giovedì 18 novembre 2010

Sciogliere una sola camera

Nei giorni scorsi l'attenzione dell'opinione pubblica, perlomeno quella che si occupa un po' di politica e istituzioni, è stata catturata dalla discussione sulla proposta di Berlusconi di riesumare l'art. 88 della Costituzione, quello che prevede che il Presidente della Repubblica possa «sciogliere le Camere o anche una di esse».
Che si trattasse di una sciocchezza, in termini politici, l'hanno detto in tanti: primo fra tutti il prof. Zagrebelsky in un lucidissimo articolo.
Sta di fatto però che l'art.88 dice quel che dice: e quindi se da un lato ha perfettamente ragione Zagrebelsky, a dire che non ha senso che venuta meno la maggioranza in una camera sia sciolta solo questa, ciononostante la Costituzione prevede proprio questa possibilità.
Per spiegare la discrasia bisogna scavare un po' nella storia costituzionale, dove si scoprono delle cose curiose e interessanti.
La Commissione dei Settantacinque, incaricata della redazione del progetto e presieduta da Meuccio Ruini, stabilì in cinque anni la durata di entrambe le Camere. Durante la discussione in assemblea, tuttavia, emerse la linea di Francesco Saverio Nitti il quale, innamorato delle istituzioni americane e francesi, spingeva per avere una Camera bassa di breve durata, che potesse essere sciolta dal Presidente, e Senato che non si potesse sciogliere e fosse rinnovato biennalmente solo per una parte, analogamente a quanto avviene per il senato USA.
Non deve neppure stupire troppo la proposta di mandare alle urne il Paese ogni due anni: i costituenti, uscendo dal Ventennio, avevano un fortissimo desiderio di favorire la consultazione popolare: fosse per il Progetto, oggi avremmo un referendum alla settimana o giù di lì!
Il Nitti poi, non aveva compreso che una Camera Alta di quel tipo ha un senso in un sistema presidenziale, nel quale il governo non deve avere la fiducia delle Camere: ma in un sistema parlamentare no: ad ogni rinnovo parziale o totale di una delle Camere il Governo sarebbe tenuto a ripresentarsi per ottenere la fiducia.
In effetti, guardando le cose un po' più lucidamente per effetto dell'esperienza, possiamo dire che in una repubblica parlamentare con un bicameralismo perfetto non solo non ha senso il rinnovo periodico di una parte di una Camera, ma neppure una durata temporale diversa delle stesse: ma ancora la cosa non era chiara.
Alla fine le varie proposte andarono in votazione: fu respinto il principio del rinnovamento periodico parziale e, dopo aver confermato la durata quinquennale della Camera, si passò a determinare quella del Senato.
Qui fu Roberto Lucifero, che già aveva parlato contro il rinnovamento, a proporre che il Senato dovesse avere una durata maggiore, e non sulla base di argomenti istituzionali bensì squisitamente pratici dacché: «Dovremmo impedire la simultaneità delle elezioni, cioè la confusione infinita che si creerebbe nel Paese per una contemporanea consultazione elettorale, col sistema proporzionale e col collegio uninominale, con l'incrociarsi e il confondersi delle due lotte politiche, per cui la gente, che non passa la vita su questi problemi, sarebbe nell'assoluta impossibilità di esprimere una opinione che significhi qualche cosa. Noi dobbiamo stabilire per il Senato una durata maggiore o minore, ma dobbiamo fare in modo che le elezioni non coincidano, altrimenti fabbricheremmo una Torre di Babele.».
Fu così che la durata della Camera fu fissata in cinque anni e quella del Senato in sei. Se poi vi siete mai chiesti come mai il Presidente della Repubblica duri sette anni, ecco il motivo.
Il sistema, così congegnato, durò fino al 1963, anche se in effetti sia le elezioni del '53 sia quelle del '58 furono fatte per entrambe le assemblee, in quanto il Senato venne sciolto anticipatamente. Ma, almeno per quanto riguarda l'elezione del 1953, ciò non fu dovuto a un ripensamento del sistema, bensì a un fatto contingente abbastanza curioso.
Solo che adesso ha smesso di piovere e riesco a scappare a casa, per cui ve lo racconto un'altra volta.

2 commenti:

Tooby ha detto...

Argh! Giusto ieri ho cominciato a scrivere le stesse cose che stai scrivendo tu, dovrò fare qualche cambiamento.

Bell'articolo, comunque, aspetto la seconda parte (che tratterà del verbale mancante?). :)

Anonimo ha detto...

Nooo... Nonno Fisk, nonno Fisk, ma io voglio sentire la storia adesso!


Non ho resistito a scrivertelo, ma non ti offendere, saresti un nonno molto giovine! Scherzi a parte, bel post. E' ammirevole soprattutto per una cosa: mette in luce che la Costituzione è prodotto umano, frutto non solo di riflessione ma anche di contingenze storiche difficilmente ripetibili o giustificabili alla luce dei tempi presenti. E se è vero che c'è chi della Costituzione si ricorda solo quando gli fa comodo, forse l'idea di pensare a un suo ammodernamento - ragionato, ponderato, calibrato, ecc - potrebbe non essere così peregrina.

IpaziaS

 

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