martedì 30 novembre 2010
Cose che danno un po' da pensare
La home page di repubblica.it mena gran vanto del fatto che la prima pagina di Repubblica sia finita sulla home page dell'Huffington Post.
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lunedì 29 novembre 2010
Più di mille elenchi
Il gesto di Mario Monicelli, gettatosi dalla finestra dell'ospedale a 95 anni, è l'ultimo regalo che questo grande regista ci ha fatto.
Non c'è miglior risposta possibile, nella giornata che doveva vedere le truppe cammellate cosiddette pro-vita intervenire a forza della trasmissione di Fazio, che quella di un grande vecchio che decide, lui e solo lui, cosa fare della propria vita e quando, liberamente, porvi termine.
Non c'è miglior risposta possibile, nella giornata che doveva vedere le truppe cammellate cosiddette pro-vita intervenire a forza della trasmissione di Fazio, che quella di un grande vecchio che decide, lui e solo lui, cosa fare della propria vita e quando, liberamente, porvi termine.
Attacca la spina!
Non ci sarebbe bisogno di spenderci più di quindici secondi, per sbufalare l'ennesima sciocchezza che circola per la rete e che si amplifica di tastiera in tastiera: quella secondo cui il Governo avrebbe emanato una legge che obbliga chiunque a chiamare un installatore per attaccare il modem/router comperato da Euronics o da Mediaworld alla presa del telefono, pena sanzioni fino a 150.000 euri.
Sembra proprio che la Rete stia evolvendo verso un modello ben preciso: quello per il quale di fronte a una notizia -o una voce- che ha dell'incredibile, non ci si sofferma un secondo a chiedersi: «ma sarà mai possibile, questo fatto?» bensì si accetta supinamente l'informazione ed anzi la si diffonde.
Se una donna con seri problemi psichiatrici svacca per frustrazioni sul lavoro, non ci si chiede se per caso non avrebbe bisogno di un po' di vacanza, ma si accettano tutte le cazzate che racconta anche quando le varie versioni della sua realtà cominciano a contraddirsi fra loro.
Se un gruppo di liberisti giavazziani s'inventa di sana pianta un numero astronomico per sostenere il proprio punto di vista in una consultazione referendaria, non si va a leggere l'articolo per cogliere le sue contraddizioni, ma si propala la cazzata che diventa dato incontestabile perfino in TV.
E' così, purtroppo, a tutti i livelli di approfondimento: e mi perdoneranno gli amici che fra gli altri ho linkato, a dimostrazione che questo fenomeno colpisce tutti indistintamente.
Finita la premessa, vediamo lo smontaggio della bufala.
Il Governo ha emanato un D.Lgs. in attuazione della direttiva 2008/63/CE, che all'art. 2 recita:
Punto Informatico (che eoni fa si poteva ancora leggere, ma adesso brrr...) riporta la notizia in questi termini: «nel decreto del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2010 si legge che se si vuole installare un device e collegarlo alla rete di comunicazione pubblica, occorre chiamare un installatore iscritto all'albo. In altre parole: se sei deve installare un router, uno switch, qualsiasi dispositivo che si colleghi in Rete, occorre chiamare un tecnico iscritto all'albo: prevista, in caso contrario, una sanzione da 15.000 a 150.000 euro.»
Noterete che di passaggio in passaggio è caduta l'eccezione di cui al punto 2.f, che Quintarelli aveva correttamente riportato, pur facendo mordere dal tarlo del dubbio i lettori. Lettori che, a loro volta, sembrano non porsi il problema di quali diavolo potranno essere quelle eccezioni che il D.Lgs. espressamente prevede, dando per scontato che non ve ne saranno, o che comunque non includeranno i modem/router comperati all'Euronics, e questo in forza del Gran Complotto Degli Installatori Professionisti Che Non Vogliono Perdere Occasioni D'Affari.
Stupisce che Giulietto Chiesa non abbia pubblicato una vibrata nota, dato che di certo il GCDIPCNVPODA ha una sua qualche responsabilità anche nel crollo delle Torri. Ma arriverà presto, dato che perfino il Sole 24 Ore riprende la notizia, stavolta facendo cadere i residui condizionali e dandola per certa e definitiva: «Un decreto legislativo approvato dal consiglio dei ministri il 22 ottobre scorso stabilisce che chi collega alla rete pubblica un semplice decoder o un modem esterno al pc, cioè qualsiasi «terminale di telecomunicazione» dovrà in futuro affidarsi a un tecnico di un'impresa abilitata a quest'attività. Pena una pesantissima sanzione da 15mila a 150mila euro.»
Bene: vogliamo vedere come è disciplinata oggi la materia dell'installazone di apparati che si collegano alla rete pubblica? Oggi, e ancora per 12 mesi, è vigente la Legge 28 marzo 1991, n.109, espressamente abrogata dal nuovo D.Lgs. Tale legge all'art. 5 recita:
Se poi vi chiedete come mai nessuno sia venuto a bussarvi a casa per irrogarvi sanzioni, sappiate che il D.M. 23 maggio 1992, n. 314 (quello espressamente previsto dalla legge sopra citata) prevede all'art. 5 che «Gli abbonati possono provvedere direttamente all’installazione, al collaudo, all’allacciamento ed alla manutenzione di apparecchiature terminali omologate con capacità non superiore a due linee urbane, qualora l’allacciamento alla terminazione della rete pubblica richieda il solo inserimento della spina nel relativo punto terminale.»
Credo di avervi annoiato abbastanza, ma sarebbe il caso di notare ancora due cose: primo, non esiste alcuna ragione di ritenere che il nuovo decreto attuativo muterà la situazione di fatto oggi esistente. Se nel 1992 il legislatore aveva previsto che l'utente potesse attaccarsi da solo il modem, non si vede perché ciò debba venir meno nel 2010: o chi ha rilanciato la notizia ha precise informazioni, in quanto parte del Grande Complotto, o è un Grande cYaltrone.
Secondo, se proprio vogliamo fare i sofisticati, nessuno dei Guru cYaltroni ha notato che secondo la legislazione attualmente vigente, perlomeno interpretata nel senso letterale*, per attaccare un PC (o anche un televisore con interfaccia di rete) al router mediante la scheda wireless, allora sì che sarebbe necessario l'intervento dell'installatore, dal momento che, come ovvio, il collegamento Wi-Fi non può avvenire "inserendo la spina nel relativo punto terminale".
* E' invero possibile anche costruire un'interpretazione logica che porti a conclusioni diverse, per quanto per far ciò sia necessario stirare il significato dei termini del DM siano al punto di rottura del buon senso.
Sembra proprio che la Rete stia evolvendo verso un modello ben preciso: quello per il quale di fronte a una notizia -o una voce- che ha dell'incredibile, non ci si sofferma un secondo a chiedersi: «ma sarà mai possibile, questo fatto?» bensì si accetta supinamente l'informazione ed anzi la si diffonde.
Se una donna con seri problemi psichiatrici svacca per frustrazioni sul lavoro, non ci si chiede se per caso non avrebbe bisogno di un po' di vacanza, ma si accettano tutte le cazzate che racconta anche quando le varie versioni della sua realtà cominciano a contraddirsi fra loro.
Se un gruppo di liberisti giavazziani s'inventa di sana pianta un numero astronomico per sostenere il proprio punto di vista in una consultazione referendaria, non si va a leggere l'articolo per cogliere le sue contraddizioni, ma si propala la cazzata che diventa dato incontestabile perfino in TV.
E' così, purtroppo, a tutti i livelli di approfondimento: e mi perdoneranno gli amici che fra gli altri ho linkato, a dimostrazione che questo fenomeno colpisce tutti indistintamente.
Finita la premessa, vediamo lo smontaggio della bufala.
Il Governo ha emanato un D.Lgs. in attuazione della direttiva 2008/63/CE, che all'art. 2 recita:
1. Gli utenti delle reti di comunicazione elettronica sono tenuti ad affidare i lavori di installazione, di allacciamento, di collaudo e di manutenzione delle apparecchiature terminali di cui all’articolo 1, comma 1, lettera a), numero 1), che realizzano l’allacciamento dei terminali di telecomunicazione all’interfaccia della rete pubblica, ad imprese abilitate secondo le modalità e ai sensi del comma 2.La notizia viene ripresa da un po' di guru, uno dei quali (Quintarelli) conclude che: «Se vuoi attaccare un oggetto alla rete (non terminale/pc, ma router, switch, ecc), devi essere un installatore iscritto all'albo (per tutto, eccetto ciò che verrà esplicitamente escluso (2.f)) pena sanzione da 15.000 a 150.000 euro».
2. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo, il Ministro dello sviluppo economico, adotta, ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, un decreto volto a disciplinare:
a) la definizione dei requisiti di qualificazione tecnico-professionali che devono possedere le imprese per l’inserimento nell’elenco delle imprese abilitate all'esercizio delle attività di cui al comma 1;
b) le modalità procedurali per il rilascio dell’abilitazione per l’allacciamento dei terminali di telecomunicazione all’interfaccia della rete pubblica;
c) le modalità di accertamento e di valutazione dei requisiti di qualificazione tecnico-professionali di cui alla lettera a);
d) le modalità di costituzione, di pubblicazione e di aggiornamento dell’elenco delle imprese abilitate ai sensi della lettera a);
e) le caratteristiche e i contenuti dell’attestazione che l’impresa abilitata rilascia al committente al termine dei lavori;
f) i casi in cui, in ragione della semplicità costruttiva e funzionale delle apparecchiature terminali e dei relativi impianti di connessione, gli utenti possono provvedere autonomamente alle attività di cui al comma 1.
Punto Informatico (che eoni fa si poteva ancora leggere, ma adesso brrr...) riporta la notizia in questi termini: «nel decreto del Consiglio dei Ministri del 22 ottobre 2010 si legge che se si vuole installare un device e collegarlo alla rete di comunicazione pubblica, occorre chiamare un installatore iscritto all'albo. In altre parole: se sei deve installare un router, uno switch, qualsiasi dispositivo che si colleghi in Rete, occorre chiamare un tecnico iscritto all'albo: prevista, in caso contrario, una sanzione da 15.000 a 150.000 euro.»
Noterete che di passaggio in passaggio è caduta l'eccezione di cui al punto 2.f, che Quintarelli aveva correttamente riportato, pur facendo mordere dal tarlo del dubbio i lettori. Lettori che, a loro volta, sembrano non porsi il problema di quali diavolo potranno essere quelle eccezioni che il D.Lgs. espressamente prevede, dando per scontato che non ve ne saranno, o che comunque non includeranno i modem/router comperati all'Euronics, e questo in forza del Gran Complotto Degli Installatori Professionisti Che Non Vogliono Perdere Occasioni D'Affari.
Stupisce che Giulietto Chiesa non abbia pubblicato una vibrata nota, dato che di certo il GCDIPCNVPODA ha una sua qualche responsabilità anche nel crollo delle Torri. Ma arriverà presto, dato che perfino il Sole 24 Ore riprende la notizia, stavolta facendo cadere i residui condizionali e dandola per certa e definitiva: «Un decreto legislativo approvato dal consiglio dei ministri il 22 ottobre scorso stabilisce che chi collega alla rete pubblica un semplice decoder o un modem esterno al pc, cioè qualsiasi «terminale di telecomunicazione» dovrà in futuro affidarsi a un tecnico di un'impresa abilitata a quest'attività. Pena una pesantissima sanzione da 15mila a 150mila euro.»
Bene: vogliamo vedere come è disciplinata oggi la materia dell'installazone di apparati che si collegano alla rete pubblica? Oggi, e ancora per 12 mesi, è vigente la Legge 28 marzo 1991, n.109, espressamente abrogata dal nuovo D.Lgs. Tale legge all'art. 5 recita:
Il Ministro delle poste e delle telecomunicazioni, entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, sentiti il consiglio di amministrazione del Ministero delle poste e delle telecomunicazioni e il consiglio superiore tecnico delle poste, delle telecomunicazioni e dell'automazione, adotta con proprio decreto disposizioni di attuazione concernenti, in particolare:Non è che ci voglia un genio per rilevare che la nuova normativa, per quanto riguarda gli utenti comuni, è semplicemente il copincollamento della precedente, ora vigente.
a) i requisiti che le imprese che intendano provvedere alle operazioni di cui al comma 3 devono possedere per conseguire l'autorizzazione di cui al medesimo comma;
b) le prescrizioni per l'installazione, il collaudo, l'allacciamento e la manutenzione delle apparecchiatura terminali;
c) il contenuto e le modalità delle certificazioni che le imprese autorizzate debbono rilasciare all'abbonato ed al gestore pubblico, all'atto del collaudo;
d) i casi in cui, in ragione della semplicità costruttiva e funzionale dell'apparecchiatura, l'abbonato può provvedere direttamente alle operazioni indicate alla lettera b);
e) le modalità per la sorveglianza, da parte del gestore del servizio pubblico, sulla rete e sulle apparecchiature ad essa collegate;
f) le modalità e i tempi per la risoluzione dei rapporti intercorrenti fra gli utenti ed il gestore del servizio pubblico relativamente alla locazione ed alla manutenzione delle apparecchiature terminali.
g) l'adozione, previa diffida, dei provvedimenti di sospensione e di revoca dell'autorizzazione di cui al comma 3;
h) l'adozione, previa diffida, dei provvedimenti di sospensione e di risoluzione del contratto di abbonamento nei confronti degli utenti.
Se poi vi chiedete come mai nessuno sia venuto a bussarvi a casa per irrogarvi sanzioni, sappiate che il D.M. 23 maggio 1992, n. 314 (quello espressamente previsto dalla legge sopra citata) prevede all'art. 5 che «Gli abbonati possono provvedere direttamente all’installazione, al collaudo, all’allacciamento ed alla manutenzione di apparecchiature terminali omologate con capacità non superiore a due linee urbane, qualora l’allacciamento alla terminazione della rete pubblica richieda il solo inserimento della spina nel relativo punto terminale.»
Credo di avervi annoiato abbastanza, ma sarebbe il caso di notare ancora due cose: primo, non esiste alcuna ragione di ritenere che il nuovo decreto attuativo muterà la situazione di fatto oggi esistente. Se nel 1992 il legislatore aveva previsto che l'utente potesse attaccarsi da solo il modem, non si vede perché ciò debba venir meno nel 2010: o chi ha rilanciato la notizia ha precise informazioni, in quanto parte del Grande Complotto, o è un Grande cYaltrone.
Secondo, se proprio vogliamo fare i sofisticati, nessuno dei Guru cYaltroni ha notato che secondo la legislazione attualmente vigente, perlomeno interpretata nel senso letterale*, per attaccare un PC (o anche un televisore con interfaccia di rete) al router mediante la scheda wireless, allora sì che sarebbe necessario l'intervento dell'installatore, dal momento che, come ovvio, il collegamento Wi-Fi non può avvenire "inserendo la spina nel relativo punto terminale".
* E' invero possibile anche costruire un'interpretazione logica che porti a conclusioni diverse, per quanto per far ciò sia necessario stirare il significato dei termini del DM siano al punto di rottura del buon senso.
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maestrino
domenica 28 novembre 2010
Happy beginning
Oggi Aldo Grasso scrive un pezzo sul Corriere dedicato al Tenente Colombo.
Prende spunto da una lettera (sarà poi vera?) di due lettori che si lamentano del fatto che Rete4 manda in onda il popolare teleflm tagliando l'inizio, talché quando loro, alle 19:30 della domenica, si sintonizzano sul canale Mediaset, ecco che l'omicidio è già avvenuto.
Grasso solidarizza, e ipotizza anche di parlare di questo dramma con Fede, concludendo tuttavia che il momento non sia il più adatto per disturbare il famoso anchorman.
Spiega ai lettori tutti la struttura del telefilm, e di ciò lo ringraziamo infinitamente, dacché noi non l'avevamo mai compresa, fino ad oggi: quello che posso fare è ricordare che la struttura del telefilm si ripete ogni volta: contravvenendo le regole del genere, ogni episodio svela subito al pubblico il colpevole, mostrando l'atto delittuoso. L'attrazione, tutta psicologica, consiste nell'osservare come il detective indovini quello che è già noto. Il già noto, non il già tagliato.
Grazie, Grasso: ci ha aperto gli occhi. Ci consenta di ricambiarle il favore.
Basta dare un guardo ai tamburini per rendersi conto che, più o meno da sempre, la replica domenicale di Colombo inizia verso le 18:30, si interrompe per il TG4 e riprende dopo, quando, è vero, l'omicidio ha già avuto luogo. Sono anni che la cosa funziona così: anni.
Stupisce che i due lettori (ma saran poi veri?) non se ne siano mai accorti, se sono ultra fan come dicono.
Stupisce meno che neppure Aldo Grasso se ne sia accorto. Probabilmente considera che Colombo sia troppo popolare: forse addirittura Aldo Grasso considera tutta la TV come troppo popolare e si rifiuta di guardarla, come del resto faceva Enzo Siciliano.
Del resto Aldo Grasso è lo stesso che aveva attribuito la scelta del nome Billy, per una rubrica di libri, al gabbiere di Melville anziché -come tutti noi comuni mortali- alla libreria dell'Ikea.
Prende spunto da una lettera (sarà poi vera?) di due lettori che si lamentano del fatto che Rete4 manda in onda il popolare teleflm tagliando l'inizio, talché quando loro, alle 19:30 della domenica, si sintonizzano sul canale Mediaset, ecco che l'omicidio è già avvenuto.
Grasso solidarizza, e ipotizza anche di parlare di questo dramma con Fede, concludendo tuttavia che il momento non sia il più adatto per disturbare il famoso anchorman.
Spiega ai lettori tutti la struttura del telefilm, e di ciò lo ringraziamo infinitamente, dacché noi non l'avevamo mai compresa, fino ad oggi: quello che posso fare è ricordare che la struttura del telefilm si ripete ogni volta: contravvenendo le regole del genere, ogni episodio svela subito al pubblico il colpevole, mostrando l'atto delittuoso. L'attrazione, tutta psicologica, consiste nell'osservare come il detective indovini quello che è già noto. Il già noto, non il già tagliato.
Grazie, Grasso: ci ha aperto gli occhi. Ci consenta di ricambiarle il favore.
Basta dare un guardo ai tamburini per rendersi conto che, più o meno da sempre, la replica domenicale di Colombo inizia verso le 18:30, si interrompe per il TG4 e riprende dopo, quando, è vero, l'omicidio ha già avuto luogo. Sono anni che la cosa funziona così: anni.
Stupisce che i due lettori (ma saran poi veri?) non se ne siano mai accorti, se sono ultra fan come dicono.
Stupisce meno che neppure Aldo Grasso se ne sia accorto. Probabilmente considera che Colombo sia troppo popolare: forse addirittura Aldo Grasso considera tutta la TV come troppo popolare e si rifiuta di guardarla, come del resto faceva Enzo Siciliano.
Del resto Aldo Grasso è lo stesso che aveva attribuito la scelta del nome Billy, per una rubrica di libri, al gabbiere di Melville anziché -come tutti noi comuni mortali- alla libreria dell'Ikea.
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mercoledì 24 novembre 2010
Novembre 2010
Soffermati sull'arida sponda,
Vòlti i guardi alla Via Mecenate,
Tutti assorti nel novo programma,
Certi in cor dell'antica canzon,
Han giurato: Non fia che quest'onda
Scorra più nell'italico cielo;
Non fia loco ove possasi udire
di Cacaglia il tartaglio, mai più!
L'han giurato: altri forti a quel giuro
Rispondean dalla Rete e dal Coso,
Già brandendosi i telecomandi
Che or levati scintillano al sol.
Già le destre hanno stretto le destre;
Già le sacre parole son porte:
Non fia mai che Cacaglia tartagli
nuovamente sul primo* canal.
* licenza poetica. Chiedasi a Peppi Nocera
Vòlti i guardi alla Via Mecenate,
Tutti assorti nel novo programma,
Certi in cor dell'antica canzon,
Han giurato: Non fia che quest'onda
Scorra più nell'italico cielo;
Non fia loco ove possasi udire
di Cacaglia il tartaglio, mai più!
L'han giurato: altri forti a quel giuro
Rispondean dalla Rete e dal Coso,
Già brandendosi i telecomandi
Che or levati scintillano al sol.
Già le destre hanno stretto le destre;
Già le sacre parole son porte:
Non fia mai che Cacaglia tartagli
nuovamente sul primo* canal.
* licenza poetica. Chiedasi a Peppi Nocera
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domenica 21 novembre 2010
zang tumb tumb
Il Partito democratico, dunque, sceglie una comunicazione improntata alla volontà di cambiare il sistema politico italiano, portandolo verso il bipartitismo.
Lo dice anche l'Economist, con la fine del berlusconismo finisce anche il bipolarismo italiano, finisce quel «sogno di due grandi forze politiche» che proprio lei, Veltroni, aveva coltivato fondando nel 2008 il Partito democratico.
«Il bipolarismo non è bipartitismo, ma la prevalenza di due partiti o coalizioni. E' così anche in Inghilterra, dove accanto alle due forze prevalenti ne esistono altre, che oggi partecipano anche al governo. L'evoluzione del sistema politico italiano dovrà tendere comunque a due grandi coalizioni»
Lo dice anche l'Economist, con la fine del berlusconismo finisce anche il bipolarismo italiano, finisce quel «sogno di due grandi forze politiche» che proprio lei, Veltroni, aveva coltivato fondando nel 2008 il Partito democratico.
«Il bipolarismo non è bipartitismo, ma la prevalenza di due partiti o coalizioni. E' così anche in Inghilterra, dove accanto alle due forze prevalenti ne esistono altre, che oggi partecipano anche al governo. L'evoluzione del sistema politico italiano dovrà tendere comunque a due grandi coalizioni»
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innominabile
venerdì 19 novembre 2010
Fuoco amico
Come se non bastassero le ossessioni di Berlusconi, adesso ci si mette pure la rassegna stampa del PD, a perculare la presidenta del partito.
giovedì 18 novembre 2010
Sciogliere una sola camera
Nei giorni scorsi l'attenzione dell'opinione pubblica, perlomeno quella che si occupa un po' di politica e istituzioni, è stata catturata dalla discussione sulla proposta di Berlusconi di riesumare l'art. 88 della Costituzione, quello che prevede che il Presidente della Repubblica possa «sciogliere le Camere o anche una di esse».
Che si trattasse di una sciocchezza, in termini politici, l'hanno detto in tanti: primo fra tutti il prof. Zagrebelsky in un lucidissimo articolo.
Sta di fatto però che l'art.88 dice quel che dice: e quindi se da un lato ha perfettamente ragione Zagrebelsky, a dire che non ha senso che venuta meno la maggioranza in una camera sia sciolta solo questa, ciononostante la Costituzione prevede proprio questa possibilità.
Per spiegare la discrasia bisogna scavare un po' nella storia costituzionale, dove si scoprono delle cose curiose e interessanti.
La Commissione dei Settantacinque, incaricata della redazione del progetto e presieduta da Meuccio Ruini, stabilì in cinque anni la durata di entrambe le Camere. Durante la discussione in assemblea, tuttavia, emerse la linea di Francesco Saverio Nitti il quale, innamorato delle istituzioni americane e francesi, spingeva per avere una Camera bassa di breve durata, che potesse essere sciolta dal Presidente, e Senato che non si potesse sciogliere e fosse rinnovato biennalmente solo per una parte, analogamente a quanto avviene per il senato USA.
Non deve neppure stupire troppo la proposta di mandare alle urne il Paese ogni due anni: i costituenti, uscendo dal Ventennio, avevano un fortissimo desiderio di favorire la consultazione popolare: fosse per il Progetto, oggi avremmo un referendum alla settimana o giù di lì!
Il Nitti poi, non aveva compreso che una Camera Alta di quel tipo ha un senso in un sistema presidenziale, nel quale il governo non deve avere la fiducia delle Camere: ma in un sistema parlamentare no: ad ogni rinnovo parziale o totale di una delle Camere il Governo sarebbe tenuto a ripresentarsi per ottenere la fiducia.
In effetti, guardando le cose un po' più lucidamente per effetto dell'esperienza, possiamo dire che in una repubblica parlamentare con un bicameralismo perfetto non solo non ha senso il rinnovo periodico di una parte di una Camera, ma neppure una durata temporale diversa delle stesse: ma ancora la cosa non era chiara.
Alla fine le varie proposte andarono in votazione: fu respinto il principio del rinnovamento periodico parziale e, dopo aver confermato la durata quinquennale della Camera, si passò a determinare quella del Senato.
Qui fu Roberto Lucifero, che già aveva parlato contro il rinnovamento, a proporre che il Senato dovesse avere una durata maggiore, e non sulla base di argomenti istituzionali bensì squisitamente pratici dacché: «Dovremmo impedire la simultaneità delle elezioni, cioè la confusione infinita che si creerebbe nel Paese per una contemporanea consultazione elettorale, col sistema proporzionale e col collegio uninominale, con l'incrociarsi e il confondersi delle due lotte politiche, per cui la gente, che non passa la vita su questi problemi, sarebbe nell'assoluta impossibilità di esprimere una opinione che significhi qualche cosa. Noi dobbiamo stabilire per il Senato una durata maggiore o minore, ma dobbiamo fare in modo che le elezioni non coincidano, altrimenti fabbricheremmo una Torre di Babele.».
Fu così che la durata della Camera fu fissata in cinque anni e quella del Senato in sei. Se poi vi siete mai chiesti come mai il Presidente della Repubblica duri sette anni, ecco il motivo.
Il sistema, così congegnato, durò fino al 1963, anche se in effetti sia le elezioni del '53 sia quelle del '58 furono fatte per entrambe le assemblee, in quanto il Senato venne sciolto anticipatamente. Ma, almeno per quanto riguarda l'elezione del 1953, ciò non fu dovuto a un ripensamento del sistema, bensì a un fatto contingente abbastanza curioso.
Solo che adesso ha smesso di piovere e riesco a scappare a casa, per cui ve lo racconto un'altra volta.
Che si trattasse di una sciocchezza, in termini politici, l'hanno detto in tanti: primo fra tutti il prof. Zagrebelsky in un lucidissimo articolo.
Sta di fatto però che l'art.88 dice quel che dice: e quindi se da un lato ha perfettamente ragione Zagrebelsky, a dire che non ha senso che venuta meno la maggioranza in una camera sia sciolta solo questa, ciononostante la Costituzione prevede proprio questa possibilità.
Per spiegare la discrasia bisogna scavare un po' nella storia costituzionale, dove si scoprono delle cose curiose e interessanti.
La Commissione dei Settantacinque, incaricata della redazione del progetto e presieduta da Meuccio Ruini, stabilì in cinque anni la durata di entrambe le Camere. Durante la discussione in assemblea, tuttavia, emerse la linea di Francesco Saverio Nitti il quale, innamorato delle istituzioni americane e francesi, spingeva per avere una Camera bassa di breve durata, che potesse essere sciolta dal Presidente, e Senato che non si potesse sciogliere e fosse rinnovato biennalmente solo per una parte, analogamente a quanto avviene per il senato USA.
Non deve neppure stupire troppo la proposta di mandare alle urne il Paese ogni due anni: i costituenti, uscendo dal Ventennio, avevano un fortissimo desiderio di favorire la consultazione popolare: fosse per il Progetto, oggi avremmo un referendum alla settimana o giù di lì!
Il Nitti poi, non aveva compreso che una Camera Alta di quel tipo ha un senso in un sistema presidenziale, nel quale il governo non deve avere la fiducia delle Camere: ma in un sistema parlamentare no: ad ogni rinnovo parziale o totale di una delle Camere il Governo sarebbe tenuto a ripresentarsi per ottenere la fiducia.
In effetti, guardando le cose un po' più lucidamente per effetto dell'esperienza, possiamo dire che in una repubblica parlamentare con un bicameralismo perfetto non solo non ha senso il rinnovo periodico di una parte di una Camera, ma neppure una durata temporale diversa delle stesse: ma ancora la cosa non era chiara.
Alla fine le varie proposte andarono in votazione: fu respinto il principio del rinnovamento periodico parziale e, dopo aver confermato la durata quinquennale della Camera, si passò a determinare quella del Senato.
Qui fu Roberto Lucifero, che già aveva parlato contro il rinnovamento, a proporre che il Senato dovesse avere una durata maggiore, e non sulla base di argomenti istituzionali bensì squisitamente pratici dacché: «Dovremmo impedire la simultaneità delle elezioni, cioè la confusione infinita che si creerebbe nel Paese per una contemporanea consultazione elettorale, col sistema proporzionale e col collegio uninominale, con l'incrociarsi e il confondersi delle due lotte politiche, per cui la gente, che non passa la vita su questi problemi, sarebbe nell'assoluta impossibilità di esprimere una opinione che significhi qualche cosa. Noi dobbiamo stabilire per il Senato una durata maggiore o minore, ma dobbiamo fare in modo che le elezioni non coincidano, altrimenti fabbricheremmo una Torre di Babele.».
Fu così che la durata della Camera fu fissata in cinque anni e quella del Senato in sei. Se poi vi siete mai chiesti come mai il Presidente della Repubblica duri sette anni, ecco il motivo.
Il sistema, così congegnato, durò fino al 1963, anche se in effetti sia le elezioni del '53 sia quelle del '58 furono fatte per entrambe le assemblee, in quanto il Senato venne sciolto anticipatamente. Ma, almeno per quanto riguarda l'elezione del 1953, ciò non fu dovuto a un ripensamento del sistema, bensì a un fatto contingente abbastanza curioso.
Solo che adesso ha smesso di piovere e riesco a scappare a casa, per cui ve lo racconto un'altra volta.
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maestrino
Del perché sia opportuno fare la donazione a wikipedia
Perché, ad esempio, si può andare a leggere la voce:
Psicosi
I sintomi psicotici sono ascrivibili a disturbi di forma del pensiero, disturbi di contenuto del pensiero e disturbi della sensopercezione.* Disturbi di forma del pensiero: alterazioni del flusso ideativo fino alla fuga delle idee e all'incoerenza, alterazioni dei nessi associativi come la tangenzialità, le risposte di traverso, i salti di palo in frasca;
* Disturbi di contenuto del pensiero: ideazione prevalente delirante.
Grazie, Wikipedia, che mi consenti di capire la realtà d'oggi
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innominabile
La rivoluzione in cachemere
Però contro Albertini avete combattuto per dieci anni...Ecco: se magari l'avessi capito prima, che lo scopo ultimo del Partito Democratico era quello di sdoganare Albertina, questo blog si sarebbe risparmiato tante parole inutili.
Erano anche gli anni in cui noi non esistevamo come Partito Democratico.
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pd
mercoledì 17 novembre 2010
Lettera aperta a Paola Caruso
Cara Paola,
nei giorni scorsi mi sono disinteressato alla tua vicenda: ti ho perfino dileggiato dal momento che la tua protesta è stata organizzata in maniera così infantile e istintiva da rendere evidente, a chi la segue, non già la tua condizione di precarietà, bensì la tua immaturità.
Non occorre spendere molte parole sul punto: una persona che lavora nel giornalismo da sette anni non può non sapere che avviare una protesta destinata a durare per un tempo brevissimo, quale lo sciopero della sete, necessita di un'accuratissima organizzazione preventiva. Fare una sciocchezza simile all'inizio di un week-end e nel corso di una crisi di governo, di un'emergenza ambientale e del possibile default di un paese della CEE* è, passami il termine, una solenne stronzata; come pure stronzate sono l'annunciarlo a protesta già avvenuta, tenere il tuo feed su FF lucchettato, contraddirti nelle varie versioni che hai fornito, cambiare forma di protesta in corso d'opera, prendertela con un altro precario che fra l'altro non è neppur stato assunto, etc. etc. etc.
Ma c'è di più, Paolina. Vedi: lo sciopero della fame è una forma di estorsione, come hanno detto altri più bravi di me: magari nobilissima, ma sempre estorsione. Si usa il ricatto morale per porre in atto un periodo ipotetico del secondo tipo: SE tu non facessi questo, ALLORA succederebbe questo. Esempi di ricatto sono:
* SE non mi date un milione di dollari, ALLORA ammazzo un ostaggio;
* SE non mi date il permesso di soggiorno ALLORA mi butto di sotto;
* SE non mi compri la playstation ALLORA piango tutto il giorno.
Ecco, vedi: nella tua protesta manca un pezzo: c'è l'ALLORA, ma non c'è il SE. E ammetterai che questo non aiuta a capire che diavolo ti passi per la testa, Paolina cara. Vuoi un contratto? Vuoi una password per il desk? Vuoi un posto alla Camera del Lavoro? O alla Camera tout-court? Che cazzo vuoi insomma (e: no, richiamare l'attenzione non è una risposta, dato che l'attenzione l'hai già richiamata quel poco che potevi, e comunque non hai fornito una metrica per misurare il fenomeno)?
Sai, il fatto è che oramai, in questo mondo cattivo, è difficile che qualcuno ceda a un ricatto; ma se poi non si sa nemmeno qual è la richiesta, anche quella flebile possibilità svanisce nel nulla: non è un concetto astruso, vero?
Ma veniamo al punto, ché finora ho divagato: ti racconto un aneddoto personale.
Vedi, non tanto tempo fa ho attraversato un momento difficile e, per dirla tutta, ho rischiato anche di perdere il posto di lavoro. Certo io sono un privilegiato, avendo un contratto a tempo indeterminato, ma con un figlio, un mutuo e quant'altro da mantenere mi sarei trovato in seria difficoltà.
Ebbene, Paola, sai che ho fatto per prima cosa? Ho chiuso questo blog.
L'ho fatto perché sapevo bene che dal mondo della Rete non sarebbe potuto venir fuori nulla che mi aiutasse, e avrei perso tempo e concentrazione, entrambi necessari per risolvere il mio serissimo problema.
Perché, vedi, il fatto è che frequentando questa rete sembra che ci sia il mondo intero di là dello schermo ma, purtroppo, il mondo intero è un altro. Quante persone conosci in rete? Quante persone ti hanno dato solidarietà? Centinaia? Forse addirittura un migliaio? Ecco, ora ti dico una cosa: tutte quelle persone, ammesso che ci siano state, sono un vagone del metrò all'ora di punta.
Adesso, pensa per un attimo che ci sono: tutti gli altri vagoni della linea rossa; tutti gli altri vagoni delle altre due linee; tutti i passeggeri di tram, autobus e filobus; tutti queli che vanno al lavoro in macchina, in moto e in bici; tutti quelli che restano a casa; tutti gli altri lombardi; tutti gli altri italiani.
Afferrato il punto?
Hai sessanta milioni di italiani che non sanno un cazzo della tua cosiddetta protesta, e che se anche sapessero se ne sbatterebbero, e un vagone del metrò che ti sostiene. Meglio che niente, dirai. E invece NO.
Quel vagone lì, sappilo, ti sta facendo del male. Sostenendoti, dicendoti che combatti una battaglia giusta, ti fa pensare che tu possa avere un barlume di ragione e di speranza, ma non è così.
Tu non stai combattendo una battaglia giusta: non sai nemmeno tu cosa vuoi; non hai un obiettivo; qualora l'avessi, non sai come raggiungerlo; e non sai come uscire da questa situazione senza perdere la faccia. Hai fatto una cazzata, insomma: e non riesci a rendertene conto perché ci sono mille (o più probabilmente cento) che stanno lì a sostenere quella immane cazzata.
Ti dicono «mangia», ti dicono «bevi»; ti dicono che hai ragione. Non ti dicono che sei stata una cretina. E così tu pensi di aver ragione, e di non essere stata una cretina, e preseveri.
Vuoi un consiglio da amico? Mandali tutti affanculo, quegli amici.
Fatti ricoverare con la scusa di un esaurimento nervoso e dopo un paio di settimane scrivi una letterina a De Bortoli dicendo che eri sconvolta perché ti era morto il gatto o ti aveva piantato il fidanzato, e chiedigli per favore di dimenticare tutto.
Cosa che non sarà difficile, dato che probabilmente De Bortoli (che dirige un giornale in un momento in cui c'è una crisi di governo, un'emergenza ambientale e il possibile default di un paese della CEE*) già di te si è scordato persino il nome.
* mi fanno notare che la CEE non esiste più. Faccio notare che io sono conservatore dentro.
nei giorni scorsi mi sono disinteressato alla tua vicenda: ti ho perfino dileggiato dal momento che la tua protesta è stata organizzata in maniera così infantile e istintiva da rendere evidente, a chi la segue, non già la tua condizione di precarietà, bensì la tua immaturità.
Non occorre spendere molte parole sul punto: una persona che lavora nel giornalismo da sette anni non può non sapere che avviare una protesta destinata a durare per un tempo brevissimo, quale lo sciopero della sete, necessita di un'accuratissima organizzazione preventiva. Fare una sciocchezza simile all'inizio di un week-end e nel corso di una crisi di governo, di un'emergenza ambientale e del possibile default di un paese della CEE* è, passami il termine, una solenne stronzata; come pure stronzate sono l'annunciarlo a protesta già avvenuta, tenere il tuo feed su FF lucchettato, contraddirti nelle varie versioni che hai fornito, cambiare forma di protesta in corso d'opera, prendertela con un altro precario che fra l'altro non è neppur stato assunto, etc. etc. etc.
Ma c'è di più, Paolina. Vedi: lo sciopero della fame è una forma di estorsione, come hanno detto altri più bravi di me: magari nobilissima, ma sempre estorsione. Si usa il ricatto morale per porre in atto un periodo ipotetico del secondo tipo: SE tu non facessi questo, ALLORA succederebbe questo. Esempi di ricatto sono:
* SE non mi date un milione di dollari, ALLORA ammazzo un ostaggio;
* SE non mi date il permesso di soggiorno ALLORA mi butto di sotto;
* SE non mi compri la playstation ALLORA piango tutto il giorno.
Ecco, vedi: nella tua protesta manca un pezzo: c'è l'ALLORA, ma non c'è il SE. E ammetterai che questo non aiuta a capire che diavolo ti passi per la testa, Paolina cara. Vuoi un contratto? Vuoi una password per il desk? Vuoi un posto alla Camera del Lavoro? O alla Camera tout-court? Che cazzo vuoi insomma (e: no, richiamare l'attenzione non è una risposta, dato che l'attenzione l'hai già richiamata quel poco che potevi, e comunque non hai fornito una metrica per misurare il fenomeno)?
Sai, il fatto è che oramai, in questo mondo cattivo, è difficile che qualcuno ceda a un ricatto; ma se poi non si sa nemmeno qual è la richiesta, anche quella flebile possibilità svanisce nel nulla: non è un concetto astruso, vero?
Ma veniamo al punto, ché finora ho divagato: ti racconto un aneddoto personale.
Vedi, non tanto tempo fa ho attraversato un momento difficile e, per dirla tutta, ho rischiato anche di perdere il posto di lavoro. Certo io sono un privilegiato, avendo un contratto a tempo indeterminato, ma con un figlio, un mutuo e quant'altro da mantenere mi sarei trovato in seria difficoltà.
Ebbene, Paola, sai che ho fatto per prima cosa? Ho chiuso questo blog.
L'ho fatto perché sapevo bene che dal mondo della Rete non sarebbe potuto venir fuori nulla che mi aiutasse, e avrei perso tempo e concentrazione, entrambi necessari per risolvere il mio serissimo problema.
Perché, vedi, il fatto è che frequentando questa rete sembra che ci sia il mondo intero di là dello schermo ma, purtroppo, il mondo intero è un altro. Quante persone conosci in rete? Quante persone ti hanno dato solidarietà? Centinaia? Forse addirittura un migliaio? Ecco, ora ti dico una cosa: tutte quelle persone, ammesso che ci siano state, sono un vagone del metrò all'ora di punta.
Adesso, pensa per un attimo che ci sono: tutti gli altri vagoni della linea rossa; tutti gli altri vagoni delle altre due linee; tutti i passeggeri di tram, autobus e filobus; tutti queli che vanno al lavoro in macchina, in moto e in bici; tutti quelli che restano a casa; tutti gli altri lombardi; tutti gli altri italiani.
Afferrato il punto?
Hai sessanta milioni di italiani che non sanno un cazzo della tua cosiddetta protesta, e che se anche sapessero se ne sbatterebbero, e un vagone del metrò che ti sostiene. Meglio che niente, dirai. E invece NO.
Quel vagone lì, sappilo, ti sta facendo del male. Sostenendoti, dicendoti che combatti una battaglia giusta, ti fa pensare che tu possa avere un barlume di ragione e di speranza, ma non è così.
Tu non stai combattendo una battaglia giusta: non sai nemmeno tu cosa vuoi; non hai un obiettivo; qualora l'avessi, non sai come raggiungerlo; e non sai come uscire da questa situazione senza perdere la faccia. Hai fatto una cazzata, insomma: e non riesci a rendertene conto perché ci sono mille (o più probabilmente cento) che stanno lì a sostenere quella immane cazzata.
Ti dicono «mangia», ti dicono «bevi»; ti dicono che hai ragione. Non ti dicono che sei stata una cretina. E così tu pensi di aver ragione, e di non essere stata una cretina, e preseveri.
Vuoi un consiglio da amico? Mandali tutti affanculo, quegli amici.
Fatti ricoverare con la scusa di un esaurimento nervoso e dopo un paio di settimane scrivi una letterina a De Bortoli dicendo che eri sconvolta perché ti era morto il gatto o ti aveva piantato il fidanzato, e chiedigli per favore di dimenticare tutto.
Cosa che non sarà difficile, dato che probabilmente De Bortoli (che dirige un giornale in un momento in cui c'è una crisi di governo, un'emergenza ambientale e il possibile default di un paese della CEE*) già di te si è scordato persino il nome.
* mi fanno notare che la CEE non esiste più. Faccio notare che io sono conservatore dentro.
martedì 16 novembre 2010
Primarie milanesi
Chi abbia avuto la pazienza di leggere questo blog nel corso degli ultimi due anni sa bene che mai una volta è stata spesa una sola parola in favore della passeggiata domenicale per famiglie pomposamente chiamata "primarie": e difatti domenica mattina, vedendo la pioggia che cadeva torrenziale, ho gustato ancor più il calore delle coltri.
Andando non tanto indietro nel tempo, peraltro, trovo un post nel quale dicevo che, pur essendo contrario al meccanismo, ero felice per il risultato: era quello scritto dopo la vittoria di Nichi Vendola.
Avrei potuto copincollare il medesimo, sostituendo a Vendola Pisapia e a Boccia Boeri, ma c'è qualcosa in più da dire.
Con lo squallido teatrino messo in piedi anche questa volta dal PD milanese (e le dimissioni dell'ultim'ora di Penati) credo che anche il più entusiastico fan della prima ora sia costretto a vedere che il re è nudo.
Prendiamola un po' alla lontana faccendo un esempio laterale. Immaginiamo di prendere una multa per divieto di sosta da cinquanta euri: ci incazziamo. Vero è che parcheggiando in divieto abbiamo accettato in qualche misura il rischio, ma ci incazziamo perché speravamo che il vigile non passasse di lì. Immaginiamo invece di andare in tabaccheria e giocare cinquanta euri al lotto, e di non vincere nulla: se ci incazziamo siamo dei cretini, perché non ce l'ha ordinato il medico di andare a giocare. Quei cinquanta euri con cui avremmo potuto comperare una bottiglia di quello buono abbiamo scientemente deciso di metterli a rischio e di perderli.
Ora, tutti voi ben sapete che la Costituzione impone di fare le elezioni ogni cinque anni: si possono fare anche prima di tale termine ma comunque alla scadenza del quinto anno, non c'è storia, bisogtna andare alle urne. Ovviamente i partiti competono tra loro, e alla fine c'è chi vince e chi perde (in effetti di solito vincono quasi tutti, almeno nelle dichiarazioni dei loro segretari, ma eccezionalmente capita che un partito subisca un tale tracollo da costringere il proprio responsabile ad ammettere che sì, in effetti le cose non sono andate benino).
Quello che è importante sottolineare è che la decisione di andare alle urne non è presa da un partito: è il sistema, che sta al di sopra dei singoli partiti, che lo impone.
Se un partito, nella propria autonomia, decide di selezionare i propri candidati non in base ad un criterio deterministico (il merito, le capacità individuali, l'anzianità di servizio nell'apparato), bensì di rimettere la selezione al primo che passa per la strada, ha preso una decisione ben precisa. Per me è un'idiozia, quanto giocare al lotto, ma è comunque una propria autonoma decisione nella quale si suppone che debba credere, se al mondo esiste un minimo di coerenza.
E quindi, una volta deciso di far le primarie, logica vuole che il partito in questione abbia un atteggiamento neutrale nei confronti dei possibili candidati, esattamente come il Presidente della Repubblica ha un atteggiamento neutrale nei confronti dei partiti che concorrono ad un posto in Parlamento.
Certo, può esserci un sistema di preselezione, dato che sarebbe, come dire, imbarazzante se Pino Rauti concorresse alla carica di sindaco di Milano sotto la bandiera di un partito antifascista; allo stesso modo in cui non sarebbe ammissibile che al Parlamento italiano concorresse un cittadino cileno: ma una volta che i candidati hanno i prerequisiti stabiliti dall'organizzatore della competizione, questo ente deve essere neutrale ed accogliere il responso delle urne o dei gazebo con la più pacifica serenità.
Certo l'ente in questione, Stato o partito che sia, può preoccuparsi per una scarsa affluenza, segno che gli elettori si stano disamorando del sistema messo in piedi; ma non può preoccuparsi perché il responso degli elettori ha scelto l'una o l'altra persona.
Facciamo un altro esempio: chi abita in un condominio sa che il codice civile impone che l'assemblea nomini un amministratore, con un meccanismo simile a quello delle elezioni; ma se io sono proprietario di un intero palazzo posso farlo amministrare a chi voglio, o posso anche decidere che l'amministratore sia scelto dai miei affittuari, se così mi piace, e organizzare un'assemblea a tal fine. Quello che non ha proprio senso è che io decida di far amministrare il mio casamento a Tizio, proponga ai miei affittuari di scegliere tra Tizio e Caio, e poi mi arrabbi perché questi hanno scelto Caio: se Caio non mi piace, dovevo scegliere Tizio fin dall'inizio, punto fermo.
Il Partito Democretico, sia in Puglia che a Milano, ha fatto proprio questo: ha scelto il proprio candidato, e allo stesso tempo ha scelto di far scegliere il candidato a chi passava per la strada. Certo, se la scelta del vertice e quella dei passeggiatori domenicali fosse coincisa, il prescelto (nel senso di quello scelto in anticipo dal partito) avrebbe avuto una bella spinta di legittimazione: esattamente come se il mio terno secco fosse risultato vincente adesso non me ne starei a timbrare il cartellino.
Purtroppo capita che i terni secchi non escano, e che i passanti non scelgano i prescelti. In questo caso però non si sbatte la testa contro il muro, non si recrimina, non ci si dimette. e soprattutto non si chiedono le dimissioni di altri.
Si accetta, coerentemente, la conseguenza dell'aver adottato un certo metodo e si va avanti, pacatamente e serenamente.
Andando non tanto indietro nel tempo, peraltro, trovo un post nel quale dicevo che, pur essendo contrario al meccanismo, ero felice per il risultato: era quello scritto dopo la vittoria di Nichi Vendola.
Avrei potuto copincollare il medesimo, sostituendo a Vendola Pisapia e a Boccia Boeri, ma c'è qualcosa in più da dire.
Con lo squallido teatrino messo in piedi anche questa volta dal PD milanese (e le dimissioni dell'ultim'ora di Penati) credo che anche il più entusiastico fan della prima ora sia costretto a vedere che il re è nudo.
Prendiamola un po' alla lontana faccendo un esempio laterale. Immaginiamo di prendere una multa per divieto di sosta da cinquanta euri: ci incazziamo. Vero è che parcheggiando in divieto abbiamo accettato in qualche misura il rischio, ma ci incazziamo perché speravamo che il vigile non passasse di lì. Immaginiamo invece di andare in tabaccheria e giocare cinquanta euri al lotto, e di non vincere nulla: se ci incazziamo siamo dei cretini, perché non ce l'ha ordinato il medico di andare a giocare. Quei cinquanta euri con cui avremmo potuto comperare una bottiglia di quello buono abbiamo scientemente deciso di metterli a rischio e di perderli.
Ora, tutti voi ben sapete che la Costituzione impone di fare le elezioni ogni cinque anni: si possono fare anche prima di tale termine ma comunque alla scadenza del quinto anno, non c'è storia, bisogtna andare alle urne. Ovviamente i partiti competono tra loro, e alla fine c'è chi vince e chi perde (in effetti di solito vincono quasi tutti, almeno nelle dichiarazioni dei loro segretari, ma eccezionalmente capita che un partito subisca un tale tracollo da costringere il proprio responsabile ad ammettere che sì, in effetti le cose non sono andate benino).
Quello che è importante sottolineare è che la decisione di andare alle urne non è presa da un partito: è il sistema, che sta al di sopra dei singoli partiti, che lo impone.
Se un partito, nella propria autonomia, decide di selezionare i propri candidati non in base ad un criterio deterministico (il merito, le capacità individuali, l'anzianità di servizio nell'apparato), bensì di rimettere la selezione al primo che passa per la strada, ha preso una decisione ben precisa. Per me è un'idiozia, quanto giocare al lotto, ma è comunque una propria autonoma decisione nella quale si suppone che debba credere, se al mondo esiste un minimo di coerenza.
E quindi, una volta deciso di far le primarie, logica vuole che il partito in questione abbia un atteggiamento neutrale nei confronti dei possibili candidati, esattamente come il Presidente della Repubblica ha un atteggiamento neutrale nei confronti dei partiti che concorrono ad un posto in Parlamento.
Certo, può esserci un sistema di preselezione, dato che sarebbe, come dire, imbarazzante se Pino Rauti concorresse alla carica di sindaco di Milano sotto la bandiera di un partito antifascista; allo stesso modo in cui non sarebbe ammissibile che al Parlamento italiano concorresse un cittadino cileno: ma una volta che i candidati hanno i prerequisiti stabiliti dall'organizzatore della competizione, questo ente deve essere neutrale ed accogliere il responso delle urne o dei gazebo con la più pacifica serenità.
Certo l'ente in questione, Stato o partito che sia, può preoccuparsi per una scarsa affluenza, segno che gli elettori si stano disamorando del sistema messo in piedi; ma non può preoccuparsi perché il responso degli elettori ha scelto l'una o l'altra persona.
Facciamo un altro esempio: chi abita in un condominio sa che il codice civile impone che l'assemblea nomini un amministratore, con un meccanismo simile a quello delle elezioni; ma se io sono proprietario di un intero palazzo posso farlo amministrare a chi voglio, o posso anche decidere che l'amministratore sia scelto dai miei affittuari, se così mi piace, e organizzare un'assemblea a tal fine. Quello che non ha proprio senso è che io decida di far amministrare il mio casamento a Tizio, proponga ai miei affittuari di scegliere tra Tizio e Caio, e poi mi arrabbi perché questi hanno scelto Caio: se Caio non mi piace, dovevo scegliere Tizio fin dall'inizio, punto fermo.
Il Partito Democretico, sia in Puglia che a Milano, ha fatto proprio questo: ha scelto il proprio candidato, e allo stesso tempo ha scelto di far scegliere il candidato a chi passava per la strada. Certo, se la scelta del vertice e quella dei passeggiatori domenicali fosse coincisa, il prescelto (nel senso di quello scelto in anticipo dal partito) avrebbe avuto una bella spinta di legittimazione: esattamente come se il mio terno secco fosse risultato vincente adesso non me ne starei a timbrare il cartellino.
Purtroppo capita che i terni secchi non escano, e che i passanti non scelgano i prescelti. In questo caso però non si sbatte la testa contro il muro, non si recrimina, non ci si dimette. e soprattutto non si chiedono le dimissioni di altri.
Si accetta, coerentemente, la conseguenza dell'aver adottato un certo metodo e si va avanti, pacatamente e serenamente.
lunedì 15 novembre 2010
Cause perse reprise
Ieri ho scritto un post, ma prima di pubblicarlo l'ho cancellato.
L'ho fatto non perché mi fossi ricreduto su quello che avevo scritto, bensì perché ho provato tanta pena e un istintivo moto di solidarietà verso una persona che, in un certo momento della sua vita (o magari da sempre, chissà), si è trovata nella situazione descritta dall'art.85 del Codice Penale:
Comunque, se proprio ci tenete a leggere quello che avevo scritto, vi va di lusso: perché qui non solo trovate, praticamente identico, ma lo trovate anche scritto assai meglio, da parte di uno che conosce bene quel lavoro e quell'ambiente e che ha saputo dire le medesime cose con grande lucidità.
L'ho fatto non perché mi fossi ricreduto su quello che avevo scritto, bensì perché ho provato tanta pena e un istintivo moto di solidarietà verso una persona che, in un certo momento della sua vita (o magari da sempre, chissà), si è trovata nella situazione descritta dall'art.85 del Codice Penale:
Nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha commesso non era imputabile.e pertanto non può esser fatta responsabile delle proprie azioni.
È imputabile chi ha la capacità d'intendere e di volere.
Comunque, se proprio ci tenete a leggere quello che avevo scritto, vi va di lusso: perché qui non solo trovate, praticamente identico, ma lo trovate anche scritto assai meglio, da parte di uno che conosce bene quel lavoro e quell'ambiente e che ha saputo dire le medesime cose con grande lucidità.
domenica 14 novembre 2010
Avvocato delle cause perse
Questo era un post molto antipatico che parlava di anzianità, meritocrazia, conformismo e giudizio acritico. Era così antipatico che l'ho cancellato, ma le note a piè di pagina sono rimaste
* feed _lucchettato_
** di _venerdì sera_
*** a iniziativa _già in corso_
**** del resto il Corriere ha dichiarato lo stato di crisi, quindi assunzioni a tempo indeterminato _non ne può fare_
***** il dato non è chiaro, dato che _non sappiamo_ bene quando sia iniziato
* feed _lucchettato_
** di _venerdì sera_
*** a iniziativa _già in corso_
**** del resto il Corriere ha dichiarato lo stato di crisi, quindi assunzioni a tempo indeterminato _non ne può fare_
***** il dato non è chiaro, dato che _non sappiamo_ bene quando sia iniziato
venerdì 12 novembre 2010
Grandi questioni filosofiche
Ma secondo voi il grafico del Corriere l'ha fatto apposta, di mettere la foto della Brambilla con la testa di un cavallo?
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cosecosì
mercoledì 10 novembre 2010
Abbracci
Nei commenti del mio precedente post questo signore qua, uno che ha la passione per la Hit Parade, ha lasciato un commento al quale vale la pena di dar la rilevanza che merita.
Citando la mia frase "di quando ero giovane e pirla" egli ha ritenuto di aggiungere:
beh, complimenti per esserti conservato; per il primo aggettivo non so, ma per il secondo certamente
martedì 9 novembre 2010
A ridatece Suor Paola
La piccola provocazione di ieri ha sortito effetti migliori di quanto sperato. I miei tre lettori non hanno riconosciuto, di primo acchito, alcuna cesura stilistica né temporale tra i tre documenti che componevano il pastiche: il Manifesto dei Fasci di Combattimento, il Manifesto del Futurismo e la Carta di Firenze dei due bei giovani tomi, Renzi e Ciwati.
Basterebbe la lettura dell'edificante documento dell'altro ieri, al cui confronto la prosa Marinettiana appare un fulgido esempio di levità stilistica e concretezza programmatica, per mettere una croce, e una pesante lapide, sulla carriera politica di due soggetti che mi fanno rimpiangere amaramente i bei tempi in cui in politica c'erano persone che sapevan il fatto loro e lavoravano per migliorare concretamente il Paese: gente come Beppe Grillo e Mariotto Segni, ad esempio, la cui statura politica viene rivalutata al rango di colossi del pensiero dall'impietoso confronto con il nuovo che avanza.
Nello scorso week-end, per curiosità, mi sono collegato al sito del giornale di Luca Sofri, altro entusiasta delle cause perse, sul quale si poteva seguire in diretta lo streaming dell'immaginifica kermesse. Ho sentito parlare di TAV, di San Salvario, di banda larga, di fisco, di mandati parlamentari, di giustizia, di Europa, di spazzatura: mi sono rotto i coglioni in modo indicibile.
C'è chi a detto che sì, in effetti l'incontro fiorentino è stato una sorta di brainstorming, e che le cose concrete si vedranno poi. Sesquipedale cazzata.
Chiunque abbia lavorato per qualche giorno nella sua vita sa bene che l'efficacia di una riunione è inversamente proporzionale al numero di partecipanti, e che pertanto sopra gli otto convocati è indispensabile che il tema sia perfettamente delineato e che gli interventi siano moderati con rigidità nazista, perché altrimenti va tutto in vacca. Certo, sono cose che sa bene chi abbia lavorato, e pertanto in questo Renzi e Civati sono scusabili, ma non troppo: infatti la cosa era nota financo ai nostri costituenti, che non a caso nell'art. 72 hanno stabilito che prima dell'Aula i progetti di legge debbano passare in commissioni ristrette. Perché 600 individui che parlano a braccio su un tema non possono concludere una fava.
E non fatevi imbrogliare con le immagini dei congressi di partito: è vero che vi sono tantissime persone, le quali però prima di star lì sono passate attraverso tutto un sistema di assemblee e mandati periferici, e discutono su un limitato numero di ben precise mozioni.
Ora, questi nuovi giovani idioti sono riusciti a superare l'inimmaginabile: non solo hanno preso qualche centinaio di persone facendole parlare tutte insieme, ma non hanno neppure dato una minchia di tema da seguire: ciascuno poteva dire quel cazzo che gli passava per la mente, purché in cinque minuti (che già la cosa dei cinque minuti mi fa venire i bordoni, cazzo! Per uno storico della Rivoluzione Francese, come in altri tempi sono stato, l'idea che si vada a fare non dico la rivoluzione, ma anche solo un rivoltamento di materasso, nel tempo di un giro di valzer, è cosa inammissibile).
Sapete cosa ne è uscito? In un primo momento ho pensato alle assemblee cittadine studentesche di quando ero giovane e pirla, ma in esse la profondità di pensiero era piombo, paragonata al sughero della Stazione Leopolda.
Poi ho pensato a quei bei tempi di Radio Radicale, quando avevano fatto quella protesta mettendo una segreteria telefonica a disposizione degli ascoltatori, che potevano dire tutto quel che pareva loro, purché in un minuto. Mi piaceva il parallelo del minutaggio, ma anche qui qualcosa non quadrava: in fondo a Firenze non si dicevano le parolacce, che erano l'essenza principe della programmazione di Radio Radicale.
Poi mi è venuta l'illuminazione. Quelli che il Calcio.
Sì, lo so: vi sembra che gli interventi degli inviati siano tutti coerenti e a tema, che la Ventura sia una gran professionista capace di tenere la diretta per due ore e Suor Paola un colosso dell'esegesi del gesto atletico.
Non riuscite a capire che diavolo c'entri quella trasmissione, fiore all'occhiello dell'emittenza nazionale.
E in effetti avete ragione. A me quelli della Stazione Leopolda non hanno ricordato né la Ventura né Suor Paola.
Mi sono sembrati simili alla striscia che scorre in basso, quella degli SMS del pubblico.
Basterebbe la lettura dell'edificante documento dell'altro ieri, al cui confronto la prosa Marinettiana appare un fulgido esempio di levità stilistica e concretezza programmatica, per mettere una croce, e una pesante lapide, sulla carriera politica di due soggetti che mi fanno rimpiangere amaramente i bei tempi in cui in politica c'erano persone che sapevan il fatto loro e lavoravano per migliorare concretamente il Paese: gente come Beppe Grillo e Mariotto Segni, ad esempio, la cui statura politica viene rivalutata al rango di colossi del pensiero dall'impietoso confronto con il nuovo che avanza.
Nello scorso week-end, per curiosità, mi sono collegato al sito del giornale di Luca Sofri, altro entusiasta delle cause perse, sul quale si poteva seguire in diretta lo streaming dell'immaginifica kermesse. Ho sentito parlare di TAV, di San Salvario, di banda larga, di fisco, di mandati parlamentari, di giustizia, di Europa, di spazzatura: mi sono rotto i coglioni in modo indicibile.
C'è chi a detto che sì, in effetti l'incontro fiorentino è stato una sorta di brainstorming, e che le cose concrete si vedranno poi. Sesquipedale cazzata.
Chiunque abbia lavorato per qualche giorno nella sua vita sa bene che l'efficacia di una riunione è inversamente proporzionale al numero di partecipanti, e che pertanto sopra gli otto convocati è indispensabile che il tema sia perfettamente delineato e che gli interventi siano moderati con rigidità nazista, perché altrimenti va tutto in vacca. Certo, sono cose che sa bene chi abbia lavorato, e pertanto in questo Renzi e Civati sono scusabili, ma non troppo: infatti la cosa era nota financo ai nostri costituenti, che non a caso nell'art. 72 hanno stabilito che prima dell'Aula i progetti di legge debbano passare in commissioni ristrette. Perché 600 individui che parlano a braccio su un tema non possono concludere una fava.
E non fatevi imbrogliare con le immagini dei congressi di partito: è vero che vi sono tantissime persone, le quali però prima di star lì sono passate attraverso tutto un sistema di assemblee e mandati periferici, e discutono su un limitato numero di ben precise mozioni.
Ora, questi nuovi giovani idioti sono riusciti a superare l'inimmaginabile: non solo hanno preso qualche centinaio di persone facendole parlare tutte insieme, ma non hanno neppure dato una minchia di tema da seguire: ciascuno poteva dire quel cazzo che gli passava per la mente, purché in cinque minuti (che già la cosa dei cinque minuti mi fa venire i bordoni, cazzo! Per uno storico della Rivoluzione Francese, come in altri tempi sono stato, l'idea che si vada a fare non dico la rivoluzione, ma anche solo un rivoltamento di materasso, nel tempo di un giro di valzer, è cosa inammissibile).
Sapete cosa ne è uscito? In un primo momento ho pensato alle assemblee cittadine studentesche di quando ero giovane e pirla, ma in esse la profondità di pensiero era piombo, paragonata al sughero della Stazione Leopolda.
Poi ho pensato a quei bei tempi di Radio Radicale, quando avevano fatto quella protesta mettendo una segreteria telefonica a disposizione degli ascoltatori, che potevano dire tutto quel che pareva loro, purché in un minuto. Mi piaceva il parallelo del minutaggio, ma anche qui qualcosa non quadrava: in fondo a Firenze non si dicevano le parolacce, che erano l'essenza principe della programmazione di Radio Radicale.
Poi mi è venuta l'illuminazione. Quelli che il Calcio.
Sì, lo so: vi sembra che gli interventi degli inviati siano tutti coerenti e a tema, che la Ventura sia una gran professionista capace di tenere la diretta per due ore e Suor Paola un colosso dell'esegesi del gesto atletico.
Non riuscite a capire che diavolo c'entri quella trasmissione, fiore all'occhiello dell'emittenza nazionale.
E in effetti avete ragione. A me quelli della Stazione Leopolda non hanno ricordato né la Ventura né Suor Paola.
Mi sono sembrati simili alla striscia che scorre in basso, quella degli SMS del pubblico.
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politica
lunedì 8 novembre 2010
Manifesti
Il candidato riconosca senza googlare le tre fonti dello scritto propostogli
Ecco il programma di un movimento sanamente italiano.
Rivoluzionario perché antidogmatico e antidemagogico; fortemente innovatore perché antipregiudizievole.
Noi che crediamo che questo tempo sia un tempo prezioso, bellissimo, difficile, inquietante, ma sia soprattutto il nostro tempo, l'unica occasione per provare a cambiare la realtà.
Noi vogliamo Il sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l'abolizione di tutte le mense Vescovili.
Noi vogliamo rispondere al cinismo con il civismo. Alla divisione con una visione. Alla polemica con la politica. E vogliamo farlo con la leggerezza di chi sa che il mondo non gira intorno al proprio ombelico.
Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri.
Sì, noi crediamo nella bellezza, che forse non salverà il mondo, ma può dare un senso al nostro impegno. La bellezza dei nostri paesaggi, delle nostre opere d'arte, delle nostre ricchezze culturali, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.
Ecco il programma di un movimento sanamente italiano.
Rivoluzionario perché antidogmatico e antidemagogico; fortemente innovatore perché antipregiudizievole.
Noi che crediamo che questo tempo sia un tempo prezioso, bellissimo, difficile, inquietante, ma sia soprattutto il nostro tempo, l'unica occasione per provare a cambiare la realtà.
Noi vogliamo Il sequestro di tutti i beni delle congregazioni religiose e l'abolizione di tutte le mense Vescovili.
Noi vogliamo rispondere al cinismo con il civismo. Alla divisione con una visione. Alla polemica con la politica. E vogliamo farlo con la leggerezza di chi sa che il mondo non gira intorno al proprio ombelico.
Noi canteremo le grandi folle agitate dal lavoro, dal piacere o dalla sommossa: canteremo le maree multicolori e polifoniche delle rivoluzioni nelle capitali moderne; canteremo il vibrante fervore notturno degli arsenali e dei cantieri.
Sì, noi crediamo nella bellezza, che forse non salverà il mondo, ma può dare un senso al nostro impegno. La bellezza dei nostri paesaggi, delle nostre opere d'arte, delle nostre ricchezze culturali, perché vogliamo liberare questo paese dalla sua fetida cancrena di professori, d'archeologi, di ciceroni e d'antiquari. Già per troppo tempo l'Italia è stata un mercato di rigattieri. Noi vogliamo liberarla dagli innumerevoli musei che la coprono tutta di cimiteri.
Enti inutili
A dar retta alla voce di wikipedia inglese sul brainstorming, sembrerebbe che la piaga degli enti inutili non sia un'esclusiva italiana.
Some governmental organisations (The Welsh Development Agency and the Department of Enterprise, Trade and Investment in Belfast) have reached the conclusion that the term 'brainstorming' is offensive to people with epilepsy and have suggested the alternative "thought-showers". However, research by the National Society for Epilepsy found of those affected by epilepsy questioned, 93% considered the term inoffensive. A specific comment states that changes need not be made since that could promote an undesirable image of epileptics being easily offended.
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Sondaggio volante
Il fatto che, il giorno successivo alla conclusione della kermesse di Renzi e Civati, sulle home page dei principali quotidiani online nazionali non ci sia uno straccio di riga dedicata a quelli che volevano fare la rivoluzione, significa:
* che i tempi non sono ancora maturi per la rivoluzione?
* che la stampa è asservita ai poteri forti?
* che i cronisti inviati per raccontare lo storico evento sono morti di tedio?
* che i tempi non sono ancora maturi per la rivoluzione?
* che la stampa è asservita ai poteri forti?
* che i cronisti inviati per raccontare lo storico evento sono morti di tedio?
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Fantasia, intuizione, colpo d'occhio
Dunque Umberto Bossi ha preso una posizione chiara e netta sulla situazione politica: se ne starà dietro il cespuglio.
A me l'espressione «dietro il cespuglio» richiama alla memoria solo un'immagine: Paolo Stoppa, dapprima accucciato e poi alle prese con la sua defecatio hysterica.
A me l'espressione «dietro il cespuglio» richiama alla memoria solo un'immagine: Paolo Stoppa, dapprima accucciato e poi alle prese con la sua defecatio hysterica.
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politica
giovedì 4 novembre 2010
Nevica
L'Espresso ha scoperto che Schifani, prima di fare il Presidente del Senato, faceva l'avvocato.
Cosa interessante, seppure un po' fuori tempo massimo, dato che sarebbe bastato andarsi a vedere la biografia sul sito del Senato medesimo per apprenderlo.
Stupisce però che il settimanale parli del lavoro di Schifani, che come noto frequenta un'altra parte politica, in termini assai lusinghieri. Si legge infatti:
Che succede all'Espresso? Si sono bevuti il cervello, a parlar così bene di Schifani?
Cosa interessante, seppure un po' fuori tempo massimo, dato che sarebbe bastato andarsi a vedere la biografia sul sito del Senato medesimo per apprenderlo.
Stupisce però che il settimanale parli del lavoro di Schifani, che come noto frequenta un'altra parte politica, in termini assai lusinghieri. Si legge infatti:
Per questo l'avvocato Schifani congegna una difesa molto articolata, ispirata a principi garantisti, criticando l'uso di tutte le indagini precedenti la legge ai fini dei provvedimenti di sequestro. Analizza uno per uno i beni di Giovanni Bontate - una figura di mafioso borghese, laureato in legge e attivissimo dal punto di vista imprenditoriale mentre gestiva il traffico di droga con gli States - sottolineandone la congruità con il tenore di vita, anche se in un passaggio si fa riferimento al condono fiscale che rende difficile confrontare i redditi dichiarati con quelli reali. Discute nei dettagli vita e opere della Atlantide Costruzioni, un'azienda controllata dal suo assistito che poi nel 1996 verrà indirettamente citata nelle prime indagini sui presunti rapporti tra l'entourage berlusconiano e Cosa nostra.Insomma: l'Espresso non solo ha scoperto che Schifani faceva l'avvocato, ma anche che faceva bene il suo lavoro, difendendo il proprio assistito al meglio delle proprie capacità e competenze professionali, secondo quanto disposto dall'art. 24 della Costituzione e dal Codice Deontologico Forense.
Che succede all'Espresso? Si sono bevuti il cervello, a parlar così bene di Schifani?
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mercoledì 3 novembre 2010
Domande retoriche
Domanda ipotetica
La risposta a tono, considerata la sudditanza psicologica di chi pone la questione nei confronti dell'uomo nerovestito, sarebbe: "Nope.", ma "manco per un cazzo" la sento più mia.
"A M.Fisk e tutti gli altri meno sinceri di lui interessano davvero le idee, i progetti, i pensieri di gente come Matteo Renzi o Pippo Civati?"
La risposta a tono, considerata la sudditanza psicologica di chi pone la questione nei confronti dell'uomo nerovestito, sarebbe: "Nope.", ma "manco per un cazzo" la sento più mia.
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io
Chiacchiere e distintivo
Una premessa è necessaria: io non credo che i tempi siano maturi per la fine del potere di Silvio Berlusconi, ma è anche vero che io i pronostici li sbaglio con impressionante regolarità, e quindi magari il PresConsMin potrebbe anche dare le dimissioni e ritirarsi a vita privata.
I progressivi smarcamenti nel PdL potrebbero lasciar arguire che qualcosa del genere stia accadendo. I soggetti meno impresentabili se ne vanno o perlomeno prendono progressivamente le distanze, il che ha il non secondario effetto di far aumentare nel partito il peso dei pupazzi e delle macchiette: proprio come avviene in una soluzione che, per effetto dell'evaporazione dell'acqua, vede progressivamente aumentare la concentrazione dei sali tossici. E' possibile che questo processo si svolga nella forma di una reazione a catena: via via che il movimento fondato da Silvio Berlusconi (non ho proprio il cuore di chiamarlo partito) diviene ostaggio dei duri, per l'allontanamento dei puri, il clima potrebbe farsi insostenibile anche per coloro che adesso riescono a traccheggiare, e così via fino alla singolarità finale nella quale rimarrebbe un PdL formato da Berlusconi, Fede, Bondi e Stracquadanio, pronti a rifugiarsi nel Ridotto Alpino Valtellinese.
Ammettiamo per un attimo che proprio stasera, 3 novembre 2010, Berlusconi dovesse rassegnare le dimissioni e ritirarsi a vita privata, e proviamo a guardare la cosa con la prospettiva dello storico di domani: che cosa vedremmo e quale giudizio ci faremmo su questi tempi?
Innanzitutto il 4 novembre ci sembrerebbe molto simile al 26 luglio di sessantacinque anni fa, quando era più facile trovare un chilo di caffè o di cioccolata nei negozi che un fascista per istrada: eccezion fatta per i fedelissimi succitati, pronti ad immolarsi con il capo, tutti gli altri, da Cicchitto alla Santanché, rivendicherebbero la propria purissima estraneità alla politica di questi anni. Cosa non difficile né ridicola, considerato il precedente storico di quel membro del Comitato Centrale del PCI e direttore dell'Organo Ufficiale del Partito Comunista che afferma di non essere mai stato comunista in vita sua.
Ma l'attenzione dello storico non s'incentra tanto sul 26 luglio, che è una data d'interesse per il sociologo dei costumi, quanto sul 24 luglio: vale a dire sulla seduta del Gran Consiglio: perché, è bene ricordarlo sempre, il fascismo in Italia si è autodissolto, non è stato rovesciato dalle opposizioni.
Certo, nella la situazione del 1943 gli italiani avevano molte attenuanti: i sedici anni di dittatura e lo stato di guerra, che rendevano oggettivamente assai difficile il lavoro degli oppositori, perlopiù in esilio.
La situazione del 2010 è ben diversa, e se è vero che Berlusconi non ha la statura politica* di un Mussolini, è altrettanto vero che le opposizioni di oggi, pur avendo un'agibilità poliltica infinitamente maggiore di quelle di allora, nei fatti agiscono in modo infinitamente meno incisivo.
Diciamocelo chiaramente: se Berlusconi dovesse cadere oggi, non sarà per effetto delle insostenibili spallate di un'opposizione di sinistra che lo avrà messo di fronte alle contraddizioni politiche di quindici anni di malgoverno. Sarà per lo sfilarsi di una fronda interna al movimento da lui fondato.
Me lo sento già, lo sdegno di un mio nipotino che nel 2050 dovesse studiare la storia contemporanea, e chiedermi come sia stato possibile che un popolo con un sistema sanitario e scolastico a pezzi abbia accettato senza colpo ferire un regalo di tre miliardi ad Air France. Come abbia potuto darsi che una cricca di affaristi pregiudicati** abbia potuto distruggere la situazione idrogeologica di un Paese, facendolo arrivare al punto di non poter reggere ad un giorno intero di pioggia autunnale. Come io, suo nonno, abbia potuto accettare senza ribellarmi*** una deriva dell'informazione fatta di veline e menzogne, di case di cartapesta spacciate per solidi mattoni; di progetti di ponti avveniristici che sottaciono la mancanza di benzina nei serbatoi delle auto della polizia e di carta igienica nei cessi degli asili.
E, soprattutto, mi sento già lo sdegno di quel nipote che, arrivato al capitolo sulla caduta del regimetto, dovesse scoprire che la scintilla finale che fece cadere tutto non fu lo sbarco degli americani in Sicilia né il bombardamento di San Lorenzo, bensì una telefonata di raccomandazione e le fotografie di un troione mitomane.
Pensando a tutto ciò, mi auguro che Berlusconi arrivi alla fine della legislatura, per essere esautorato dal voto popolare e non dal sospetto di satiriasi. Poi penso che in fondo, per quanto infinitamente ridicolo, è stato meglio mandare Al Capone in galera per evasione fiscale piuttosto che non mandarcelo affatto: e allora ben vengano i troioni, se non siamo stati capaci di dare l'importanza che meritavano alle C.A.S.E., ai Lunardi, ai Mills.
* Precisiamo, a scanso di querele, che intendiamo qui il concetto di statura politica come una grandezza scalare, non vettoriale.
** lapsus calami freudiano. Il lettore aggiunga una "S" in principio di parola.
*** Certo, potrei giustificarmi dicendo che scrivevo su di un blog. Immagino che se lo facessi mi toglierebbe il catetere e mi lascerebbe morire affogato nel mio piscio.
I progressivi smarcamenti nel PdL potrebbero lasciar arguire che qualcosa del genere stia accadendo. I soggetti meno impresentabili se ne vanno o perlomeno prendono progressivamente le distanze, il che ha il non secondario effetto di far aumentare nel partito il peso dei pupazzi e delle macchiette: proprio come avviene in una soluzione che, per effetto dell'evaporazione dell'acqua, vede progressivamente aumentare la concentrazione dei sali tossici. E' possibile che questo processo si svolga nella forma di una reazione a catena: via via che il movimento fondato da Silvio Berlusconi (non ho proprio il cuore di chiamarlo partito) diviene ostaggio dei duri, per l'allontanamento dei puri, il clima potrebbe farsi insostenibile anche per coloro che adesso riescono a traccheggiare, e così via fino alla singolarità finale nella quale rimarrebbe un PdL formato da Berlusconi, Fede, Bondi e Stracquadanio, pronti a rifugiarsi nel Ridotto Alpino Valtellinese.
Ammettiamo per un attimo che proprio stasera, 3 novembre 2010, Berlusconi dovesse rassegnare le dimissioni e ritirarsi a vita privata, e proviamo a guardare la cosa con la prospettiva dello storico di domani: che cosa vedremmo e quale giudizio ci faremmo su questi tempi?
Innanzitutto il 4 novembre ci sembrerebbe molto simile al 26 luglio di sessantacinque anni fa, quando era più facile trovare un chilo di caffè o di cioccolata nei negozi che un fascista per istrada: eccezion fatta per i fedelissimi succitati, pronti ad immolarsi con il capo, tutti gli altri, da Cicchitto alla Santanché, rivendicherebbero la propria purissima estraneità alla politica di questi anni. Cosa non difficile né ridicola, considerato il precedente storico di quel membro del Comitato Centrale del PCI e direttore dell'Organo Ufficiale del Partito Comunista che afferma di non essere mai stato comunista in vita sua.
Ma l'attenzione dello storico non s'incentra tanto sul 26 luglio, che è una data d'interesse per il sociologo dei costumi, quanto sul 24 luglio: vale a dire sulla seduta del Gran Consiglio: perché, è bene ricordarlo sempre, il fascismo in Italia si è autodissolto, non è stato rovesciato dalle opposizioni.
Certo, nella la situazione del 1943 gli italiani avevano molte attenuanti: i sedici anni di dittatura e lo stato di guerra, che rendevano oggettivamente assai difficile il lavoro degli oppositori, perlopiù in esilio.
La situazione del 2010 è ben diversa, e se è vero che Berlusconi non ha la statura politica* di un Mussolini, è altrettanto vero che le opposizioni di oggi, pur avendo un'agibilità poliltica infinitamente maggiore di quelle di allora, nei fatti agiscono in modo infinitamente meno incisivo.
Diciamocelo chiaramente: se Berlusconi dovesse cadere oggi, non sarà per effetto delle insostenibili spallate di un'opposizione di sinistra che lo avrà messo di fronte alle contraddizioni politiche di quindici anni di malgoverno. Sarà per lo sfilarsi di una fronda interna al movimento da lui fondato.
Me lo sento già, lo sdegno di un mio nipotino che nel 2050 dovesse studiare la storia contemporanea, e chiedermi come sia stato possibile che un popolo con un sistema sanitario e scolastico a pezzi abbia accettato senza colpo ferire un regalo di tre miliardi ad Air France. Come abbia potuto darsi che una cricca di affaristi pregiudicati** abbia potuto distruggere la situazione idrogeologica di un Paese, facendolo arrivare al punto di non poter reggere ad un giorno intero di pioggia autunnale. Come io, suo nonno, abbia potuto accettare senza ribellarmi*** una deriva dell'informazione fatta di veline e menzogne, di case di cartapesta spacciate per solidi mattoni; di progetti di ponti avveniristici che sottaciono la mancanza di benzina nei serbatoi delle auto della polizia e di carta igienica nei cessi degli asili.
E, soprattutto, mi sento già lo sdegno di quel nipote che, arrivato al capitolo sulla caduta del regimetto, dovesse scoprire che la scintilla finale che fece cadere tutto non fu lo sbarco degli americani in Sicilia né il bombardamento di San Lorenzo, bensì una telefonata di raccomandazione e le fotografie di un troione mitomane.
Pensando a tutto ciò, mi auguro che Berlusconi arrivi alla fine della legislatura, per essere esautorato dal voto popolare e non dal sospetto di satiriasi. Poi penso che in fondo, per quanto infinitamente ridicolo, è stato meglio mandare Al Capone in galera per evasione fiscale piuttosto che non mandarcelo affatto: e allora ben vengano i troioni, se non siamo stati capaci di dare l'importanza che meritavano alle C.A.S.E., ai Lunardi, ai Mills.
* Precisiamo, a scanso di querele, che intendiamo qui il concetto di statura politica come una grandezza scalare, non vettoriale.
** lapsus calami freudiano. Il lettore aggiunga una "S" in principio di parola.
*** Certo, potrei giustificarmi dicendo che scrivevo su di un blog. Immagino che se lo facessi mi toglierebbe il catetere e mi lascerebbe morire affogato nel mio piscio.
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martedì 2 novembre 2010
Il Bersaglio
«Milano Ristorazione spedita con termos e banchetti fuori dai camposanti nei giorni dedicati ai defunti. Tre dipendenti ad ogni postazione per l'offerta di te o caffé caldi con gli auguri del sindaco uscente»A volte le attinenze che ti forniscono la chiave di lettura della città dove vivi ti si presentano così, da sole.
«Per la cerimonia di domani sarà rimossa la rete messa a protezione dell'intonaco del soffitto che si sta sbriciolando.»
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lunedì 1 novembre 2010
Retroattività
Ma il direttore di quel giornale che si è scagliato per primo contro la retroattività del cosiddetto Lodo Alfano costituzionale, non si è per caso posto il dubbio che forse anche la maggiore età non sia retroattiva?
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