venerdì 19 giugno 2009

La Voce del padrone

Un interessante articolo de lavoce.info (voi sapete quanto la si ami, da queste parti), parla dei quesiti referendari.
Dicendo che non servono a nulla, specie i primi due.
Non sto pazziando: è proprio così: andatevi a leggere l'articolo, se avete lo stomaco. O leggete queste citazioni:
Si è cercato di far passare l'idea che il referendum consegnerebbe l'Italia a Silvio Berlusconi, che renderebbe possibile governare anche con percentuali di consenso minime. Il ministro Calderoli ha addirittura detto che il risultato del referendum sarebbe di “assoluta dissonanza con la democrazia”. Non accadrebbe nulla di tutto questo. Di fatto, purtroppo, accadrebbe troppo poco [...]
Qui è sufficiente dire che tutto questo isterico agitarsi mostra solo quanto i nostri rappresentanti siano ferocemente abbarbicati anche alle più piccole fette di potere. Essenzialmente si teme che, una volta costretti a fare liste elettorali uniche con i loro alleati principali, i partiti diversi da Pdl e Pd perdano riconoscibilità e quindi potere.
Ora, proviamo a metterci per un attimo dalla parte del cittadino che desidera una democrazia vera, e non dalla parte di quello che desidera semplicemente prendere a calci i politici, non consapevole del fatto che la politica -e quindi i politici che la dirigono- ci sarà sempre.
Questi signori della Voce, dopo averci smarronato per mesi sull'importanza dei temi referendari e sui tremendi costi che avremmo dovuto sopportare, adesso bellamente ci dicono che i referendum non servono a una fava. Malgrado il loro stesso convocarli sia costato dei bei soldini, come dicevo altrove (e sia chiaro che questo lo dico solo per confutare lavoce: non perché io creda che gli istituti democratici debbano venire posposti alle esigenze di bilancio).
Sarà che sono diventato troppo vecchio per queste cose, ma io alle conversioni sulla via di Damasco non ci credo. Il punto è che gli italiani hanno capito che votare SI consegnerebbe il Paese nelle mani di due o tre persone, e delle relative loro segreterie, e sgamato il giochino hanno cominciato a considerare se questa sia o meno una prospettiva piacevole, e hanno deciso per il no.
E' per questo che lo squallido estensore dell'articolo dice "si è cercato di far passare l'idea che": come fosse un complotto massone. No, signori miei: non è che si sia cercato di far passare un'idea: è che l'idea è proprio esattamente quella.
E ci vuole una enorme quantità di disonestà intellettuale per scrivere una frase come la seguente:
Cosa succederebbe se passassero i referendum? Essenzialmente, anziché avere differenti simboli a supporto di un candidato presidente del Consiglio, come accade ora, i partiti dovranno accordarsi ex ante su un unico simbolo e una unica lista. Questo può avvenire mediante l'inclusione di diversi simboli in un unico cerchio o mediante un nuovo simbolo.
obliterando il fatto di fondamentale importanza che nel sistema attuale (che comunque fa schifo), perlomeno l'elettore può scegliere, in ciascuno degli schieramenti, uno tra vari partiti (e quindi una delle varie liste bloccate di candidati), mentre un domani, nell'ipotetico caso di vittoria dei Sì, neppure tale minima possibilità di dire la propria resterebbe in vita.

E ciò è tanto più grave, o tanto più ridicolo, se consideriamo che questa banda di cialtroni si sono anche permessi di targare il terzo quesito come quello contro le liste bloccate, o contro la partitocrazia verticistica che non consente al popolo di scegliere. Quando ciò che non consentirebbe di operare alcuna scelta, se non quella binaria tra destra e sinistra, sarebbero proprio i primi due quesiti.
Vediamolo un po' da vicino, questo terzo quesito, per capire di cosa effettivamente si tratti dal punto di vista tecnico.
Facciamo conto che in Italia ci siano cinquanta circoscrizioni elettorali, che in ciascuna di queste Berlusconi si presenti capolista e che allo spoglio il PdL prenda 400 seggi.
In ciascuna circoscrizione risulterà eletto Berlusconi (che è il primo) e un tot di altri: alla fine alla Camera ci saranno 50 seggi "targati" Berlusconi e 350 "targati" con il nome di qualcun altro.
Cosa succede ora? E' una specie di gioco delle sedie (rectius seggi) musicali: dato che Berlusconi può occupare una solo seggio, ne rimangono liberi 49 per 50 primi non eletti. Berlusconi gira, gira... e alla fine decide di sedersi su una delle 50 sedie: il primo dei non eletti che aveva quella sedia va a casa, stizzito (ma non tanto, perché avrà poi un sottosegretariato o una poltrona in un CdA), e gli altri 49, con un respiro di sollievo, faranno la valigia per Roma.

Orbene, io mi chiedo e vi chiedo:
E' vero o non è vero che in tutto questo meccanismo l'unico che ci rimette è il 50° potenziale deputato che resta a casa? E' vero o non è vero che all'elettore -eccezion fatta per i clientes del trombato- che rimanga a casa l'uno o l'altro dei peones non gliene potrebbe fregare di meno?
Che al limite, se ci fossero le preferenze, Berlusconi potrebbe scegliere di sedersi sulla poltrona di uno che ha preso un discreto numero di voti ma gli è inviso, commettendo quindi uno spregio alla volontà del corpo elettorale; ma dato che le liste sono bloccate e decise all'interno della segreteria della PdL, la volontà del corpo elettorale c'entra con il piazzamento nei seggi tanto quanto io c'entro con una ballerina di tango argentino.
E quindi, nuovamente, mi chiedo: quale sarebbe mai il vantaggio nell'abolire la possibilità a Berlusconi di presentarsi nei 50 collegi? Ne uscirebbe una classe politica più morale? sarebbe meglio rispettata la volontà popolare? Ne uscirebbe un sistema più giusto?.
No, la risposta è no: non cambierebbe assolutamente nulla.

2 commenti:

Giacomo Cariello ha detto...

"E' vero o non è vero" fa molto Di Pietro ;-)

Per il resto, ho qualche dubbio sulla tua interpretazione del terzo quesito: se l'ipotesi non fosse 1 candidato forte su 26 circoscrizioni, ma 13 candidati forti su 26 circoscrizioni, ci sarebbero almeno altri 13 "ripescati" che avrebbero un "debito di riconoscenza" quantitativamente più cospicuo (1/2 invece di 1/26) nei confronti dei rispettivi candidati forti in lista.

m.fisk ha detto...

Sì, fa proprio di Pietro: mi è venuto fuori così.

Quanto alla seconda parte, sconcordo: tieni nuovamente presente il fatto che coloro che sono "ripescati" anzitutto sono stati messi in condizione di trovarsi in posizione "ripescabile": e il debito di riconoscenza è proprio quello, dato che -debbo rammentarlo nuovamente- la ripescabilità non dipende dalla preferenza degli elettori, bensì dalla decisione delle segreterie dei partiti.
Se anziché un capolista generale ce ne fossero due, o tredici, semplicemente slitterebbero le altre posizioni in classifica, tutto qui.

 

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