venerdì 23 ottobre 2009

Flame War

Aver frequentato reti sociali ancor prima che qualcuno si inventasse la terminologia "reti sociali" può avere dei vantaggi che ripagano un po' del tempo perso.
Una delle cose che certo ho imparato stando su Usenet è la gestione delle flame war: come non farle nascere, come gestirle, come spegnerle; ed anche come accenderle e come gettare benzina sul fuoco, quando c'è da divertirsi.
Per i neofiti che non conoscono il termine, rimando alla pagina su Wikipedia, che spiega abbastanza bene di cosa sto parlando; aggiungo solo che i principali elementi che contribuiscono a incancrenire la discussione fino allo scambio dei più pesanti insulti immaginabili sono due: l'utilizzo di messaggi in forma scritta anziché orale e la possibilità di rispondere immediatamente all'interlocutore.
Quando parliamo con qualcuno (anche in condizioni di invisibilità reciproca, come al telefono) il nostro messaggio è mediato dal tono e dalle inflessioni della voce, che dicono all'interlocutore come dev'essere inteso il significante. "Sei uno stronzo" è ben diverso se viene pronunciato da un automobilista ad un altro che gli ha fregato il parcheggio piuttosto che da chi stia ascoltando un amico che racconta la scusa che ha rifilato alla moglie per uscire a farsi una bevuta in compagnia: non conoscendo il contesto, possiamo capire il significato se ascoltiamo le parole, ma vederle scritte non ci dice nulla.
Ma non è che la scrittura non consenta di esprimere concetti con grande chiarezza, perfino superiore rispetto alla parola, anzi: ma per far ciò serve tempo, riflessione, un vocabolario ricco e un accurato studio di ciascuna espressione. E' per questo che scrivere una lettera richiede esperienza e fatica.
Fin dai tempi di Usenet, la combinazione forma scritta/brevità del messaggio/limitato tempo di elaborazione del testo ha dato luogo allo scoppiare di litigi ed inimicizie destinate a durare in eterno: sono frequenti i casi in cui a posteriori è impossibile capire se chi scriveva volesse esprimere un commento ironico e divertito o insultare apertamente l'interlocutore: tanto che si è sentito il bisogno di inventare le faccine, alle quali io sono ferocemente contrario ma che talora che sono un'ancora di salvezza.

Perché oggi racconto tutto questo? Semplicemente perché ormai la comunicazione quasi-sincrona è diventata il principale mezzo di scambio d'informazioni anche sul posto di lavoro: e vivere in una realtà aziendale fa capire quanto i frequentatori di socialcosi (che non a caso si conoscono un po' tutti tra loro) siano uno sparuto gruppo di mosche bianche.
Da qualche mese, forse per influsso di congiunzioni astrali forse solo perché era ora che succedese così, vedo che al normale scambio di mail un po' paludate, che ancora conservavano l'impostazione della lettera formale, con formula d'apertura e saluti di chiusura, si sta via via sostituendo una modalità d'espressione molto più simile a quella che vediamo tutti i giorni sui socialcosi; e non è escluso che l'esplosione di FB non abbia qualcosa a che fare con questo.
Da mail corpose e compendiose (spesso addirittura composte da una semplice formula d'invio con allegata una nota in Word) si è arrivati a semplici messaggi di una o due righe: "sono d'accordo"; "p.f. approfondisci meglio il punto 3"; "ho sentito Carlo che ci farà sapere qualcosa domani"; "Perché mi avete avvertito SOLO ORA?????".
Era inevitabile che questa nuova (per l'ambiente) modalità comunicativa desse luogo in breve tempo agli stessi fenomeni che avevamo visto su Usenet nei tempi d'oro: vale a dire all'esplodere di vere e proprie guerre dovute a incomprensioni, malintesi e in certi casi vere e proprie provocazioni.
Sono guerre che fanno più fatica a partire, perché bene o male ci si conosce tutti e comunque vi sono gerarchie e regolamenti che debbono essere rispettati; e che fino a qualche tempo fa si sopivano al nascere con il semplice prendere in mano il telefono per un chiarimento. Ma ora, osservo, prendere in mano il telefono sta diventando sempre meno frequente, e in parallelo il livello delle tensioni diventa sempre più alto, tanto che questa settimana leggendo la mail di lavoro mi sembra di essere di fronte al mio Forté Agent e a Giovanni Greco.

E' chiaro che in tutto ciò io ci sguazzo come una paperella in una vasca, dato che per me è tutta roba vista, rivista, digerita ed espulsa da anni: ma è affascinante osservare come coloro che non hanno la stessa mia anzianità di rete vivono quest'esperienza: le facce ingrugnite via via che leggono i messaggi, le voci spezzate, le dita che si mettono a picchiettare freneticamente le tastiere, l'uso sconsiderato del tasto prima di aver riletto e meditato su quanto scritto.

2 commenti:

IvanCrema ha detto...

Forté Agent, anzi FreeAgent per me che ho il braccino corto, ma chi se lo ricordava più?
Quanto al post, concordo e condivido, nel senso che partecipo al vivere questa situazione, ottima analisi.

m.fisk ha detto...

Detto fra noi, che non lo sappia nessuno: anch'io avevo il braccino corto, ma usavo Agent, allo stesso prezzo di FreeAgent :-)))
E ancor prima, proprio una vita fa, usavo Gravity (non ricordo chi lo facesse).

 

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