venerdì 14 gennaio 2011

Istituzioni di economia aziendale

Si è parlato più volte in questi giorni del fatto che Sergio Marchionne guadagni un po' più di 1.000 volte un dipendente medio della FIAT.
Si tratta di un rilievo abbastanza populista: vero è che con i soldi che guadagna Marchionne si potrebbero pagare i salari interi a un bel po' di operai cassintegrati; vero è anche, tuttavia, che molti di quegli stessi operai fanno sacrifici per fare l'abbonamento a Sky e vedersi il Milan o la Inter: e ben sappiamo che persino quando tali squadre incontrano squadrette di fondo classifica l'ammontare degli stipendi di chi sgambetta in campo è tale da far impallidire non solo i cassintegrati medesimi, ma perfino lo stesso Marchionne.
Ciò detto, è di contro pure vero che FIAT non macina utili a strafottere e impiega al 100% le proprie forze produttive: sopravvive, un po' grazie alla cassa integrazione (cioè grazie a soldi pubblici) e un po' riducendo di cinque o dieci minuti per turno la pausa piscio. Insomma: la verità sta, come spesso, nel mezzo.

L'articolo di Mucchetti, sopra linkato, è stato commentato pure da un autorevole esponente del Partito Democratico: purtroppo nell'ambito di una conversazione privata, il che mi impedisce di fare il nome dell'autore (che comunque ha la barba):
Trovo argomentazioni e calcoli di Muchetti viziati da pregiudizio. Il confronto non è sensato perchè la gran parte del valore sono stock options etc (203 mio secondo il mio calcolo di sabato scorso). E il valore di queste dipende dall'andamento delle borse in generale: il settore auto nel mondo dai minimi del marzo 09 ha guadagnato 245% . Se lo stesso calcolo fosse stato fatto due anni fa , Marchionne avrebbe guadagnato rispetto ai dipendenti una frazione delle mille volte. Inoltre le stock options non aumentano i costi di Fiat nè riducono il margine sulle auto che vende; le pagano gli altri azionisti trattandosi di un trasferimento dagli altri azionisti a Marchionne. Sono dunque affari esclusivamente degli azionisti, in particolare degli Agnelli, i quali avendo guadagnato con Marchionne miliardi, trovano conveniente dare una parte dei loro guadagni a Marchionne (se dà le dimissioni il giorno dopo ci perderebbero molto più dei 200 milioni di opzioni).
E il valore delle opzioni non è a scapito degli stipendi pagati. E' come il compenso di una star del cinema, che fa aumentare il botteghino o del campione di calcio: nessuno protesta perchè in questo modo paga di più il prezzo del biglietto o l'abbonamento alla tv a pagamento etc.
Sono argomentazioni che mi aspetterei venire dalla penna di Ostellino o Giannino, non da un esponente vicinissimo al segretario del PD: e perdipiù sono argomentazioni fallaci.
La faccio breve e semplifico al massimo il funzionamento dell'economia di un'impresa: c'è un signore che ha in tasca un milioncino e decide di mettersi a produrre viti, ma non vuole muovere un dito; che fa dunque?
Con quei soldi compra le sue macchine (il tornio, le trafile, il sadiocosa), prende un amministratore delegato che sbrigherà tutte le rogne, un paio di operai, una signora in amministrazione, e parte; o meglio fa partire il proprio A.D.
Alla fine dell'anno si aspetta che quel milioncino abbia fruttato un po', ma non solo quanto gli avrebbe fruttato comprare un buono del tesoro tedesco, bensì di più: perché comprando un BOT sta tranquillo e non rischia praticamente nulla, mentre con una fabbrica di viti il rischio di non guadagnare o addirittura di perdere tutto il capitale è bello concreto: senza parlare della rottura di coglioni dei pranzi di lavoro con l'A.D.
Chi investe nel capitale di un'impresa quindi si attende un certo rendimento: e pertanto perché l'azionista sia soddisfatto non basta che l'impresa abbia un utile (chiamiamolo ROI, per usare un termine tecnico): è anche necessario che quanto alla fine dell'anno torna in tasca all'azionista (chiamiamolo ROE, per usare un altro termine tecnico)corrisponda a una percentuale adeguata del valore delle azioni.
Abbiamo ipotizzato che il nostro azionista non faccia nulla: che abbia delegato tutto a un amministratore: quindi l'unica sua fatica sarà quella di colloquiare con questa figura e incassare i dividendi a fine anno. Ma se a fine anno il nostro azionista porta a casa un risicato 0,5%, l'istinto immediato sarà quello di mandar tutto a cagare e investire in un bel BOT o Bund, che rende di più e fa preoccupare e faticare di meno: ed è per questo che l'azionista di un'aziendina di quel genere pretenderà di ricevere almeno, diciamo, l'8% perché il gioco valga la candela.
L'amministratore delegato questa cosa la sa benissimo: e sa anche che l'azionista scontento ha due strade: liquidare l'azienda o liquidare l'A.D.: in entrambi gli scenari, lui ci rimette il posto, e pertanto farà di tutto per assicurare al proprio azionista un adeguato rendimento delle sue azioni.
Se avete seguito fin qui, vi sarete accorti di una cosa: che per valutare la posizione dell'amministratore nei confronti dell'azionista non ha alcuna rilevanza il fatto che lo stipendio dell'A.D. venga pagato dall'impresa o dall'azionista: perché alla fine a quest'ultimo deve rimanere in tasca il famoso 8%, e a nulla rileva il fatto che vengano pagati meno dividendi (nel caso in cui l'A.D. sia pagato dall'impresa) o più dividendi una fetta dei quali va all'A.D. (nel caso in cui l'A.D. sia pagato dall'azionista).
E' quindi semplicemente falso che il tema dello stipendio di Marchionne sia una questione di interesse solo per la famiglia Agnelli, e che il suo compenso non vada a scapito degli stipendi pagati alle maestranze: perché quando andiamo a fare i conti di fine anno vediamo che per assicurare agli azionisti un ROE adeguato bisogna che da qualche parte quei soldi che vanno in tasca a Marchionne vengano fuori: ad esempio, chessò, lesinando sui salari.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma nella simulazione manca il potere. E quindi, al posto di smettere di costruire auto perché dà più problemi che altro, il padrone munge il più possibile da tutto e tutti avendo l'accortezza di avere un posto prenotato alle Maldive. O anche no. Perché col potere si può chiudere tutto, dare la colpa alla globalizzazione e iniziare di nuovo il gioco con altro.

Rimangono gli operai, la cui unica colpa è quella di aver creduto di potersi salvare su una qualche zattera, nel momento del si salvi chi può. E quindi anche loro hanno fatto come il padrone: hanno munto fin dove si poteva. Poi si sono accorti che la zattera ce l'aveva il padrone. Ops!

Giuseppe Lipari ha detto...

Sono d'accordo su tutto. Va però notato che la performance di Marchionne va misurata in maniera relativa: da dove è partito, e come sta messo rispetto agli altri. Vi ricordate come era la situazione prima di Marchionne? C'era un certo Paolo Fresco, che non mi sembra guadagnasse molto meno.
Marchionne guadagna tanto anche perché non è stato prelevato dalla strada: aveva un lavoro molto ben remunerato, per prenderlo la FIAT ha dovuto spendere. Chi saprebbe fare meglio di Marchionne oggi? Boh, secondo me le chance di successo per la FIAT sono minime, è destinata a chiudere prima o poi, e Marchionne sta facendo mosse altamente rischiose pur di non chiudere, cioè per sopravvivere. E' andato in USA per beccare i finanziamenti di Obama, se no col cavolo che si caricava sulle spalle anche la Chrysler. I soldi pubblici li succhia anche agli americani, dunque.

Quanto al fatto che l'azionista di riferimento succhi tutto e vada alle Maldive: io sinceramente conoscono pochi casi di comportamento simile, di solito l'azionista di riferimento succhia e chiude per andare a investire da un'altra parte.

 

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