martedì 6 ottobre 2009

La Costituzione secondo Gilioli

Non voglio certo difendere Pecorella né tantomeno attaccare gratuitamente Gilioli, ma quando questi scrive un post intitolato «La Costituzione secondo Pecorella» dovrebbe risparmiarsi un paio di inesattezze.
Scrive Pecorella: «la nuova legge elettorale ha sostanzialmente modificato l’identità costituzionale del premier». Replica Gilioli: "A me risulta che per cambiare una «identità costituzionale» serva appunto una legge costituzionale. Quella elettorale invece era una legge ordinaria".
Mi spiace, ma non è vero. La nostra Costituzione è stata radicalmente modificata con il passaggio da una legge elettorale proporzionale ad una bipolare, e solo uno sprovveduto potrebbe ignorare questo fatto. E' andato in vacca tutto il complesso meccanismo di equilibrio dei poteri, e si è svuotato il ruolo del Parlamento. Il tutto con una legge ordinaria, quale quella elettorale, dal momento che il principio di proporzionalità della rappresentanza politica non è stato costituzionalizzato: un errore grave -uno dei pochi, peraltro- fatto dai costituenti, che pure ne hanno dibattuto a lungo ma, purtroppo, hanno fatto la scelta sbagliata.

E ancora:
Dice Pecorella, «oggi il premier ha una investitura diretta dalla sovranità popolare».
Scrive Gilioli: "E pensare che invece la Costituzione diceva che il premier è scelto liberamente dal Parlamento, da deputati e senatori, e non con un’investitura diretta degli elettori."
E' sbagliato, Alessandro: il Presidente del Consiglio è scelto dal Presidente della Repubblica, non dal Parlamento, non dai deputati o dai senatori.
Non è un errore gravissimo, ma quando si fanno le pulci al prossimo bisogna esser certi di dire le cose esattamente come stanno, altrimenti si fa una figuraccia: come in questo caso.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

C'e' da notare che neanche Pecorella ha fatto una bella figura usando "sostanzialmente" nella prima proposizione, e soprattutto, dicendo quella vaccata sull'"investitura diretta degli elettori".
Pecorella davanti alla Corte Costituzionale; Gilioli nel suo blog.

m.fisk ha detto...

Certo. Infatti quel "non è che voglia difendere Pecorella" lo volgo all'indicativo, per maggior chiarezza

Anonimo ha detto...

Se la legge elettorale ha portato a questo pasticcio a prevalere dovrebbe essere la costituzione, non la legge elettorale. O no?
ciao
nicola.

m.fisk ha detto...

Ahimé, no. La costituzione prevale sulla legge ordinaria, certo. Ma la legge ordinaria (in questo caso la legge elettorale) non è andata contro la lettera della costituzione, bensì contro il suo spirito e, in particolare, il delicato meccanismo di equilibrio dei poteri: impalpabile, se vuoi, ma non per questo meno fondamentale, e delicatissimo.
La cosa merita un approfondimento e la lista dei "to do" si allunga sempre più: se hai pazienza ci tornerò sopra, a breve perché è un argomento a cui tengo molto.

Anonimo ha detto...

<< E in questo senso, onorevoli colleghi, io vorrei permettermi un brevissimo accenno al tema toccato stamane dall’onorevole Togliatti, quando egli richiamava la vostra attenzione sull’aggettivo “eguale” scritto nell’articolo 48 della nostra Costituzione. Io so che la polemica avversaria ha ripetuto a sazietà che quell’aggettivo “eguale” starebbe a significare che la nostra Costituzione non ammette il voto plurimo. Si è detto e ripetuto che i costituenti avrebbero voluto, scrivendo “voto eguale”, escludere il voto plurimo.
Onorevoli colleghi, gli istituti costituzionali sono il frutto della tradizione, della storia di un determinato paese; sono legati alla storia di quel paese. Nella storia del nostro paese non vi è il voto plurimo, e noi costituenti non avevamo bisogno di polemizzare con i fantasmi. Nella formazione della Costituzione, fissando determinati diritti del cittadino e stabilendone le garanzie, noi avevamo chiaramente dinanzi ai nostri occhi quella che era stata la realtà italiana, la realtà soprattutto del tempo fascista, e polemizzavamo e ci premunivamo contro gli attentati che la democrazia aveva subito. Quando noi volevamo nella Costituzione la affermazione del diritto di sciopero, noi polemizzavamo con una legislazione che aveva soppresso questo diritto; quando noi scrivevamo nella Costituzione “voto eguale” noi polemizzavamo con una legislazione che, attraverso una legge molto simile alla vostra, aveva alterato la eguaglianza del voto in questa stessa direzione.>>
(CONTINUA)

Anonimo ha detto...

<< Noi non ci occupavamo di lontani fantasmi. Non andavamo a cercare cosa è scritto, per esempio, nella legge belga o di altri paesi: avevamo presente la vivente realtà italiana, conoscevamo la storia del nostro paese e sapevamo di quali lacrime grondasse la nostra passata esperienza, di quale sangue grondasse la conquista della democrazia italiana di cui volevamo fissare i principi; e, contro il ritorno del passato, contro il ritorno della minaccia che ad un certo momento aveva soffocato tutta la nostra vita democratica, noi scrivevamo “voto eguale”.
Io ebbi l’onore, non per mio merito, di essere fra i relatori, dinanzi alla I Sottocommissione. Scrissi allora, nella proposta di articolo che è divenuto poi l’articolo 48 della Costituzione, l’aggettivo “eguale” e spiegai nella relazione, che accompagnava questa mia proposta, che “eguale” vuol dire equivalente: equivalente, s’intende, nel senso che deve dare lo stesso risultato. Questo era del resto il significato attribuito dalla tradizione italiana, che “voto eguale” ha definito il voto fatto in base alla proporzionale.
Andate a rileggere quello che è forse il primo studio sulla legge proporzionale in Italia, studio uscito nel 1871, e che riprendeva gli argomenti dell’Associazione riformista di Ginevra, fondata nel 1865. L’Associazione riformista (cioè di riforma del metodo elettorale in senso proporzionalista) di Ginevra nel suo programma aveva scritto questi principi: governo della maggioranza (e nessuno lo contesta); rappresentanza di tutti; gli elettori sono eguali (e, perciò, voto proporzionale).
E nel 1871 Francesco Genala, pubblicando in Italia un proprio studio sulla proporzionale, vi apponeva il seguente titolo: “Della libertà ed equivalenza dei suffragi nelle elezioni, ovvero della proporzionale rappresentanza delle maggioranze e minoranze”. Io ho ripreso da lui questo aggettivo “equivalente”, che nella relazione scrivevo a fianco di “eguale”. E nel corso della sua trattazione scriveva il Genala: “Il quoziente è il solo e vero sistema che traduce in atto la libertà e l’‘eguaglianza’ del voto”.
Onorevoli colleghi, quando noi insieme facevamo la Costituzione, noi la facevamo sulla base della realtà, della storia del nostro paese: era intessuta delle nostre battaglie e della nostra esperienza, era il frutto della nostra lotta, ed era attraverso i nostri studi fatti su questa realtà che noi portavamo ciascuno il nostro modesto o non modesto contributo alla formazione di quella Carta e agli istituti consacrati in quella Carta, e, per questa via, alla democrazia del nostro paese.
Quando noi scrivevamo “voto eguale” volevamo dire, secondo la buona tradizione della nostra letteratura giuspubblicistica, voto proporzionale; e non volevamo semplicemente combattere un voto plurimo che non è mai esistito nella nostra tradizione. Quando dicevamo democrazia per il nostro paese, ci riferivamo a istituti concreti in cui era articolata la vita democratica e fra i quali era in primo luogo l’istituto della proporzionale. >>

LELIO BASSO

Sul disegno di legge:
Modifiche al testo unico delle leggi per l’elezione della Camera dei deputati approvato con decreto presidenziale 5 febbraio 1948, n. 26.

(Camera dei deputati, seduta dell’8 dicembre 1952)

[http://legislature.camera.it/_dati/leg01/lavori/stenografici/sed1028/sed1028.pdf]

m.fisk ha detto...

@anonimo - ti ringrazio della citazione, e anzi invito tutti coloro che ne hanno voglia e tempo a leggere l'intero intervento di Lelio Basso, e chi non ha voglia e tempo a trovarne. Se ci fossero ancora politici così certo non ci sarebbero oggi in circolazione i Segni, i Guzzetta, i Cicchitto. E neppure i Veltroni.

Sta di fatto che la costituzione, malgrado Basso dica il contrario, non ha incorporato l'idea della proporzionalità della rappresentanza popolare. Quando ho studiato io il diritto costituzionale peraltro si diceva che la proporzionalità era costituzionalizzata di fatto, per prassi. La Corte Costituzionale ha riconosciuto il contrario (e credo non del tutto a torto: l'errore è stato fatto dai costituenti allora, non dalla Corte), e oggi siamo dove siamo.

Verrocchio ha detto...

Per me, poverello senza Diritto, le cose cominciano a diventare molto contorte: al di là di ciò che sta scritto sulla scheda elettorale, se si trova una maggioranza in Parlamento che sostiene una certa persona come presidente del consiglio e il capo dello stato gli concede l'incarico, siamo nel perimetro della legittimità. Oppure no? Quindi comunque il premier non è direttamente scelto dalla sovranità popolare (e se anche fosse: perchè dovrebbe essere immune da qualsiasi procedimento?).

.mau. ha detto...

è vero che l'articolo 92 della Costituzione è sufficientemente ambiguo, però non credo che sessant'anni di prassi costituzionale possono essere sovvertiti così.

 

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