche che assolvono i cellulari»), l'altro di Lennart Hardell, oncologo dell’Università di Orebro, il quale «ha messo in evidenza i rischi delle onde emesse dai cellulari».
Qui viene la parte interessante, e mi perdonerete se vi ho portato fin qui a spasso annoiandovi. Affrontando lo studio del prof. Ahlbom la Giannini ne evidenzia la malafede. Anders Ahlbom difatti ha un fratello che si chiama Gunner, con il quale ha una società di Bruxelles, e Gunner un tempo è stato un lobbista che ha lavorato per le compagnie telefoniche. Ne risulta che il prof. Ahlbom (che lavora per l'istituto che assegna il Nobel per la medicina) è un emerito cialtrone, malgrado sia membro dell’ICNIRP. Mentre il prof. Hardell non è mai stato invitato all'ICNIRP, poverino. Si consoli professore: non mi hanno mai invitato neppure a me. Io pensavo che non mi invitassero perché non sono abbastanza preparato, essendo un povero blogger leguleio, ma ora capisco che è solo perché non ci avevo le conoscenze giuste.
Ricapitoliamo: siamo arrivati al punto in cui lo studio del Karolinska è inattendibile, in quanto condotto da un professore che ha una società insieme al fratello il quale in passato ha lavorato per le compagnie telefoniche. Poi c'è lo studio di DASENBROCK, inattendibile in quanto non dice di essere finanziato anche dalla GSM Association e dalla Mobile Manufacturers Forum, poi «i giapponesi SHIRAI E MIYAKOSHI sono finanziati dall’Association of radio industry and business del Giappone e non hanno dichiarato niente. MIYAKOSHI da questa compagnia di telefonia mobile giapponese. Un altro caso eclatante è quello di Juti Leinen sempre finanziato dalla TECHES che è l’agenzia finlandese che raccoglie le compagnie di telefonia finlandesi».
Tutti truffatori, tranne il buon vecchio Lennart Hardell, che vive di stenti, come dimostra la Giannini quando gli chiede: «Lavora con i finanziamenti pubblici?», ottenendo la mesta risposta: «No, le nostre risorse arrivano dalle associazioni dei malati di cancro». «Le nostre risorse arrivano dalle associazioni dei malati di cancro». Ah, certo, OK.
Un momento: associazioni dei malati di cancro?. Cioé, mi stai dicendo che l'unico studio che dimostra una correlazione tra tumore ed uso dei cellulari è quello finanziato da chi ha interesse ad addossare la propria malattia non già alla sfiga che ti becca, bensì ad una causa esterna precisa e solvibile? Caspiterina! Se il fratello lobbista era un conflitto d'interesse, questa è un'esplosione di interessi, una bomba atomica di interessi. Lo evidenzia la Giannini? Manco per il cazzo (absit iniuria verbis, Sabrina).
Siamo quasi in chiusura. Abbiamo l'intervista al Marcolini, la cui moglie è morta di neurinoma: «Da quale parte usava il cellulare?» «A sinistra» «E dove l’ha avuto il neurinoma?» «A sinistra» (soccorrimi, .mau.: quante probabilità c'erano che la risposta fosse la medesima?). Abbiamo il gradito ritorno di Fiorenzo Marinelli, per il quale siamo tutti cavie e presto faremo parte anche del progetto Soylent Green. Abbiamo i consigli finali: «Il treno è una gabbia di elettromagnetismo, in macchina abbassare un po’ il finestrino». Qui la Giannini ha confuso le onde elettromagnetiche con il funo di sigaretta, ma ve bene così, in fondo è domenica sera e siamo tutti un po' stanchi.
Tutto nasce da una puntata di Report andata in onda domenica scorsa, nella quale la pur brava e simpatica Sabrina Giannini ha dato una pessima prova del suo talento giornalistico. La cosa si inquadra in un discorso più generale: Report è una trasmissione che è certo assai meglio di tante altre, e sarebbe un vero peccato se fosse eliminata dal palinsesto ma, ahinoi, necessariamente taglia giù certe cose con l'accetta, per motivi di spazio e di comprensibilità: e nel tagliare spesso semplifica in modo populistico e allarmistico, come ho potuto rilevare ogni volta si è parlato di argomenti che conoscevo abbastanza bene.
Molti di voi rammenteranno un'altra puntata di qualche tempo fa, dedicata alle dinamiche della rete, nella quale pure sono state commesse una serie di approssimazioni e leggerezze: in quell'occasione avevo bastiancontrariamente preso la difesa della trasmissione contro il coro di indignados dei socialcosi, usi bere come oro colato tutto ciò che dice la Gabanelli e che solo in quell'occasione si erano rivoltati.
La puntata sui telefonini non era molto diversa dalle altre: una serie di affermazioni sul filo dell'obiettività condite da una messe di riflessioni personali e da interviste pilotate agli uomini e donne della strada. Il problema è che l'effetto è stato abbastanza devastante, perlomeno per la mia tranquillità.
Vediamo quindi come si monta un caso dal nulla, andando a vedere non già il filmato della trasmissione (peraltro disponibile sul sito RAI) bensì la trascrizione del medesimo.
La trasmissione parte con una serie di interviste volanti a gente che esprime dubbi sulla sicurezza dell'uso del telefonino. Parlavo prima di interviste pilotate e questo ne è un esempio lampante: non è necessario che si paghi un attore, basta semplicemente andare un po' in giro con una telecamera! Se si riesce a trovare dovunque un coglione qualsiasi che dica che le due torri le ha buttate giù Bush dopo averle imbottite di esplosivo di notte all'insaputa di chi vi lavorava dentro, pensate un po' quanto dovete faticare per trovare un signore con il mal di testa che sospetta del suo cellulare.
Queste però non sono prove scientifiche, bensì minchiate. E Giustamente la Giannini si chiede se qualcuno abbia mai indagato sulla sicurezza dei telefonini. O, meglio, sulla pericolosità delle radiazioni emesse dal cellulare.
Comincia così la fabbricazione del consenso attorno alla tesi. Il cellulare emette radiazioni, le radiazioni sono associate al pericolo e quindi è necessario accertare se quelle radiazioni siano o meno pericolose. Si comincia a spostare l'onere della prova: non è che afferma che il cellulare sia pericoloso a dover fornire una prova di ciò che dice, bensì il contrario. E in questo meccanismo l'uso del termine «radiazione» non è casuale. Si tratta di radiazione elettromagnetica, certo: la stessa emessa dalle lampade, dai monitor, dalle onde del Wi-Fi etc. etc.; in effetti si tratta di onde radio, ma questo è un termine troppo rassicurante, no?
Ha così inizio la parte dedicata ai risultati della ricerca. Viene citato uno studio dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, del quale però non vengono citati i risultati: si parte invace direttamente con un'analisi per vedere chi abbia finanziato lo studio, e viene fuori che i soldi ce li hanno messi in gran parte i produttori di telefonini.
La cosa potrebbe risultarvi sospetta, e la Giannini chiede al responsabile del progetto OMS «che interesse hanno a finanziare degli studi che poi gli possono compromettere gli affari?», ricevendo una risposta di grande buonsenso: «Queste aziende vogliono trovare la verità… Perché non vogliono scoprirla dopo vent’anni quando ormai tutti stanno già usando i cellulari… Se tutti prendono il cancro al cervello loro falliscono». Anziché ammettere che effettivamente la risposta è sensata, la Giannini con un doppio salto carpiato cita l'episodio di quando il Signor Reynard andò in TV a dire che secondo lui il cancro sua moglie l'aveva preso dal cellulare. Cavoli, merende.
Si arriva ora a parlare di un'altra ricerca, questa volta condotta dalla "Veteran Administration" del Colorado. andate a pagina 7 della trascrizione e leggetevi tutto il brano: noterete che non sono ancora stati detti né i risultati della ricerca dell'OMS né quelli della ricerca della VA: si parla dei soldi della Motorola e si chiude il pezzo con l'affermazione «Penso sia diffuso offrire soldi per avere in cambio ciò che si vuole. Punto», instillando un ulteriore elemento di dubbio complottistico nello spettatore. E rammentate che lo spettatore non è un lettore, non può tornare indietro per riflettere su ciò che è stato detto: egli a questo punto avrà la netta sensazione che l'OMS abbia assolto i telefonini e almeno altri due studi indipendenti ne abbiano provato la pericolosità; e che questi studi siano stati nascosti da Motorola & Co. a suon di dollaroni, il che non è mai avvenuto.
Quello che invece si dice è che le compagnie telefoniche hanno finanziato la ricerca dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (l'OMS, mica dei cantinari!) e non hanno finanziato altre ricerche indipendenti, avviate da soggetti dei quali sappiamo solo che dicono di sé medesimi di essere bravi e onesti (e il mio oste ci ha il vino buono, detto tra noi).
Segue una paginata di gente che ci racconta come tiene il telefonino: mi stupisco apprendendo che taluni lo accostano all'orecchio.
Arriviamo alla parte dedicata a Fiorenzo Marinelli: il telespettatore non ha tempo per googlare, ma noi sì, e scopriamo che il Marinelli da venti anni e passa ce l'ha con tutte le forme di onda elettromagnetica: dal radar, al cellulare, alla televisione, al Wi-Fi. Che poi magari ci avrà anche ragione lui, ma insomma diciamo che è una campana un po' monocorde, che non dovrebbe essere presentato come una persona portatrice di un'opinione terza.
Che ci racconta, il Marinelli? Che i test dei produttori di telefonini sono falsati dal fatto che non si usano modelli reali, bensì manichini: «Viene misurato in una maniera molto complicata, ma in una maniera che è irreale. Nel senso che si misura con una sonda su un fantoccio, riempito di questo gel proteico che dovrebbe avere le stesse caratteristiche di assorbimento. Quindi noi misuriamo il SAR in una sostanza amorfa che è ben lungi da essere simile ad un tessuto cerebrale». Affermazione assai interessante, dato che viene da uno che fa ricerca soprattutto in vitro.
Poi, via con un altro po' di intorcinamento sui finanziamenti, fino al punto (siamo oramai a fine pagina 10 della trascrizione) in cui viene offerto un pezzo del TG2 nel quale si dava conto che l'Istituto Superiore di Sanità affermava che «non ci sono prove evidenti che il telefonino faccia male alla salute (…) Gli unici effetti chiaramente documentati dalla ricerca scientifica sono aumenti di incidenti automobilistici». Soddisfatta la Giannini? Mannò, accipicchia (altrimenti che ci starebbe a fare?). E infatti fuori campo obietta: «Ecco come mettere in evidenza solo alcuni studi, dimenticando sistematicamente quelli che mettono in risalto i rischi del cellulare». Lasciamo perdere l'avverbio sistematicamente, che non può certo applicarsi al lancio di una notizia del TG2, e limitiamoci a rammentare che finora di questi cazzo di studi che mettono in risalto i rischi non ha ancora parlato neppure Report.
Forse per riposarsi un po', la Giannini svicola verso il tema dell'interramento dei cavi dell'alta tensione: una cosa proposta anni fa da qualche anima bella e idiota e che per fortuna nessuno ha mai pensato di fare; ma mi spiegheresti, Sabrina, che cazzo c'entrano le linee dell'alta tensione, che lavorano a 50Hz, con i GSM???
Torniamo al Marinelli, che lamenta di non aver mai avuto una lira se non dall'ISPESL, uno di quegli enti considerati inutili quando ci si scaglia contro i cosiddetti costi della politica, ma che in questa trasmissione diventa il salvatore dell'umanità, e che proprio per questo motivo i membri del Complotto hanno voluto accorpare all'INAIL (il sottinteso è che in questo caso non c'era da risparmiare qualche poltrona, bensì impedire agli onesti ricercatori di scoprire come le grandi multinazionali attentano alla nostra salute). Entra in scena questo Livio Giuliani, per sua stessa ammissione licenziato e sottoposto a quattro provvedimenti disciplinari. Non sappiamo perché si siano accaniti contro di lui, e il silenzio ingenera nello spettatore la sensazione che sia sempre colpa di TIM & Co., anche se nessuno ce lo spiega.
Parte poi un pippone riguardante l'antenna davanti alla casa di Gasparri, che risparmio a me stesso prima ancora che a voi, ed eccoci a pagina 16 (in fondo) dove ci viene fornito un dato d'importanza, vale a dire che la IARC ha classificato le onde emesse dai cellulari nella categoria di rischio 2B («This category is used for agents, mixtures and exposure circumstances for which there is limited evidence of carcinogenicity in humans and less than sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals. It may also be used when there is inadequate evidence of carcinogenicity in humans but there is sufficient evidence of carcinogenicity in experimental animals»).
Tale classificazione discende, sempre seguendo la trasmissione, dalla discordanza tra due studi svedesi, l'uno del prof. Anders Ahlbom del Karoliska di Stoccolma (e, dice la Giannini, «Il Karolinska è l’università che assegna il Nobel per la medicina e la fisiologia, ed è uno dei centri per la ricerca più autorevoli del mondo. Non c’è europeo che metterebbe in discussione uno studio del Karolinska, che da anni pubblica ricerche che assolvono i cellulari»), l'altro di Lennart Hardell, oncologo dell’Università di Orebro, il quale «ha messo in evidenza i rischi delle onde emesse dai cellulari».
Qui viene la parte interessante, e mi perdonerete se vi ho portato fin qui a spasso annoiandovi. Affrontando lo studio del prof. Ahlbom la Giannini ne evidenzia la malafede. Anders Ahlbom difatti ha un fratello che si chiama Gunner, con il quale ha una società di Bruxelles, e Gunner un tempo è stato un lobbista che ha lavorato per le compagnie telefoniche. Ne risulta che il prof. Ahlbom (che lavora per l'istituto che assegna il Nobel per la medicina) è un emerito cialtrone, malgrado sia membro dell’ICNIRP. Mentre il prof. Hardell non è mai stato invitato all'ICNIRP, poverino. Si consoli professore: non mi hanno mai invitato neppure a me. Io pensavo che non mi invitassero perché non sono abbastanza preparato, essendo un povero blogger leguleio, ma ora capisco che è solo perché non ci avevo le conoscenze giuste.
Ricapitoliamo: siamo arrivati al punto in cui lo studio del Karolinska è inattendibile, in quanto condotto da un professore che ha una società insieme al fratello il quale in passato ha lavorato per le compagnie telefoniche. Poi c'è lo studio di DASENBROCK, inattendibile in quanto non dice di essere finanziato anche dalla GSM Association e dalla Mobile Manufacturers Forum, poi «i giapponesi SHIRAI E MIYAKOSHI sono finanziati dall’Association of radio industry and business del Giappone e non hanno dichiarato niente. MIYAKOSHI da questa compagnia di telefonia mobile giapponese. Un altro caso eclatante è quello di Juti Leinen sempre finanziato dalla TECHES che è l’agenzia finlandese che raccoglie le compagnie di telefonia finlandesi».
Tutti truffatori, tranne il buon vecchio Lennart Hardell, che vive di stenti, come dimostra la Giannini quando gli chiede: «Lavora con i finanziamenti pubblici?», ottenendo la mesta risposta: «No, le nostre risorse arrivano dalle associazioni dei malati di cancro». «Le nostre risorse arrivano dalle associazioni dei malati di cancro». Ah, certo, OK.
Un momento: associazioni dei malati di cancro?. Cioé, mi stai dicendo che l'unico studio che dimostra una correlazione tra tumore ed uso dei cellulari è quello finanziato da chi ha interesse ad addossare la propria malattia non già alla sfiga che ti becca, bensì ad una causa esterna precisa e solvibile? Caspiterina! Se il fratello lobbista era un conflitto d'interesse, questa è un'esplosione di interessi, una bomba atomica di interessi. Lo evidenzia la Giannini? Manco per il cazzo (absit iniuria verbis, Sabrina).
Siamo quasi in chiusura. Abbiamo l'intervista al Marcolini, la cui moglie è morta di neurinoma: «Da quale parte usava il cellulare?» «A sinistra» «E dove l’ha avuto il neurinoma?» «A sinistra» (soccorrimi, .mau.: quante probabilità c'erano che la risposta fosse la medesima?). Abbiamo il gradito ritorno di Fiorenzo Marinelli, per il quale siamo tutti cavie e presto faremo parte anche del progetto Soylent Green. Abbiamo i consigli finali: «Il treno è una gabbia di elettromagnetismo, in macchina abbassare un po’ il finestrino». Qui la Giannini ha confuso le onde elettromagnetiche con il funo di sigaretta, ma ve bene così, in fondo è domenica sera e siamo tutti un po' stanchi.
martedì 29 novembre 2011
Quella carezza della sera
Non so, a me pare che aiutare un malato di depressione a suicidarsi sia un po' come curare un anemico con un salasso.
Io non sono certo contrario al suicidio assistito, ma credo che un medico dovrebbe prestarvisi solo quando ha di fronte un malato terminale, o comunque un malato che non è in grado di disporre da solo di sé.
E non conta che chi chiede assistenza sia convinto di quello che vuol fare, né che ci abbia meditato per mesi o per anni: la depressione è una malattia spesso inguaribile, però controllabile con le cure adeguate. E dato che la volontà di suicidio è un sintomo delal depressione, assecondare tale volontà significa aiutare la malattia nel suo decorso anziché combatterla.
Daresti una purga a chi sta morendo di dissenteria?
Io non sono certo contrario al suicidio assistito, ma credo che un medico dovrebbe prestarvisi solo quando ha di fronte un malato terminale, o comunque un malato che non è in grado di disporre da solo di sé.
E non conta che chi chiede assistenza sia convinto di quello che vuol fare, né che ci abbia meditato per mesi o per anni: la depressione è una malattia spesso inguaribile, però controllabile con le cure adeguate. E dato che la volontà di suicidio è un sintomo delal depressione, assecondare tale volontà significa aiutare la malattia nel suo decorso anziché combatterla.
Daresti una purga a chi sta morendo di dissenteria?
lunedì 28 novembre 2011
Il mucchio selvaggio
L'altra sera sono andato a vedere il concerto dei Fuck Yous, la band capitanata da Livefast che, se vogliamo dirla tutta, non ha un nome tra i più fini della piazza. Ma se credete che una rock band debba avere un nome fino, allora probabilmente nella diatriba tra Robert Palmer e Bruce Springsteen parteggiavate per il primo, oppure siete troppo piccini per rammentare di cosa stia parlando.
Comunque, sta di fatto che nell'avanspettacolo c'era occasione di incontrare un bel po' di gente che non conoscevo di persona, ma essendo io legato al ragazzino -il quale, giustamente, se ne stava un po' in imbarazzo, unico minorenne maschio (poi c'era Jules, ma lei in quanto ottenne era troppo piccina per lui [e spero che apprezziate la mia capacità di annidare incisi {peraltro inutili}])- mi sono saltato un bel po' di facce: e forse anche la grappa della signora Livefast ha avuto il suo ruolo.
Insomma, alle 23 il concerto è iniziato. Il cantante era completamente ubriaco, il che dimostra che egli è uomo d'onore dato che aveva promesso che non sarebbe salito sul palco se non in condizioni tali da non stare in piedi: e difatti un paio di volte è rovinato sulle pedaliere, il che non ha peggiorato il sound (anche questo è un complimento, salvo per le groupie di Robert Palmer).
Qui dovrei fare una recensione del concerto, ma dato che io non distinguo un rullante da un fretless bass la cosa è tutt'altro che facile. Posso però dire che verso la metà del concerto ho avuto un'illuminazione e mi sono reso conto di vedere redivivi i grandi The Who (i giovini all'ascolto possono guardare qui per farsi un'idea).
Certo, Livefast non ha i riccioli boccolosi di Roger Daltrey, Skate (il batterista) ha sì rotto un pezzo del suo strumento, ma senza quella malagrazia che Keith Moon aveva acquisito in tanti anni di onorato casino, e Zukko (il chitarrista) non ci ha deliziato con il windmill. Ma in tutto quel puttanaio che succedeva sul palco spiccava la deliziosa -non solo come performer- bassista Molecole, che in perfetta sintonia con il gran vecchio John Entwistle se ne stava calma e placida a pizzicare le corde con precisione, guardando perplessa gli altri compagni d'avventura.
Alcune introduzioni di Livefast hanno spinto Nichita a chiedermi di cosa parlassero le canzoni: ho avuto agio a trincerarmi dietro al fatto che il cantante fosse un po' alticcio e pertanto non riuscissi a decifrarne l'accento oxoniano, così ho potuto evitare di tradurre "Swastika shaved pussy" o di spiegare il segreto di Alide (che poi se qualcuno me lo spiegasse anche a me gli sarei grato).
Alla fine i più tosti della serata si sono esibiti in caròle irlandesi: la presenza di una gentile signora tra i pogatori ha evitato che ci si facesse troppo male, in ispecie da parte di chi non ci ha più l'età ma si sente giovYne dentro.
Una grande serata: chi non è venuto fa bene a mangiarsi le mani e il cappello in attesa della prossima occasione.
lunedì 21 novembre 2011
Monoculi
Lo Stefano di questa mostra è uno dei più cari amichetti miei, ci ha le manine (vabbe', il diminutivo è una licenza poetica) d'oro e fa delle cose belle e inquietanti.
Espone all'Acquario Civico insieme a un'altra svitata quanto lui, e la mostra sta lì fino all'Epifania, per cui tempo per andarci ce n'è a strafottere.
L'ingresso è anche libero, per cui se avete un attimo di tempo perché non farci un salto?
Se poi ci andate alla vernice, il 2 dicembre, ci vediamo pure e ci beviamo a scrocco un bicchiere.
Espone all'Acquario Civico insieme a un'altra svitata quanto lui, e la mostra sta lì fino all'Epifania, per cui tempo per andarci ce n'è a strafottere.
L'ingresso è anche libero, per cui se avete un attimo di tempo perché non farci un salto?
Se poi ci andate alla vernice, il 2 dicembre, ci vediamo pure e ci beviamo a scrocco un bicchiere.
domenica 20 novembre 2011
Quelli della decrescita
Di deficienti che pensano alla decrescita felice ce n'è una vagonata. La differenza rispetto agli indignados sta nel fatto che questi ultimi sono ragazzini viziati che manifestano contro le multinazionali filmando con l'iPhone le proprie maschere prodotte da Warner e comperate su Amazon, per poi caricare il video su Youtube; quelli della decrescita hanno invece un'allure ben più seria, e fanno finta di sapere cosa stanno banfando.
Uno di questi decrescenti figuri è Paolo Cacciari, noto (noto?) in quanto fratello di quell'altro a sua volta noto più per ciò che ha fatto in Brianza che per quel che ha combinato nella città di cui era sindaco; ma rischieremmo di divagare e quindi concentriamoci sul decrescente e sull'intervista recentemente rilasciata la quale, essendo ricchissima di corbellerie, è stata subito ripresa su un blog dell'unico foglio italiano il cui direttore riesce a dare dignità a Zio Tibia Sallusti: e non mi riferisco solo al fatto che Zio Tibia paga i propri collaboratori.
Il cerchio si chiude, dato che il tenutario del blog, tale (di nuovo!) Stefano Corradino, altri non è se non colui che ha intervistato il Cacciari: e lo ringraziamo dell'uno e dell'altro pezzo, che ci hanno regalato qualche quarto d'ora di divertita letizia.
Il problema, ora che ci siamo ripresi dalle convulsioni, è da che parte iniziare a dipanare l'aggrovigliata matassa di stronzate che ci hanno così allietato.
Forse potremmo cominciare dal Corradino e dalla sua affermazione Il baratto è la forma primordiale di economia. Solo al 620 a.C. (la data divide gli storici) sarebbe attribuita l’invenzione della moneta. Complimenti, Corradino! Lei ha letto Wikipedia ma, come cerco di insegnare a mio figlio, non basta copincollare, bisogna anche capire quello che si legge.
Vero è infatti che probabilmente verso il VII secolo a.c. nacque la moneta, ma intesa come coin, non come money. Non è che prima dell'invenzione della moneta metallica si usasse il baratto: si usavano i metalli preziosi, solo che li si pesava. E, guardi, per cose piccole si usava addirittura scambiarsi le conchiglie, il sale e mille altre cose; ma non si barattava quasi nulla, per l'enorme scomodità insita nel baratto.
Veda, Corradino: Lei sarà anche un giornalista pubblicista, e ci ha un blog sul sito di un quotidiano che certo non è tenero con la Chiesa, ma se avesse mai pensato di compulsare la Bibbia, o anche solo il sussidiario delle elementari, alle pagine sull'antico Egitto, si sarebbe reso conto che porre la fine del baratto nel VII secolo è una sciocchezza, e che nessuno storico si è mai diviso su tale opinione, e che è molto molto furbo mettere le mani avanti dicendo che la data divide gli storici al fine di mascherare in forma di contrasto storiografico la propria mancanza d'approfondimento. Metodo, quel di inventarsi di sana pianta le cose, peraltro dimolto utilizzato dal direttore della testata che ospita il blog.
Passiamo ora al Cacciari, che al lettore disattento (o fideisticamente prono a bersi tutto ciò che gli ammannisce la testata quotidiana, immerso in una permanente sospensione del senso critico) sembra ragionare con tanto di testa sule spalle. Ma proviamo a destrutturare il discorso: a sfrondare parentesi e incisi: a togliere un po' di pizzi e merletti per guardare la ciccia, insomma.
Abbiamo così agio di leggere stille di pensiero quali:
"Quando i manager dell’industria vengono pagati con le azioni e non con i fatturati industriali, allora si capisce bene che il sistema economico è semplicemente impazzito" (petizione di principio, caro il mio Cacciari: perché mi afferma ciò? A parte il fatto che quando mai i manager vengono pagati con i fatturati? al limite con gli utili; ma resta il fatto che ciascuno ha diritto di farsi pagare come meglio crede: magari anche in greggi di pecore. Lo sostiene Lei stesso, più sotto)
"Ogni debito ha il difetto di portarsi dietro un creditore che chiederà per se sempre qualche denaro in più del rendimento dei profitti industriali. E’ la crescita che produce il debito!" (confondere il saggio d'interesse con il tasso di crescita del PIL è cosa talmente idiota che può essere solo una vigliaccata retorica. Tana!)
"si possono creare e produrre dei beni, delle cose utili senza che assumano per forza la forma di merci" (complimenti: Lei mi ha scoperto che siamo parte di un'economia basata sui servizi. Mi compiaccio vivissimamente)
"Serge Latouche dice che dobbiamo “decolonizzare l’immaginario” e Gregory Bateson scriveva di “ecologia della mente”" (Estiquatsi!)
"il nuovo potente paradigma che ci indica come sia possibile transitare dalla società del possesso a quella dell’essere, dalla competizione alla cooperazione, dal saccheggio alla preservazione, alla sufficienza, all’abbastanza, alla frugalità." (Si risparmi di considerarmi cretino; e si rammenti che ci si dovrebbe sciacquare sempre la bocca quando si esce la carta "paradigma" per indicare una propria fantasia)
"noi siamo sicuramente scemi" (come dargli torto?)
"Il guaio è quando natura e lavoro diventano meri strumenti (coseificazione e alienazione) per l’accrescimento del capitale impiegato nei cicli produttivi. La famosa “distruzione creativa” schumpeteriana distrugge più di quanto non riesca a creare." ("paradigma" era più concreto: qui siamo alle parole in libertà senza controllo, ma sempre vestite di un qualche broccato che dovrebbe ingenerare nel lettore ammirazione e rispetto per il profondo intellettuale che le maneggia)
"Swadeshi, diceva Gandhi, per indicare l’autodeterminazione dei villaggi. Comunanze, si potrebbero chiamare, ma non chiuse, in reciproco, paritario rapporto tra loro. Bioregioni. Per un’idea di bioumanesimo planetario." (probabilmente beve: sarà contento Petrini).
Congediamo Cacciari, e torniamo al Corradino e al suo dotto articolo, ché non sarà certo uno strafalcione storico a sminuirne la profondità.
Il Corradino quindi ci propugna il ritorno al baratto, pubblicizzando anche una Settimana del Baratto che dovrebbe essere una gran figata, non foss'altro perché ci ha anche una pagina su Facebook.
Come scrive il Corradino, "In cambio di un soggiorno di uno o due notti gli ospiti canteranno, daranno qualche lezione di pianoforte, doneranno il loro olio e vino o un vecchio computer impolverato ma ancora funzionante. Nessun pagamento, nessun prelievo al bancomat nè anticipo contanti. Lo scambio è in natura" (e il grassetto è suo).
Bene, la volete sapere una cosa? Tutto ciò è vietato. Non si può fare, è illegale.
Si chiama evasione fiscale, e più precisamente evasione dell'Imposta sul Valore Aggiunto: perché l'IVA va pagata comunque, cari i miei bucolici nostalgici dei bei tempi che furono, quando si andava a far la spesa con qualche pecora nel borsellino. E francamente mi piacerebbe molto che, in quel B&B dove il gitante fa lezione di aramaico alla figlia dell'oste, a un certo punto entrasse un finanziere e pretendesse di vedere la fattura; e mi piacerebbe che i barattanti si guardassero nelle palle degli occhi esclamando: "ma come... non sapevamo... ma l'abbiamo letto sul giornale... ma perché non ce l'hanno detto..."; e mi piacerebbe, soprattutto, sapere come farà Saint-Just Travaglio a giustificare che sul proprio foglio sia stato pubblicato un invito ad evadere le tasse.
Uno di questi decrescenti figuri è Paolo Cacciari, noto (noto?) in quanto fratello di quell'altro a sua volta noto più per ciò che ha fatto in Brianza che per quel che ha combinato nella città di cui era sindaco; ma rischieremmo di divagare e quindi concentriamoci sul decrescente e sull'intervista recentemente rilasciata la quale, essendo ricchissima di corbellerie, è stata subito ripresa su un blog dell'unico foglio italiano il cui direttore riesce a dare dignità a Zio Tibia Sallusti: e non mi riferisco solo al fatto che Zio Tibia paga i propri collaboratori.
Il cerchio si chiude, dato che il tenutario del blog, tale (di nuovo!) Stefano Corradino, altri non è se non colui che ha intervistato il Cacciari: e lo ringraziamo dell'uno e dell'altro pezzo, che ci hanno regalato qualche quarto d'ora di divertita letizia.
Il problema, ora che ci siamo ripresi dalle convulsioni, è da che parte iniziare a dipanare l'aggrovigliata matassa di stronzate che ci hanno così allietato.
Forse potremmo cominciare dal Corradino e dalla sua affermazione Il baratto è la forma primordiale di economia. Solo al 620 a.C. (la data divide gli storici) sarebbe attribuita l’invenzione della moneta. Complimenti, Corradino! Lei ha letto Wikipedia ma, come cerco di insegnare a mio figlio, non basta copincollare, bisogna anche capire quello che si legge.
Vero è infatti che probabilmente verso il VII secolo a.c. nacque la moneta, ma intesa come coin, non come money. Non è che prima dell'invenzione della moneta metallica si usasse il baratto: si usavano i metalli preziosi, solo che li si pesava. E, guardi, per cose piccole si usava addirittura scambiarsi le conchiglie, il sale e mille altre cose; ma non si barattava quasi nulla, per l'enorme scomodità insita nel baratto.
Veda, Corradino: Lei sarà anche un giornalista pubblicista, e ci ha un blog sul sito di un quotidiano che certo non è tenero con la Chiesa, ma se avesse mai pensato di compulsare la Bibbia, o anche solo il sussidiario delle elementari, alle pagine sull'antico Egitto, si sarebbe reso conto che porre la fine del baratto nel VII secolo è una sciocchezza, e che nessuno storico si è mai diviso su tale opinione, e che è molto molto furbo mettere le mani avanti dicendo che la data divide gli storici al fine di mascherare in forma di contrasto storiografico la propria mancanza d'approfondimento. Metodo, quel di inventarsi di sana pianta le cose, peraltro dimolto utilizzato dal direttore della testata che ospita il blog.
Passiamo ora al Cacciari, che al lettore disattento (o fideisticamente prono a bersi tutto ciò che gli ammannisce la testata quotidiana, immerso in una permanente sospensione del senso critico) sembra ragionare con tanto di testa sule spalle. Ma proviamo a destrutturare il discorso: a sfrondare parentesi e incisi: a togliere un po' di pizzi e merletti per guardare la ciccia, insomma.
Abbiamo così agio di leggere stille di pensiero quali:
"Quando i manager dell’industria vengono pagati con le azioni e non con i fatturati industriali, allora si capisce bene che il sistema economico è semplicemente impazzito" (petizione di principio, caro il mio Cacciari: perché mi afferma ciò? A parte il fatto che quando mai i manager vengono pagati con i fatturati? al limite con gli utili; ma resta il fatto che ciascuno ha diritto di farsi pagare come meglio crede: magari anche in greggi di pecore. Lo sostiene Lei stesso, più sotto)
"Ogni debito ha il difetto di portarsi dietro un creditore che chiederà per se sempre qualche denaro in più del rendimento dei profitti industriali. E’ la crescita che produce il debito!" (confondere il saggio d'interesse con il tasso di crescita del PIL è cosa talmente idiota che può essere solo una vigliaccata retorica. Tana!)
"si possono creare e produrre dei beni, delle cose utili senza che assumano per forza la forma di merci" (complimenti: Lei mi ha scoperto che siamo parte di un'economia basata sui servizi. Mi compiaccio vivissimamente)
"Serge Latouche dice che dobbiamo “decolonizzare l’immaginario” e Gregory Bateson scriveva di “ecologia della mente”" (Estiquatsi!)
"il nuovo potente paradigma che ci indica come sia possibile transitare dalla società del possesso a quella dell’essere, dalla competizione alla cooperazione, dal saccheggio alla preservazione, alla sufficienza, all’abbastanza, alla frugalità." (Si risparmi di considerarmi cretino; e si rammenti che ci si dovrebbe sciacquare sempre la bocca quando si esce la carta "paradigma" per indicare una propria fantasia)
"noi siamo sicuramente scemi" (come dargli torto?)
"Il guaio è quando natura e lavoro diventano meri strumenti (coseificazione e alienazione) per l’accrescimento del capitale impiegato nei cicli produttivi. La famosa “distruzione creativa” schumpeteriana distrugge più di quanto non riesca a creare." ("paradigma" era più concreto: qui siamo alle parole in libertà senza controllo, ma sempre vestite di un qualche broccato che dovrebbe ingenerare nel lettore ammirazione e rispetto per il profondo intellettuale che le maneggia)
"Swadeshi, diceva Gandhi, per indicare l’autodeterminazione dei villaggi. Comunanze, si potrebbero chiamare, ma non chiuse, in reciproco, paritario rapporto tra loro. Bioregioni. Per un’idea di bioumanesimo planetario." (probabilmente beve: sarà contento Petrini).
Congediamo Cacciari, e torniamo al Corradino e al suo dotto articolo, ché non sarà certo uno strafalcione storico a sminuirne la profondità.
Il Corradino quindi ci propugna il ritorno al baratto, pubblicizzando anche una Settimana del Baratto che dovrebbe essere una gran figata, non foss'altro perché ci ha anche una pagina su Facebook.
Come scrive il Corradino, "In cambio di un soggiorno di uno o due notti gli ospiti canteranno, daranno qualche lezione di pianoforte, doneranno il loro olio e vino o un vecchio computer impolverato ma ancora funzionante. Nessun pagamento, nessun prelievo al bancomat nè anticipo contanti. Lo scambio è in natura" (e il grassetto è suo).
Bene, la volete sapere una cosa? Tutto ciò è vietato. Non si può fare, è illegale.
Si chiama evasione fiscale, e più precisamente evasione dell'Imposta sul Valore Aggiunto: perché l'IVA va pagata comunque, cari i miei bucolici nostalgici dei bei tempi che furono, quando si andava a far la spesa con qualche pecora nel borsellino. E francamente mi piacerebbe molto che, in quel B&B dove il gitante fa lezione di aramaico alla figlia dell'oste, a un certo punto entrasse un finanziere e pretendesse di vedere la fattura; e mi piacerebbe che i barattanti si guardassero nelle palle degli occhi esclamando: "ma come... non sapevamo... ma l'abbiamo letto sul giornale... ma perché non ce l'hanno detto..."; e mi piacerebbe, soprattutto, sapere come farà Saint-Just Travaglio a giustificare che sul proprio foglio sia stato pubblicato un invito ad evadere le tasse.
venerdì 18 novembre 2011
Il poeta e il contadino
Molti di voi rammenteranno che all'inizio dell'estate la Camera bocciò un disegno di legge costituzionale presentato dall'Italia dei Valori (lo trovate trascritto in questo mio vecchio post), con il quale si cancellava la parola "Province" dalla Costituzione, fregandosene altamente di come si sarebbe poi disciplinato il passaggio delle competenze (e dei bilanci, dei dipendenti, dei beni e via discorrendo) di questi enti apparentemente inutili ad altri enti presumibilmente più utili.
La proposta del partito di Di Pietro, infatti, si limitava a dire che a ciò ci si sarebbe pensato entro un anno con legge ordinaria. In parole povere, Di Pietro aveva presentato una proposta di legge per dare una mano di bianco su un muro che avrebbe dovuto essere costruito da altri, dopo l'imbiancatura.
Si trattava di un provvedimento demenziale, populista e demagogico, buono solo per fare quell'ammuina che permette di dire «Noi abbiamo fatto!!!» anche a chi non ha fatto un beato cazzo. Certo alcuni noti commentatori si sono indignati per l'astensione allora espressa dal PD: ma il loro sdegno non fa che rafforzare la convinzione che quella proposta fosse una sesquipedale cazzata.
Io questa cosa me la ricordo molto bene, perché mi ci ero dimolto indignato pur io, anche se nel senso opposto a quello dei commentatori sopra richiamati. E pertanto doppiamente gradita mi è risultata questa frase contenuta nelle dichiarazione programmatiche del Governo Monti:
La proposta del partito di Di Pietro, infatti, si limitava a dire che a ciò ci si sarebbe pensato entro un anno con legge ordinaria. In parole povere, Di Pietro aveva presentato una proposta di legge per dare una mano di bianco su un muro che avrebbe dovuto essere costruito da altri, dopo l'imbiancatura.
Si trattava di un provvedimento demenziale, populista e demagogico, buono solo per fare quell'ammuina che permette di dire «Noi abbiamo fatto!!!» anche a chi non ha fatto un beato cazzo. Certo alcuni noti commentatori si sono indignati per l'astensione allora espressa dal PD: ma il loro sdegno non fa che rafforzare la convinzione che quella proposta fosse una sesquipedale cazzata.
Io questa cosa me la ricordo molto bene, perché mi ci ero dimolto indignato pur io, anche se nel senso opposto a quello dei commentatori sopra richiamati. E pertanto doppiamente gradita mi è risultata questa frase contenuta nelle dichiarazione programmatiche del Governo Monti:
Il riordino delle competenze delle Province può essere disposto con legge ordinaria; la prevista specifica modifica della Costituzione potrà completare il processo, consentendone la completa eliminazione, così come prevedono gli impegni presi con l’Europa.Prima si costruisce il muro, poi lo si imbianca.
mercoledì 16 novembre 2011
Il medioevo prossimo venturo
In questi giorni (e da ultimo in particolare in molti commenti al mio post precedente apparsi sul socialcoso fighetto) si risente parlare di speculazione finanziaria e di ricchezza finanziaria, come se tutto ciò che esce dalla "finanza" sia un qualcosa di diverso e contrapposto a tutto ciò che esce dall'"economia reale".
Mi rendo conto che ciò che all'inizio appariva come una mera semplificazione giornalistica è divenuta, nelle menti del grande pubblico, una realtà oggettiva e indiscutibile: da una parte l'operaio (che essendo operaio è per definizione operoso) e il contadino (operoso in quanto diretto discendente del bove); dall'altra il finanziere in ghette e cilindro uscito paro paro dalle pagine di Brecht, il cui unico scopo nella vita è di impoverire i ceti produttivi per arricchirsi smodatamente.
Il buffo di tutto ciò è che spesso coloro che si convincono di questa banalità del male sono gli stessi che non si fanno scrupoli di depositare i propri sudati risparmi sul conto arancio offerto da una multinazionale olandese, al solo fine di spuntare qualche decimo di punto in più sul saggio degli interessi attivi, contravvenendo così ai precetti che dal Deuteronomio, su su fino a San Tommaso, vietano qualunque forma di interesse in quanto usurario.
Bisogna quindi decidersi: o si accetta il concetto che il denaro non può produrre denaro (e quindi si chiudono i conti correnti, si nazionalizzano gli appartamenti messi a reddito, si cancellano con un tratto di penna le polizze vita e i fondi pensione), o si ammette che rispetto alle tesi del Doctor Angelicus è passata un po' d'acqua sotto i ponti.
Non c'è nulla di male nel voler vivere in un mondo più semplice, nel quale non esistono le assicurazioni e se la casa brucia si chiede aiuto ai vicini per ricostruirla. Va benissimo desiderare una vita nella quale si vive del proprio, e quando arriva un momento di difficoltà (o magari si vuol comperare casa) i parenti fino al sesto grado si fanno in quattro per darti i soldi necessari, che poi verranno restituiti pian piano con il ricavato del proprio lavoro di lanaiuolo. Beninteso, va benissimo se hai parenti fino al sesto grado, e se costoro ti aiutano; altrimenti sei un po' nella merda, e campi di patate. Anzi no: le patate qui non sono ancora arrivate.
Mi rendo conto che ciò che all'inizio appariva come una mera semplificazione giornalistica è divenuta, nelle menti del grande pubblico, una realtà oggettiva e indiscutibile: da una parte l'operaio (che essendo operaio è per definizione operoso) e il contadino (operoso in quanto diretto discendente del bove); dall'altra il finanziere in ghette e cilindro uscito paro paro dalle pagine di Brecht, il cui unico scopo nella vita è di impoverire i ceti produttivi per arricchirsi smodatamente.
Il buffo di tutto ciò è che spesso coloro che si convincono di questa banalità del male sono gli stessi che non si fanno scrupoli di depositare i propri sudati risparmi sul conto arancio offerto da una multinazionale olandese, al solo fine di spuntare qualche decimo di punto in più sul saggio degli interessi attivi, contravvenendo così ai precetti che dal Deuteronomio, su su fino a San Tommaso, vietano qualunque forma di interesse in quanto usurario.
Bisogna quindi decidersi: o si accetta il concetto che il denaro non può produrre denaro (e quindi si chiudono i conti correnti, si nazionalizzano gli appartamenti messi a reddito, si cancellano con un tratto di penna le polizze vita e i fondi pensione), o si ammette che rispetto alle tesi del Doctor Angelicus è passata un po' d'acqua sotto i ponti.
Non c'è nulla di male nel voler vivere in un mondo più semplice, nel quale non esistono le assicurazioni e se la casa brucia si chiede aiuto ai vicini per ricostruirla. Va benissimo desiderare una vita nella quale si vive del proprio, e quando arriva un momento di difficoltà (o magari si vuol comperare casa) i parenti fino al sesto grado si fanno in quattro per darti i soldi necessari, che poi verranno restituiti pian piano con il ricavato del proprio lavoro di lanaiuolo. Beninteso, va benissimo se hai parenti fino al sesto grado, e se costoro ti aiutano; altrimenti sei un po' nella merda, e campi di patate. Anzi no: le patate qui non sono ancora arrivate.
lunedì 14 novembre 2011
Sovranità popolare e mercati finanziari
Si è molto discusso in questi giorni sull'antinomia tra politica e finanza e sul vulnus che la caduta del governo Berlusconi, e ancor più l'incarico a Mario Monti, avrebbero inferto alla democrazia parlamentare e persino alla stessa sovranità dell'Italia.
Il concetto, espresso con varie sfumature sia da destra che da sinistra, è questo: dal momento che il cambio di governo non è stato deciso da un voto del Parlamento sovrano, bensì eterodiretto dalle istituzioni europee, a loro volta costrette dalla speculazione finanziaria, ecco che in Italia avremmo un'abdicazione della sovranità del popolo in favore della sovranità dei mercati. In altre parole: accettando (e anzi propugnando) la nomina di Monti a capo del Governo, Napolitano avrebbe sancito la rinuncia al principio «una testa (di un cittadino italiano) un voto» in favore del principio assai meno democratico «un milione di dollari (di uno speculatore dovunque egli sia) un voto».
È questa, invero, una ricostruzione suggestiva: è indubbio infatti che la crisi del governo sia nata per l'impossibilità di affrontare le tempeste ribassiste sui titoli di Stato, ed è parimenti indubbio che il Parlamento, con le notevoli eccezioni di Lega e IDV, sia pur diversamente sfumate, si stia apprestando a concedere a Monti una sorta di mandato in bianco. È pure vero che l'impressione tratta dalla lettura dei giornali, nella scorsa settimana, è che venti bps di oscillazione sullo spread dei titoli di Stato sembrano oramai contare sulle scelte del Paese molto di più che un milione di voti. E questo non è punto bello.
Diametralmente opposta la posizione bersanian-casiniana secondo la quale quando la casa brucia si chiamano i pompieri senza preoccuparsi troppo dei dettagli, e poi, una volta che l'incendio si è spento, si cerca di salvare il salvabile e di ricostruire quanto è bruciato. Sono queste considerazioni di buon senso che però non risolvono, né tantomeno affrontano, il problema di fondo: è giusto, è accettabile che un oscuro trader di una banca d'affari caymanese abbia più potere di mille cittadini italiani nella scelta dei Governi della Repubblica?
Molti commentatori oggi sui giornali si muovono tra i due poli di questo dilemma, e anche i più fervidi difensori della scelta Monti puntano sull'emergenzialità della situazione finanziaria internazionale disegnando uno scenario di necessità, nel quale le regole possono essere legittimamente stiracchiate pur di salvare la barca che affonda; in tal senso, fra l'altro, va letta l'esigenza di non procedere allo scioglimento delle Camere e alle conseguenti elezioni anticipate in quanto, si afferma, durante la campagna elettorale il Paese rischierebbe seriamente di portare i libri in Tribunale.
In realtà le cose non stanno proprio così: l'analisi sopra riportata pencola vistosamente fin dalle fondamenta, e questo fa sì che tutte le successive conclusioni siano da riverificare.
Affermare che il Governo Berlusconi sia caduto per effetto della speculazione finanziaria è, semplicemente, falso. Il Governo Berlusconi è caduto per ben altri motivi: è caduto perché in buona sostanza non è esistito e non ha governato. Occupandosi unicamente di togliere le castagne dal fuoco al proprio leader, il Governo in questi tre anni e passa si è occupato principalmente di questioni del tutto estranee agli interessi del Paese: processi brevi, processi lunghi, intercettazioni, via via fino all'allentamento di vincoli in materia di riciglaggio (nei primi giorni) e alla modifica delle norme sulle quote di successione dei legittimari (negli ultimi giorni). Il tutto avrebbe anche potuto avere un senso, purché l'attenzione sui provvedimenti ad personam non facesse perdere la concentrazione sulla crescita economica, la lotta alle evasioni e la messa in sicurezza dei conti pubblici. Di questo però a Palazzo Chigi se ne sono strafregati, come icasticamente dimostrato dallo squallido balletto agostano in cui, di fronte a una situazione oramai avvitata, Tremonti *ha uscito* dal cappello, tra mille cazzate, un provvedimento tanto finanziariamente inutile quanto squallidamente ideologico quale l'abolizione delle festività civili.
Questa dimostrata insipienza è quella che ha dato la stura ai mercati, i quali di fronte al fallimento della politica di un'intera Nazione non fanno altro che prendere atto della situazione e traggono le proprie conclusioni.
L'uomo della strada pensa che i mercati finanziari siano una moderna versione dei Savi di Sion: una specie di cupola ultramafiosa in cui i capi delle grandi Banche mondiali si riuniscono, magari in qualche località sperduta del Colorado o della Svizzera, e decidono tutti insieme quale Stato rovesciare nel corso della settimana successiva. Dopodiché i trader vengono informati delle decisioni dall'alto e cominciano a vendere BTP con la velocità di criceti nella ruota, sperando che il banco salti (probabilmente questo mito ha presa in rete anche perché richiama un po' la struttura di un DDoS, che fa molto fico).
In effetti le cose non stanno così, e non stanno così per un motivo molto semplice: in ogni transazione finanziaria c'è chi compra e chi vende, e pure chi ci perde e chi ci guadagna: se compro e poi il titolo sale ho vinto, se compro e poi il titolo scende ho perso. La fortuna della singola banca, e giù giù fino al singolo trader, è quella di prevedere le mosse dei mercati meglio e prima degli altri, ed per questo che è inconcepibile un cartello finanziario di dimensioni tali da affossare uno Stato che bene o male è ancora membro del G8.
Niente cupola, quindi: semplicemente la constatazione, prima da parte di pochi e poi via via da parte di tutti, che il Governo italiano stava andando definitivamente in vacca, con conseguente corsa a liberarsi delle esposizioni verso quel Paese.
I Ferrara e le Santanché lamentano che la speculazione finanziaria abbia di fatto rovesciato il voto popolare; ma questa posizione è identica a quella di chi abbia costruito una casa abusiva sul greto di un torrente e se la veda trascinare via dalle acque alle prime piogge: l'errore l'ha fatto lui, non il fiume.
Così nel caso che ci interessa l'errore l'hanno fatto gli italiani: da quelli che hanno creduto a Mariotto Segni, quando prometteva loro che il bipolarismo li avrebbe fatti padroni del loro destino, giù giù fino a quelli che ancora ieri scendevano in piazza per riaffermare la favola della figlia di Mubarak o che nei bar ti spiegano che Berlusconi è stato vittima del signoraggio bancario.
E' la seconda volta in meno di un secolo che la totale incapacità degli italiani a distinguere uno statista da un cialtrone porta il Belpaese a mettere a rischio la stabilità dell'Europa intera: ed è solo perché in fondo vale sempre lo stereotipo dell'italiano pizza-spaghetti-mandolino -e quindi simpatico mattacchione- che ancora gli altri popoli europei non cominciano a chiedere ai loro governanti di trattare noi allo stesso modo in cui Churchill voleva trattare la Germania uscita sconfitta dal II conflitto mondiale (suddividerla in decine di piccoli staterelli dediti al pascolo delle vacche).
Insomma: nessuno ci ha imposto di rinunciare a una fetta della nostra sovranità, e quindi Mario Monti non è il leader di un colpo di Stato ordito dalle plutodemocrazie giudaiche internazionali: questo è un mito che lasciamo che Ferrara (troppo intelligente per crederci) ammannisca ai suoi lettori. Le cose stanno assai diversamente: il resto del mondo ci ha detto: «fate come cazzo credete, ma noi vi molliamo». E noi, che oltre ai 28 Ottobre abbiamo avuto anche dei 25 Luglio, abbiamo aperto gli occhi all'ultimo momento utile e ci siamo rassegnati ad ammettere che per tanti anni siamo stati un ammasso di deficienti invasati, poveri sciocchi inseguitori un'insegna i cui colori non comprendevamo. E così noi, non i trader caymanesi, abbiamo cambiato: meglio tardi che mai.
Il concetto, espresso con varie sfumature sia da destra che da sinistra, è questo: dal momento che il cambio di governo non è stato deciso da un voto del Parlamento sovrano, bensì eterodiretto dalle istituzioni europee, a loro volta costrette dalla speculazione finanziaria, ecco che in Italia avremmo un'abdicazione della sovranità del popolo in favore della sovranità dei mercati. In altre parole: accettando (e anzi propugnando) la nomina di Monti a capo del Governo, Napolitano avrebbe sancito la rinuncia al principio «una testa (di un cittadino italiano) un voto» in favore del principio assai meno democratico «un milione di dollari (di uno speculatore dovunque egli sia) un voto».
È questa, invero, una ricostruzione suggestiva: è indubbio infatti che la crisi del governo sia nata per l'impossibilità di affrontare le tempeste ribassiste sui titoli di Stato, ed è parimenti indubbio che il Parlamento, con le notevoli eccezioni di Lega e IDV, sia pur diversamente sfumate, si stia apprestando a concedere a Monti una sorta di mandato in bianco. È pure vero che l'impressione tratta dalla lettura dei giornali, nella scorsa settimana, è che venti bps di oscillazione sullo spread dei titoli di Stato sembrano oramai contare sulle scelte del Paese molto di più che un milione di voti. E questo non è punto bello.
Diametralmente opposta la posizione bersanian-casiniana secondo la quale quando la casa brucia si chiamano i pompieri senza preoccuparsi troppo dei dettagli, e poi, una volta che l'incendio si è spento, si cerca di salvare il salvabile e di ricostruire quanto è bruciato. Sono queste considerazioni di buon senso che però non risolvono, né tantomeno affrontano, il problema di fondo: è giusto, è accettabile che un oscuro trader di una banca d'affari caymanese abbia più potere di mille cittadini italiani nella scelta dei Governi della Repubblica?
Molti commentatori oggi sui giornali si muovono tra i due poli di questo dilemma, e anche i più fervidi difensori della scelta Monti puntano sull'emergenzialità della situazione finanziaria internazionale disegnando uno scenario di necessità, nel quale le regole possono essere legittimamente stiracchiate pur di salvare la barca che affonda; in tal senso, fra l'altro, va letta l'esigenza di non procedere allo scioglimento delle Camere e alle conseguenti elezioni anticipate in quanto, si afferma, durante la campagna elettorale il Paese rischierebbe seriamente di portare i libri in Tribunale.
In realtà le cose non stanno proprio così: l'analisi sopra riportata pencola vistosamente fin dalle fondamenta, e questo fa sì che tutte le successive conclusioni siano da riverificare.
Affermare che il Governo Berlusconi sia caduto per effetto della speculazione finanziaria è, semplicemente, falso. Il Governo Berlusconi è caduto per ben altri motivi: è caduto perché in buona sostanza non è esistito e non ha governato. Occupandosi unicamente di togliere le castagne dal fuoco al proprio leader, il Governo in questi tre anni e passa si è occupato principalmente di questioni del tutto estranee agli interessi del Paese: processi brevi, processi lunghi, intercettazioni, via via fino all'allentamento di vincoli in materia di riciglaggio (nei primi giorni) e alla modifica delle norme sulle quote di successione dei legittimari (negli ultimi giorni). Il tutto avrebbe anche potuto avere un senso, purché l'attenzione sui provvedimenti ad personam non facesse perdere la concentrazione sulla crescita economica, la lotta alle evasioni e la messa in sicurezza dei conti pubblici. Di questo però a Palazzo Chigi se ne sono strafregati, come icasticamente dimostrato dallo squallido balletto agostano in cui, di fronte a una situazione oramai avvitata, Tremonti *ha uscito* dal cappello, tra mille cazzate, un provvedimento tanto finanziariamente inutile quanto squallidamente ideologico quale l'abolizione delle festività civili.
Questa dimostrata insipienza è quella che ha dato la stura ai mercati, i quali di fronte al fallimento della politica di un'intera Nazione non fanno altro che prendere atto della situazione e traggono le proprie conclusioni.
L'uomo della strada pensa che i mercati finanziari siano una moderna versione dei Savi di Sion: una specie di cupola ultramafiosa in cui i capi delle grandi Banche mondiali si riuniscono, magari in qualche località sperduta del Colorado o della Svizzera, e decidono tutti insieme quale Stato rovesciare nel corso della settimana successiva. Dopodiché i trader vengono informati delle decisioni dall'alto e cominciano a vendere BTP con la velocità di criceti nella ruota, sperando che il banco salti (probabilmente questo mito ha presa in rete anche perché richiama un po' la struttura di un DDoS, che fa molto fico).
In effetti le cose non stanno così, e non stanno così per un motivo molto semplice: in ogni transazione finanziaria c'è chi compra e chi vende, e pure chi ci perde e chi ci guadagna: se compro e poi il titolo sale ho vinto, se compro e poi il titolo scende ho perso. La fortuna della singola banca, e giù giù fino al singolo trader, è quella di prevedere le mosse dei mercati meglio e prima degli altri, ed per questo che è inconcepibile un cartello finanziario di dimensioni tali da affossare uno Stato che bene o male è ancora membro del G8.
Niente cupola, quindi: semplicemente la constatazione, prima da parte di pochi e poi via via da parte di tutti, che il Governo italiano stava andando definitivamente in vacca, con conseguente corsa a liberarsi delle esposizioni verso quel Paese.
I Ferrara e le Santanché lamentano che la speculazione finanziaria abbia di fatto rovesciato il voto popolare; ma questa posizione è identica a quella di chi abbia costruito una casa abusiva sul greto di un torrente e se la veda trascinare via dalle acque alle prime piogge: l'errore l'ha fatto lui, non il fiume.
Così nel caso che ci interessa l'errore l'hanno fatto gli italiani: da quelli che hanno creduto a Mariotto Segni, quando prometteva loro che il bipolarismo li avrebbe fatti padroni del loro destino, giù giù fino a quelli che ancora ieri scendevano in piazza per riaffermare la favola della figlia di Mubarak o che nei bar ti spiegano che Berlusconi è stato vittima del signoraggio bancario.
E' la seconda volta in meno di un secolo che la totale incapacità degli italiani a distinguere uno statista da un cialtrone porta il Belpaese a mettere a rischio la stabilità dell'Europa intera: ed è solo perché in fondo vale sempre lo stereotipo dell'italiano pizza-spaghetti-mandolino -e quindi simpatico mattacchione- che ancora gli altri popoli europei non cominciano a chiedere ai loro governanti di trattare noi allo stesso modo in cui Churchill voleva trattare la Germania uscita sconfitta dal II conflitto mondiale (suddividerla in decine di piccoli staterelli dediti al pascolo delle vacche).
Insomma: nessuno ci ha imposto di rinunciare a una fetta della nostra sovranità, e quindi Mario Monti non è il leader di un colpo di Stato ordito dalle plutodemocrazie giudaiche internazionali: questo è un mito che lasciamo che Ferrara (troppo intelligente per crederci) ammannisca ai suoi lettori. Le cose stanno assai diversamente: il resto del mondo ci ha detto: «fate come cazzo credete, ma noi vi molliamo». E noi, che oltre ai 28 Ottobre abbiamo avuto anche dei 25 Luglio, abbiamo aperto gli occhi all'ultimo momento utile e ci siamo rassegnati ad ammettere che per tanti anni siamo stati un ammasso di deficienti invasati, poveri sciocchi inseguitori un'insegna i cui colori non comprendevamo. E così noi, non i trader caymanesi, abbiamo cambiato: meglio tardi che mai.
mercoledì 9 novembre 2011
Elogio della modernità
Siamo nel 2011 (quasi 2012) e l'edizione online del principale quotidiano nazionale riesce a mettere impunemente sulla sua home page la notizia che alla figlia di un noto cantante piacciono le femmine.
E: no, l'aver messo la parola proibiti tra caporali non giustifica comunque l'uso della medesima.
E: no, l'aver messo la parola proibiti tra caporali non giustifica comunque l'uso della medesima.
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