venerdì 30 gennaio 2009

Lezioni italoamericane - la cauzione /1

Appassionati di cinema e semplici spettatori occasionali ricorderanno sicuramente la scena di North by Nortwest (Intrigo internazionale) in cui Cary Grant, completamente ubriaco per essere stato costretto a scolarsi una bottiglia di Bourbon, viene arrestato dalla polizia e telefona alla madre mettendo in scena una spassosa conversazione. Verso la fine (al minuto 1:25 del video linkato) Grant pronuncia la fatidica frase: You get my lawyer right away and come and bail me out.
E' questo solo uno delle migliaia di esempi con i quali in Italia ci siamo avvicinati all'istituto del rilascio su cauzione, talmente tipico del diritto anglo-americano che non solo qualunque cittadino di laggiù lo conosce, ma (e ciò emerge chiaramente anche dallo stralcio di conversazione sopra riportata) lo esercita come un vero e proprio diritto.
Credo sia noto anche al cittadino medio che, se si viene arrestati in Italia, ci si rivolge all'avvocato sperando che riesca ad inventarsi qualcosa per essere tirati fuori; ma non c'è proprio verso di metter mano al portafoglio e uscire. Negli USA, e in generale nei paesi di Common law, le cose funzionano al contrario. A prima vista potrebbe sembrare un'indegna sperequazione tra persone abbienti e disagiate, ma sarebbe un'interpretazione semplicistica: vediamo perché.

L'istituto della cauzione nel diritto inglese è antichissimo, e per comprenderne la nascita dobbiamo risalire fino alle origini del sistema di Common law.
La conquista dell'Inghilterra da parte dei Normanni, che ebbe luogo nel 1066, non comportò il rovesciamento del sofisticato sistema amministrativo anglo-sassone, basato su di un sistema di signorie locali che avevano il proprio fulcro nelle contee (termine generico italiano che traduce, sia pure approssivamente, i concetti, peraltrro tra loro non del tutto coincidenti, di shire, county e earldom, e che può corrispondere a una nostra provincia).
Le contee (che di regola coincidevano con gli shires ma potevano talora comprenderne più d'uno) erano rette da un signorotto (Count o Earl) e ciascuno shire amministrato da un ufficiale detto shire reeve o sheriff, che aveva anche il compito di amministrare la giustizia in nome del signore locale, secondo le usanze locali.
Ciascun suddito era pertanto sottoposto al potere del signore e dei suoi ufficiali, primo tra tutti lo sceriffo, che poteva eseritare il proprio potere di fatto nella maniera più arbitraria.
Ne conseguiva che un suddito poteva essere sottoposto a qualunque vessazione, stante il potere dei signori e dei loro emissari di imprigionare chichessia (per crimini o per debiti) e con tale strumento impadronirsi di beni e utilità (in pratica arrivando al sequestro di persona); e ciò del tutto legittimamente, dato che tale potere perteneva, almeno formalmente, ai signori in questione.

Senza arrivare a tali distorsioni, in ogni caso anche la pur semplice disparità di comportamenti tra una signoria e l'altra era in sé inaccettabile, dal punto di vista della Corona. Ciò in quanto tali atti comportavano una "grave turbativa della pace del regno", della quale il Re era custode supremo (The king is the fountain of justice, and the supreme conservator of the peace of the realm. Egli pertanto, poteva avocare a sé (o più propriamente alla propria Court of King's Bench qualunque giudizio. Il mezzo tecnico per fare ciò era l'emissione di un ordine scritto (detto brevis in latino e writ in inglese), con il quale si ordinava al signore locale di condurre davanti al King's Bench il prigioniero perché fosse giudicato.

Con il tempo i writ, originariamente in forma libera, furono standardizzati, assumendo una forma per ciascun possibile rimedio dell'ordinamento finché, con le Provisions of Oxford del 1258, vennero "congelati" i possibili tipi di writ (che divennero quindi degli "stamponi") e conseguentemente le possibili azioni esperibili.
Nel XIII secolo quindi si stabilizzò la formula con la quale il Re, chiamando avanti a sé i priglionieri, li sottraeva al giudizio delle signorie locali:
Præcipimus tibi quod corpus Walteri Earl militis in prisona nostra sub custodia tua detentum, ut dicitur, una cum causa detentionis suæ, quocumque nomine praedictus Walterus censeatur in eadem, Habeas corpus ad subjiciendum et recipiendum ea quae curia nostra de eo ad tunc et ibidem ordinare constingant in hac parte, et haec nullatenus omittas periculo incumbendo: et habeas ibi hoc breve
E' questo il writ of Habeas corpus [ad subjiciendum]; la forma più comune del writ, che poteva anche avere sfumature diverse quali: habeas corpus ad respondenum, ad testicficandum, ad satisfaciendum, ad prosquendum, and ad faciendum et recipiendum, ad deliberandum at recipiendum.

(continua)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie per l'articolo. Guarda però che il testo latino sembra quasi un lorem ipsum: Sono quasi sicura che sia in custodia vestra, nomine idem, mentre duæ curis nostra non vuol dire nulla, e la y in ordinary non esiste in latino...

m.fisk ha detto...

Hai ragione: infatti quando ho (ri)scritto questa prima parte non avevo con me il testo di riferimento, e ho dovuto arrangiarmi con Internet. Non volendo copiare da Wikipedia, e dato che tutte le altre citazioni in rete copiano da lì, ho preso da qui pur non essendo in grado di distinguere tra gli errori di stampa e i barbarismi.
Ora, con il testo sottomano (Criscuoli, Introduzione allo studio del diritto inglese) ho corretto il passaggio.

 

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