domenica 21 settembre 2008

Alitalia sorge ancora /4

Come avevo già in precedenza detto, la lettura del bilancio Alitalia mi ha offerto una ricca serie di spunti interessanti.
Ripeto le doverose premesse, vale a dire che io non sono un analista di bilancio, che non sono un tecnico del settore e che il documento in questione è di enorme lunghezza e complicazione. Sono anche di parte, per quanto mi sforzi di essere obiettivo, e mi muovo in un campo dove potrei facilmente prendere cantonate, a differenza dei precedenti post che sono il mio pane quotidiano.
L'analisi -se di analisi si può parlare- viene fatta sul bilancio di chiusura al 31 dicembre 2007, e non comprende quindi i successivi eventi; si riferisce all'intero Gruppo Alitalia (bilancio consolidato)
Ciò detto, vediamo il documento, di cui è anche disponibile una versione di sintesi per gli analisti (con numeri peraltro marginalmente differenti).
Nel 2007 Alitalia ha ricavato 4.847 milioni, di cui 4.354 mil. da traffico e 492 mil. da altri ricavi operativi (la somma non quadra per effetto degli arrotondamenti: io per semplicità tronco tutto). Nello stesso periodo ha speso 5.157 milioni, e quindi ha perso 310 milioni.
Gli oneri finanziari (il peso dell'enorme debito) non sono compresi nei costi operativi: si calcolano dopo ed ammontano a 154 milioni. Con qualche altra minima spesuccia questo fa sì che la perdita complessiva, prima delle imposte, sia pari a 469 milioni.
La prima cosa che emerge è che gli oneri finanziari (gli interessi, insomma) non sono poi 'sto granché. Ed in effetti il debito è tutt'altro che enorme, come poi vedremo. Di solito le difficoltà per un'azienda iniziano quando si sono fatti tanti debiti, le cose non sono andate come ci si aspettava, e ci si trova a dover pagare gli interessi che si mangiano tutto l'utile: ma qui gli interessi sono ben poca cosa: il problema è a monte, dato che il bilancio è in perdita prima ancora di sottrarre gli interessi.
"Bella forza: con quella massa di fannulloni strapagati!", sento già dire. Bé, verifichiamolo.
I 5.157 milioni di spese correnti sono così composti:
- 1.090 milioni di spese per materie prime e di consumo;
- 2.695 milioni per servizi;
- 0.852 milioni per il personale;
- 0.387 milioni per ammortamenti;
- 0.132 milioni per altre spese operative.
Ohibò! 852 milioni per il personale non sembrano poi tantissimi. Considerato che la perdita (senza gli interessi) ammonta a 310 milioni, se si volesse tornare in pareggio solo tagliando i salari, bisognerebbe limarne un bel 40%.
Venendo a leggere più in dettaglio, emerge che:
- i 1.090 mil. di materie prime sono quasi totalmente spese per il carburante;
- i 2.695 mil. per servizi comprendono:
--- Spese di vendita 577;
--- Spese di traffico e scalo 969;
--- Manutenzione e revisione flotta 416;
--- Altre prestazioni 422;
--- Noleggi, leasing, locazioni e fitti 309.
E' chiaro che, per volare, ci vogliono la benzina, gli aeroporti e compagnia cantante. Ci vogliono anche piloti e assistenti di volo, del resto! E magari già qui qualcosa si potrebbe risicare senza tagliare sempre e solo posti e salari.
Anche perché gli 852 milioni per il personale, depurati del curtailment (voi non volete veramente sapere cos'è) e degli incentivi all'esodo (buonuscite per licenziarsi) si riducono a 811 milioni. Che sono il 15,7% delle spese complessive, mica il 40%.
A proposito di forza lavoro: sapete quanti sono i dipendenti? 11.172 al 31/12/2007, non 20.000 come dicono quasi tutti. Facendo loro un po' di conti in tasca, e tenendo presente che il 33% del costo va in previdenza, sembrerebbe rimanere una retribuzione media lorda di 48.000 euri a testa, ma in effetti è assai meno perché bisogna togliere tutte le spese per rimborsi, diarie etc.: purtroppo il bilancio non dettaglia meglio, ma alla fine si spiega bene come una hostess con 15 anni di anzianità possa prendere un 1.700 euri netti.
Vogliamo fare un giochino? Andiamo a vedere il bilancio di Lufthansa: 5.428 mil. di spese per personale su 22.420 mil. di fatturato: il 24,5%. Air France: 7.018/24.114: il 29,1%; British Airways: 2.166/8.753 (GBP): il 24,7%.
Alitalia: 811/4.847, pari al 16,7%!
EasyJet: 204/1.797, pari all'11,3%; Ryanair: 285/2713, pari al 10,5%.
Se tanto mi dà tanto, Colannino e Co. puntano a fare di Alitalia una compagnia low-cost!
Il bello è che questi dati sono anche falsati. Io infatti, per pigrizia e anche perché le spese generali sono meno confrontabili da compagnia a compagnia in quanto diversamente rappresentate in bilancio, ho usato come denominatore il fatturato. Ma sappiamo bene che tutte le compagnie che abbiamo citato, tranne una, sono in utile. Se prendiamo il fatturato di Alitalia e lo aumentiamo di 600 milioni, per arrivare a chiudere con un risicato utile, il rapporto costo del lavoro/fatturato si riduce a 14,8%.
Intendiamoci: non c'è nulla di male in una compagnia low-cost, ma non possiamo pensare che alitalia possa diventarlo. E questo per il semplice fatto che il guadagno del low-cost viene fatto non tagliando le spese del personale (invero anche su quello), bensì stressando il più possibile il fatturato.
Vedremo come.

(continua)

2 commenti:

.mau. ha detto...

C'è però un punto che non mi torna. A parte le ovvie constatazioni (ma valgono per tutti i vettori aerei) che Alitalia quest'anno ha avuto molte più spese per carburante, qui abbiamo la situazione opposta di Parmalat: lì infatti c'era un debuto enorme.
A questo punto la domanda sorge spontanea: dov'è che il modello Alitalia non ha funzionato, se comunque non è riuscita a fare utili in una situazione finanziaria buona?

m.fisk ha detto...

questo viene esaminato nella quinta puntata ;-)

 

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