mercoledì 3 settembre 2008

Chrome

Ne parlano tutti, tanto vale che ne parli anch'io.

La pervasività di google non mi piace.  Non mi preoccupa, ma non mi piace. Preciso ancor meglio: non è che mi dispiaccia, semplicemente non mi fa piacere.

E non è che mi senta in pericolo: gli ho affidato mail, blog e ogni giorno lascio che filtri la mia conoscenza.  Sono consapevole di cosa sto facendo, e so bene che dieci anni fa sarei stato più libero di cercare, non certo di trovare.

Mi preoccupa il fatto che sebbene la mia sia una consapevolezza critica, maturata attraverso venticinque anni di confronto con le macchine e con chi le governa, cionondimeno è una consapevolezza di nicchia: l'uomo della strada -ma anche il giornalista- digita e beve il risultato, acriticamente.  E con ciò accetta di vedere solo una fetta di realtà, senza accorgersene: come nella caverna di Platone.

Mi piacerebbe che le lezioni di +ORC fossero rese obbligatorie: non quelle tecniche ormai irrimediabilmente archeologiche, bensì quelle sul social engeenering, ancora attuali pur se la realtà è andata ben oltre l'allora immaginabile.

Non ho capito bene come fa Opera a vivere: neanche ciò mi piace molto, ma per ora continuo a usarlo (e mi consente di mettere i tab sotto, to')


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