giovedì 9 aprile 2009

Piccola provocazione

Dato che:
  • sono notoriamente uno che si incista;
  • sono ferocemente contrario ad ogni deriva maggioritaria, bipolaristica o bipartitica; e dichiarandolo posso essere di parte senza patemi morali;
  • sono alle prese con un documento lungo, complicato e confuso da mettere a posto e sento prepotente il bisogno di una pausa;
  • mi rendo conto con stupore che i 400 milioni inesistenti crescono sempre più (ieri ho visto da qualche parte che erano divenuti 500!);
  • sono in un periodo di stanza creativa e non ho nulla di meglio da scrivere per soddisfare il mio bisogno di autoaffermazione,
vi chiedo:
Ma perché mai tutti coloro che sono così pronti a ergersi a difesa delle pubbliche casse in occasione di questa tornata referendaria, non hanno mai speso una mezza voce contro il sistema del doppio turno?
Vi rammento che ai tempi del proporzionale si andava a votare una volta e basta; era poi l'assemblea eletta (dal Parlamento al Consiglio circoscrizionale) e eleggere a sua volta il presidente.
Da quando abbiamo il maggioritario abbiamo introdotto nelle elezioni locali il doppio turno. Io l'ho in odio, dato che si tratta di un sistema intimamente connesso al principio maggioritario, e l'abolirei seduta stante; ma coloro che l'hanno in simpatia, e che sono gli stessi che ritengono l'accorpamento di europee e referenda come la panacea per tutti i mali italiani, come si pongono di fronte a questo problema?

E ora, una nota a margine: come emerso da questa discussione sul blog di Marta Meo (giù, in basso nei commenti), tra tutte le cazzate che il famoso articolo su lavoce.info ha sparato e che ho successivamente confutato, c'è una sciocchezza che mi era sfuggita: quasi ovunque infatti le scuole saranno già chiuse il 15 giugno, e quindi ecco che i 37 milioni spesi in tate per i bambini delle elementari sfumano come neve al sole.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Altro che incistarsi... Tu sei uno che si fissa proprio, te lo dico io. (segue faccina gialla sorridente)
E' vero, però: in quasi tutte le regioni le scuole chiudono il 13 giugno. Però l'apertura seggio (e la relativa preparazione) almeno il giorno 13 lo toglierebbero alle lezioni, in ogni caso.
Non credo comunque che l'argomento decisivo sia questo (anche perché è un sabato, il 13, e quindi forse non ci sarebbero tate da scomodare): credo che le cifre che girano siano sostanzialmente propagandistiche, e tu hai fatto benissimo a farlo notare (ho visto che ti sei battuto alla grande sul blog di Marta Meo). Purtroppo, però, è una scelta dettata dalle peggiori intenzioni politiche anche quella di infilare la consultazione refendaria tra due turni elettorali, questo non puoi negarlo. Le ragioni che tu porti sono valide, ma non sono quelle che hanno motivato la scelta del 14-15 giugno.
Chi ha deciso vuole semplicemente boicottare la consultazione, nient'altro; e se ne frega pure delle tue ragioni, secondo me. E, in sé, è un modo di procedere della politica che continua a non piacermi.

m.fisk ha detto...

D'accordo su tutto: anche, e specialmente, sul fatto che ognuno tira l'acqua al suo mulino.
Tieni conto che è il mio mestiere, prendere i fatti e rivoltarli per aver ragione: ed è per questo che mi arrabbio quando una sciocchezza come quella scritta dalla voce passa.
Forse è solo invidia per non essere mai riuscito io, a far passare una simile cazzata, perché ho più stima nel prossimo e quando le faccio, le faccio più credibili.

Comunque, il problema della scuola non è il sabato, bensì il lunedì: e il lunedì cade il 15!

m.fisk ha detto...

A scanso di equivoci, e per non essere fraiteso sulla mia purezza d'animo, aggiungo che se io fossi a favore del referendum, avrei fatto esattamente quello che ha fatto lavoce (magari giustificando i numeri in modo un po' meno approssimativo).
Non è che io sia un puro: sono un partigiano anch'io. E non mi incisto sui 400 milioni, bensì sul contenuto di quei quesiti che, se passassero, metterebbero la parola fine al nostro sistema costituzionale, senche che gli stessi che andranno a votare sì se ne rendano conto.

 

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