Nella scorsa puntata abbiamo affrontato di sfuggita il tema della convenienza per le banche di prestare denaro a tasso fisso o variabile. Questo ci porta a parlare dei derivati: usciamo un po' dal seminato, ma si tratta di un argomento che sia pur marginalmente ci servirà anche per capire a fondo cosa comporta la rinegoziazione dei mutui attuata da Tremonti; e comunque non ci corre dietro nessuno, dato che per decidere se aderire o meno c'è tempo fino a fine novembre!
Avevamo detto, semplificando grossolanamente, che le banche prendono il denaro a tasso variabile e quindi prestarlo a tasso fisso è rischioso. In effetti andando a guardare più a fondo si vede che una banca ha tante fonti di raccolta, a condizioni e con durate diverse.
Possiamo immaginare che ciascun euro in cassa abbia un suo cartellino, che dice "io sono stato preso a tasso variabile" oppure "io sono stato preso a tasso fisso per tre anni".
Il banchiere (il responsabile della finanza) deve assicurare che ci sia una corrispondenza il più stretta possibile tra le forme di raccolta e quelle di impiego, per minimizzare il rischio di tasso e di durata.
Un allibratore di cavalli non ci pensa nemmeno a far le quote in base a chi crede che vincerà: le modifica tempo per tempo, in modo che se ha ricevuto troppe puntate su un solo cavallo i successivi scommettitori puntino su altri cavalli, minimizzando così il suo rischio. L'obiettivo è di guadagnare sempre, indipendentemente da quale sarà il cavallo vincente.
Il banchiere, allo stesso modo, non ha alcuna intenzione di speculare sul tasso. Magari ha un bel mucchietto di euri acquistati a tasso variabile, ad esempio il 4,00%, e si aspetta che i tassi scendano. Potrebbe impiegarli al tasso fisso del 4,50%, lucrando uno 0,50% di spread, che si raddoppierebbe o quadruplicherebbe con la discesa dei tassi. Ma se invece i tassi salissero? Lo spread scenderebbe a zero, o andrebbe in negativo: e ciò non sarebbe punto bello.
I banchieri sanno benissimo che la sfera di cristallo non esiste, e che la loro aspettativa per il domani è del tutto aleatoria. Io stesso, quando si è trattato di dare un consiglio sui tassi ai miei genitori, sono andato dal guru della mia banca chiedendogli come sarebbero andate le cose: naturalmente la risposta era sbagliata.
Quindi se in cassa c'è denaro acquistato a tasso fisso, lo si impiega a tasso fisso (e per la stessa durata), mentre quello acquistato a tasso variabile lo si impiega a tasso variabile.
Già, ma se i clienti vogliono il tasso fisso e in cassa di tasso fisso non ce n'è, come si fa? Presto detto.
Immaginate di aver in tasca un bel biglietto Alitalia per Londra: ora che sapete che il volo partirà preparate la valigia e ci mettete dentro magliette, mutande, rasoio, caricatore per il cell... azz! ma a Londra hanno quelle ridicole prese a tre poli... Trovato! ci vuole un adattatore. Comprato l'adattatore, la spina del vostro caricatore vede una presa italiana, mentre la presa del muro dell'albergo vede una spina inglese, e tutti sono soddisfatti.
L'adattatore per il banchiere si chiama derivato: il cliente vede il tasso fisso, mentre il bilancio della banca vede il tasso variabile, e tutti sono contenti.
La stessa cosa si può fare, anziché con i tassi, con i cambi; ed è anche più facile da spiegare e da capire. Immaginate di essere un pastificio italiano, che compra il grano in Italia, e che vende una parte del prodotto in America: il prezzo di quella fornitura sarà regolato in dollari; e se il dollaro sale, champagne!; ma se scende son dolori, perché il grano lo pagate in euri, e la pasta finite per venderla a meno del valore del grano con cui è fatta... Che si fa? si mette in mezzo l'adattatore: uno strumento che annulla le differenze facendovi vedere euri anziché dollari.
In pratica, si fa un contratto che prevede che se il dollaro scende, vi pagano dei soldi, mentre se sale, sarete voi a pagare.
Immaginate che il vostro contratto con l'America sia per una fornitura di 10 milioni, quando il cambio euro/dollaro era a 1,250 (vale a dire 8 milioni di euri): voi dovrete stipulare un derivato su un valore di 10 milioni di dollari (il cosiddetto sottostante) strutturato in modo che se il cambio euro/dollaro andasse a 1,111 (il vostro contratto ora varrebbe 9 milioni di euri) voi dovrete pagare 1 milioni di euri; se invece il cambio andasse 1,400 (il vostro contratto ora varrebbe 7,14 milioni di euri), voi ricevereste 0,86 milioni.
Come si vede, il derivato è uno strumento utilissimo: vi può salvare l'economia di un'azienda e vi fa dormire sonni tranquilli: Bush può dire e fare qual che vuole: qualunque cosa succeda, io guadagnerò sempre la stessa cifra.
Ma allora perché se ne parla tanto male, dei derivati? Il problema è che se voi la fornitura da 10 milioni di dollari (il famoso sottostante) non ce l'avete, il vostro derivato diventa una mera scommessa sui cavalli. Potete vincere o potete perdere; meglio se vincete, ma in ogni caso non avete più una fonte di serenità, bensì di ansia.
Tornando al nostro derivato sul tasso (che tecnicamente si chiama IRS: ricordatevelo!), il meccanismo è sempre quello: vi consente di trasformare un tasso fisso in un tasso variabile, e viceversa. anche in questo caso, se avete il sottostante (cioè il mutuo da trasformare), il derivato è una cosa seria e utile; ma se stipulate il derivato senza sotto il mutuo, state semplicemente scommettendo d'azzardo sulla direzione che prenderanno i tassi; e avete il 50% di probabilità di perdere (tanto) denaro.
Finché i derivati erano trattati solo tra professionisti della finanza, la loro utilità era evidente e innegabile; il problema è stato quando hanno cominciato a uscire dai santuari ed essere proposti anche a piccolissime aziende o addirittura a privati. L'esempio del pastificio mi semba faccia vedere la faccia buona del derivato; ma se vendiamo un derivato in yen al meccanico sotto casa, sicuramente c'è qualcosa che non funziona.
Evito di proposito di affermare che è la banca, che ha sbagliato a venderlo: perché molto spesso, è proprio il piccolo imprenditore che viene a chiederlo, il derivato, credendo di diventare Paperone in poco tempo. Sbaglia chi glielo vende, ma prima di tutto sbaglia lui a chiederlo. Intendiamoci: tanti onesti risparmiatori sono stati volgarmente truffati da venditori senza scrupoli; ma tanti altri hanno provato, è andata loro male, e poi cercano di rimettere insieme i cocci.
Fine della digressione: la prossima volta riprendiamo il tema della rinegoziazione per capire se accettare o meno la proposta giunta a casa.
giovedì 25 settembre 2008
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento