Arrivo buon ultimo a fare un ragionamento sulla questione dell'ammissione alla competizione elettorale delle varie liste che fanno riferimento all'area della maggioranza di governo. Ho una vita anch'io, e probabilmente sono fuori tempo massimo, ma spendo comunque due parole.
Avevo scritto al riguardo due post: uno per dire che comunque Polverini e Formigoni avrebbero partecipato alle elezioni, e la cosa interessante sarebbe stata capire non se bensì come sarebbero state riamesse; l'altro, in risposta a chi riteneva che un banale timbro non fosse una questione sulla quale perdere troppo tempo, che dava conto di come timbri e termini siano molto importanti, e pertanto di come il problema della mancanza di uno o del ritardo nel rispetto degli altri fossero sostanza e non mera forma.
E' ora il caso di tirare le fila.
Chi opera ogni giorno nel campo del diritto ha ben presente la differenza tra diritto sostanziale e diritto procedurale; sa che il rispetto delle procedure è essenziale per far valere la sostanza delle cose e sa che il rispetto di termini e adempimenti è almeno altrettanto importante del rispetto dei doveri e dei diritti sostanziali. L'avvocato che perde un termine perde la causa, e quindi il suo cliente perde il proprio diritto sostanziale per un errore procedurale.
Dal punto di vista del giurista, quindi, la mancata presentazione di una lista entro il minuto stabilito dalla legge, o la mancanza di un'autentica fatta nelle dovute forme, sono motivi sufficienti e cogenti per l'esclusione di quella lista dalla competizione.
Cerchiamo però di allargare lo sguardo dalla teoria alla realtà, e chiediamoci cosa sarebbe successo se quelle liste fossero state escluse. E non ponendoci dal punto di vista dell'elettore di destra, "privato del proprio diritto di voto" (questa è una cazzata, in quanto nessuno avrebbe pensato a impedire all'elettore di votare: semplicemente avrebbe dovuto scegliere tra liste meno facilone rispetto a quelle che avrebbe scelto).
No: mettiamoci dal punto di vista del Penati o della Bonino di turno, e chiediamoci cosa avremmo fatto una volta vinte le elezioni regionali a tavolino. Avremmo potuto veramente governare la nostra regione per cinque anni? O dal giorno dell'insediamento ogni e qualsiasi nostra decisione, perfino il contributo alla festa patronale di una lontana comunità montana, sarebbe stato contestato in quanto il nostro governo regionale sarebbe stato sostanzialmente privo di una vera legittimazione? Cosa sarebbe venuto fuori dalle urne? Un governo destinato a traccheggiare nell'ordinaria amministrazione; e anche in questo campo tra enormi difficoltà.
Sappiamo bene quanto chi governa debba prendere scelte talora impopolari, e quanto spesso in questi casi si appelli (talora a sproposito) al fatto che il suo esecutivo "ha il consenso degli elettori". Ecco: pensate cosa sarebbe un governo che non ha neppure il consenso degli elettori, e capite bene che non vi sarebbe modo di governare efficacemente. Sarebbe stato un disastro di proporzioni epiche: e questo ci fa capire che è diversa l'esclusione dalle elezioni del partito dell'automobilista, forte del suo 0,02%, rispetto al partito della libertà che può ragionevolmente contare su un 40-50%: l'esclusione anche ingiusta del primo non delegittima il risultato del voto, mentre l'esclusione pur giusta del secondo sì. E, ciò che è più grave, mette il vincitore uscito dalle urne in posizione di tale debolezza politica da fargli rimpiangere di non aver perso.
E però: una volta fatto il pasticcio delle presentazioni, come far sì che la legge fosse rispettata, e allo stesso tempo il governo regionale fosse rappresentativo del popolo?? L'unica soluzione che mi viene in mente è fare come succede sul campo di pallone, quando un giocatore s'infortuna: la squadra in possesso di palla butta il pallone fuori per fermare il gioco e consentire all'avversario di essere soccorso; dopodiché alla ripresa la squadra che deve rimettere passa il pallone a coloro che hanno buttato la palla fuori. Le regole sono rispettate e la sostanza pure.
Nello specifico, l'unica soluzione formalmente e politicamente corretta sarebbe stata quella di celebrare le elezioni senza le liste escluse, e che immediatamente dopo la proclamazione dei vincitori questi si dimettessero per indire una nuova tornata. Il problema è che la soluzione è politicamente e giuridicamente corretta, ma costa un fracco di soldi: e chi li avrebbe sentiti quelli de lavoce.info, questa volta?
No, bisognava trovare un'altra soluzione.
La peggiore di tutte sarebbe stata quella di affidare alla magistratura il compito di riammettere le liste escluse: questo -perlomeno nel caso della lista PdL laziale- avrebbe potuto essere fatto solo con una tale stortura delle norme da gridare vendetta. La magistratura sarebbe stata connivente di una grande truffa: non per aver fatto partecipare la lista, bensì per aver dovuto impapocchiare una giustificazione del tutto campata in aria. e così facendo avrebbe perso, anche per il futuro, qualunque credibilità.
E allora, credo sia stato cento volte meglio il decreto-legge. Con quest'atto il governo si è preso la piena responsabilità della manipolazione del dettato della legge, salvando la magistratura da una pericolosa e indebita connivenza.
Ora è chiaro a tutti, da qualunque parte essi si schierino, chi ha fatto le sciocchezze e chi ci ha messo una pezza; ed è pure chiaro che fa rispettare le regole e chi le forza a proprio piacimento.
Certo, l'elettore della Polverini sarà dalla parte di chi forza le regole, ma perlomeno si avrà la consapevolezza (da ambo le parti) che le regole sono state forzate, e che è stato commesso un vero e proprio abuso giuridico, sia pure con un (più o meno) nobile fine.
In tal quadro, è inutile, sciocco e un po' in malafede dare addosso al povero Napolitano: cosa avrebbe dovuto fare? avrebbe dovuto veramente impuntarsi e far giocare una competizione falsata per poi dover smontare tutto daccapo, di lì a poco tempo? No, anche lui ha dovuto prendere atto della cazzata fatta dalle destre, e accettare di buon grado la pezza a colore cucita dalle destre stesse, lasciando che la responsabilità della cazzata e della pezza ricadessero sulla medesima parte politica.
E, francamente, anch'io sono lieto: chi mi conosce può ben immaginare quanto ci tenga ad avere altri cinque anni di Formigoni in Regione; ma credo proprio che un governo Penati (o chichessia) eletto dal 35% dei lombardi e destinato a durare un annetto scarso si sarebbe poi risolto in una mazzata dalla quale la sinistra non si sarebbe ripresa per decenni.
Un'ultima considerazione sul cosiddetto "popolo viola", i Travagli e i Gilioli. La lista di Formigoni -almeno a quanto ho capito- è stata riammessa dal TAR sulla base di un motivo squisitamente procedurale. In partica il TAR ha detto che la corta d'appello aveva già ammesso la lista, e quindi non era legittimata a escluderla successivamente. E' questo un principio basilare del nostro ordinamento procedurale, quello che un giudice decide una volta sola e una volta deciso non è che possa ripensarci e tornare indietro. Questione di lana caprina, se vogliamo, ma anche l'assenza di un timbro pure lana caprina è.
Chi vuol atteggiarsi a garante dello Stato di diritto e delle forme non è che lo possa fare a senso unico, e appigliarsi ai cavilli solo allorquando conviene alla propria parte, salvo dimenticare la cavillosità quando un cavillo di segno contrario smonta il cavillo precedente.
Far prevalere la forma sulla sostanza, lo ripeto, sarebbe stato giuridicamente giusto ma politicamente poco lungimirante. Pretendere invece che la forma che ci piace prevalga sulla forma denota semplicemente malafede o, peggio, mancanza della capacità di interpretare il mondo che ci circonda.
lunedì 8 marzo 2010
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13 commenti:
Avrei voluto scriverlo io, questo post, perché rappresenta esattamente quello che penso da due giorni a questa parte e di cui cerco di convincere i miei poveri interlocutori. Solo che non ne sarei stato capace, perché mi manca la formazione giuridica e mi manca anche il blog, chiaramente.
Vedi, le piccole soddisfazioni dell'avere un blog? Se putacaso ne volessi mai aprire uno, chessò, per parlare di scuola, posso darti dei suggerimenti.
Avrei potuto anche scrivere qualcosa sulla meravigliosa regista che ha vinto l'Oscar, mannaggiamme...
» Nello specifico, l'unica soluzione formalmente e politicamente corretta sarebbe stata quella di celebrare le elezioni senza le liste escluse, e che immediatamente dopo la proclamazione dei vincitori questi si dimettessero per indire una nuova tornata.
non sono d'accordo, ma per un altro motivo.
Fare così praticamente dire che l'errore di chi non è stato capace a seguire le regole non c'è in realtà stato, immaginando che all'immediata successiva presentazione delle liste riescano ad arrivare in tempo (e sennò tanto si continuerebbe così ad libitum). Se si accetta questo punto di vista, tanto vale riammettere subito i tiratardi, che almeno si risparmia tempo e soldi.
Io resto dell'idea che la soluzione sarebbe dovuta essere una penalizzazione: premesso che il problema del listino Polverini era davvero solo formale, per la mancata lista PdL romana i poveri elettori avrebbero dovuto scegliere altre liste collegate alla candidata sindaco (si sarebbe anche potuto lasciare il simbolo PdL così non facevano fatica a trovarlo, semplicemente non sarebbero stati eletti loro candidati) e a Milano si sarebbero dovute accettare le liste ma non il listino.
Sarebbe comunque servito un decreto legge per fare queste cose, ma questo decreto sarebbe potuto essere condiviso: chi sbaglia paga, ma non paga più del necessario. Peccato che la prima parte ("chi sbaglia paga") non sia di moda in Italia.
Ma se siamo sicuri che Formigoni prenderà il 40%, le elezioni che le facciamo a fare? Se sappiamo che il partito dell'automobilista prenderà lo 0,03% che facciamo a fare le elezioni? Facciamo un sondaggio e via...
Travaglio ha anche portato esempi di casi analoghi accaduti in passato, anche con partiti grossi. Non è successo nulla di quello che hai detto tu. Semplicemente chi aveva portato le firme in regola è stato premiato e gli altri puniti. Nessuno si è lamentato. Nessuno ha invocato leggi ad hoc.
M.fisk, mi sorprende questa tua posizione. Non me l'aspettavo...
ciao
nicola.
Le elezioni le facciamo per contare i voti, e può star benissimo di ipotizzare che il PCd'I prenda il 40% e formigoni il 2%. Nel mondo reale, però, sappiamo bene che le cose sono diverse: e la mia preoccupazione, mi ripeto, non è quella di garantire il diritto di voto agli elettori del PdL, bensì quella di garantire che le istituzioni funzionino. Il che, credo, non potrebbe accadere con l'assenza del partito di maggioranza relativa.
Travaglio su beppegrillo ha portato casi precedenti in cui non è successo nulla di ingovernabile. (verso la fine del suo intervento) Non è che ti fai troppi problemi per nulla?
(Certo che essere governati da Penati 5 anni.... dalla padella alla brace! :-) )
ciao
nicola.
Sono pienamente d'accordo con te. In pratica abbiamo scritto le stesse cose, anche se tu lo fai decisamente meglio.
Mi spiace che quella che poteva essere per l'opposizione una occasione per levare consensi siano riusciti a vanificarla dando addosso a Napolitano.
I casi sono due, o stupidità o malafede. Non so se sperare nel primo.
Ma a questo punto, supponiamo che il partito che si prende la responsabilita' di questa manipolazione *non* viene punito dal suo elettorato e mantiene quindi stabile il suo consenso.
Se p.es. l'anno prossimo ci sono nuove elezione e di nuovo, accidentalmente o intenzionalmente lo stesso partito presenta le sue liste leggermente fuori tempo massimo, che si fa, si replica lo spettacolo di quest'anno?
Cosa pensi, invece, della soluzione prospettata dai Radicali: rinvio delle elezioni e riapertura dei termini generalizzata, per tutti?
Il provvedimento sarebbe stato comunque abnorme da molti punti di vista, ma almeno ci avrebbe risparmiato alcuni obrobri, quali:la "fictio iuris" del decreto fintamente interpretativo,il tentativo di legare le mani alla Magistratura amm.va nell'imminenza di suoi pronunciamenti, la possibilità di sforare i termini di presentazione delle liste restandosene al bar interno al Tribunale, firme autenticate da ritenersi valide anche se...prive di autentica o con autentica irregolare e così via.
Questa volta non mi hai convinto. Se a me arriva una multa perchè non ho rispettato il termine delle 48 ore per notificare alla questura la cessione di fabbricato del mio 50% di casa, la devo pagare e devo pure stare zitta, perchè ho sbagliato.
Silvia
Ma non c'è nessuno che pensa che ogni tanto un gol a porta vuota ci sta? :-)
Commento l'intervento di Nicola: Travaglio fa il suo mestiere di polemista: lo fa bene e confido che ciò gli porti in tasca tanti danari, anche per pagare i numerosi legali che lo assistono.
Tuttavia, come sempre egli spara argomentazioni che non reggono un'analisi approfondita. Il caso dell'esclusione dell'UDC dalla competizione per la provincia di Trento è diverso rispetto ai casi di Lombardia (che, rammentiamolo, non è più un caso) e Lazio. Perché Trento non è il Lazio (ha un decimo della popolazione) e perché l'UDC non è il PdL: non lo è non solo in termini di consenso elettorale, ma anche in termini di senso dello Stato e delle istituzioni: ed è anche per questo (non solo per il minor peso numerico) che Trento non è un problema.
Quanto al Molise, qui il tema è completamente scentrato. Qui si parla di un'elezione dove _a posteriori_ la giustizia amministrativa ha riconosciuto l'invalidità delle firme raccolte da alcune liste, che sono risultate determinanti per il raggiungimento della maggioranza: e conseguentemente ha dichiarato invalida l'elezione, che è stata ripetuta. A posteriori: dopo, e non prima dello svolgimento delle elezioni: vale a dire quando ormai il vizio era comunque insanabile: e difatti si è rigiocata la partita.
Quanto agli altri interventi, certo mi rendo ben conto che mettere questa pezza apre un'enorme quantità di problemi per il futuro, ma sottolineo ancora che qui non si tratta di scegliere una soluzione ideale, bensì il minore tra tanti mali. Comunque è il caso di approfondire ancora l'argomento in un altro post.
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