martedì 9 giugno 2009

Cosa succede all'accordo Fiat-Chrysler?

In questi giorni i titoli dei giornali parlano dell'accordo Fiat-Chrysler in toni drammatici o surreali, secondo i punti di vista.
In particolare la notizia della sospensione della vendita della parte buona di Chrysler a Fiat ha fatto scrivere a molti che ora Chrysler rischia il fallimento; il che è bizzarro, dato che gli stessi avevano già scritto che Chrysler era andata in "bancarotta", sia pur controllata.
Non è una delle mie specialità spiegare le cose in breve, ma forse merita scrivere due righe "spot" in attesa di completare la disamina del funzionamento della procedura fallimentare negli USA.
Anticipando quindi temi che poi saranno sviluppati in dettaglio, e richiamando tutto quanto scritto a proposito della procedura fallimentare italiana, che trovate a partire da questo post, possiamo dire che negli USA (come del resto in Italia) esistono svariati tipi di procedure fallimentari, ciascuna con un proprio nome, per quanto siano più comunemente conosciute con il numero del chapter, vale a dire il capitolo (o più propriamente, in italiano, il capo, che li tratta nel Titolo 11 dello US Code.
E così abbiamo tre procedure principali:
  • Liquidation (Chapter 7)
  • Reorganization (Chapter 11)
  • Adjustment of Debts of an Individual with Regular Income (Chapter 13)
Vi sono poi altre procedure di minore importanza pratica, che non starò a descrivere.
La Reorganization, o Chapter 11, è la procedura tipica delle grandi aziende di cui abbiamo sentito parlare in questi mesi: Lehman Brothers, Chrysler, General Motors; e corrisponde abbastanza da vicino al nostro Concordato preventivo, come strutturato dopo le riforme del 2006-2008.
La Liquidation, o Chapter 7, è invece il corrispondente del nostro Fallimento.

Come ricorderete da quanto abbiamo visto per l'Italia, il Concordato preventivo postula l'esistenza di un piano di salvataggio dell'azienda o perlomeno il pagamento dei creditori tramite un piano concordato, mentre il Fallimento significa che non c'è più nulla da fare e tutto viene venduto al miglior offerente, ripartendo i soldi fra i vari creditori; e la stessa cosa vale, più o meno, per Chapter 11 e Chapter 7.
Per Chrysler, in particolare, il piano si basa sulla vendita della parte buona dell'azienda a Fiat, anche tramite i fondi TARP stanziati dal Governo federale (Bush prima e Obama poi) per il salvataggio delle istituzioni finanziarie in difficoltà. Senza tale vendita, detta 363 sale dal numero dell'articolo a valere sul quale è stata autorizzata dalle corti federali di I e II grado, tutto il castello crollerebbe e non vi sarebbe altra soluzione che la Liquidation: almeno secondo Chrysler.

A tale soluzione si sono però opposti tre categorie di creditori, e precisamente:
  1. un'associazione di fondi pensione domiciliati nello Stato dell'Indiana, che lamentano una serie di eccezioni, tra cui: il fatto che il Tesoro non può usare i fondi TARP per salvare un'industria automobilistica piuttosto che finanziaria; la ristrettezza dei tempi imposti alla procedura, che impedisce i diritti di difesa e la ricerca di altri acquirenti; la lesione dei diritti di prelazione dei fondi rispetto ad altri creditori meno privilegiati (quali i lavoratori, secondo la legge USA); l'inadeguatezza economica della somma offerta per l'acquisto
  2. le associazioni dei consumatori, che adducono il fatto che l'operazione impedirebbe a soggetti feriti o uccisi da autoveicoli Chrysler di chiedere alla "vecchia" Chrysler i danni derivanti da difetti di costruzione
  3. un'associazione di vedove di operai deceduti per mesotelioma, che pure adducono il fatto che venendo meno la "vecchia" Chrysler non vi sarebbe alcuno per rifondere i danni
Naturalmente Chrysler e gli altri creditori hanno ribattuto a tali questioni, ma non credo sia il caso di elencare qui i motivi per i quali essi ritengono che invece l'operazione sia conveniente e legittima.

Sia la corte di I grado del Southern District of New York sia la Court of Appeal for the 2nd Circuit hanno dato ragione a Chrysler (e al Tesoro degli Stati Uniti), e pertanto i tre soggetti sopra indicati si sono rivolti alla U.S. Supreme Court, la Corte Suprema federale.
Il ricorso è stato assegnato al giudice Ruth Bader Ginsburg, competente per il 2nd Circuit, che qualche minuto prima dello scadere del termine entro il quale sarebbe divenuta esecutiva la sentenza d'appello (e pertanto avrebbe potuto essere perfezionata l'operazione di vendita) ha emesso un ordine di sospensione, al fine di poter decidere con più calma il merito delle cause.
Questo non vuol dire che il giudice si sia schierato pro o contro la Fiat, ma semplicemente che si è presa tempo per decidere, tutto qui.

I motivi di questo fermo tecnico infatti possono essere i più vari: il giudice Ginsburg può aver ritenuto di non assumersi la responsabilità unica della decisione, bensì di volerla condividere con gli altri otto colleghi; oppure può già aver consultato i colleghi, e in presenza di opinioni dissenzienti aver deciso il "congelamento" per preparare un parere di maggioranza; o può anche aver deciso di attendere le motivazioni della sentenza della Court of Appeal.
Possiamo comunque affermare che la decisione assunta dal giudice è stata l'unica seriamente prospettabile, dal momento che qualora non avessa fatto così ella si sarebbe assunta la responsabilità di un atto dal quale non sarebbe stato possibile tornare indietro, senza neppur aver potuto leggere gli atti di causa (pensiamo infatti che i cancellieri della Corte Suprema hanno potuto completare il fascicolo -enorme- solo verso mezzogiorno di lunedì, e il termine scadeva alle quattro del pomeriggio).
Aspettiamo ora di vedere cosa succederà.

5 commenti:

Tonino ha detto...

Giusta puntualizzazione, tuttavia non avendo letto nessuna analisi mi sembra di poter dire che la vicenda non ha preso la strada più liscia per Fiat. Avrebbero potuto convincere i creditori e arrivare a un accordo fin dall'inizio e non è accaduto. Il ricorso avrebbe potuto arrestarsi alle corti distrettuali (non so se è la definizione corretta) e non è accaduto. Il giudice supremo competente avrebbe potuto pronunciarsi autonomamente e non è accaduto. Certo fa parte del gioco e dei rischi preventivati in questo genere di operazioni.

m.fisk ha detto...

Scusami, Tonino, ma non riesco a capire se nel tuo commento c'è una critica alla mia spiegazione (nel senso che potrebbe essere poco chiara), una critica alla condotta della Fiat (che avrebbe potuto fare qualcosa che non ha fatto) o semplicemente una presa d'atto che le cose si stanno mettendo male, ma senza accompagnare tale constatazione da un giudizio critico.
Nell'ultimo caso, sono d'accordo, ma per motivi che sono emersi oggi (la dichiarazione di Fiat, che ha detto che resterà interessata ad ac quistare Chrysler), e che spiegherò più in dettaglio prossimamente.
Negli altri casi, vorrei capire meglio cosa intendi per poter aprire un dialogo.

m.fisk ha detto...

ecco a cosa mi riferivo: http://www.scribd.com/doc/16252960/Scotus-Indiana

Tonino ha detto...

No sono io che non mi esprimo chiaramente: facevo una semplice constatazione basata sulle mie impressioni perché non ho gli strumenti analitici per giudicare l'operato di Fiat e quanto quello che vediamo sia uno sviluppo naturale o meno in caso di contenziosi del genere.
Il tuttavia l'ho messo per dire che pur nelle imprecisioni e negli equivoci non nuovi della nostra stampa nel trattare la notizia, certamente la notizia c'è e i motivi di preoccupazione presumibilmente anche.

m.fisk ha detto...

Sì, sì, era solo ambiguo.
La notizia c'è, certo; la stampa la sta trattando, ma a mio parere qui il problema non è tanto di ambiguità, quanto di non fornire gli strumenti per comprendere, lasciando il pubblico (almeno quello interessato) con il dubbio per non riuscire a capire come stiano le cose.
Tuttavia un fondo di allarmismo mi sembra che ci fosse, poco giustificato -in quel momento- per i motivi che esponevo nel post: questo lo dicevo ieri, e viene confermato ex post dal fatto che la questione sia ormai superata

 

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