lunedì 2 marzo 2009

Tremonti Bond

Molti si sono chiesti cosa diavolo siano questi Tremonti Bond.
In particolare, appare oscuro ai più come sia possibile che il Tesoro presti del danaro alle Banche a tassi attorno all'8%, nel momento in cui l'EURIBOR viaggia sotto il 2%. In pratica il Tesoro starebbe prestando soldi a strozzo, con uno spread di oltre 600 bps (dove bps è la sigla di basis points, e 1 BPS significa in termini finanziari uno spread del 0,01%).
Oltretutto questi bond dovrebbero servire ad aiutare le piccole imprese, ma a logica si direbbe che, se le banche prendono denaro all'8%, minimo minimo lo presteranno al 10%, e quindi lo spread per l'imprenditore andrebbe oltre gli 800 bps!
In realtà le cose non stanno così, ma per capirlo è necessario anzitutto addentrarsi nei meccanismi finanziari del funzionamento di una banca.

Ammettiamo di essere uno strozzino che ha messo da parte una certa sommetta, diciamo 2 milioni di euro. Decidiamo di prestarli a un po' di imprese, diciamo al 5%: alla fine dell'anno quindi ci verranno restituiti €2.100.000, e sottraendo i due milioni investiti, che andiamo a recuperare, avremo fatto 100.000 euro di interessi, che saranno il nostro utile.
(notate che se li avessimo investiti in titoli di stato al 3% il nostro utile -sempre tralasciando il capitale di due milioni restituito alla scadenza- sarebbe stato di €60.000; quindi possiamo dire che prestare denaro a privati invece che allo stato ci ha fruttato €40.000, che non è poi 'sto granché, se consideriamo il rischio che qualcuno non ci restituisca i soldi: questo, tra parentesi, spiega perché gli strozzini pratichino tassi da strozzini.)

Ammettiamo ora di avere una maggiore rispettabilità, e di fondare una banca, nella quale mettiamo solo €1.000.000, mentre €1.000.000 ce lo facciamo prestare da altre banche o addirittura ce lo ritroviamo in casa, versatici dai nostri correntisti; ipotizziamo infine che il costo di questo milione che ci viene prestato sia il 4%.
Alla fine dell'anno avremo sempre i nostri 100.000 euro di ricavi, da cui dovremo togliere €40.000 di interessi che dovremo pagare sul milione che abbiamo preso in prestito. La differenza è di €60.000, che rispetto al milione che abbiamo impiegato ci dà un utile del 6%.
Ricorrere all'indebitamento quindi ha incrementato i nostri utili!

Ammettiamo adesso di essere *molto* aggressivi e mettere solo €100.000 nostri, e €1.900.000 presi in prestito o comunque raccolti, che ci costino sempre il 4%.
a fine anno avremo i soliti €100.000 di ricavi, cui dovremo sottrarre €76.000 per gli interessi sul debito. La differenza è di €24.000, che rispetto ai 100.000 che abbiamo investito ci dà un rendimento del 24%!

E' quindi evidente che meno soldi mettiamo rispetto a quelli che prendiamo in prestito, più il nostro investimento renderà; e dato che quel rendimento è quello con cui si pagano i dividendi agli azionisti, è chiaro che sulla base di questo ragionamento qualunque banchiere vorrebbe ridurre al minimo il rapporto tra il patrimonio (i soldi degli azionisti) e il debito o, il che è lo stesso, massimizzare il rapporto tra debito e patrimonio: rapporto che comunemente è chiamato leva finanziaria.
Il problema è che aumentando la leva aumentano i rendimenti, ma aumentano anche i rischi. Ipotizziamo infatti che uno dei clienti ai quali abbiamo prestato il denaro, diciamo €40.000, non ce lo renda più, e quindi i nostri ricavi alla fine dell'anno non siano i famosi €2.100.000 (di cui 2 milioni di rimborso del capitale) bensì solo €2.060.000.
Se siamo lo strozzino (leva = 0), il nostro utile si è ridotto a €60.000, vale a dire il 3% di due milioni.
Se siamo il banchiere prudente (leva = 1), dobbiamo sottrarre ai €60.000 di ricavi gli €40.000 di interessi sul debito (non possiamo mica dire che non li paghiamo perché uno dei nostri clienti ci è saltato!), e quindi il nostro utile scende a €20.000, vale a dire il 2% (meno dei famosi titoli di stato di cui si era ipotizzato).
Se siamo il banchiere aggressivo (leva = 19), dobbiamo sottrarre ai €60.000 di ricavi addirittura €76.000 di interessi: ne risulta che abbiamo una perdita secca di €16.000, pari al 16%: non solo non abbiamo guadagnato, ma addirittura abbiamo perso.

Ecco il motivo per cui il banchiere prudente non può permettersi una leva troppo elevata: perché è troppo rischiosa.
Ma come sappiamo viviamo in un mondo di squali avidi, e anche i banchieri debbono rispondere agli azionisti, che vogliono vedere i dividendi e non ci mettono poi molto a vendere le azioni della Banca Prudente e acquistare quelle della Banca Aggressiva: certo rischiano, ma finché le cose vanno bene chi se ne importa? Basta pensare alla saga dei bond argentini: ci saranno anche state tante vecchiette truffate, tra i compratori; ma c'erano anche tantissimi che hanno visto solo il tasso di rendimento fregandosene del fatto che fossero rischiosi, e pensando che a loro non sarebbe capitato, di perderci.
Ma la leva elevata non è un rischio solo per il banchiere e gli azionisti: lo è anche per l'economia in generale: infatti come abbiamo visto il banchiere aggressivo ha perso dei soldi; e se ne avesse persi troppi, non avrebbe avuto di che ripagare i debiti. Detto in modo spiccio: di che restituire i soldi ai correntisti.

E' per questo che in tutti i sistemi bancari sono previste delle regole di vigilanza, che definiscono esattamente quanto dev'essere il valore massimo della leva ammissibile o, che è lo stesso, la percentuale minima di patrimonio che la banca deve avere a copertura del rischio che taluni crediti diventino inesigibili.
In Italia l'autorità di vigilanza è la Banca d'Italia, e la relativa normativa è pubblicata sul suo sito in forma di due circolari (prima che corriate a leggervele, vi avverto, sono un 1.200 pagine circa), una del 1999, più volte aggiornata, e una del 2006 che recepisce la normativa cosiddetta "Basilea II".

Ma torniamo al nostro esempio: abbiamo visto che se le cose vanno bene, o perlomeno vanno non troppo male, il patrimonio ha un rendimento superiore rispetto al debito: e ciò è ben comprensibile, in quanto chi investe in patrimonio affronta un rischio ben superiore a chi presta i soldi a debito.
Chi fa controllo di gestione considera infatti che il costo "standard" per il patrimonio sia attorno al 9%: vale a dire che considera che i soldi che sono "di proprietà" della banca (e che in effetti sono dei suoi azionisti) debbano produrre un interesse del 9%: che beninteso non sarà un vero e proprio interesse, bensì quanto sarà distribuito a fine anno in forma di dividendi agli azionisti.
Cominciamo quindi a vedere che i "Tremonti Bond" hanno un tasso ben superiore rispetto al debito (Euribor+spread), ma inferiore rispetto al costo del capitale.

(continua)

3 commenti:

Anonimo ha detto...

il continua tra () mi lascia pensare che chiedi ai lettori un feedback sull'argomento: personalmente ti chiederei di portare avanti l'argomento, grazie!

Anonimo ha detto...

Molto interessante. Grazie.

m.fisk ha detto...

@ichhabebeidenseiten: no, semplicemente è che si tratta di materia incasinata da spiegare, e non sapevo se e quando avrei trovato la voglia e l'ordine mentale per continuare.
Il che vale anche per la seconda puntata, ovviamente...

 

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