Sul suo blog oggi Gilioli richiama un articolo del collega De Feo apparso sull'Espresso.
In sostanza De Feo dice che la bomba che nel '93 scoppiò davanti al PAC era anomala, non essendo tale museo un obiettivo di rilevanza tale da giustificare la decisione della mafia di colpirlo: e su ciò possiamo anche concordare.
Si sarebbe quindi trattato di uno sbaglio, e il De Feo ventila alcune ipotesi alternative nelle vicinanze, e precisamente nel raggio di 500 metri: la questura (obiettivo però assai difficile, dato il livello di sorveglianza di via Fatebenefratelli); il palazzo della stampa (obiettivo plausibile, ma da escludere in quanto a quell'ora una bomba avrebbe fatto un fottìo di morti, il che non rientrava nelle strategie mafiose del momento); la biblioteca di Marcello dell'Utri.
Tale articolo viene ripreso del Gilioli, il quale nel riassumerlo sintetizza che vi erano solo due possibili obiettivi, e dovendone eslcudere uno rimane solo l'ufficio-biblioteca di Dell'Utri. Ed ecco dimostrato il legame tra le bombe del '93 e Dell'Utri (e, aggiungiamo noi con audace salto logico, Berlusconi: notorio amico e sòdale del bibliofilo siciliano).
Ora, io ci avrei due cose da dire. La prima, che di solito se uno è il mandante di un attentato bombarolo, di regola è difficile che la bomba se la faccia scoppiare proprio sotto il portone di casa: e pertanto il rapporto tra Dell'Utri e l'attentato sarebbe, al limite, più come vittima che come mandante.
La seconda, che a 500 metri da via Palestro vi sono: il consolato americano; la sede del Milan; il grattacielo svizzero; il museo del Risorgimento; il palazzo delle tasse. E, se vogliamo essere puntigliosi, perfino le sedi di Krizia, Versace e Armani. Tutti obiettivi che, alla stregua del ragionamento dell'Espresso, sono ugualmente plausibili e perfino un po' più noti, allora, della biblioteca di Dell'Utri.
giovedì 17 giugno 2010
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