giovedì 19 agosto 2010

Ancora un poco

Oggi Repubblica ritorna sulla questione della legge ad personam salva Mondadori, con un lunghissimo articolo a firma di Massimo Giannini: conta infatti ben 2223 parole nell'edizione pubblicata sul web, ma a vederla stampata sembrano molte di più, le parole spese.
Giannini non è uno dei pasdaran del quotidiano, e quindi la cosa ha suscitato ancor più il mio interesse.
In effetti l'analisi che avevo fatto nel post precedente era un po' semplicistica, e va integrata distinguendo i vari piani interpretativi.
Noi abbiamo di fronte un'azienda alla quale il Fisco (o meglio: l'Agenzia delle Entrate) ha chiesto un bòtto di soldi. Per capire bene il fenomeno, è importante cominciare a comprendere che quando il Fisco chiede dei soldi lo fa allo stesso titolo con cui lo fa un soggetto privato: la sua richiesta non statuisce il diritto di ricvevere la somma, esattamente come quando io pretendo che il mio vicino di casa mi paghi un importo perché il suo gatto mi disturba con il suo miagolìo, non per questo ho diritto di ottenere il risarcimento che chiedo.
Certo, questa è una semplificazione, ma le cose stanno in fondo in fondo proprio così: il Fisco è un soggetto pubblico, ma non per questo ha necessariamente ragione.
Due gradi di giudizio hanno statuito che il Fisco aveva torto: questo è un dato di fatto. Giannini sottolinea che la Mondadori era assistita dallo studio di Tremonti, non ancora ministro dell'Economia. Anche questo è un dato di fatto, ma il modo stesso con cui la circostanza è presentata nell'articolo induce il lettore a ritenere che Tremonti abbia potuto influire sulla decisione delle Commissioni Tributarie, il che è una fallacia del tipo post hoc ergo propter hoc.
Mi ripeto: se Repubblica ha delle prove della corruzione, o perlomeno delle indebite pressioni, nei confronti delle due Commissioni Tributarie, deve tirarle fuori: come ha sempre fatto con tutte le questioni riguardanti la cosiddetta P3. Se tali prove non ci sono, quelle di Giannini, e di chi l'ha preceduto, sono solo insinuazioni, che non dovrebbero avere spazio in un giornale che si pretende serio.
Poi c'è tutta la questione delle modalità con le quali sono avvenute due cose: da un lato, la remissione della causa alle Sezioni Unite della Cassazione, avocando la stessa dalla Sezione Tributaria; dall'altra, le modalità con le quali è entrata in vigore la normativa riguardante la transazione fiscale dei soggetti che avessero vinto i ricorsi tributari nei due gradi del giudizio di merito.
Parliamo anzitutto dell'attribuzione alle Sezioni Unite: è un fatto non frequente, ma non eccezionale e neppur raro: si va alle Sezioni Unite, su decisione del primo Presidente, "sui ricorsi che presentano una questione di diritto gia' decisa in senso difforme dalle sezioni semplici, e su quelli che presentano una questione di massima di particolare importanza". Noi non sappiamo, perché Repubblica, pur così informata, non ce lo dice, quale sia la motivazione con la quale il Presidente Carbone ha disposto la rimessione alle Sezioni Unite: l'articolo si dilunga sull'età di Carbone, sull'innalzamento del termine del pensionamento, sui suoi coinvolgimenti con Carboni e Lombardi: ma non ci dice quale sia la motivazione con la quale ha rimesso la causa. L'articolo, quindi, alimenta un sospetto: che Carbone abbia rimesso la causa come corrispettivo di quanto ottenuto dal Governo: ma senza una spiegazione sui motivi di rimessione, questo rimane un mero sospetto. C'erano già dei precedenti, sulla materia in discussione? Erano precedenti conformi o c'era una difformità giurisprudenziale? Qual era la questione di massima? era o non era di particolare importanza? Non lo sappiamo; e non credo che Giannini non lo sappia: semplicemente non ce lo dice. Forse non lo dice perché si tratterebbe di materia troppo tecnica e noiosa e quindi non "giornalistica": ma avendoci gia intrattenuto assai, credo che qualche riga sul tema non sarebbe stata sprecata.
Veniamo infine al tema dell'iter di approvazione del'emendamento salva Mondadori. Non nego che nella ricostruzione di Repubblica l'atteggiamento del Governo e del parlamentare che ha presentato l'emendamento appaia quanto meno sospetto, ma anzittto questo sospetto non fa venir meno le considerazioni espresse poco sopra, vale a dire il fatto che Mondadori avesse già vinto in due gradi di giudizio e che pertanto, al momento dell'approvazione del'emendamento, NULLA doveva al Fisco. In secondo luogo, è forse il caso di rammentare che l'emendamento si inseriva in un pacchetto di provvedimenti che dovevano liberare risorse finanziarie dalle imprese per consentire loro di affrontare la crisi: e liberare accantonamenti appostati in bilancio a fronte di impegni fiscali, per i quali si sia già vinto due volte in giudizio, mi sembra che ben possa andare in questo senso.
Certo, sarebbe molto meglio che lo Stato e gli Enti Pubblici (ASL in primis) pagassero i creditori: questo come provvedimento anticrisi sarebbe molto più efficace della definizione transattiva dei contenziosi tributari arrivati in Cassazione ad iniziativa dell'Agenzia delle Entrate; ma per far ciò ci vogliono denari che Tremonti non ha; mentre per la definizione di questi contenziosi non solo non ci vogliono denari, ma anzi si fa cassa.
In conclusione: l'articolo di oggi non spiega: ribadisce quanto già detto in precedenza da Repubblica (la quale si vanta, e non a caso, di aver dato la notizia "in splendida solitudine"); ma non spiega punto. Allunga la frittata ma non dà né all'uomo della strada né al tecnico del diritto alcuna notizia né nessun indizio in grado di chiarire se il torto di Mondadori sia una mera idea del direttore del giornale o un qualcosa con un fondamento un minimo più solido.
In assenza di questi chiarimenti, la cosiddetta "informazione" di Giannini e della redazione è un po' come quella che Don Basilio suggerisce a Don Bartolo: una ridda di voci che alla fin trabocca, e scoppia, si propaga si raddoppia e produce un'esplosione come un colpo di cannone.
A questo punto, che differenza c'è tra Giannini e Travaglio? E tra Mauro e Padellaro?

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Caro mfisk,

la tua analisi è perfetta.

Il punto, però, è che il nostro presdelcons ha talmente le mani in pasta ovunque che anche quando starnutisce è in conflitto di interessi. E' un dato di fatto questo.

Non è certo con i ragionamenti di Giannini che si mostra la cosa. La conflittualità di Silvio è talmente "intima" a tutto quello che fa che per metterne a nudo le connessioni non credo possa bastare un articolo di giornale. Eppure chi ha seguito la sua storia, in questi anni, ha già tutti gli elementi per farsi un'idea.

Sul caso in esame hai ragione. Ma ti sembra normale che un presdelcons non possa legiferare su nulla senza destare sospetti più che legittimi?

dtm ha detto...

Travaglio non spara palle, ad esempio, nè fa insinuazioni insostenibili.
Sì, ho letto le sentenze per diffamazione.

 

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