sabato 20 settembre 2008

Alitalia divaga ancora

Considerate le espressioni di stima ricevute, di cui ringrazio, oggi avevo pensato la quarta puntata della serie Alitalia: quella sui creditori.  Me la sono costruita mentalmente, poi mi sono andato a prendere il bilancio per verificare quanto avevo intenzione di scrivere.

Ho visto che le cose non stanno come pensavo: quindi prima di dare interpretazioni erronee ci devo pensare bene sopra; e non è neppur detto nemmeno che abbia le capacità e la determinazione per affrontare il compito.  Del resto il bilancio di Alitalia è, come potete immaginare, un documento estremamente complesso, data anche la particolare operatività internazionale: senza una conoscenza approfondita dei principi IAS non ci capireste niente, come forse non ci capirò molto io, che non sono un analista bensì un legale.

Intendiamoci. Non sto dicendo che ci siano sotto chissà quali misteri: semplicemente i numeri non sono come pensavo.  E tale notizia non inficia quanto detto nelle puntate precedenti, dato che lì si facevano considerazioni strutturali di natura legale, mentre qui ragioniamo di parametri patrimoniali, economici e finanziari.

Però un ragionamento, o meglio una divagazione, si impone.

Ieri sera, vedendo al Tg le scene di esultanza dei dipendenti all'annuncio della trattativa con CAI e della prospettiva del fallimento, mi sono reso conto che solo io e pochi altri che fanno il mio mestiere potevano capire cosa stava succedendo: il grande pubblico non poteva averne idea, e stampa e televisioni non offrivano il minimo strumento interpretativo.

Ho sentito il bisogno di perdere qualche ora e ho buttato giù queste noterelle, che credo abbiano due qualità: sono abbastanza chiare (per quanto lo consente la materia) e sono abbastanza obiettive (per quanto vengano da uno di parte).  La chiarezza mi è stata riconosciuta anche da altri, dell'obiettività sono io l'unico giudice, ma me la auto-riconosco a cuor leggero: basti pensare che se avessi scritto quanto avevo in mente oggi, senza verificare i dati di bilancio, molto probabilmente nessuno se ne sarebbe accorto. E a riprova di ciò ho i miei log, dai quali risulta che solo un utente, da un'azienda meccanotessile sul Lago Maggiore, è andato a leggere il testo del famigerato decreto, mentre tutti gli altri si sono semplicemente fidati.

Io ci credo, che grazie al mio piccolo lavoro di una serata qualcuno dei miei lettori abbia capito meglio, e mi indigno perché non posso ammettere che una classe di professionisti dell'informazione, pagati per spiegare la realtà, non siano stati in grado di mettere insieme pochi concetti in un articoletto tecnico-divulgativo.  E' una materia complicata, certo, ma si può semplificarla senza banalizzare.  Considerato che non ho trovato -sui giornali normali, lasciamo perdere il Sole 24 Ore- un solo articolo che spiegasse il contenuto del decreto e tutto il seguito, mi domando se il motivo sia:

  • che nessun giornalista ci ha capito qualcosa (ma non ci sono dei consulenti per queste cose, nelle redazioni?)
  • che hanno capito ma hanno preferito non scendere in particolari (per non disturbare il manovratore? lo capirei dal Giornale; ma l'Unità o Liberazione?);
  • che hanno capito ma hanno ritenuto troppo tecnica la questione, e quindi di scarso interesse (o forse troppo difficile da spiegare).
  • Personalmente credo che la risposta giusta sia l'ultima: credo che la stampa italiana sia ormai talmente scaduta che non solo non si preoccupa del più banale degli adempimenti, vale a dire verificare quanto si scrive, ma addirittura non si curi più neppure del prodotto stesso, Non è più un problema di qualità scadente, insomma, ma proprio di offerta: si scrive per riempire le pagine (e per inserire tanti paginoni pubblicitari tra una notizia e l'altra).

    E' molto più facile descrivere le divise, i cori, persino le ansie dell'hostess con i figli a casa e 1.500 euro di paga base, piuttosto che spiegare perché diavolo quell'hostess sta lì, cosa la spinge ad applaudire la prospettiva del fallimento che per qualunque dipendente è il peggiore degli spettri.

    Qualcuno ci marcia anche: sono sicuro che Feltri vorrà far credere che i dipendenti vogliano trovarsi per strada al solo fine di prendere la cassa integrazione e fare il lavoro nero; ma per la maggior parte delle testate credo si tratti solo di pigrizia e sciatteria.


    2 commenti:

    Ipazia Sognatrice ha detto...

    Sono perfettamente d'accordo con te: trovo che ci troviamo di fronte ad un inutile surplus di mezzi comunicativi, utilizzati in maniera cieca e sbagliata. Insomma, non è possibile che con i giornali (quotidiani, settimanali...), la tv, internet, l'informazione destinata alla maggior parte della gente (quella come me, che non è in grado di capire a fondo questioni così complesse come il diritto fallimentare d'impresa, ma che comunque vuole capire come vadano le cose, perché la compagnia di bandiera ha tutti questi casini e soprattutto COSA FACCIANO A RIGUARDO I VINCITORI DELL'ULTIMA CAMPAGNA ELETTORALE)si riduce spesso a pochi e scarsi contenuti confusi messi insieme da giornalisti che scrivono senza avere il minimo barlume di scienza delle cose che trattano. Capisco che magari le persone che realmente cerchino di capire le cose, nella massa, sono tanto poche da non costituire un target, mentre al popolo bue, secondo gli stereotipi quelle poche informazioni cucite insieme paiono più che sufficienti. E' anche vero però che attravero efficaci mezzi di informazione si può rendere il popolo meno bue.
    Grazie per quello che fai, ancora una volta.

    Anonimo ha detto...

    questo è perchè tu non leggi il manifesto. ciao

     

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